14.9 C
Roma
mercoledì, 14 Maggio, 2025
Home Blog Pagina 344

Unione Europea: una tavola rotonda sull’uguaglianza di genere nelle città

In vista della Giornata internazionale della donna, oggi il commissario per la politica regionale Corina Cretu ospiterà una tavola rotonda sull’uguaglianza di genere nelle città. “Le donne rappresentano solo il 15% di tutti i sindaci dell’Ue”, spiega una nota dell’esecutivo.

“Consentire alle donne di ricoprire cariche pubbliche può mettere in discussione le dinamiche di potere che perpetuano la disuguaglianza di genere e può infine migliorare la vita quotidiana dei cittadini”. La tavola rotonda si concentrerà quindi “sui modi per garantire l’uguaglianza di genere a livello locale”.

Fra gli interlocutori figurano Yordanka Asenova Fandakova, sindaco di Sofia (Bulgaria), Marie-Louise Rönnmark, sindaco di Umea (Svezia), Marta Mazurek, consigliere comunale di Poznań (Polonia), Maria Stratigaki, vicesindaco di Atene (Grecia), Geneviève Letourneux, vicepresidente della metropoli di Rennes (Francia), Barbara Hackenschmidt, membro del parlamento regionale del Brandeburgo (Germania), Ibon Uribe, sindaco di Galdakao (Spagna), Sirpa Hertell, consigliere comunale di Espoo (Finlandia).

Le discussioni si concentreranno in particolare sulle “pratiche innovative di equità urbana e governance e su come le città possono prendere l’iniziativa per sostenere l’uguaglianza di genere”.

Onu: per l’inquinamento una vittima ogni 5 secondi, oltre 700 morti ogni ora

Ogni 5 secondi una persona muore nel mondo a causa dell’esposizione all’inquinamento atmosferico. Ogni ora i decessi sono oltre 700. Sono i dati resi noti dall’esperto Onu per i diritti umani e l’ambiente, David Boyd, che sottolinea inoltre come la situazione sia così grave da ritenere che “l’umanità stia per causare la sesta estinzione di massa nel mondo”.

I tassi di estinzione sono centinaia di volte superiori al normale e stanno ad indicare, secondo il rappresentante Onu “che gli esseri umani sono all’origine della sesta estinzione di massa su 3,8 miliardi anni di vita di questo pianeta.

“Le conseguenze di queste condizioni climatiche sono senza appello – ha aggiunto – visto che il 90% della popolazione mondiale è esposta all’inquinamento atmosferico. L’aria inquinata causa sette milioni di morti premature ogni anno nel mondo di cui 600mila bambini di cinque anni o meno. Più vittime di quante ne possano fare le guerre, le uccisioni, la tubercolosi, l’Aids e la malaria messe insieme.

La Ferrari annuncia la prima ibrida

Per la prima volta, in casa Ferrari, assisteremo al lancio di un modello ibrido, che sul mercato arriverà il prossimo anno

Particolarmente significativo è stato il lavoro sul motopropulsore ibrido, che ha permesso agli ingegneri di Maranello, utilizzando anche il know-how della Scuderia sul KERS, di realizzare un motore ibrido che esalta i valori fondamentali di una Ferrari: performance e divertimento di guida.

La tecnologia ibrida utilizzata, denominata HY-KERS costituisce infatti il perfetto equilibrio tra massimizzazione della performance e riduzione dei consumi (solo 330 gr/km di CO2).

Il motore elettrico principale è accoppiato in coda al cambio a doppia frizione ed è inoltre presente un motore elettrico ausiliario che sostituisce l’alternatore tradizionale, risparmiando in questo modo peso e contenendo i volumi. La soluzione HY-KERS è stata poi concepita per essere flessibile e modulare, in modo da consentirne l’evoluzione e l’applicazione ad altri modelli della gamma.

Il motore elettrico principale è stato realizzato con la tecnologia “High Specific Power Density” che consente di contenere drasticamente i valori di peso e volume, in rapporto alla coppia disponibile. Il risultato sono prestazioni paragonabili alla F1, con la stessa densità di coppia e la medesima efficienza (94%), cioè limitatissima dissipazione di potenza. La capacità della batteria è stato un fattore essenziale per ottimizzare il rapporto peso-potenza del sistema HY-KERS con l’obiettivo di massimizzare le prestazioni riducendo al contempo il consumo di carburante.

La soluzione raggiunta è costituita da 120 celle unite in 8 moduli, con una potenza equivalente a 40 batterie tradizionali in soli 60 kg di peso. Le batterie ad alto voltaggio vengono assemblate nelle aree produttive della Scuderia Ferrari. Le batterie vengono ricaricate in diversi modi: durante le frenate, perfino con quelle particolarmente intense in cui interviene l’ABS, condizione tipica della pista, e ogni volta che il motore termico produce coppia in eccesso, come ad esempio durante la percorrenza di una curva, che invece di disperdersi viene recuperata. Il cervello del sistema HY-KERS è l’Hybrid Power Unit che gestisce la potenza erogata dal V12 e dal motore elettrico attraverso due inverter e due convertitori DC-DC. Il controllo dei motori elettrici a frequenza variabile consente di erogare la coppia in modo rapido e preciso.

Per la prima volta una vettura stradale della Casa di Maranello avrà anche i controlli di dinamica integrati con l’aerodinamica attiva e con il sistema HY-KERS. Proiettata nel futuro è anche l’impostazione degli interni, con un’interfaccia uomo-macchina fortemente ispirata a quella di una Formula 1.

Liguria: approvato il bando da 700 mila euro per servizi turistici innovativi

La Regione Liguria ha approvato il bando che mette a disposizione un plafond di 700mila euro per l’attivazione e lo sviluppo di servizi turistici innovativi per il miglioramento della destinazione “Liguria”. Ne dà conto una nota della giunta regionale. Il bando prevede finanziamenti a tasso agevolato con rientri in cinque anni senza richieste di garanzie (fatte salve le erogazioni di anticipi) da un minimo di 10mila euro a un massimo di 50mila euro.

I beneficiari ammissibili sono le singole imprese o altri soggetti economici che condividano il progetto con almeno altri due partner, oppure le reti di imprese-soggetto e i consorzi già costituiti. Non possono essere beneficiarie dirette le aziende agricole, ma possono rientrare comunque nella partnership di progetto.

“Rispetto alla precedente edizione del 2017, sono state semplificate le procedure per l’ottenimento dei finanziamenti con alleggerimento degli oneri a carico delle imprese per agevolarne significativamente l’accesso al credito – ha dichiarato l’assessore regionale al Turismo, Gianni Berrino – Vogliamo promuovere iniziative finalizzate alla creazione o al miglioramento di servizi turistici anche innovativi e collegati al prodotto che risultino inseribili in specifici segmenti di mercato rafforzando l’offerta esistente e proponendo esperienze diversificate in un sistema integrato che agevoli il turista nella fruizione della vacanza sul territorio regionale”.

Obiettivo del bando è offrire maggiore qualità attraverso l’innovazione dell’offerta dei servizi turistici che possono rientrare nelle linee dei prodotti previsti dal ‘Piano del Turismo 2020’ e favorire l’aggregazione tra diversi operatori attivi nel settore del turismo.

Sindrome del ‘cuore spezzato’, individuata l’origine nel cervello

La sindrome tako-tsubo chiamata anche cardiomiopatia da stress, oppure nota come sindrome del cuore infranto è una entità clinica caratterizzata da una disfunzione del ventricolo sinistro, di solito transitoria, che si manifesta con sintomi che possono simulare una sindrome coronarica acuta: dolore toracico, dispnea, alterazioni elettrocardiografiche e alterazioni degli enzimi di necrosi.

La sindrome fu descritta per la prima volta in Giappone nel 1991.
Questa deformazione, visibile con le tecniche di imaging come l’ecocardiografia o la risonanza magnetica, fa assumere al ventricolo sinistro la forma di un cestello (tsubo) usato dai pescatori giapponesi per la pesca del polpo (tako), di qui il nome.

Ora il team di ricerca guidato da Christian Templin ha confrontatoil cervello dei pazienti con la sindrome del ‘cuore spezzato’ con quello degli individui sani. Una semplice risonanza magnetica ha permesso, così, agli studiosi di osservare dei problemi di comunicazione tra l’ippocampo, l’amigdala, il giro dentato e altre regioni dell’encefalo coinvolte nella gestione delle emozioni e delle funzioni autonome dell’organismo.

I risultati dello studio indicano che l’eccessiva stimolazione del sistema nervoso in seguito a uno stress fisico o emotivo potrebbe causare la sindrome del ‘cuore spezzato’.

Apertura degli Archivi vaticani su Pio XII. Riccardi (storico): “La completezza renderà giustizia all’azione della Santa Sede”

Articolo già apparso sulle pagine di Agensir a firma di Riccardo Benotti

“Pio XII è una figura importante che esprime l’antico ma proietta la Chiesa verso il nuovo, un riferimento nodale per capire il ‘900. Ma non tutti i Papi devono necessariamente diventare santi, altrimenti si rischia di creare una identificazione che va a discapito di quei pochi che non saranno canonizzati”. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, parla all’indomani dell’annuncio di Papa Francesco di aprire gli Archivi Vaticani per il pontificato di Pio XII il 2 marzo 2020.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Come ha accolto la decisione del Santo Padre?
Me l’aspettavo da anni. La circospezione con cui si aprono certi archivi vaticani non è produttiva per la storia e per la Santa Sede. La chiusura, infatti, ha favorito il senso di segretezza e rifiuto della storia che si è diffuso nell’opinione pubblica e in certi studiosi. Sappiamo che questo ritardo è dovuto alla faticosa e complessa preparazione di un materiale ingente, ma la storia contemporanea ha i suoi ritmi.

Abbiamo lavorato su Pio XII senza avere accesso agli archivi vaticani, operando su quelli personali, degli Stati e dei prelati. Tutto ciò ha portato a considerazioni storiche ormai consolidate che ora andrebbero ridiscusse.

Ma quando si sono aperti gli archivi di Pio XI, ad esempio, non c’è stata questa volontà di ridiscutere le questioni. Di fronte alla mole degli archivi, gli studiosi non sono andati a fondo. Con Pio XII forse è diverso, perché la materia è ancora calda.

Pio XII è considerato una figura controversa. Dipende forse dal fatto che non lo si conosce davvero bene?
Ogni grande figura è controversa. Pio XII è vissuto in tempi impossibili per una internazionale come la Chiesa cattolica, che era lacerata dal conflitto mondiale. Era un periodo terribile: il nazismo era arrivato a dominare Roma per nove mesi, fin sotto le finestre del Papa; il comunismo aveva distrutto come un nuovo conquistatore la Chiesa cattolica in tutto l’oriente europeo.

Ci furono alternative impossibili per la chiesa di Pio XII: con il comunismo, negoziare o condannare? Con il nazismo, denunciare o salvare quante più vite possibili?

Papa Pacelli, però, non gioca solo sulla difensiva.
Partecipa a grandi iniziative: il processo di creazione europeo a cui aderisce in maniera convinta, la fondazione della Democrazia cristiana in Italia, l’avvio di una Chiesa decolonizzata. C’è poi la questione riguardante la Cina, e sarà interessante vedere dagli archivi vaticani cosa successe con l’avvento di Mao e l’inizio della crisi dei rapporti tra il Vaticano e il governo comunista di Pechino.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Nulla da temere dalle carte contenute negli archivi?
Quello che doveva venire fuori è già venuto dagli archivi diocesani e privati. Non c’è niente da temere. Bisogna considerare, invece, che la completezza delle informazioni rende giustizia alla complessità dell’azione del Vaticano. Ne sono convinto.

Quando non si ha tutta la documentazione, siamo prigionieri della logica degli scoop.

Un documento, invece, va inquadrato in un contesto. La completezza renderà giustizia all’azione della Santa Sede e dei Papi. E alle figure di importantissimi collaboratori dei pontefici, che hanno fatto la storia della Chiesa. Penso a Montini, Roncalli, Cardini: hanno lavorato all’ombra dell’istituzione ma hanno lasciato tracce importanti. L’apertura sarà estremamente positiva e il mio auspicio è che si vada in fretta per il pontificato successivo.

Questa decisione avrà conseguenze anche per il processo di canonizzazione?
Non conosco bene lo stato del processo di Pio XII, ma ho presente la sensibilità ebraica nei confronti della sua figura. Per tanti ebrei l’atteggiamento di Pio XII risulta incomprensibile di fronte alla Shoah. Non ritengo che tutti i Papi debbano diventare santi. Come storico, mi sento di dire che Pio XII è una figura importante e inevitabile per chi vuole studiare la storia politica e religiosa tra guerra e dopoguerra. È una figura che esprime l’antico, ma che cerca di proiettare la Chiesa verso il nuovo.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Con l’apertura degli archivi potrà cambiare l’approccio del mondo ebraico?
Dagli ebrei è venuta spesso la richiesta di conoscere meglio i documenti, e quindi credo che questo porterà a una considerazione più positiva o quantomeno più storica della figura di Pio XII. Del resto, voglio ricordare il grande contributo che abbiamo avuto con la coraggiosa pubblicazione degli “Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale” su decisione di Paolo VI. Quelle carte fanno vedere un atteggiamento sfaccettato della Santa Sede. Ci sono anche delle cose che non erano proprio a favore. Penso ad alcune battute di monsignor Dell’Acqua su un padre cappuccino che si dava da fare per gli ebrei a Roma. Dopo il coraggio di Paolo VI del 1965, abbiamo aspettato tanto. E spero che questo tempo non lenisca la passione storiografica di chi vuole conoscere quel periodo e quelle figure.

Tav, il braccio di ferro continua

Archiviato il primo round, entra nel vivo la trattativa tra Lega e M5s sull’Alta velocità Torino-Lione.
Nel breve vertice poche ore fa con Giuseppe Conte, gli interlocutori di maggioranza – Matteo Salvini, da una parte; e Luigi Di Maio, insieme a Danilo Toninelli, dall’altra – si sono limitati a ‘scoprire’ le proprie carte (peraltro ben note) sul tavolo. E a prendere atto delle profonde differenze di posizione.

I tre si sono, quindi, ulteriormente aggiornati, quando si terrà un secondo round della discussione politica, probabilmente anche questo non risolutivo.

Il nuovo vertice
Il prossimo vertice – appuntamento alle 20,30 – sarà diviso in due momenti: la discussione, tutta politica, a tre sarà preceduta da una riunione con i tecnici della commissione che ha redatto l’analisi costi-benefici e il supplemento di indagine richiesto dal ministro delle Infrastrutture.

È il ‘metodo Conte’: cercare di liberare il dossier Tav da tutte le incrostazioni ideologiche che dividono i due azionisti della maggioranza e riportare il tema nell’ambito del ‘razionale’.

Il problema è che la sintesi politica, ad horas, è ancora molto lontana. Da una parte il pressing di Salvini per autorizzare l’opera, per la quale da sempre la Lega si dice a favore, che, però, si scontra con la posizione storica ‘no Tav’ del M5s.

“Io non posso dire ‘no’ alla Tav, non blocco il Paese”, ha ribadito anche oggi il vice premier leghista.

