Tutti gli osservatori parlano di una svolta. L’Alleanza, ora a trenta con l’ingresso della Macedonia del Nord, torna ad esercitare un ruolo cruciale. A questo punto il Memorandum sottoscritto dal governo Conte-Uno con la Cina appare disallineato rispetto alla scelta strategica che Biden ha saputo definire nel dialogo costruttivo con l’Europa.
Sono trascorsi due anni dal 70° anniversario di fondazione della NATO e sembra che molte cose stiano cambiando nell’alleanza atlantica rispetto a quella ricorrenza che un profondo conoscitore del mondo americano come Federico Rampini si era spinto a definire più somigliante ad un funerale che ad un evento celebrativo dai toni rassicuranti. Questa acuta sottolineatura di un attento lettore delle dinamiche internazionali della politica faceva peraltro il paio con un articolo comparso sul “Financial Times” nel quale un docente dell’Università di Cambridge evidenziava come, dall’osservatorio europeo, l’Alleanza Atlantica indugiasse a superare una visione geopolitica dell’ordine mondiale ancorata al XX secolo.
Ciò avveniva e avviene tuttora mentre Russia e Cina stanno dispiegando una strategia geoeconomica rispetto alla quale quella geopolitica è di fatto subordinata.
Da tempo Washington è consapevole che la sua egemonia sulla gestione della globalizzazione non è più duratura. Gli asset strategici dell’economia globale si sono spostati verso l’Asia. Tutto ciò implica per i partner europei una diversa riconsiderazione dei fondamentali e dei corollari della NATO all’inizio del terzo millennio, superando gli schemi e i rapporti di forza derivati dalla rivoluzione industriale per adeguarsi alle dinamiche economiche e alla mondializzazione tecnologica del tempo presente.
La globalizzazione ha finora prodotto più danni che benefici e mi viene in mente che cosa potremo aspettarci dall’applicazione del punto 27 del Memorandum sottoscritto nel marzo 2019 tra Italia e Cina sui traffici commerciali e sull’individuazione dei bacini portuali di Genova e Trieste come terminali della via della seta: mentre Trieste nel frattempo si è chiamata fuori stipulando un’alleanza portuale con Amburgo, Genova resta sotto il controllo di Singapore e – in virtù di quanto previsto dal Memorandum – in prospettiva con la Cina. Un cavallo di Troia nel ventre molle dell’Europa, politicamente una scelta disallineata rispetto all’alleanza atlantica, azzardata e non palesata con lungimiranza e coerenza rispetto alla tradizionale politica estera italiana.
Le merci e i prodotti non viaggiano da soli: viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se tale accordo fosse già stato operativo, in questa situazione di espansione del contagio. Di tutto questo e di molti altri impliciti sembrano essersi capacitati il Presidente USA Biden e il nostro Premier Mario Draghi nel summit del G7 di Carbis Bay. Che Biden intendesse recuperare il rapporto con l’Europa come scelta strategica era noto fin dall’esordio del suo mandato,ma se ciò si inquadra in un rilancio dell’alleanza atlantica assume il valore di una svolta.
Ha favorevolmente colpito gli osservatori politici dell’Occidente la presa di posizione senza “se” e senza “ma” di Draghi, risolutamente orientato a rivalutare le ragioni di fedeltà all’atlantismo e a stigmatizzare le incognite politiche e le mire occulte della Cina, definito senza mezzi termini “Paese autocratico”. Nella lectio magistralis alla Cattolica l’ex Presidente BCE aveva parlato di competenza, coraggio e umiltà, come requisiti dei decisori politici: direi che sta dimostrando di possedere queste tre doti. La chiarezza cristallina con cui ha descritto la patina torbida e le azioni disinvolte con cui la Cina sta muovendo alla conquista dei mercati del pianeta non lascia dubbi. E il G7 ha discusso anche nel merito di una decisa azione chiarificatrice sull’origine della pandemia, sempre malcelata da opportunismi, timori e occultamento di dati richiesti dalla Comunità internazionale, da Wuhan in poi.
Europeismo e atlantismo escono rafforzati dal Summit del G7. E, quel che più conta, Draghi sembra avere le idee molto chiare sulla revisione del Memorandum che il Governo Conte-uno frettolosamente aveva siglato, suscitando l’irritazione degli USA e dei governi europei