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lunedì, Marzo 10, 2025
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Quel fiore rosso che di generazione in generazione…una pagina di Paolo Giuntella, maestro e amico di Sassoli.

Pensiamo di far cosa gradita ai nostri lettori mettendo a disposizione lo stralcio della parte conclusiva del libro di Paolo Giuntella (Il fiore rosso. I testimoni, il futuro del cristianesimo, ed. Paoline, 2006) dedicato ad alcune figure significative del “panorama cristiano” del Novecento. Paolo, intellettuale militante e giornalista RAI, è stato il maestro e l’amico del giovane Sassoli, ai tempi del Circolo “Francesco Luigi Ferrari”, operante a metà degli anni ‘70 a Roma nel quartiere Mazzini-Delle Vittorie.

Paolo Giuntella

 

Provate a chiedervi, in questo momento preciso, quanti medici, quante infermiere e infermieri, quanti volontari siano in azione nei crocevia della povertà, della morte e della speranza contro ogni durezza della realtà, nel mondo. Molti, molti di più di quanto riusciate a immaginare. Provate a chiedervi quante comunità… molte, molte di più di quante riusciate a contare. Quante famiglie affidatarie, quanti imbecilli che preferiscono trascorrere la sera in ospedale o in un campo nomadi, quanti cretini che scelgono di guadagnare meno ma essere più liberi… Molti, molti di più di quanto riusciate a immaginare…

 

Insomma, se si addice al cristiano adulto un sano «pessimismo biblico» sulla situazione del pianeta, sullo scandalo dell’ingiustizia e dell’iniquità, e un sano realismo sulla condizione umana e le sue contraddizioni, sulla presenza del male; se a noi si addice piuttosto l’«ottimismo tragico» e non l’ottimismo «beota» dei finti sorridenti a 32 denti stile dentifricio, di certo cristianesimo banalmente buonista e autoreferenziale, credo che sia vietato ai cristiani guardare con nostalgia al passato, disprezzare il presente e aver paura del futuro.

 

È questa la lezione dei testimoni, è questa la forza nonviolenta del «fiore rosso», del tizzone ardente trasmesso di generazione in generazione. Come ha scritto uno dei massimi biblisti del ‘900, Norbert Lohfink, i discepoli di Cristo realizzano con la loro vita spezzoni di una società alternativa a quella dei jeepponi, dei fuoristrada, delle city-car di lusso e «in», dei salotti. e dei centri commerciali. Una società alternativa nonviolenta, una civiltà della tenerezza, della gratuità, della fraternità, il cui motto è «dare la vita per gli altri», il contrario di «darei la vita per apparire», «mi sparo un nuovo look»; ricerca spirituale, mistica, contemplativa, dell’estasi, non ricerca disperante dell’ecstasy. Piacere di essere cristiani, non mortificazione dell’essere cristiani. Felicità, non precettistica. Amore, non legge.

 

Non ci hanno insegnato questo le donne e gli uomini di cui ho raccontato la personale esperienza d’incontro o di lettura? In fondo – da don Luigi ad Annalena, da Mounier a Dossetti – essi ci ripetono le parole di Madre Teresa: «Da’ al mondo il meglio di te. Forse sarai preso a pedate. Non importa: da’ al mondo il meglio di te».

 

Voglio concludere non con una affermazione ma con una domanda, quella contenuta nelle parole dell’ultimo album di Tracy Chapman:

 

Se tu sapessi di morire oggi

è vedessi il volto di Dio e l’Amore,

cambieresti?

Se tu sapessi che l’amore

può far breccia nel tuo cuore

quando hai proprio toccato il fondo,

cambieresti?

 

Senza essere disposti a convertirsi