Salvini – viene riferito – si è detto disponibile a sedersi a un tavolo per discutere di altri progetti alternativi. Ma a patto che “sia sempre Tav e che l’alternativa non sia l’allargamento di una galleria”, viene precisato con riferimento al progetto sul Frejus che il M5s sostiene.

La Lega – si spiega, inoltre – non è disposta a sostenere alcun progetto che non sia basato su dati oggettivi.

Salvini è pronto ad andare allo scontro dopodichè dalle parti del partito di via Bellerio non si crede che il governo rischi veramente sulla Tav e si confida nella capacità di mediazione del premier Conte.

Frutto dell’analisi dettagliata del dossier, che blindi da future critiche una eventuale sintesi “politica nell’interesse generale”, come l’ha definita il presidente del Consiglio. Anche per rassicurare su questo, da fonti leghiste si fa trapelare che il partito voterà compatto contro la sfiducia a Toninelli chiesta dalle opposizioni.

Sul fronte 5 stelle, invece, si insiste nel sostenere la proposta di allargamento del Frejus. Ipotesi – viene sottolineato – subito cantierabile e dal costo inferiore rispetto a un’opera come la Tav che viene definita troppo onerosa.

Allo stato, l’unica comunità di intenti che si registrerebbe tra Lega ed M5s è il ‘no’ a ogni rinvio.

I bandi scadono lunedì. Urge una decisione
Conte ha anticipato che una decisione sarà presa venerdì, o quantomeno entro lunedì, giorno di scadenza dei bandi che dovrebbe assegnare la società Telt: sarebbe quindi tramontata l’ipotesi che si rimandi ogni decisione, lasciando che il cda di Telt prendere posizione (a favore di una autorizzazione o meno).

La Lega è contraria a ogni rinvio – viene riferito – così come i pentastellati. In particolare, questi ultimi soffrirebbero lo storytelling che la campagna leghista è riuscita a imporre nel Paese secondo la quale chi è contro la Tav è contro le opere.

Proseguire con il dibattito sull’Alta velocità Torino-Lione significherebbe continuare questa narrazione che non giova al Movimento, è la convinzione.

(Fonte AGI)

Brexit: le famiglie tagliano le spese superflue

I consumatori britannici si preparano alla Brexit tagliando le spese non essenziali. Lo scrive il quotidiano britannico “The Times” riportando i dati delle vendite del commercio al dettaglio nel mese di febbraio.

Le letture sono state redatte dal Consorzio britannico del commercio al dettaglio e da Barclaycard, la società della banca Barclays che gestisce una delle carte di debito/credito più diffuse nel Regno Unito. I dati mostrano che le famiglie britanniche sono sempre più prudenti nelle loro abitudini di spesa.

A febbraio scorso le vendite sono calate dello 0,1 per cento rispetto a gennaio e circa dell’1,8 per cento rispetto all’anno precedente. Secondo Barclaycard metà degli adulti sono convinti che con la Brexit peggioreranno sia l’economia del Regno Unito sia la loro personale situazione. I segni di un rallentamento della spesa delle famiglie, commenta il “Times”, sollevano preoccupazione perché i consumi sono il motore della crescita e nel 2018 hanno sostenuto l’economia britannica nonostante un calo degli investimenti e degli scambi commerciali internazionali.

La Regione Lazio aderisce ai #fridaysforfuture e allo sciopero globale del 15 marzo “global strike for future”

La Regione Lazio aderisce ai #fridaysforfuture e allo sciopero globale del 15 marzo “global strike for future”. La sfida del clima -dai mutamenti climatici alle loro drammatiche conseguenze- è una tra le più ampie, globali ed importanti del nostro tempo.

L’impegno per un nuovo modello energetico basato su efficienza e rinnovabili che riduca fortemente le emissioni di gas serra, aiutando così il clima, l’ambiente e l’innovazione tecnologica. I fridaysforfuture, nati dalla protesta/sciopero della quindicenne Greta a Stoccolma in occasione della COP24, e la manifestazione del 15 marzo rappresentano una grande occasione per contribuire, insieme, alla nascita di un movimento più ampio e trasversale in difesa del clima.

“La politica deve essere capace, ed io sto mettendo tutto il mio impegno perché ciò accada, per raccogliere questa spinta farla propria e coinvolgere tutti a partire da questi giovani, in azioni efficaci ed incisive – così il presidente, Nicola Zingaretti, che ha aggiunto: per questo il 15 marzo sarà fondamentale essere in tanti ed anche la Regione Lazio ci sarà, con l’orgoglio di essere stata la prima Regione d’Italia ad aderire al movimento #Fridaysforfuture e allo sciopero globale del 15 marzo ‘Global Strike For Future’”.

L’Istat conferma la recessione tecnica per il IV trimestre 2018

Nel quarto trimestre del 2018 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e ha segnato una variazione nulla nei confronti del quarto trimestre del 2017.

La variazione congiunturale del Pil diffusa il 31 gennaio 2019 era risultata negativa dello 0,2% mentre quella tendenziale era pari a +0,1%.

Il quarto trimestre del 2018 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e due giornate lavorative in più rispetto al quarto trimestre del 2017.

La variazione acquisita per il 2019 è pari a -0,1%.

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano aumenti, con una crescita dello 0,1% dei consumi finali nazionali e dello 0,3% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono cresciute, rispettivamente, dello 0,7% e dell’1,3%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per +0,1 punti percentuali alla crescita del Pil: +0,1 punti sia i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, sia gli investimenti fissi lordi e contributo nullo della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). Per contro. la variazione delle scorte ha contribuito negativamente sottraendo 0,4 punti percentuali alla variazione del Pil. L’apporto della domanda estera netta è risultato pari a +0,2 punti percentuali.

Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto dell’agricoltura e dell’industria, diminuiti rispettivamente dell’1,1% e dello 0,5%, mentre il valore aggiunto dei servizi è cresciuto dello 0,1%.

Aci: contro le truffe arriva l’attestazione sulla certificazione chilometrica

Ogni veicolo potrà avere un fascicolo digitale per non incorrere nell’alterazione dei contachilometri. Una soluzione che consentirà di certificare la reale percorrenza delle auto, dimostrando altresì gli interventi di manutenzione effettuati. L’iniziativa è stata realizzata dall’Automobil Club Italia in collaborazione con EY e si basa sulla tecnologia “blockchain” che, attraverso la crittografia e la concatenazione dei dati, permette “di certificare il ciclo di vita del veicolo attraverso la loro ‘notarizzazione’ virtuale, all’interno di un’infrastruttura distribuita che consentirà di creare un ecosistema di interoperabilità”.

Nel Belpaese il mercato dei ricambi falsi negli ultimi anni ha fatto segnare un trend in crescita di circa il 10% e, secondo alcune stime, lo scorso anno il contachilometri è stato manomesso su 2,5 milioni di i veicoli usati, con un danno economico che gli esperti dell’Automobil Club valutano tra i 5,6 miliardi e i 9,6 miliardi di euro. Il fascicolo digitale, consultabile innanzitutto dal proprietario del veicolo tramite il proprio smartphone e visionabile su sua autorizzazione da terzi, mette al riparo i possibili acquirenti del suo veicolo da raggiri su percorrenze e sostituzione dei pezzi di ricambio. “Si tratta della prima applicazione smartphone al mondo – sottolinea l’Aci – che consente all’automobilista di disporre di dati certificati del proprio veicolo indipendentemente dal tipo di marca e modello. L’applicazione permette di interconnettere l’intero ecosistema automotive, offrendo ai singoli operatori la possibilità di scambiarsi informazioni in un ambiente trust”.

La tecnologia ‘blockchain’ permetterà, inoltre, di sviluppare nuovi servizi a valore aggiunto come la trasparenza nel mercato secondario e dell’usato, l’auto-certificazione chilometrica, lo sviluppo di nuovi prodotti con le compagnie assicurative e l’abilitazione del nuovo certificato di revisione.
In merito a questa novità, il direttore centrale di Aci Sistemi informativi e innovazione, Vincenzo Pensa ha precisato che: “il nuovo paradigma dei servizi al cittadino impone di identificare una tecnologia in grado di distribuire i dati raccolti in modo interoperabile tra tutti gli attori dell’ecosistema, garantendo tuttavia l’immutabilità e la trasparenza degli stessi. Aci ha deciso di implementare la ‘blockchain’ nella sua applicazione smartphone per offrire un servizio innovativo, rivoluzionario e di sistema”.

Il rilievo funerario di Marco Virgilio Eurisace alla Centrale Montemartini

Il rilievo funerario, attentamente restaurato a cura della Sovrintendenza Capitolina ai beni culturali, rappresenta un’importante testimonianza storica e artistica di questo periodo, in quanto parte fondamentale dell’imponente sepolcro di Eurisace costruito poco dopo la metà del I secolo a.C. (40/30 a.C.), e riportato alla luce nel 1838 nell’area chiamata anticamente ad Spem Veterem, oggi Porta Maggiore, dove ne sono ancora visibili i resti.

Il gruppo scultoreo sorgeva originariamente sulla facciata orientale del sepolcro e mostra i due coniugi in posizione frontale ma con il capo rivolto l’un l’altra, come per evidenziare il legame che li univa in vita. Le figure emergono dal fondo scolpite quasi a tutto tondo; l’uomo indossa la toga drappeggiata secondo la maniera tipica degli anni centrali del I secolo a.C.; coerentemente il volto segue le tendenze della ritrattistica tardo repubblicana, mostrando con crudo realismo i segni del tempo. La donna, invece, è avvolta nell’ampio mantello portato sulla tunica e il ritratto lascia riconoscere l’acconciatura in voga in quegli anni: i capelli divisi da una riga centrale in bande laterali e raccolti in un’alta crocchia composta probabilmente di trecce.

In occasione del restauro si è voluto offrire una più completa lettura dell’opera, restituendo alla figura femminile la testa, rubata nel 1934. È stato così realizzato un volto in gesso utilizzando, per l’aspetto e l’inclinazione, le foto scattate prima del furto, quando il rilievo era esposto all’aperto lungo le mura presso Porta Maggiore, nel luogo dove nel 1856 sarebbe sorta la stazione ferroviaria RomaFrascati.

Il rilievo restaurato è esposto nella Sala Colonne del museo della Centrale Montemartini, nell’ambito di un nuovo allestimento progettato per restituire l’idea del contesto architettonico del sepolcro in cui il gruppo scultoreo si inseriva originariamente. E’ stata realizzata una struttura in calcestruzzo e tubolari d’acciaio per ricreare una nicchia incassata in cui inserire l’opera, a rievocare la collocazione originaria sulla facciata della tomba.

Per l’occasione è giunta in prestito dal Museo Nazionale Romano l’epigrafe di Atistia, in cui Eurisace ricorda, con parole di lode. la sposa defunta, dicendo che le sue spoglie sono raccolte in un “panario”, un’urna a forma di cesta per il pane. A completare l’esposizione il plastico del monumento in gesso patinato, proveniente dal Museo della Civiltà Romana.

Il sepolcro di Marco Virgilio Eurisace fu risparmiato dalla realizzazione delle arcate monumentali dell’acquedotto Claudio, nella metà del I secolo d.C., ma fu coinvolto dalla costruzione delle Mura Aureliane nel III secolo e definitivamente inglobato agli inizi del V secolo nel bastione costruito dall’imperatore Onorio per potenziare la cinta muraria presso la Porta Labicana – Prenestina (oggi Porta Maggiore). Molti secoli dopo, nel 1838, le strutture attribuibili al rifacimento di Onorio furono demolite per volontà di Papa Gregorio XVI e nel corso dei lavori venne portato completamente alla luce il sepolcro di Eurisace, che in quella occasione fu disegnato dall’archeologo Luigi Canina, al quale si deve una delle più complete documentazioni.

Nella decorazione scultorea del sepolcro si possono ritrovare ancora oggi i riferimenti alla professione di fornaio del committente, rappresentati dai rilievi che lungo la sommità del piano superiore illustrano le diverse fasi della panificazione mentre nell’iscrizione, ripetuta quasi identica sui tre lati superstiti del monumento, sulla fascia che divide il corpo inferiore da quello superiore, si ricorda il proprietario del sepolcro, Marco Virgilio Eurisace, panettiere e appaltatore dello stato.

Il rilievo funerario, attentamente restaurato a cura della Sovrintendenza Capitolina ai beni culturali, rappresenta un’importante testimonianza storica e artistica di questo periodo, in quanto parte fondamentale dell’imponente sepolcro di Eurisace costruito poco dopo la metà del I secolo a.C. (40/30 a.C.), e riportato alla luce nel 1838 nell’area chiamata anticamente ad Spem Veterem, oggi Porta Maggiore, dove ne sono ancora visibili i resti.

Hiv: secondo caso al mondo di uomo guarito con il trapianto di cellule staminali

Un uomo sieropositivo in Gran Bretagna è diventato il secondo adulto conosciuto in tutto il mondo a essere liberato dal virus dell’Aids dopo aver ricevuto un trapianto di midollo osseo da un donatore resistente all’Hiv.

Quasi tre anni dopo aver ricevuto cellule staminali di midollo osseo da un donatore con una rara mutazione genetica che resiste all’infezione da Hiv – e più di 18 mesi dopo aver eliminato i farmaci antiretrovirali – i test non mostrano ancora alcuna traccia della precedente infezione da Hiv.

Al Centro

Inchinarsi di fronte a una bella manifestazione di democrazia, come le primarie del Pd sono apparse domenica, non significa nascondere al dibattito pubblico il tema di un “nuovo centro democratico”. Sotto questo aspetto l’investitura del popolo dei gazebo fa di Zingaretti un leader che trova la sua forza e la sua debolezza nel confronto attorno a una questione più ampia di quanto il Pd, oggi e domani, possa rappresentare. Il giornale dei Vescovi, l’Avvenire, ha commentato sobriamente l’evento, senza pregiudizi e riserve, ma ponendo l’accento sulla necessità di un “quarto polo” (dopo i tre della “sinistra sinistra” della “destra destra” e del M5S) capace di accogliere e valorizzare la partecipazione di molti cattolici.

Zingaretti è chiamato a riordinare la sinistra. Di questo compito sente del resto il peso e la responsabilità, pur conservando quell’attenzione ai moderati – categoria comunque sempre angusta – di cui anche il Pd, al proprio interno, dovrebbe avvalersi. Nell’intervista concessa al “Corriere della Sera”, proprio alla vigilia delle primarie, esprimeva disponibilità e interesse verso una futura alleanza con quella parte di elettorato che, senza preconcetta ostilità, resta fuori dal perimetro corrispondente all’attuale esperienza del Pd. In sostanza, la vocazione maggioritaria finisce mestamente in archivio, per un esplicito rilancio della politica delle alleanze.

Ora, alla luce del nuovo corso del Nazareno, si tratta di focalizzare l’oggetto di tale riordino del sistema politico, precisamente sul lato dell’opposizione al sovran-populismo. Quanto più il centro si fa piccolo nella mente degli sherpa neo-togliattiani, quasi perciò a ridurne la configurazione a protesi della sinistra, tanto più diventa un esercizio di generale frustrazione. La modestia di cognizione corrisponde alla sua fatale inutilità.

