La Ragione | In Russia criminali premiati se fedelissimi.

Quattro proiettili a una giornalista scomoda, quattro a un oppositore politico. E se ammazzi ancora, ti guadagni l’impunità. La giustizia, in Russia, funziona così. L’articolo è stato concesso dal quotidiano “La Ragione”.

Qualche anno fa, a pochi passi dal ponte dove da lì a poco sarebbe stato freddato Boris Nemtsov, Matteo Salvini spiegava agli italiani che a Mosca «la polizia è discreta ma fa il suo lavoro e se sbagli, paghi».
Senza null’aggiungere a quanto già rammentatogli dal sindaco Wojciech Bukan in occasione dell’indimenticabile sortita polacca, appare doveroso ricordare oggi al Senatore che uno dei killer di Anna Politkovskaja -appena graziato con decreto presidenziale firmato da Putin in persona- è proprio un ex-agente di polizia di Mosca. Sergej Khadzhikurbanov è infatti uno dei 75mila criminali messi in libertà da «uno che ha le idee chiare per una società ordinata, pulita e laboriosa per i prossimi cinquant’anni», come il leader leghista amava definire il dittatore russo.
Più precisamente, Khadzhikurbanov è un ex-agente della Rubop, cioè il dipartimento regionale per la lotta alla criminalità organizzata gestito dal Ministero degli Affari Interni della Federazione Russa.
Quattro proiettili a una giornalista scomoda, quattro a un oppositore politico. E se ammazzi ancora, ti guadagni l’impunità.
La giustizia, in Russia, funziona così.
Non a caso, nella classifica globale sullo stato di diritto stilata ogni anno da “World Justice Project”, la Federazione Russa si trova al 113° posto su 142, cioè al livello dell’Africa. Nella graduatoria relativa ai poteri delle istituzioni governative è 132a, sotto Iran, Zimbabwe e Mauritania e appena sopra Myanmar e Sudan. Per non parlare dei sub-rating riguardanti giustizia penale, libertà d’espressione, d’informazione e grado d’indipendenza dei media, che vedono Mosca scavare oltre il fondo.

Giusto ricordare anche questo, a chi è stato pure giornalista.
Chiamare le cose col loro nome, in Russia, significa essere “agenti stranieri”. Il Ministero della Giustizia applica tale etichetta a qualsiasi Ong o media che tocchi delicate questioni politiche in maniera irritante per il Cremlino. Chi viene aggiunto al registro delle “organizzazioni indesiderabili” è obbligato ad aggiungere accanto a ogni pubblicazione (inclusi i post sui social network) la dicitura: «Questo mezzo di stampa/materiale è stato creato e/o diffuso da un mass media straniero, e/o una persona giuridica russa che svolge le funzioni d’un agente straniero».
Costretti a marchiarsi in maniera umiliante per essere riconoscibili, quattro volte l’anno gl’indesiderabili sono tenuti a inviare rapporti dettagliati con tutte le fonti di reddito e le spese sostenute.
Non adempiere a tali obblighi, cioè violare l’art.330.1/III del codice penale russo, comporta pene detentive fino a 5 anni, com’è accaduto lo scorso 18 ottobre alla giornalista russo-americana di “Radio Free Europe” Alsa Kumarsheva, che, pur risiedendo stabilmente a Praga, è stata arrestata a Kazan (Tatarstan) per non essersi auto-denunciata come “agente straniero”. Segnalarsi, significa invece rinunciare agli introiti degli inserzionisti e andare incontro alla chiusura, come “Novaja Gazeta” ai tempi della Politkovskaja. In un centro di custodia cautelare è finita lunedì anche Ksenia Fedeeva, stretta collaboratrice di Alexey Navalny. Condannata per “estremismo”, rischia 12 anni di carcere.

La situazione è così grave che, per la prima volta dal 1946, un rappresentante russo non è stato incluso nella Corte internazionale di giustizia. Il posto attualmente assegnato per l’Europa dell’Est al vicepresidente Kirill Gevorkyan passerà infatti al rumeno Bogdan Aurescu.

Putin è così apprezzato, caro Senatore Salvini, che solo lo scorso mese i russi hanno googlato 417.495 volte il suo nome per capire se sia morto.

 

Provinciali, G. (2023 November, 16th.). Criminali Premiati Se Fedelissimi. _La Ragione – LeAli alla libertà_, p.5