Ora abbiamo il dovere di esserci.

Abbiamo il dovere di provarci

Da giorni su vari organi di informazione ci si interroga anche sul profondo cambiamento che subirà la politica, la dialettica politica, il ruolo dei partiti e la stessa funzione del Parlamento dopo la drammatica emergenza che ci ha investiti e travolti. È del tutto inutile perdere tempo attorno a sondaggi – credo prevalentemente fasulli – che danno l’attuale premier e altre esperenti politici a cifre di popolarità stellari. È sufficiente parlare con qualunque cittadino, ovviamente per telefono o attraverso Skype, per rendersi conto della differenza radicale tra la percezione virtuale e quella reale. Cresce, cioè, la sensazione che dopo cambierà tutto. E cambierà, ci vuol poco a capirlo, anche la classe dirigente. Anche qui una ovvietà. Le parole d’ordine che hanno portato, ad esempio, al potere il partito di Grillo e Casaleggio sono state letteralmente spazzate via da questo tornado. Pensate parlare oggi di inesperienza al potere, di esaltare l’incompetenza e la distanza dalla politica, di attacco alla casta e al Parlamento, del valore salvifico del populismo e della demagogia e, soprattutto, della necessità di denigrare e di distruggere il proprio avversario politico. L’ormai celebre “vaffaday”. Ecco, è appena sufficiente ricordare questi semplici aspetti per arrivare ad una banale conclusione: il dopo emergenza sanitaria modificherà lo scenario pubblico che abbiamo sperimentato e conosciuto sino ad oggi. Compresa, come ovvio, l’attuale classe dirigente, in particolare quella al governo attualmente. Ma anche, e soprattutto, quella d’opposizione. Come si articolerà questo passaggio epocale è difficile da immaginarlo adesso. 

Ma in questo scenario, quello che noi possiamo fare concretamente – cioè i cattolici democratici e popolari – è far sì che la politica non declini definitivamente. Perchè se la politica è visione, futuro, prospettiva, elaborazione culturale, confronto, mediazione e ricerca di accordi programmatici per realizzare il “bene comune”, non possiamo permetterci il lusso che declini. O meglio, che venga travolta da altre categorie ad oggi inesplorate ed inesplorabili. Certo, la sostanziale scomparsa degli attuali partiti dall’orizzonte pubblico non aiuta certamente l’azione di ripartenza della politica e del dibattito politico. Ma per il dopo occorre pur attrezzarsi. E un filone come il nostro e soprattutto una cultura politica come quella in cui faticosamente e seppur con molti limiti cerchiamo di aggrapparci quotidianamente per cercare la linfa indispensabile per essere in prima linea, ci impone di non arrenderci e di non adeguarci all’esistente. Qualunque sia l’approdo del dopo. Abbiamo il dovere di provarci e, soprattutto, il dovere di continuare a declinare nella società contemporanea i nostri valori, il nostro modo d’essere e la nostra specificità. Non per il bene nostro ma per la salute della politica, per la credibilità delle nostre istituzioni e, soprattutto, per la qualità della nostra democrazia.