Il centro per esistere ha bisogno invece di grandezza, quanto a motivazioni sensibilità e slancio. Di fatto non vive all’ombra di un geroglifico di astuzia elettoralistica, per agguantare cioè un aliquota di elettorato indeciso. Il centro è una sfida, anche a sinistra, perché si nutre (o deve nutrirsi) di un ideale democratico superiore. Non nel senso di una presunzione fantastica, rigonfia di gloria passata e visioni autoreferenziali, bensì nel segno della fatica che nasce dal “fare sintesi” oltre la denuncia e la rabbia, oltre la dialettica negativa dell’antagonismo a sfondo settario, oltre il riduzionismo dell’uomo e della società a una dimensione.

Il centro può nascere ora, con ricchezza di idee e generosità di propositi, se solo s’intenda la domanda inevasa di rappresentanza, che avvolge un sistema di “mondi vitali” disancorato dalla politica e ciò nondimeno desideroso di nuova politica. Ci sono segni di attesa ai quali occorre rivolgere l’occhio. Nulla è scontato. Un’aspirazione, ancorché diffusa e robusta, fa presto a scemare nel vuoto dell’insipienza e del piagnisteo. Eppure, nemmeno è scontato che resti in sospeso, secondo il pessimismo degli attori più consumati, la voglia di rigenerare una buona proposta politica. Tutto dipende, alle volte, da uno scatto di orgoglio e dal fortuito incrocio di ”virtù e fortuna”(Macchiavelli). Anche i cristiani debbono leggere o rileggere il Fiorentino, più profeta che cinico manipolatore, in tempi di irrazionale e colpevole debilitazione della politica.

È necessaria una nuova presenza dei cattolici in politica

Cari amici,

Ringrazio il Cardinale Ouellet per le parole. Ho iniziato questo intervento chiamandovi “cari amici”, e non per un mero artificio retorico, ma perché, pensando all’iniziativa che avete intrapreso, credo possa essere opportuno ricordare un versetto del capitolo 15 del vangelo di san Giovanni, in cui Gesù dice a tutti: «Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio» (Gv 15, 15).

E Gesù fonda la Chiesa con l’aspetto di un’amicizia, come un atto di amore, come un gesto di compassione per la nostra condizione fragile e limitata. E incarnandosi, Gesù Cristo abbraccia la nostra umanità, abbraccia il nostro “io”, a volte egoista, tante volte timoroso, per donarci la sua forza e mostrarci che non siamo soli nel cammino della vita, che abbiamo un amico che ci accompagna. Grazie a ciò, ogni volta che diciamo “io” possiamo dire “noi”, siamo cioè comunità con Lui. Abbiamo un “amico” che ci sostiene e c’invita a proporre missionariamente quella stessa amicizia a tutti gli altri e ad allargare così l’esperienza di “Chiesa”.

E questa verità ha molte implicazioni in diversi ambiti, ma è importante soprattutto per quelli che si scoprono chiamati a essere responsabili della promozione del bene comune.

Essere cattolico nella politica non significa essere una recluta di qualche gruppo, organizzazione o partito, bensì vivere dentro un’amicizia, dentro una comunità. Se tu, nel formarti nella Dottrina sociale della Chiesa, non scopri nel tuo cuore il bisogno di appartenere a una comunità di discepolato missionario veramente ecclesiale, in cui puoi vivere l’esperienza di essere amato da Dio, puoi correre il rischio di lanciarti un po’ da solo nelle sfide del potere, delle strategie, dell’azione, e finire nel migliore dei casi con un buon posto politico, ma solo, triste e con il rischio di essere manipolato.

Gesù ci invita a essere suoi amici. Se ci apriremo a questa opportunità, la nostra fragilità non diminuirà. Le circostanze in cui viviamo non cambieranno immediatamente. Tuttavia potremo guardare la realtà in modo nuovo, potremo vivere con rinnovata passione le sfide nella costruzione del bene comune. Non dimentichiamo che entrare in politica significa puntare sull’amicizia sociale.

In America Latina abbiamo un santo che conosceva bene queste cose. Lui ha saputo vivere la fede come amicizia, e l’impegno con il suo popolo fino a dare la vita per lui. Vedeva tanti laici desiderosi di cambiare le cose ma che molte volte si perdevano con false risposte di tipo ideologico. Con la mente e il cuore posti in Gesù, e guidato dalla dottrina sociale della Chiesa, san Óscar Arnulfo Romero diceva, e lo cito: «La Chiesa non si può identificare con nessuna organizzazione, neppure con quelle che si definiscono e si sentono cristiane. La Chiesa non è l’organizzazione, né l’organizzazione è la Chiesa. Se in un cristiano sono cresciute le dimensioni della fede e della vocazione politica, non si possono identificare soltanto i compiti della fede e un determinato compito politico, né tanto meno si possono identificare Chiesa e organizzazione. Non si può affermare che solo all’interno di una determinata organizzazione si può sviluppare l’esigenza della fede. Non ogni cristiano ha vocazione politica, né il canale politico è l’unico a portare a un compito di giustizia. Ci sono anche altri modi di tradurre la fede in un lavoro di giustizia e di bene comune. Non si può esigere dalla Chiesa o dai suoi simboli ecclesiali che si convertano in meccanismi di attività politica. Per essere un buon politico non c’è bisogno di essere cristiano, ma il cristiano che si mette in politica ha l’obbligo di professare la propria fede. E se così facendo nascesse in questo campo un conflitto tra la lealtà alla sua fede e la lealtà all’organizzazione, il cristiano vero deve preferire la sua fede e dimostrare che la sua lotta per la giustizia è per la giustizia del Regno di Dio, e non per un’altra giustizia».1 Fino a qui Romero.

Queste parole le pronunciò il 6 agosto del ’78 perché i fedeli laici fossero liberi e non schiavi, e perché ritrovassero i motivi per cui vale la pena fare politica, ma a partire dal vangelo, superando le ideologie. La politica non è la mera arte di amministrare il potere, le risorse o le crisi. La politica non è mera ricerca di efficacia, strategia e azione organizzata. La politica è vocazione di servizio, diaconia laicale che promuove l’amicizia sociale per generare il bene comune. Solo in questo modo la politica contribuisce a far sì che il popolo diventi protagonista della sua storia e così si evita che le cosiddette “classi dirigenti” credano di essere loro a poter risolvere tutto. È il famoso concetto liberale esasperato: tutto per il popolo ma niente con il popolo. Fare politica non si può ridurre a tecniche e risorse umane e capacità di dialogo e persuasione; tutto ciò da solo non serve. Il politico sta in mezzo al suo popolo e collabora con questo mezzo o altri affinché il popolo che è sovrano sia il protagonista della sua storia.

In America Latina, e in tutto il mondo, stiamo attualmente vivendo un vero «cambiamento di epoca»2 — lo diceva Aparecida — che ci chiede di rinnovare i nostri linguaggi, simboli e metodi. Se continueremo a fare lo stesso che si faceva qualche decennio fa, ricadremo negli stessi problemi che dobbiamo superare in campo sociale e politico. Non mi riferisco qui semplicemente a migliorare qualche strategia di “marketing”, ma a seguire il metodo che Dio stesso ha scelto per avvicinarsi a noi: l’Incarnazione. Assumendo tutto l’umano — tranne il peccato — Gesù Cristo ci annuncia la liberazione a cui il nostro cuore e i nostri popoli anelano. E allora voi come giovani cattolici dediti a diverse attività politiche sarete in prima linea nel modo di accogliere i linguaggi e i segni, le preoccupazioni e le speranze, dei settori più emblematici del cambiamento di epoca latinoamericano. E starà a voi trovare i cammini del processo politico più adeguato per andare avanti.

Quali sono i settori più emblematici o significativi nel cambiamento di epoca latinoamericano? A mio parere sono tre, tra l’altro lo dovete già aver sentito perché Carriquiri è qui, e io infatti l’ho copiato da lui. A mio parere sono tre, attraverso i quali è possibile riattivare le energie sociali della nostra regione affinché sia fedele alla sua identità e, al tempo stesso, affinché costruisca un progetto di futuro: le donne, i giovani e i più poveri.

In primo luogo, le donne. La Pontificia Commissione per l’America Latina lo scorso anno ha dedicato una riunione plenaria proprio alla donna come pilastro nell’edificazione della Chiesa e della società.3 Inoltre, ai vescovi del Celam a Bogotá nel 2017 ho rivolto un messaggio in cui ricordavo loro che «la speranza in America Latina ha un volto femminile».4 In secondo luogo, i giovani, perché in loro dimorano l’anticonformismo e la ribellione che sono necessari per promuovere cambiamenti veri e non meramente cosmetici. Gesù Cristo, eternamente giovane, è presente nella loro sensibilità, nel loro volto e nelle loro inquietudini. E in terzo luogo, i più poveri ed emarginati. Perché nell’opzione preferenziale per loro la Chiesa manifesta la sua fedeltà come sposa di Cristo non meno che sul versante dell’ortodossia.5

Le donne, i giovani e i poveri sono, per diverse ragioni, luoghi d’incontro privilegiato con la nuova sensibilità culturale emergente e con Gesù Cristo. Sono protagonisti del cambiamento di epoca e soggetti di speranza vera. La loro presenza, le loro gioie e, in particolare, le loro sofferenze sono un forte campanello d’allarme per quanti sono responsabili della vita pubblica. È nella risposta ai loro bisogni e alle loro richieste che si gioca in gran parte la vera costruzione del bene comune. Costituiscono un luogo di verifica dell’autenticità dell’impegno cattolico nella politica. Se non vogliamo perderci in un mare di parole vuote, guardiamo sempre il volto delle donne, dei giovani e dei poveri. Guardiamoli come soggetti di cambiamento e non come meri oggetti di assistenza. I loro sguardi che c’interpellano ci aiuteranno a correggere l’intenzione e a riscoprire il metodo per agire “inculturadamente”, nei nostri diversi contesti. Assumere, e assumere concretamente, tutta questa problematica significa essere concreti e in politica quando uno devia dall’essere concreto devia anche dalla guida politica.

È necessaria una nuova presenza di cattolici in politica in America Latina. Una “nuova presenza” che implichi non solo nuovi volti nelle campagne elettorali, ma anche e soprattutto nuovi metodi che permettano di forgiare alternative che siano al tempo stesso critiche e costruttive. Alternative che ricerchino sempre il bene possibile, anche se modesto. Alternative flessibili, ma con una chiara identità sociale cristiana. A tal fine è necessario valorizzare in modo nuovo il nostro popolo e i movimenti popolari che esprimono la sua vitalità, la sua storia e le sue lotte più autentiche. Fare politica ispirata al vangelo a partire dal popolo in movimento può diventare un modo potente per risanare le nostre fragili democrazie e aprire lo spazio per reinventare nuove istanze rappresentative di origine popolare.

Noi cattolici sappiamo bene che «nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili. Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi».6 Vi invito pertanto a vivere la vostra fede con grande libertà. Senza credere mai che esista un’unica forma d’impegno politico per i cattolici. Un partito cattolico. Forse è stata questa una prima intuizione nel risvegliare della Dottrina sociale della Chiesa che con il passare degli anni si è adeguata a quella che deve realmente essere la vocazione del politico oggigiorno nella società, dico cristiano. Non va più il partito cattolico. In politica è meglio avere una polifonia ispirata a una stessa fede e costruita con molteplici suoni e strumenti, che una noiosa melodia monocorde, apparentemente corretta ma omogenizzante e neutralizzante — gratuita — tranquilla. No, non va più.

Sono contento che sia nata l’Accademia di Leader Cattolici e che si stia diffondendo in diversi paesi dell’America Latina. Sono contento che cerchiate di essere allo stesso tempo fedeli al vangelo, plurali in termini partitici e sempre in comunione con i vostri Pastori.

Fra qualche anno, nel 2031, celebreremo il v centenario dell’Evento Guadalupano, e, nel 2033, il secondo millennio della Redenzione. Voglia Dio che d’ora in avanti tutti voi possiate lavorare alla diffusione della Dottrina sociale della Chiesa, per giungere così alla celebrazione di queste date con veri frutti laicali di discepolato missionario. A me piace ripetere che dobbiamo sempre guardarci dalle colonizzazioni culturali, no, le colonizzazioni ideologiche, ci sono quelle economiche perché le società hanno una dimensione di “coloneidad”; ossia, di essere aperte a una colonizzazione. Allora dobbiamo difenderci da tutto. E al riguardo mi permetto un’intuizione. Spetterà a voi regolare e correggere, o non farlo, ma è un’intuizione che lascio nelle nostre mani, se non volete sbagliarvi nel cammino per l’America Latina: la parola è “meticciato”. L’America Latina è nata meticcia, si conserverà meticcia, crescerà solo meticcia e questo sarà il suo destino.

Fu proprio san Juan Diego, indigeno povero ed escluso, lo strumento piccolo e umile che Santa Maria di Guadalupe scelse per una grande missione che avrebbe dato origine al volto pluriforme della grande nazione latinoamericana. Ci affidiamo alla sua intercessione perché, quando ci mancheranno le forze nella lotta per il nostro popolo, ricorderemo che è proprio nella debolezza che la forza di Dio può manifestarsi pienamente (cfr. 2 Cor 12, 9). E che la Morenita del Tepeyac non si dimentichi mai della nostra amata “Patria Grande”, questo è l’America Latina, una Patria Grande in gestazione, che non si dimentichi mai delle nostre famiglie e di coloro che più soffrono. E voi non vi dimenticate di pregare per me. Grazie.

1 S. Óscar Arnulfo Romero, Omelia, 6 agosto 1978

2 Cfr. v Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, Aparecida, 44.

3 Cfr. Pontificia Commissione per l’America Latina, La mujer pilar de la
edificación de la Iglesia e de la sociedad en América Latina,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2018.

4 Francesco, Discorso al Comitato Direttivo del Celam, 7 settembre 2017.

5 Cfr. San Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, n. 49.

6 San Paolo VI, Octagesima adveniens, n. 50.

Vi racconto la giornata dell’orgoglio Pd nei gazebo. Parla Fioroni

Articolo già apparso sulle pagine di formiche.net a firma di Gianfranco D’Anna

“Una giornata dell’orgoglio Pd, che ci dà una notizia: finalmente abbiamo l’alternativa a Salvini e Di Maio. Ma la vera novità è che nei gazebo abbiamo scelto qualcosa, prima di qualcuno”. Così l’ex ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni, anima cattolica del dem, affida a Formiche.net la sua lettura delle primarie piddine. E lo fa partendo da un elemento valoriale piuttosto che semplicisticamente legato al nuovo volto (Nicola Zingaretti), mettendo l’accento su una serie di punti ideali del nuovo costrutto riformista come il civismo, il recupero del terzo settore e il ruolo dei cattolici.

Come si inseriscono i gazebo del Pd nella discontinuità dal recente passato?

In primis voglio ringraziare il popolo dei gazebo. La prima discontinuità è rispetto a tutti coloro che avevano dato per morto il Pd, salvo rendersi conto oggi che è salva la sua capacità di costruire un’alternativa. L’affluenza dimostra che esiste un’Italia che non vuole Salvini e Di Maio e ha individuato un perno attorno al quale ricominciare: credo sia questa la principale fonte di novità rispetto alla narrazione del Pd fatta negli ultimi anni.

La scontata vittoria di Nicola Zingaretti cosa cambia nelle politiche del Pd?

L’alta percentuale ottenuta gli consentirà di poter guidare con indiscussa autorevolezza il partito: da domani inizierà già la sfida di saper costruire una unità interna che non deve essere un dogma ma prevedere anche una vivace dialettica, costruttiva, tra maggioranza e minoranza. Altra discontinuità rappresentata dalle primarie è che per vincere le secondarie non si dovrà solo sperare nel segretario, ma nemmeno immaginare che ci sia un uomo solo al comando.

Quindi porte aperte a sinistra?

Il Pd ha necessità di cercare consensi nella sinistra riformista, creando una grande alleanza, ma ritrovando la capacità di conquistare quei voti moderati che non si riconoscono in Salvini né in Di Maio. Questi hanno la necessità di trovarsi “a casa propria” in un altro schieramento.

Come procedere adesso?Aprendo allo “schema Legnini”, ovvero il civismo a trainare il partito, oppure preparando il terreno nel perimetro dem?

Lo schema Legnini dimostra che esiste un mondo desideroso di aggregarsi attorno a un perno, in questo caso incarnato dal Pd. Dobbiamo capire cosa significa civismo: quello spontaneo, esistente, che rigenera lo spirito che nasce dal basso e che fa tesoro delle esperienze del cattolicesimo sociale ed impegnato in politica. Tutto ciò è una ricchezza oggettiva. Spetterà al Pd la capacità di catalizzare e di aggregare.

Come coinvolgere energie esterne, ma di area, come Calenda oppure come l’universo del terzo settore?

Credo che intanto ci saranno dei passaggi fondamentali da attuare. Calenda è una risorsa ed è un’intuizione per le europee grazie ad un fronte pro Ue, alternativo al populismo-sovranista. Si tratta di trovare il modo di declinarlo mettendo insieme, dopo questa giornata dell’orgoglio Pd, sia l’appartenenza dem che l’idea dell’allargamento. In seguito avverto la necessità di coinvolgere i corpi intermedi, non solo nel governo delle amministrazioni locali, ma riaffermando il loro valore assoluto e farli sentire co-protagonisti di un percorso di sviluppo comune. Credo che il modo migliore di iniziare sia per Zingaretti saper passare dalla formula “voto qualcuno” alla formula “voto qualcosa”. Ovvero da credo in un singolo, a credo in un quadro progettuale. Ecco la vera discontinuità in un sistema tripolare, dove serve toccare anima e sentimento degli italiani. Basta con la stagione dove si sceglie qualcuno senza credere in niente.

Il partito dei cattolici sussurrerà a Zingaretti oppure gli si affiancherà apertamente?

Da parte del mondo cattolico c’è una grande necessità, che rappresenta anche la sua nuova frontiera: agire sul piano sì politico ma pre-partitico. Percepisco il bisogno di ritrovare la forza per entrare nella progettualità comune e nella elaborazione di un pensiero attualizzato, come osservato da Papa Francesco. Ovvero partendo dalla base della nostra Chiesa e progressivamente facendolo risalire: questa l’idea di un Sinodo della Chiesa italiana che muova i primi passi dal basso, per poi far riflettere valori e progettualità. Si tratta di una mossa che peso come un grande sforzo politico che è anche pre-partitico, anticamera a quelle scelte individuali che, come si può facilmente immaginare, sono sempre figlie della corrispondenza tra i valori e i progetti.

“Giorgio La Pira, il sindaco della pace”

Di Giorgio La Pira, non è facile tracciarne un ritratto. Sfogliando un album ideale incontriamo il giovane La Pira, dopo la crisi religiosa della prima giovinezza, mentre scrive a padre Agostino Gemelli delle sue certezze nella fede. Si sovrappongono presto le immagini del giovane professore pronto a palesare la sua distanza da ogni totalitarismo e da ogni pratica di discriminazioni, quella del “professorino” all’Assemblea Costituente e del Deputato alla Camera (legato particolarmente a Lazzati, Dossetti, Fanfani), del sindaco nel capoluogo toscano. Strano protagonista della politica, considerata un impegno di umanità e santità. Strano democristiano che confidava di avere solo una tessera, “quella del battesimo”.

Da sindaco di Firenze, di fronte ai licenziamenti alla fabbrica Pignone, disse candidamente: “cambiate la legge, perché io non posso cambiare il Vangelo”. La Pira è anche l’uomo vissuto da povero pensando ai poveri e che ai più bisognosi volle dare sempre dignità. La Pira è il profeta di pace e il pioniere dell’incontro dei popoli: a partire dai «Colloqui» organizzati a Firenze tra i principali sindaci del mondo, a favore del dialogo interculturale e dei negoziati per superare i conflitti. Figura di un mondo e di un tempo che non c’è più, uomo dalla fama di visionario utopista, che agli occhi di molti sembrò scambiare spesso la realtà del presente con il futuro desiderato.

Non mancano i rapporti tra La Pira e i Papi del suo tempo (Pio XII, Giovanni XXIII, soprattutto Paolo VI), destinatari di molte lettere; e con tanti leader incontrati per individuare nuovi modelli di società e di sviluppo, ai quali chiese di condividere il suo sguardo sull’Europa, o su quel Mediterraneo oggi cimitero di migranti invece che – come nel suo sogno – il “grande lago di Tiberiade” punto di attrazione delle nazioni che si affacciano sul Mare nostrum. A questo proposito non devono essere dimenticate le speranze (purtroppo irrealizzate) sulla necessità di una soluzione federale per la pace nel Medio Oriente.

Quando si ha a che fare con una figura complessa come quella di Giorgio La Pira, c’è spesso la difficoltà di separare il politico dalla persona spirituale, di scomporne visione storica e teologica, di accomunare la “civiltà cristiana” con la “comune figliolanza abramitica”. La Pira è l’uomo capace di parlare con Krusciov al Cremlino, di abbracciare Ho Chi Minh ad Hanoi e John Kennedy a Washington. «La geografia della grazia condiziona la storia dei popoli», scrisse al teologo francese Jean Daniélou il 5 aprile 1960. Alla storia del mondo La Pira ha sempre guardato con lucidità. Viaggiando ripetutamente, mediando, tessendo relazioni senza confini, sempre pronto a condividere rapporti umani e pezzi di strada. Il cammino di un grande profeta del Novecento. A ben guardare sta qui quell’umanesimo cristiano di La Pira, tra profezia e storia, e quel suo ottimismo che lo portava a sostenere con certezza – come sintetizzava il poeta Mario Luzi – «Dio c’è, la Provvidenza esiste, noi abbiamo la fortuna di essere vivi e di essere qui».

Le religioni e il coraggio dell’alterità: la Dichiarazione congiunta di Abu Dhabi

Esattamente un mese fa, il 4 febbraio 2019, ad Abu Dhabi papa Francesco e Ahamad al-Tayyib, Grande Imam di Al-Azhar (Egitto) firmavano congiuntamente il Documento sulla fratellanza umana. Un fatto – scrive Giacomo Costa nell’editoriale del numero di marzo di Aggiornamenti Sociali – di cui «è impossibile non riconoscere la valenza profondamente innovativa: si tratta di qualcosa che va al di là delle aspettative, che suscita domande e interrogativi, che mette in discussione stereotipi e pregiudizi tanto diffusi quanto radicati dal punto di vista religioso e ancor di più culturale».

L’importanza storica dell’evento risiede anzitutto nel percorso che ha portato il Pontefice e l’Imam alla sottoscrizione del documento e al modo in cui questa è avvenuta: «Non è infatti soltanto la testimonianza di un incontro, anche se questa cornice relazionale ha una importanza che non può essere sottovalutata; non è nemmeno una parola scambiata, cioè rivolta dall’uno all’altro, anche se entrambi al momento della firma hanno pronunciato parole di grande intensità. Si tratta invece di un testo condiviso, cioè di una medesima parola che i due leader sentono di rivolgere insieme ai loro fedeli e al mondo intero per dare risposta ad alcuni interrogativi di fondo». In altre parole, scrive Costa, «firmando questa dichiarazione congiunta, i due leader offrono ai loro fedeli una narrazione condivisa. Questa consente di sentirsi parte della stessa storia, di percepirsi confrontati dalle stesse domande, dalle stesse inquietudini e preoccupazioni. (…) Offrire una narrazione condivisa ai credenti di religioni che si sono a lungo combattute, che per secoli hanno affermato la propria identità attraverso la reciproca opposizione, o addirittura il dominio dell’una sull’altra, invita i fedeli di entrambe a entrare in un diverso orizzonte mentale».

L’editoriale entra poi in un’analisi dei contenuti del documento. Colpisce, in particolare, «l’atteggiamento nei confronti del pluralismo religioso, che non è subìto come dato di fatto ineliminabile o come resa a un processo di secolarizzazione, ma valorizzato come dono di Dio e come base per fondare la libertà religiosa. (…) Ne consegue la necessità di superare la logica della contrapposizione amico-nemico nei rapporti tra le religioni».

Un passo, questo, che è invocato anche a livello culturale e politico, in particolare in riferimento alla costruzione di un diverso rapporto tra Oriente e Occidente. «Questo vale con una forza e una concretezza ancora maggiori – scrive ancora il direttore di Aggiornamenti Sociali – in tutti quei contesti in cui i fedeli delle diverse religioni si trovano a vivere gomito a gomito. Non basta la garanzia formale della libertà di culto, per quanto fondamentale, se questa non si traduce in possibilità reali di partecipazione a tutte le dinamiche sociali su un piano di effettiva parità e con la possibilità di recare il proprio contributo e di esercitare la propria responsabilità di cittadini».

Dopo avere evidenziato l’importanza cruciale che ora assume «l’articolazione tra la prospettiva globale espressa dall’Imam e dal Papa e le pratiche degli attori locali» per dare credibilità e attuazione al Documento, l’editoriale conclude con una sottolineatura sul linguaggio utilizzato: «Alla prima lettura il Documento suona inevitabilmente poco familiare: capiamo che ci possiamo riconoscere nella sua formulazione, anche se non è probabilmente quella che più naturalmente ci sarebbe venuta in mente. È questo il portato del fatto che si tratta di una narrazione condivisa. (…) Il Documento ci mostra che non esistono solo il linguaggio tendenzialmente minimalista del politically correct, che annacqua le identità per piallare le differenze, o quello identitario più o meno militante, che invece le esalta fino alla chiusura e all’incomunicabilità. Nessuno dei due è in grado di fornire la base per un autentico dialogo; serve invece un linguaggio che stimoli ogni tradizione ad andare in profondità di se stessa, senza rinunce o potature, e che al tempo stesso le aiuti a procedere in una direzione condivisa. Grazie al Documento, Francesco e Ahamad al-Tayyib aprono una pista e ci invitano a compiere lo sforzo di camminare in questa direzione».

Leggi il testi integrale dell’editoriale

Accordo commerciale Usa-Cina entro fine marzo

Donald Trump e Xi Jimping potrebbero raggiungere un accordo commerciale formale in un summit intorno al 27 marzo, dopo un viaggio del presidente cinese in Italia e Francia. Lo scrive il Wall Street Journal. In base all’accordo, Pechino abbasserebbe i suoi dazi ed altre restrizioni su alcune merci americane, tra cui prodotti agricoli, chimici e auto, mentre Washington rimuoverebbe gran parte delle sanzioni applicate finora.

Come parte dell’intesa, la Cina acquisterebbe gas naturale per 18 miliardi di dollari dalla texana Cheniere Energy e si impegnerebbe a creare parità di condizioni, compreso un’accelerazione del programma per rimuovere le limitazioni alla proprietà straniera sulle imprese automobilistiche e la riduzione delle tariffe sulle auto importare sotto l’attuale livello del 15%.

Le fonti del quotidiano ammoniscono comunque che restano alcuni ostacoli e che ciascuna delle parti potrebbe trovarsi di fronte a possibili obiezioni in casa perché le condizioni sarebbero considerate troppo favorevoli per l’avversario.

Riqualificazione del patrimonio pubblico: al via l’accordo Cdp-Snam

La scorsa settimana Cassa depositi e prestiti e Snam hanno siglato un accordo preliminare per promuovere iniziative di efficienza energetica e sostenibilità, in particolare in riferimento al patrimonio immobiliare della Pubblica amministrazione. L’intesa è stata firmata a Roma dagli amministratori delegati di Cdp Fabrizio Palermo e di Snam, Marco Alverà. In base all’accordo, Cdp e Snam promuoveranno congiuntamente progetti indirizzati ad accelerare il processo di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pubblico.

Nella collaborazione per lo sviluppo delle iniziative, Snam apporterà competenze industriali, tecniche e commerciali, mentre Cdp metterà a disposizione le proprie competenze economico-finanziarie nonché di gestione dei rapporti con le Pubbliche amministrazioni e le istituzioni competenti. Secondo l’Enea, in Italia gli oltre 13.000 edifici della Pubblica amministrazione consumano qualcosa come 4,3 TWh di energia, per una spesa che supera i 600 milioni di euro, rendendo efficienti le infrastrutture e gli impianti di riscaldamento e d’illuminazione si potrebbero abbattere i consumi del 40% con risparmi annui fino a 70 milioni di euro.

“L’accordo sottoscritto rappresenta un passo importante nello sviluppo di una nuova operatività di Cdp a supporto della transizione energetica e dell’economia circolare – ha dichiarato l’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo -. Stiamo predisponendo nuove iniziative per l’efficienza energetica della Pa, che orientano la nostra attività a favore del raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo sostenibile delineati con il nuovo Piano industriale. La firma di oggi si inserisce nel percorso già avviato, improntato alla stretta collaborazione con le società partecipate in una logica industriale di lungo periodo”.

“L’efficienza energetica interna ed esterna all’azienda – ha sottolineato l’amministratore delegato di Snam Marco Alverà – è uno dei capisaldi del nostro nuovo progetto Snamtec per la sostenibilità, la transizione energetica e l’innovazione con 850 milioni di euro di investimenti entro il 2022. Abbiamo già avviato attività di formazione con vari workshop e stiamo sviluppando nuovi progetti per circa 200 condomini in tutta Italia. Per Snam è un’opportunità per affacciarsi in un nuovo mercato. Sul versante interno, l’efficienza energetica ci consentirà di ridurre le emissioni di metano del 25% al 2025. Con questo accordo, facendo leva sulle nostre competenze e su quelle di Cdp, vorremmo ampliare ulteriormente la nostra presenza nel settore e contribuire alla riduzione dei consumi e dei costi energetici nonché delle emissioni degli immobili italiani, in particolare della Pubblica amministrazione”.

Sos caldo e siccità, sul Po come d’estate

Sul Po sembra piena estate ma anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 33% del Maggiore al 15% dell’Iseo fino al 9% del lago di Como. E’ quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca è di -2,75 metri, lo stesso di inizio agosto scorso. Sono gli effetti – sottolinea la Coldiretti – del grande caldo e dell’assenza di precipitazioni dopo un mese di Febbraio che si classifica tra i più bollenti e siccitosi su gran parte d’Italia.

La mancanza di acqua in fiumi, laghi, invasi e nei terreni preoccupa l’agricoltura poiché le riserve idriche – precisa la Coldiretti – sono necessarie per i prossimi mesi quando le colture ne avranno bisogno per crescere. L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto che si manifestano – continua la Coldiretti – con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità.

Con il caldo mandorli e albicocchi sono in fiore e i peschi già pronti a sbocciare ma – rileva la Coldiretti – tutte le coltivazioni sono in grande anticipo per un mese di febbraio che ha mandato la natura in tilt. La “finta primavera” ha ingannato le coltivazioni favorendo un “risveglio” che le rende particolarmente vulnerabili all’annunciato ritorno del freddo con danni incalcolabili per la produzione. Gli effetti peraltro – sottolinea la Coldiretti – si fanno già sentire sui ortaggi dove è saltata ogni programmazione dei raccolti con broccoli, cavoli, sedano, prezzemolo, finocchi, cicorie, bietole che maturano contemporaneamente per le temperature primaverili.

L’anomalia climatica favorisce peraltro – conclude la Coldiretti – anche il divampare degli incendi fuori stagione con un aumento del 1200% dei roghi nei primi due mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente secondo un’elaborazione di Coldiretti su dati Effis.

Sbarca in laguna il meglio della drammaturgia italiana

Otto appuntamenti con il meglio della drammaturgia contemporanea nazionale. Al via il 12 marzo 2019, ore 21.00, il nuovo ciclo de “I martedì” del Teatro a l’Avogaria di Venezia, rassegna che porta in laguna le produzioni più interessanti della nuova scena teatrale.

Si parte con “Un cottage tutto per sè” di e con Natalia Magni. Un monologo che vede protagonista Orsetta, una donna che si trova nell’infelice età tra i poco prima dei quaranta e i quaranta già compiuti. Zitella, senza figli, ha un ex che ha coronato il loro sogno… con un’altra, una madre pronta ad aiutarla nel peggior modo possibile, una socia e migliore amica felicemente sposata e di nuovo incinta, un lavoro che la mette in contatto quotidiano con l’amore e l’affettività. Ma Orsetta non cede allo sconforto, si rimette in gioco, cade e si rialza, mossa dal suo sogno che, magari in forma imperfetta e imprevista, potrebbe finire per realizzare. Uno spettacolo dove si ride ma si riflette anche su temi come l’accettazione di sé, la scoperta del proprio spazio interiore, il distinguere i propri sogni dai desideri degli altri.

“Trovata una sega!”, in programma il 19 marzo, è una pièce teatrale scritta, diretta e interpretata da Antonello Taurino che riporta alla luce un episodio italiano risalente al 1984, legato all’artista Amedeo Modigliani e a tre giovani studenti. La leggenda la conoscevano tutti a Livorno: nel 1909 Modigliani getta nel Fosso Reale alcune sue sculture, deluso per lo scherno di amici che lo avevano deriso per quelle opere. Ma quando nel 1984 il Comune ne azzarda tra roventi polemiche il temerario recupero, avviene la pesca miracolosa di tre teste che porta davanti ai Fossi di Livorno le televisioni di tutto il mondo. Ma dopo un mese venne fuori che non erano proprio di Modigliani. L’invasamento collettivo nel cortocircuito vero-falso e il mistero di alcune morti mai chiarite. Tre studenti burloni e un pittore-portuale dalla vita maledetta. Uno spaccato sociologico sull’Italia d’allora e tantissima, memorabile, comicità involontaria: ecco gli ingredienti dello “scherzo del secolo”.

Un monologo comico sull’omosessualità femminile, ironico e stravagante. Il 26 marzo, va in scena “Le donne baciano meglio” di e con Barbara Moselli una produzione della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse. La trama in breve: Barbara ha 33 anni quando scopre di essere lesbica. Dopo anni di vita dichiaratamente etero, si trova ad aver a che fare con la sua vera natura. Da qui un percorso in compagnia di diversi personaggi, che la condurranno alla totale accettazione di sé. La piece parte da una doppia esigenza dell’autrice: da una parte il bisogno di raccontarsi, dall’altra quello di affrontare la tematica dell’omosessualità femminile, da sempre poco discussa. Ironico e stravagante, lo spettacolo tocca il tema dell’innamoramento e della metamorfosi personale, utilizzando il palcoscenico come grande camerino all’aperto.

Ad aprile, il 2, si parte con il racconto dell’epopea del Traforo del Sempione. Lo spettacolo “Simplon”  con Stefano Beghi inizia nel 1898, quando Leone sceglie di partire. La meta, come per molti altri uomini del suo tempo, è il più grande cantiere che la storia italiana abbia mai visto allora: gli scavi per il traforo del Sempione. Leone, adolescente cresciuto ai margini di un’Italia troppo giovane per potersi chiamare Stato, è spinto dalla rabbia per una condizione di povertà che non capisce, dal desiderio di riscattarsi, dall’ambizione di diventare grande. E come sempre succede, l’ambizione vuole fare la strada più breve.

Il 9 aprile, “Non tutto il male viene per nuocere, ma questo sì”, di e con Giulia Pont per la regia di Carla Carucci. Un monologo di stand-up comedy, profondo e divertente, che racconta una generazione stretta tra la delusione delle proprie aspettative e il desiderio di realizzarle. Ad incarnare le sorti di questa generazione, una ragazza con una madre iper apprensiva, dei lavori di poco conto, un fidanzato che non sa dire “ti amo”, uno psicoterapeuta dai metodi insoliti e un amico immaginario. Uno spietato resoconto di una vita piena di sconfitte, il sogno di una stabilità economica che si traduce in una esistenza dove a 40 anni si condividono le spese d’affitto con tre matricole universitarie.

Gran finale con un classico. Il 16 aprile la rassegna si conclude con “Mistero Buffo e altre storie” di Dario Fo e Franca Rame con Giulia Angeloni e Sara Dho. Mistero Buffo dal 1969, anno in cui Dario Fo e Franca Rame lo misero in scena per la prima volta a Milano in un capannone di Porta Romana, è stato replicato migliaia di volte in Italia e in tutto il mondo. Lo spettacolo nacque con l’intento di dimostrare l’esistenza storica di un teatro popolare di grande valore, che nulla aveva da invidiare ai testi di tradizione erudita, espressione della cultura della classe sociale dominante. C’erano monologhi di tradizione popolare, tratti da giullarate e fabliaux del medioevo, non solo italiani ma provenienti da tutta Europa. A più di quarant’anni di distanza, l’impatto di queste storie sugli spettatori continua ad essere forte immediato, capace di far emergere pensieri e ideali condivisi e di riappropriarsi della ‘Storia’ da un punto di vista nuovo, cioè attraverso ‘altre storie’ diverse e attuali, propri come accadde a quella generazione di giovani che lo vide in scena nei primi anni’70.

L’Associazione Teatro a l’Avogaria, nasce nel 1969 dalla passione e dalla tenacia di Giovanni Poli, già fondatore del Teatro Universitario Ca’ Foscari di Venezia e dagli esordi si pone come laboratorio di ricerca che coniuga un metodo d’improvvisazione teatrale tra la Commedia dell’Arte e le Teorie dell’Avanguardia. In più di quarant’anni di attività ha prodotto oltre sessanta spettacoli tra cui la “Commedia degli Zanni”, rappresentata con successo sui più importanti palcoscenici internazionali. Riconosciuta come uno dei centri di formazione professionale di riferimento nel Triveneto, ogni anno organizza corsi, dedicati ad appassionati e professionisti, su discipline quali recitazione, Commedia dell’Arte, dizione, storia del teatro, canto, tecnica dell’interpretazione.

Il primo Festival Nazionale dell’Economia Civile

Un evento ideato da Federcasse, progettato e organizzato con Next-Nuova Economia per Tutti e SEC-Scuola di Economia Civile.

Il Festival vuole promuovere un’economia civile, che mette al centro l’uomo, il bene comune, la sostenibilità e l’inclusione sociale. Che crede nel lavoro e nel valore delle imprese. Un’economia che considera il profitto come mezzo e non come fine, che vuole offrire soluzioni concrete al problema occupazionale. Che vuole ridurre le disuguaglianze e contribuire a far crescere una Italia migliore, ricca di culture, paesaggi, arti e mestieri. Nella quale l’innovazione si sposa con la tradizione. Un’Italia aperta al mondo. Tra i membri del Comitato Scientifico, il Prof. Mario La Torre, i prof. Leonardo Becchetti, Enrico Giovannini e Pasquale Tridico

Saranno tre giorni di confronto e dibattito (con il contributo di più di 80 tra economisti ed esperti italiani ed internazionali all’interno di 15 panel tematici) e di racconti delle migliori esperienze di economia civile nate nel nostro Paese. Protagoniste saranno le imprese che si impegnano per uno sviluppo sostenibile, le organizzazioni che generano innovazione sociale, le cooperative che sperimentano nuove forme di welfare, le amministrazioni che mettono al centro il bene comune. E le persone che hanno saputo valorizzare idee e talenti.
Tra gli appuntamenti del Festival Nazionale dell’Economia Civile, segnaliamo l’incontro con il prof. Mario La Torre che parlerà di povertà e disuguaglianze (sabato mattina alle 9.30, Salone Cinquecento di Palazzo Vecchio).

Mario La Torre, esperto di finanza etica e sostenibile – già membro della Taskforce G8 sugli Investimenti ad Impatto Sociale, membro del Board dell’Ente Nazionale per il Microcredito e Responsabile del Center for Positive Finance – proporrà alcune soluzioni pragmatiche per la lotta alla povertà: dal microcredito al reddito di cittadinanza, dalla finanza d’impatto ai social bond, dal migrant banking alla microfinanza per immigrati. Spunti per i molti policy makers presenti alle giornate del festival.

Sanità regionale promossa a metà

Le Regioni top secondo i nuovi dati sarebbero: il Piemonte, seguito da Lombardia, Trento, Veneto, Liguria, E. Romagna, Toscana, Umbria e Marche.

Tra le regioni vicine alla sufficienza ci sono Friuli Venezia Giulia (che non raggiunge la sufficienza solo sull’attività di prevenzione), il Lazio (insufficiente solo nell’attività distrettuale). Scendendo la graduatoria troviamo poi l’Abruzzo (appena sotto la sufficienza per l’attività distrettuale e ospedaliera), cui segue la Puglia (che è appena sotto la sufficienza in tutte e tre le aree).

A seguire poi c’è un altro sottogruppo di 3 regioni che si collocano tra il 4 e il 5 come valutazione complessiva e parliamo di Basilicata, Calabria (che nella griglia Lea 2016 era invece penultima) e Sicilia.

Infine ci sono le 5 peggiori che hanno dati con dati più negativi soprattutto  per l’assistenza territoriale con punteggi molto bassi: Valle d’Aosta e Pa Bolzano (sufficienti entrambe solo per l’ospedaliera), Molise e Sardegna (sufficienti solo per la prevenzione) e infine la Campania che non riesce a conquistare la sufficienza in nessuna delle tre aree.

Altro fattore che emerge è quello che vede la maggioranza di insufficienze nell’area distrettuale andando a confermare il problema cronico della carenza dell’assistenza territoriale.

Va un po’ meglio per la prevenzione mentre l’attività ospedaliera appare quella meno in crisi con i dati di perforance generalmente più alti.

Il Pd-Ulisse è tornato a casa

L’uomo, si sa, è una formidabile macchina costruttrice di totem e dei.

La vittoria netta di Zingaretti è infatti l’incarnazione dello spirito identitario della sinistra tradizionale in crisi irreversibile. I figli, vittime del senso di colpa dell’uccisione del padre primordiale, reo di monopolizzare il rapporto con la femmina, hanno eretto il nuovo totem del padre (Prodi docet).

Il PD-Ulisse, dopo avere cercato di governare i perigli della globalizzazione, è ritornato a Itaca, uccidendo i Proci, che avevano profanato la sacra dimora. Il fiume della storia può riprendere il corso abituale, a fronte del mondo complicato che si ha paura di affrontare.

Ma, anche questo è noto, la realtà, come il vento, non si può fermare con la mani. Prima o poi occorre farne i conti. Si apre, così, una nuova pagina del giornale della Politica, che questo voto di uno stato dell’anima vorrebbe non sfogliare.

(dal profilo fb dell’autore)

Torna la sinistra. Evviva. Adesso tocca al centro

Articolo già pubblicato su Huffingtonpost

Dunque, la sinistra italiana è ritornata in campo. Si potrebbe tranquillamente dire, per essere ancora più chiari, che è ritornato in pista un nuovo e rinnovato Pds. Ovviamente in forma aggiornata e rivista, ma sempre del partito della sinistra italiana si tratta. Un risultato, quello delle primarie del 3 marzo 2019, che può contribuire a cambiare in parte la geografia della politica italiana rimettendo in modo energie e idee che sino a qualche tempo fa parevano congelate. Ecco perché ci sono almeno 3 elementi politici attorno ai quali non si può non riflettere dopo il risultato delle primarie del Partito democratico.

Innanzitutto con la segreteria Zingaretti, come dicevamo poc’anzi, ritorna in campo la sinistra, il pensiero e la tradizione della sinistra italiana. Era da tempo, del resto, che si auspicava e si invocava questo “ritorno”. E questo dopo una fase in cui questa cultura, questo pensiero e questa tradizione erano stati, di fatto, archiviati. O meglio, accantonati nella concreta gestione del partito di riferimento della sinistra italiana. A ciò ha contribuito in modo determinante la stagione renziana dove, è sempre bene non dimenticarlo, oltre l’80% del partito condivideva quel progetto e quella impostazione. Gran parte della nomenklatura che ha sostenuto oggi Zingaretti invocando discontinuità e cesura radicale rispetto al passato, sono stati stati tifosi e fans accaniti per oltre 4 anni del progetto renziano. I nomi sarebbero tantissimi. Uno fra tutti. L’ex sindaco di Torino Piero Fassino. Ma oggi, comunque sia, si apre un’altra pagina. Torna la sinistra e tutto cio’ che la sinistra ha storicamente rappresentato nel nostro paese.

In secondo luogo, piaccia o non piaccia, viene definitivamente archiviato il renzismo. Almeno dentro il Pd a guida Zingaretti. È un dato oggettivo su cui non conviene neanche soffermarsi. Come ovvio, non parliamo del ceto dirigente renziano e di tutti colto che hanno sostenuto quel progetto. Personaggi che nell’arco di pochi giorni saranno tutti e convintamente sostenitori del Presidente della Regione Lazio. No, parlo delle politiche e del progetto politico renziano che ha condizionato profondamente l’evoluzione della politica italiana. Il problema, com’è ovvio, non è il destino politico e personale di Matteo Renzi. Al riguardo, vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi quale sarà. Quello che resta sul tappeto e’ il cambiamento radicale del progetto politico complessivo del Partito democratico. Un progetto che in questi lunghi cinque anni ha avuto alti e bassi a livello politico ed elettorale. Momenti politici ed elettorali, lo ripeto, che sono stati ampiamente e quasi unanimemente condivisi dal Partito democratico a livello nazionale e a livello locale. Ora si cambia. Come? Anche qui, lo vedremo nelle prossime settimane ma è indubbio che quando si parla di discontinuità radicale e di cesura totale rispetto al passato non può che ritornare in campo un’altra cultura, un altro pensiero, un altro metodo e un’altra ricetta. Economica, sociale, istituzionale, finanziaria e quindi politica. E Zingaretti ha avuto un grande merito in queste primarie. Lo ha detto in tempi non sospetti che tutto sarebbe cambiato e che, soprattutto, avrebbe archiviato con la sua vittoria il passato recente di quel partito. Ecco perché nel Pd il renzismo sarà politicamente archiviato.

In ultimo, tornata in campo la sinistra con un rinnovato e moderno Pds, adesso tocca al “centro politico” riorganizzarsi e tornare in campo. E non solo perché lo chiedono e lo invocano i grandi opinionisti dei quotidiani. Da Panebianco a Galli Della Loggia a Polito. No, adesso la presenza di un centro politico, culturale e di governo serve alla democrazia italiana e alla cultura riformista del nostro paese. Un centro che non sia solo di ispirazione cattolica. Anche, com’è ovvio, ma non solo. Serve un “centro plurale” che sappia unire in un credibile progetto politico la cultura di governo, la credibilità della classe dirigente, la capacità di non radicalizzare il confronto politico, una ricetta programmatica in grado di saper comporre gli intessi contrapposti e, soprattutto, che sappia rappresentare un elettorato che non ama l’estremizzazione della dialettica politica. Una radicalizzazione che con il ritorno della tradizionale sinistra, accanto ad una forte e visibile destra, sarà al centro della contesa politica italiana a partire dalle prossime settimane. Questo è il compito di tutti coloro che non si riconoscono nella contrapposizione secca tra la sinistra e la destra.
Ecco perché, infine, la netta vittoria di Zingaretti ha comunque contribuito a rendere più chiare e più nette le dinamiche della politica italiana. Adesso è tutto più chiaro. Accanto alla destra in crescita, accanto alla presenza, seppur declinante, di un movimento antisistema e populista, accanto al ritorno della sinistra tradizionale e moderna, va riorganizzato un campo di centro. Non per ripristinare una terza o quarta posizione ma, al contrario, per ridare qualità alla nostra democrazia e far tornare protagoniste tutte le culture politiche del nostro paese.

Il giorno dopo

Senza dubbio è stata una cosa sorprendente. Nessuno avrebbe immaginato, assistendo agli ultimi magri risultati elettorali – Abruzzo e Sardegna – che fiorisse nella prima domenica di marzo una inattesa fila ai seggi delle primarie per eleggere il nuovo Segretario del Pd.Bisogna subito riconoscere che una parte significativa del mondo del centro sinistra ha sentito l’esigenza di pronunciarsi e per l’appunto mettersi in coda in una domenica fortunatamente soleggiata. Quindi l’affluenza quasi direi torrenziale; per sincerità, immaginavo che non riuscisse a raggiungere il milione di partecipanti. Per Nicola Zingaretti è stato un grande successo, da quanto si capisce dovrebbe raggiunge il 70% del consenso, lasciando ai margini gli altri due contendenti.

Il primo commento che mi sento di fare è che le primarie hanno girato la pagina al renzismo. Anzi, forse è proprio per decretare una definitiva uscita di scena del fiorentino, che molti elettori del Pd hanno inteso, recandosi ieri alle urne.Questo fatto indica anche una novità sul piano politico nazionale. Questo evento segnala una presa di distanza dalla fragilità emersa nell’ultimo anno in casa Pd. Insomma si sono scossi e hanno voluto dire al Paese, non c’è solo una Italia a guida Salvini-Di Maio.A conti fatti il fenomeno deve essere visto, anche da un occhio critico ed esterno, come un fatto positivo per l’Italia; un Paese privo di una alternativa politica, è sempre un Paese gracile e con la democrazia convalescente. Bene quindi che si presenti una alternativa possibile all’attuale governo. E questo lo dico indipendentemente dai miei orientamenti politici perché prima di tutto immagino sia un bene che ci sia un contro bilanciamento di poteri sul piano politico. Per essere ancora più esplicito, la vicenda serve anche a riequilibrare le incertezze palesate sul pano economico: la politica è un elemento importante per definire l’equazione economica, quanto più c’è l’opportunità di un cambio possibile di Governo politico, tanto meglio respira la speranza economica.

Adesso si tratterà di capire come si organizzeranno le forze politiche di fronte a questa novità; Salvini guarderà la cosa con altezzosità? Di Maio alzerà le spalle? Berlusconi si troverà orfano di Renzi? Oppure tutti dovranno fare i conti con questa nuova pagina?
Tra le macerie del renzismo non possiamo non scorgere alcuni personaggi che hanno trionfato negli ultimi anni nella Regione Fvg; è ben vero che Debora Serracchiani sembrava già sul viale del tramonto, ma oggi lo è in modo definitivo; anche Ettore Rosato che pur fino a ieri era uno dei vessilli più scoppiettanti del renzismo, sarà costretto ad ammainare la bandiera e a porsi nelle grigie retrovie; Sergio Bolzonello e altri già erano largamente infiacchiti e la spietatezza del tre marzo è stata dolorosissima nei loro riguardi.

Adesso vediamo in campo la freschezza di Francesco Russo e altri luogotenenti. Dalle loro mosse capiremo che cosa intendano fare in una Regione Fvg targata, ormai largamente, centro destra. Aspettiamo e attendiamo di dare qual si voglia giudizio.

Case chiuse? In Italia è impossibile riaprirle

Articolo già apparso sulle pagine di http://www.vita.it a firma di Anna Spena

Rimbombano i titoli sulla dichiarazione del ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini “riapriamo le case chiuse”. Le motivazioni che si portano per rimettere l’argomento sul tavolo sono sempre le stesse, risultato di una visione superficiale delle cose: meno criminalità, controllo sanitario, possibilità di azzerare il tasso di sfruttamento, far passare la prostituzione come una scelta consapevole e volontaria da parte di chi decide di vendere il proprio corpo.

Diciamolo: in Italia, in virtù di una convenzione Onu che risale al 1949 è impossibile riaprire le case chiuse. E questa cosa non potrebbe cambiare neanche se si decidesse di abrogare la legge Merlin, quella che nel 1958 abolì la regolamentazione della prostituzione, chiudendo le case di tolleranza e introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione.

Abbiamo chiesto a Marzia Gotti, responsabile della prossimità territoriale di Lule, l’associazione che, con più di vent’anni di lavoro alle spalle, rappresenta una dei principali soggetti in nord Italia ad occuparsi di lotta al traffico di esseri umani e assistenza alle vittime di tratta, di spiegarci tecnicamente perché la riapertura delle case chiuse in Italia non è possibile, da un punto di vista politico, e soprattutto perché è inutile e priva di significato da un punto di vista umano ed educativo.

È inutile parlare a vuoto, in Italia le case chiuse non possono essere riaperte
Allo stato dei fatti è impossibile. L’Italia nel 1949 ha firmato una convenzione con le Nazioni Unite a cui aderisce in maniera piena e attiva. Stando alla convenzione deve essere punito qualsiasi soggetto che rapisce, adesca, sfrutta un’altra persona anche se consenziente. L’articolo 2 di questa convenzione, inoltre, sostiene che non si possono gestire case chiuse o bordelli.

Perché non è utile riaprire le case chiuse?
Quello che vediamo dalla nostra esperienza è che il grosso della prostituzione ormai non è più sulla strada. C’è già una parte di prostituzione che si svolge all’interno di strutture chiuse. Il primo esempio sono i centri di massaggi cinese, dove le persone si prostituiscono ma sono assunte con contratto di lavoro di altra natura, come massaggiatrici o operatrici di benessere.

Ma c’è una differenza tra la prostituzione in strada e quella indoor?
La fragilità e la vulnerabilità di queste persone è la stessa. Ed è quella stessa condizione di fragilità che poi le porta a prostituirsi attraverso lo sfruttamento. Io credo che in nessuno dei due casi si possa parlare di una scelta senza condizionamento. Lo stesso vale per quei Paesi dove la prostituzione è legale.

Le organizzazioni
Oggi tutte quelle che gestiscono il giro di prostituzione sono molto grandi e sono legate anche ad altri traffici: come quello di droga o di armi. Quale persona come noi si metterebbe a gestire una casa chiusa? Immagino che a prendere le redini di queste strutture sarebbe comunque un’organizzazione criminale. Non a caso le ragazze che troviamo sulle strade sono le stesse che in altri mesi dell’anno si trovano a prostituirsi nei Paesi dove le case chiuse sono legali. Chi oggi si occupa di sfruttamento è perseguibile penalmente. Avete idea di quello che potrebbe succedere se faccessimo cadere il velo legale?

E sulla questione sanitaria?
Un’altra bugia. Se nell’immaginario comune la prostituta che lavora in strada è più soggetta a malattie e quella che lavora “al chiuso” no, e comunque i clienti chiedono di avere rapporti non protetti, non credo le case chiuse possano essere una discriminante per tutelare la salute delle persone.

 

Subiaco, Norcia e Cassino e la Fiaccola benedettina ad Auschwitz

“La Fiaccola Benedettina è entrata ad Auschwitz, il luogo dell’orrore. Non lo dimenticheremo mai”: con queste parole il sindaco di Subiaco, Francesco Pelliccia, ha commentato l’ingresso, il primo nella sua storia, della Fiaccola Benedettina nel campo di sterminio nazista di Auschwitz.

I sindaci e le delegazioni delle tre città benedettine di Norcia, Subiaco e Cassino, hanno posato una corona in memoria delle vittime, con loro autorità e istituzioni polacche. La Fiaccola benedettina, benedetta da Papa Francesco il 27 febbraio scorso, è giunta a Cracovia dove è stata accolta nel municipio da Anna Maria Anders, figlia del generale polacco che ha combattuto nella seconda guerra mondiale a Cassino e attuale Ministro plenipotenziario del Governo; l’ambasciatore italiano in Polonia, Aldo Amati; Katarzyna Likus, console onorario d’Italia a Cracovia e Marzena Paszkot delegata del sindaco di Cracovia.

Negli interventi istituzionali è stata ribadita l’importanza dei “valori di identità e di pace” legati alla vita e alla storia di San Benedetto la cui Regola “è riconosciuta come sinonimo di pace, identità e cultura”. “Il messaggio di San Benedetto dovrebbe essere da guida per tutti i politici d’Europa e foriero di unità e pace di cui abbiamo tanto bisogno – ha sottolineato l’ambasciatore Amati -. Valori che quest’anno saranno irradiati da Cracovia”.

Durante la cerimonia al Ministro plenipotenziario della Repubblica di Polonia Anna Maria Anders è stata consegnata l’edizione speciale della Regola benedettina realizzata dalle tre Città. “Da Subiaco, Norcia e Cassino, terre toccate dalla presenza di San Benedetto, abbiamo il dovere di rappresentare a tutti i governi europei la necessità dell’unità europea, fondata sulla solidarietà, sulla piena condivisione e sulla Pace” ha affermato il sindaco di Subiaco ricordando l’opera fondatrice dell’Europa di “straordinari pensatori”, fra cui Schuman, Spinelli, De Gasperi, Adenauer.

 

Il Papa: “I politici privi di saggezza causano danni alla comunità”

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

L’odierna pagina evangelica presenta brevi parabole, con le quali Gesù vuole indicare ai suoi discepoli la strada da percorrere per vivere con saggezza. Con l’interrogativo: «Può forse un cieco guidare un altro cieco?» (Lc 6, 39), Egli vuole sottolineare che una guida non può essere cieca, ma deve vedere bene, cioè deve possedere la saggezza per guidare con saggezza, altrimenti rischia di causare dei danni alle persone che a lei si affidano. Gesù richiama così l’attenzione di quanti hanno responsabilità educative o di comando: i pastori d’anime, le autorità pubbliche, i legislatori, i maestri, i genitori, esortandoli ad essere consapevoli del loro ruolo delicato e a discernere sempre la strada giusta sulla quale condurre le persone.

E Gesù prende in prestito una espressione sapienziale per indicare se stesso come modello di maestro e guida da seguire: «Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (v.40). È un invito a seguire il suo esempio e il suo insegnamento per essere guide sicure e sagge. E tale insegnamento è racchiuso soprattutto nel discorso della montagna, che da tre domeniche la liturgia ci propone nel Vangelo, indicando l’atteggiamento della mitezza e della misericordia per essere persone sincere, umili e giuste. Nel brano di oggi troviamo un’altra frase significativa, quella che esorta a non essere presuntuosi e ipocriti. Dice così: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (v.41). Tante volte, lo sappiamo tutti, è più facile o comodo scorgere e condannare i difetti e i peccati altrui, senza riuscire a vedere i propri con altrettanta lucidità. Noi sempre nascondiamo i nostri difetti, li nascondiamo anche a noi stessi; invece, è facile vedere i difetti altrui. La tentazione è quella di essere indulgenti con se stessi – manica larga con se stessi – e duri con gli altri. È sempre utile aiutare il prossimo con saggi consigli, ma mentre osserviamo e correggiamo i difetti del nostro prossimo, dobbiamo essere consapevoli anche noi di avere dei difetti. Se io credo di non averne, non posso condannare o correggere gli altri. Tutti abbiamo difetti: tutti. Dobbiamo esserne consapevoli e, prima di condannare gli altri, dobbiamo guardare noi stessi dentro. Possiamo così agire in modo credibile, con umiltà, testimoniando la carità.

Come possiamo capire se il nostro occhio è libero o se è impedito da una trave? È ancora Gesù che ce lo dice: «Non vi è albero buono che produca frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto» (vv.43-44). Il frutto sono le azioni, ma anche le parole. Anche dalle parole si conosce la qualità dell’albero. Infatti, chi è buono trae fuori dal suo cuore e dalla sua bocca il bene e chi è cattivo trae fuori il male, praticando l’esercizio più deleterio fra noi, che è la mormorazione, il chiacchiericcio, parlare male degli altri. Questo distrugge; distrugge la famiglia, distrugge la scuola, distrugge il posto di lavoro, distrugge il quartiere. Dalla lingua incominciano le guerre. Pensiamo un po’, noi, a questo insegnamento di Gesù e facciamoci la domanda: io parlo male degli altri? Io cerco sempre di sporcare gli altri? Per me è più facile vedere i difetti altrui che i miei? E cerchiamo di correggerci almeno un po’: ci farà bene a tutti.

Invochiamo il sostegno e l’intercessione di Maria per seguire il Signore su questo cammino.

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

saluto tutti voi, provenienti da Roma, dall’Italia e da diversi Paesi, in particolare i pellegrini di Varsavia, Madrid, Ibiza e Formentera.

Saluto la comunità del Seminario minore della diocesi di Otranto in pellegrinaggio a Roma con i genitori.

Oggi sono presenti tante parrocchie italiane, tanti ragazzi della Cresima e tanti alunni delle scuole. Non mi è possibile nominare ogni gruppo, ma vi ringrazio tutti per la vostra presenza e vi incoraggio a camminare con gioia, con generosità, testimoniando ovunque la bontà e la misericordia del Signore.

E auguro a tutti una buona domenica! Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Il Falcon Heavy ha percorso oltre 807 milioni di chilometri

Più di un anno fa, SpaceX ha lanciato il Falcon Heavy, un razzo a sette motori che trasportava un carico utile con la Tesla Roadster ed il manichino Starman al suo interno.

Sul portale specializzato nel tracciamento della macchina si afferma che la vettura ha percorso oltre 807 milioni di chilometri. L’orbita terrestre è pari a 940 milioni di chilometri.

Il sito rivela anche che la navicella e la Roadster stanno consumando meno carburante rispetto a qualsiasi altra automobile. Attualmente sono stati consumati 126.000 galloni di carburante, ma l’aspetto interessante è che consuma un gallone ogni 3.983 miglia percorsi.

Lo Starman e la Tesla Roadster completeranno la loro prima orbita completa nel corso del 2019. Anche qualora non dovessero riuscire a portare a termine tale missione, la Roadster comunque ha superato tutti i record di distanza percorsa da una vettura.

Un bambino ogni 20 con difetti congeniti

Dalle anomalie del cuore o dei reni a quelle del cervello, dalla sordità alla spina bifida. Ogni anno vengono al mondo 8 milioni di bimbi con una malformazione congenita, dalle più alle meno gravi, e di questi 25.000 nascono nel nostro Paese, circa uno ogni 20. Molti di questi casi potrebbero essere prevenuti, ma si fa ancora troppo poco. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Neonatologia (SIN), in occasione della Giornata Mondiale dei Difetti Congeniti, che si celebra il 3 marzo.

Per difetti congeniti si intendono tutte quelle anomalie di organo che si determinano prima che il bimbo venga al mondo e che, in molti casi, ne impediscono la sopravvivenza: sono responsabili, infatti, di circa il 25% delle morti prima della nascita e rappresentano nel mondo occidentale la più importante causa di morte nel primo anno di vita. Si tratta di difetti molto diversi, per tipo di organo colpito e gravità, ma complessivamente la loro frequenza è intorno al 5%: un bambino ogni 20 nati presenta una malformazione. In particolare le cardiopatie hanno una frequenza dell’1%, la sindrome Down del 2 per mille, il «labbro leporino» dell’1,5 per mille.

Il World Birth Defect Day mira ad aumentare la consapevolezza che molti di questi problemi possono essere evitati. «Gli organi dei bimbi si formano durante le prime settimane di gravidanza, prima ancora che la donna realizzi di essere incinta», afferma il presidente della Sin Fabio Mosca. Ma, prosegue, «quello che manca è una politica di prevenzione che inizi prima della gravidanza, appena la coppia comincia a pensare di avere un figlio». Ad esempio molte future mamme non hanno adeguati livelli di folati nel sangue, necessari per ridurre il rischio dei difetti del tubo neurale nel feto. Queste vitamine del gruppo B, si trovano in verdura a foglia verde, legumi e alcuni tipi di frutta, ma sono difficilmente assimilabili dall’organismo, per questo vanno assunti integratori di acido folico prima del concepimento. Ma in Italia «solo al 20-25% delle donne è offerto questo strumento di prevenzione», precisa Mosca.

Nel momento in cui una coppia decide di avere un figlio, «la futura mamma dovrebbe rivolgersi subito al proprio medico di fiducia per una valutazione delle sue condizioni di salute, dell’immunità nei confronti di alcune malattie infettive (come rosolia ed epatite) ed eventuali malattie genetiche in famiglia».

La tabella che rileva la perdita di radici del pd

Lo scrutinio a tarda sera ci dirà chi ha vinto le primarie. Intanto possiamo tirare le somme di una competizione che solo nelle ultime battute ha dato l’idea di elevarsi leggermente sulla monotonia e la ripetitività di un fac-simile di propaganda. Molti osservatori hanno messo in evidenza la povertà di un dibattito giocato fondamentalmente sulla necessità di cambiare registro dopo la clamorosa sconfitta del 4 marzo.

Sotto traccia, però, si coglie la novità di un partito che rinnega le sue origini, troncando le radici di un albero bisognoso di molte cure. Si va oltre il desiderio di voltare pagina, archiviando l’esperienza di Matteo Renzi o facendone un uso di mera propaganda elettorale; si va oltre perché, a parte Renzi, quel che si può notare è proprio l’annuncio di una novità purchessia, lontana dal disegno del 2007, e perciò disancorata dal recente passato.

Abbiamo provato a comporre una tabella di 31 parole-chiave che ricorronono nelle mozioni di Martina, Giachetti e Zingaretti. Non sono l’illustrazione immediata delle singole piattaforme, ma aiutano a capirne l’indirizzo di fondo. Forniscono, insomma, i dati grezzi per una più approfondita analisi dei testi. Dal numero delle citazioni si ricava, in via tendenziale, la premura riposta dai candidati su un determinato tema. Non sarà un caso, ad esempio, se alla voce “cattolici” vi siano soltanto due richiami sul lato di Zingaretti e nulla su quello di Martina e Giachetti.

Ciò che sorprende, tuttavia, è la latitanza di qualsiasi attenzione al gruppo di parole evocative della storia pur breve del Pd, vale a dire alle cinque – Alternativa democratica, Vocazione maggioritaria, Ulivo, Orvieto e Lingotto – che più ci riportano con la
mente al travaglio delle sue evoluzioni. È come se il Pd, attraverso i discorsi dei tre candidati alla segreteria nazionale, avesse buttato via la sua carta d’identità. Dietro questo gesto, disvelato dal  lessico delle mozioni, non fa capolino una proposta organica di altro segno. Siamo alla cancellazione dei dati anagrafici, senza indicare quale possa essere il ridisegno della propria connotazione ideale e politica.

Vedremo stasera l’esito di questa battaglia condotta senza entusiasmo e vigoria. È probabile che vinca Zingaretti e con lui, pertanto, si affermi la volontà di ricostruire la sinistra. In questo caso sarebbe interessante conoscere almeno- non dopo ma prima – il tratto essenziale di tale sinistra che s’intende rinnovare attraverso il rito solenne delle primarie. Invece siamo di fronte, nel migliore dei casi, a una semplice evocazione: il desiderio e la speranza hanno la meglio sul realismo e la concretezza di una politica che faccia risplendere il senso di responsabilità di una nuova classe dirigente. Alla fine, se resta l’impressione di un partito  in preda alla vaghezza di proposta politica, difficilmente l’ombra del declino potrebbe accorciare la sua sagoma inquietante.

Martina Giachetti Zingaretti
Sinistra 9 19 13
Centro-Sinistra 4 2 5
Populismo 2 13 2
Sovranismo 1 3 1
Riformismo 10 2 9
Europa 12 16 48
Liberismo 2 3 2
Cattolici 0 0 2
Alternativa Democratica 0 0 0
Vocazione Maggioritaria 0 0 0
Ulivo 0 0 0
Orvieto 0 0 0
Lingotto 0 0 0
Futuro 12 26 16
Radicale 9 2 1
Giustizia 5 0 3
Legalità 3 1 6
Corruzione 0 0 0
Giustizialismo 1 0 0
ricchezza 2 2 10
benessere 3 3 6
economia 6 6 21
Italia 42 62 114
Alleanza 2 1 17
Destra 4 2 7
Lega 18 11 28
M5S 4 1 3
Libertà 5 5 17
Istruzioni 9 8 8
Pensioni 1 0 6
Reddito di Cittadinanza 1 5 1
Zingaretti pagine 44 caratteri 154992
Martina pagine 28 caratteri 58725
Giachetti pagine 27 caratteri 94652

Nasce il Movimento Politico “Cristiani in Politica”

I soci fondatori, che sono nove, hanno eletto all’unanimità quale Presidente del neocostituito Movimento l’Avv. Marina Iaconelli, Vicepresidente Cav. Flaviano Grillo e Tesoriere il Cav. Antonio Massimiliano Clarizio.

Il Movimento Politico si fonderà sul dialogo e sarà una rappresentanza politica alternativa, non confessionale di ispirazione cristiana laica.

La natura politica del Movimento “CRISTIANI LAICI IN POLITICA” sarà quella di ritrovare la sua identità nel popolo delle arti e delle professioni e sarà vicino ad una popolazione sempre più esigente e nel contempo fragile.

Nel panorama politico attuale si riconoscono partiti che si definiscono del “centro destra” e del “centro sinistra”. In alcuni casi i movimenti politici non si vogliono identificare affatto. Quello che manca nello scenario politico italiano da oltre 25 anni è il CENTRO. Il Centro Cristiano Laico della politica italiana oggi è rappresentato, dopo 25 anni dal Movimento Politico “CRISTIANI LAICI IN POLITICA” il cui programma si esplicita attraverso il perseguimento dei seguenti scopi:

  • Unire l’Europa attraverso i valori del cristianesimo come valore fondante ed il ritrovamento delle radici giudaico-cristiane. Realizzare una nuova solidarietà, partendo dal nucleo principale della società, costituito dalla famiglia che si basa sull’amore e l’unione dell’uomo con la donna, favorevole alla procreazione ed alla tutela della vita umana dal momento del concepimento. L’unione tra esseri umani che condividono tra di loro la solidarietà ed il sentimento dell’amore.
  • Rispetto e tutela dell’integrazione e dell’accoglienza dei popoli e degli esseri umani in genere, al momento in cui si accertata la loro effettiva e veritiera persecuzione nei paesi di origine.
  • Sviluppo armonico delle varie genti dell’Europa, che decidono di vivere liberamente, anche in altri Paesi che non siano quelli di origine, attraverso una armonizzazione culturale ed ambientale. Attenzione agli effetti del cambiamento climatico ed ai rischi conseguenti, mediante una visione comune a tutte le genti europee del problema, da risolvere con priorità.
  • Perseguire e tutelare i diritti umani, e della salute in genere, con   la libertà di tutti i cittadini.
  • Il movimento prende atto delle alterazioni ambientali che stanno generando nuove forme patologiche non ascrivibili ai normali protocolli riconosciuti dal Sistema Sanitario Nazionale. I Cristiani Laici in Politica hanno il dovere morale di adoperarsi nella società affinché non ci debbano essere cittadini abbandonati a se stessi. Inoltre il Movimento si adopererà ad attuare strategie politiche per poter sottoporre a terapie sperimentali che lo Stato dovrà garantire con Centri di Ricerca sul Territorio Italiano. IL Movimento guarda alle giovani forze del nostro Paese come l’unica, vera risorsa su cui fondare le basi per il futuro. Il Movimento esalta il ruolo della donna come elemento fondamentale sia nella società lavorativa che all’interno della famiglia; ripudia la guerra mediante il perseguimento di una fattiva intelligence europea la cui attività dovrà essere finalizzata al benessere comune. Il Movimento promuove ed incentiva l’autonomia delle Regioni al fine di tutelare e promuovere lo sviluppo delle proprie caratteristiche; affidare un maggiore ruolo alle Regioni in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, conservando in capo allo Stato le competenze della tutela. Il movimento intende promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese sul territorio italiano ed incentiva il rinnovamento attraverso la promozione economica finanziaria. Sulla performance dell’economia italiana incide senza dubbio la struttura proprietaria delle imprese, largamente dominata dalle imprese familiari, che devono essere valorizzate, tutelate ed aiutate attraverso il sistema bancario ed il supporto dello Stato attraverso incentivi reali ed usufruibili.

Tiziano Treu: “Siamo un Paese in estinzione se non facciamo politiche demografiche serie”

Il presidente del Cnel, Tiziano Treu, al modulo formativo su Giovani e lavoro dichiara che: “Siamo un Paese in estinzione se non facciamo politiche demografiche serie. Questo porterà tensioni crescenti tra poveri e ricchi, tra generazioni, tra Nord e Sud. Questo aumenterà inoltre la perdita di persone, altamente specializzate, che vanno a lavorare all’estero”.

“La concorrenza al ribasso è altissima, in un contesto mondiale in cui l’Europa è un piccolo continente di fronte ad altre realtà emergenti. Inoltre, chi riesce a investire domina a livelli altissimi, provocando una divaricazione fortissima”.

“Lo Stato deve fare ancora molto: può difendersi da una globalizzazione invasiva e può mantenere standard civili contro una globalizzazione sregolata. I tentativi di dare regole alla globalizzazione, svolto ad esempio dall’Organizzazione internazionale del lavoro, che quest’anno compie cento anni, sono importanti ma spesso difficili da raggiungere. L’Europa dovrebbe avere un ruolo importante in questo senso: i progetti ambiziosi ci sono, ma sono necessarie le regole comuni”.

La Lega corre nei sondaggi politici

Le intenzioni di voto degli italiani, secondo l’ultima rilevazione di Ipsos per il Corriere della Sera, premiano la Lega di Matteo Salvini che raccoglie il 35,9% dei consensi. Il Movimento Cinque Stelle, rispetto alla rilevazione del 7 febbraio, perde 4,2 punti percentuali attestandosi al 21,2% in linea con il calo dei dati reali registrati nelle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna.

Il Partito Democratico, balza al 18,5%: in pratica la stessa percentuale registrata nelle urne il 4 marzo 2018.

Forza Italia conferma i propri risultati, collocandosi all’8,6%, mentre Fratelli d’Italia e +Europa si attestano al livello della soglia di sbarramento.

Ma la statistica non si ferma qui, l’analisi vede il M5s perdere voti in due direzioni: verso l’astensione, dove transitano gli elettori critici verso la subalternità alla Lega e verso la Lega.

Mentre la previsione di una crescita debole per quest’anno — e il calo dei pentastellati si riverberano sull’apprezzamento del governo che fa segnare una diminuzione di giudizi positivi (dal 54% di gennaio al 50% odierno) e un aumento di 5 punti di quelli negativi (da 37% a 42%), facendo scendere l’indice di gradimento di 5 punti da 59 a 54, il livello più basso dall’insediamento dell’esecutivo.

I giovani algerini non vogliono più Bouteflika

Migliaia di persone hanno protestato in Algeria – in particolare nella capitale Algeri – contro la decisione dell’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika di candidarsi alle elezioni previste per il 18 aprile. Bouteflika compie oggi 82 anni ed è al governo da venti. Da diverso tempo però è molto malato: le sue apparizioni sono rarissime e il suo ultimo discorso pubblico è di sette anni fa. Chi protesta ritiene che sia ormai incapace di governare e che qualcuno lo stia facendo al posto suo.

A sostenere la marcia nella capitale, tra gli altri, l’ex premier algerino candidato alle presidenziali del 2004 e del 2014 Ali Benflis: “Chiediamo uno Stato democratico, basato sulla sovranità popolare. Oggi, il popolo algerino nel suo complesso dirà no alla versione ufficiale, no alle minacce, no alla repressione, sì alla sovranità del popolo, sì alla vera cittadinanza per tutti – ha dichiarato al sito tsa-algerie.com – La gente vuole la sua autodeterminazione. Come ha sconfitto il colonialismo, il popolo algerino dirà no ai governanti ingiusti e a colui che vuole governare il Paese senza la volontà degli algerini”. Insieme a lui, dalla parte dei manifestanti, anche i tre candidati indipendenti Ghani Mahdi, Tahar Missoum e Rachid Nekkaz.

Carnevale: 150 milioni spesi in frappe, castagnole e zeppole

Storico ritorno della cucina fatta in casa per 4 famiglie su 10 (38%) che riscoprono le specialità tradizionali soprattutto durante le feste. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè in occasione dell’ultimo fine settimana prima del martedì grasso del Carnevale 2019 durante il quale al mercato degli agricoltori di Campagna Amica a Roma è stata organizzata la prima sfilata d’Italia dei dolci di Carnevale con “il tutor delle frappe” ma iniziative sono state previste lungo tutta la Penisola.

Nella settimana di Carnevale – stima la Coldiretti – vengono consumati circa 12 milioni di chili di dolci tipici per una spesa complessiva attorno ai 150 milioni di euro. Il costo – precisa la Coldiretti – varia infatti dai 5 euro al chilo per le preparazioni casalinghe contro una spesa dai 15 ai 30 euro, con picchi anche di 65 euro per le diverse specialità in vendita nei forni e nelle pasticcerie. Prepararle in casa offre anche la possibilità di assicurarsi la qualità e la freschezza degli ingredienti, che fanno la differenza sul risultato finale, a partire dalle uova e dal miele che – continua la Coldiretti – possono essere acquistati anche nei mercati degli agricoltori di campagna amica dove sono offerti a volte anche dolci della tradizione contadina i cui segreti sono stati trasmessi da generazioni.

I dolci fai da te sono peraltro preferiti dai bambini che – precisa la Coldiretti – stanno riscoprendo l’orgoglio di mostrare a scuola o nelle feste private l’abilità in cucina delle proprie mamme. Il fatto che una porzione di 50 grammi di frappe contenga 235 chilocalorie significa che un consumo moderato non ha effetti drammatici sulla dieta e sulla salute anche perché la privazione in un momento di festa, soprattutto per i piu’ piccoli, – sostiene la Coldiretti – può avere effetti negativi sull’umore.

Dai tortelli della Lombardia alle lasagnette fritte dell’Emilia, dai cecamariti del Lazio ai friciò del Piemonte, dai crostoli del Friuli Venezia Giulia, dalla schiacciata dolce toscana fino agli scroccafusi delle Marche ma anche le bugie liguri, le pastarelle della Basilicata, il migliaccio e il sanguinaccio della Campania, la cicerchiata dell’Abruzzo e la crema fritta del Veneto sono – sottolinea la Coldiretti – solo alcune delle specialità gastronomiche censite a livello regionale che gli italiani riscoprono nei giorni di carnevale.

La leggenda – precisa la Coldiretti – racconta che le prime frappe siano nate ai tempi dell’antica Roma con il nome di “frictilia” ed erano realizzate con un impasto di farina e uova che veniva steso, tagliato e fritte nello strutto bollente e mangiato durante le feste, soprattutto nel periodo invernale.

La festa – ricorda la Coldiretti – prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia. I banchetti carnevaleschi – conclude la Coldiretti – sono molto ricchi di portate perché, una volta in questo periodo si usava consumare tutti i prodotti della terra, non conservabili, in vista del digiuno quaresimale.

Consiglio di Stato, pochi 1200 posti per la riabilitazione

Il Consiglio di Stato ha annullato il fabbisogno programmato nel 2015 dal Ministero della Salute in 1.200 posti letto per tutta Italia. Oltre 6.000 i posti letto valutati come necessari da società scientifiche e dati epidemiologici. L’accesso a percorsi di neuroriabilitazione di alta specialità per pazienti con gravi lesioni del sistema nervoso è un diritto alla salute “non sacrificabile” pure nel doveroso rispetto delle esigenze di bilancio e di contenimento della spesa sanitaria.

Non solo pazienti che hanno attraversato un periodo di coma devono poter essere trattati in strutture di alta specialità neuroriabilitativa, ma qualsiasi paziente che abbia subito una grave lesione del sistema nervoso. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con una sentenza che annulla quanto stabilito dal Ministero della Salute con il decreto 70 del 2015 in riferimento al fabbisogno di posti letto di neuroriabilitazione di alta specialità, in seguito ad un ricorso della Fondazione Santa Lucia.

Giuseppe Sangiorgi: L’Europa di domani, l’Europa delle persone

Europa / appunti di Giuseppe Sangiorgi per un incontro a Roma venerdì primo marzo 2019 sul tema: L’Europa di domani, l’Europa delle persone (sala Aldo Moro dell’Anci, introduce Dante Monda,presiede Gabriele Papini,coordinamento Elisa Macci e Alessio Ditta, iniziativa del circolo Liberi e Forti)

– Per parlare dell’Europa di domani occorre partire da quella di ieri, per capire da dove veniamo, dove ci troviamo e dove siamo diretti. Dal punto di vista politico istituzionale la data d’inizio della costruzione europea è il Novecento; dal punto di vista storico culturale l’origine è millenaria, le sue radici sono mitologiche prima che geografiche in un accavallarsi tra mito e realtà: Europa figlia di Fenice, rapita da Zeus, madre di Minosse, sorella di Asia ,altre leggende ancora, Europa dal greco euris e opos, ossia un ampio territorio … si fa presto a dire Europa, salvo fare i conti con la complessità dei suoi significati e della sua storia.

– Per muoversi lungo questo percorso è consigliabile come “ingresso” un saggio di Federico Chabod intitolato Storia dell’idea d’Europa, edito da Laterza in varie edizioni a partire dal 1961, a cura di Ernesto Sestan e Armando Saitta. E’ un corso di insegnamento che Chabod tenne alle Università di Torino e di Roma negli gli anni Quaranta e Cinquanta. Un testo di riferimento più recente è Europa, storia di un’idea e di un’identità, di un studioso svedese, Heikki Mikkeli, pubblicato dal Mulino nel 2002. Con il loro contenuto e le loro bibliografie, questi due lavori permettono livelli variabili di approfondimento e di studio.

– Come sorge il concetto di Europa, come diventa una civiltà, come l’Europa acquista la consapevolezza della sua identità. Chabod è particolarmente felice nel descrivere questo percorso che muove dalla Grecia, perché inizialmente è la Grecia stessa a identificarsi con l’idea di Europa. Minosse, re di Creta, per onorare la madre chiama Europa la terra ferma a Nord della sua isola, così la mitologia si fa’ realtà. Nell’epoca più antica, per Esiodo era la madre di tutti i corsi d’acqua, per Erodoto i suoi confini si spingevano fino all’Italia. Accanto a quella mitologica la prima distinzione dell’Europa è dunque geografica e lo è rispetto all’Asia e all’Africa. Da geografica la distinzione diventa poi identitaria, basata su un concetto politico: la Grecia e l’Europa sono associate all’idea della libertà dei cittadini, della loro partecipazione alla vita pubblica,l’Asia è associata all’idea della sottomissione dei sudditi a un capo. Augusto da una parte, Antonio e Cleopatra dall’altra, Occidente e Oriente, romani e barbari, cristiani e pagani.

– Il concetto di Europa si afferma per contrapposizione dai tempi delle guerre persiane e di Alessandro Magno e mantiene questa costante nel corso dei secoli e delle vicende storiche. A lungo prevale su ogni altra identità europea quella cristiana. E’ Machiavelli nel Principe a definire la personalità dell’Europa, in contrapposizione al dispotismo orientale, non per il suo essere cristiana ma per il modo di organizzare la propria vita civile. Lo fa nel quarto capitolo del suo capolavoro prendendo a emblemi il Turco e il Re di Francia.
Poi è Voltaire, il campione dell’Illuminismo, ne Il secolo di Luigi XIV, a esporre la sua visione dell’Europa come una specie di grande repubblica, divisa al suo interno in Stati, alcuni monarchici e altri misti, alcuni aristocratici e altri popolari, “ma tutti collegati gli uni con gli altri, tutti con ugual fondamento religioso … tutti con gli stessi istituti di diritto pubblico, e di politica, sconosciuti nelle altre parti del mondo”. Voltaire, e poi nelle sue Lettere persiane Montesquieu, il padre della divisione dei poteri, introducono un altro elemento di distinzione: la condizione emancipata della donna europea rispetto a quella orientale. La distinzione europea si amplia dunque alla sfera sociale, a quella dei costumi.

Nel secolo XVIII, a questa idea di Europa se ne aggiunge e contrappone un’altra, quella dei nazionalismi. Jean Jaques Rousseau è contrario all’europeismo di Voltaire e di Montesquieu; lo è fortemente, dice Chabod, perché vuole il rispetto delle caratteristiche nazionali dei singoli Stati contro quella che ritiene una indistinta uniformità europea. In Italia tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento su questa lunghezza d’onda sono personalità come Vittorio Alfieri e Ugo Foscolo, entrambi sostenitori di un esaltato amor di patria. Giuseppe Mazzini no. A metà Ottocento Mazzini propugna invece il fine superiore, altamente umanitario al quale le singole nazioni sono chiamate a concorrere e subordinarsi: perciò accanto alla Giovane Italia concepisce la Giovane Europa.
E’ il tema del rapporto tra dimensione nazionale e sovranazionale che ci investe ancora oggi. Il Novecento inizia con il prevalere dei nazionalismi sull’ideale europeo: il frutto avvelenato di tale supremazia è la Grande Guerra. Nell’inutile strage evocata da Benedetto XV si dilaniano tra loro nazioni che pure si richiamano alla comune fede cristiana. E’ un dramma nel dramma. Luigi Sturzo ne prende lucidamente atto e a partire dagli anni Venti, quasi un secolo fa, teorizza come arma pacifica contro i nazionalismi la creazione degli Stati Uniti d’Europa, un ideale, scrive, da raggiungere sia pure con varie tappe e molte difficoltà. Pensando a come potesse riorganizzarsi l’Europa del dopo guerra non vede altra soluzione che una federazione: per realizzare una economia aperta e ricondurre a questo obiettivo il problema monetario. Sturzo ha sempre avuto una capacità profetica, in questo caso applicata agli scenari internazionali.

Nell’agosto 1941, nel pieno del conflitto, due altre grandi voci italiane si levano a favore di una federazione europea, è il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, fatto circolare clandestinamente. Nel 1942 se ne trovano copie in Svizzera e in Francia. Piero Calamandrei scrive che tutte le strade che portavano a Roma, oggi portano agli Stati Uniti d’Europa. Sono anni nei quali c’è tutto un risvegliarsi della coscienza democratica europea in questo senso. Jaques Maritain lancia la più inquieta delle sue provocazioni politiche: il dramma delle democrazie moderne consiste nel fatto che esse non sono ancora riuscite a realizzare la democrazia. Nel 1943 Jean Monnet, membro della resistenza francese, collaboratore del generale Charles de Gaulle, amico di Simone Weil, altra europeista, dichiara che non ci sarebbe mai stata pace in Europa se dopo la guerra gli Stati si fossero ricostituiti sulla base delle antiche sovranità nazionali. Nel novembre 1948, Alcide De Gasperi fa eco idealmente a queste posizioni con un celebre discorso a Bruxelles, nel quale pone il tema della solidarietà e della costruzione europea contro il rischio degli odi ideologici.

La svolta dal dibattito politico al concreto avvio del percorso istituzionale dell’integrazione avviene il 9 maggio 1950 con il discorso del ministro degli esteri francese Robert Schuman, la “dichiarazione europea” preludio del trattato della CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, istituita il 18 aprile 1951. Entrato in vigore il 25 luglio 1952, il trattato ha una portata storica, perché esso risolve in modo pacifico l’antica rivalità tra Francia e Germania sul bacino carbosiderurgico della Ruhr, regolando le quote di produzione. La via del negoziato si sostituisce a quella della forza per risolvere i conflitti. La CECA è il primo organismo comunitario europeo ed è la prima autorità sovranazionale europea, i suoi membri iniziali sono oltre alla Francia e la Germania il Belgio, l’Olanda,il Lussemburgo e l’Italia.

Parallelo al percorso della CECA era iniziato quello della CED, la Comunità europea di difesa,il grande sogno di De Gasperi che si trasformò nella più grande delle delusioni. Il piano prevedeva la creazione di un Ministero europeo della Difesa e di un esercito di sei divisioni integrando fra loro soldati dei diversi Paesi europei. Si era arrivati così vicini all’accordo finale che era state disegnate perfino le divise dei soldati. Sarebbe uno scoop ritrovare i bozzetti. Si era discusso se la leva dovesse essere volontaria. Sopratutto, ciò che premeva di più a De Gasperi, la bozza del trattato istitutivo prevedeva all’articolo 38 la creazione di un’assemblea sovranazionale in grado di imporre le proprie direttive agli Stati membri. La CED doveva avere poteri costituenti ai fini della elaborazione di una organica proposta di Europa federalista.

Il progetto della CED fallisce nell’estate del 1954 per la responsabilità dei francesi, proprio il Paese che negli anni precedenti lo aveva proposto e che più aveva spinto all’inizio per la sua realizzazione (raccontare la vicenda nel dettaglio porterebbe fuori da questo quadro di sintesi, per chi vuole conoscere i passaggi e i retroscena che condussero al voltafaccia francese una versione sintetica è in De Gasperi uno studio, Giuseppe Sangiorgi, Rubbettino 2014, ma anche in De Gasperi e l’Europa, a cura di Maria Romana De Gasperi, Morcelliana 1979, oltre naturalmente Storia delle relazioni internazionali 1918 – 1999 , Ennio Di Nolfo,Laterza 2005).

Nel 1954, dalle ceneri della CED si ricostituisce e si amplia il ruolo della UEO, Unione Europea occidentale, organismo che era nato nel 1948 con obiettivi di sicurezza e cooperazione militare. Il nuovo trattato istitutivo è ratificato dai Paesi membri nel 1955. Gli accordi prevedevano una difesa comune, governata da un Consiglio di rappresentanti dei governi, con funzioni consultive e costituito attraverso la elezione indiretta dei suoi componenti. L’UEO è stata sciolta nel 2011 perché i suoi compiti sono stati gradualmente assorbiti dall’Unione europea.

Con la Conferenza di Messina del 1955 e quella di Roma de 1957 prendono il via l’Euratom,Comunità europea per l’energia atomica, e il MEC, Mercato comune europeo, che diventa a sua volta la CEE, Comunità economica europea, e infine l’UE, l’attuale Unione europea. Non è un labirinto questo rincorrersi di sigle e di date, è un percorso inizialmente portato avanti dai maggiori politici cattolici europei del dopoguerra, De Gasperi, Konrad Adenauer, Schuman, Monnet, Henry Paul Spaak. Non è un caso, Goethe diceva che la lingua dell’Europa è il cristianesimo. De Gasperi definiva così l’Europa: “un’idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva”.

Il dato di fondo è che oggi l’Unione europea, con i 28 Paesi che la compongo è l’area stabilizzata di pace più vasta del mondo, in un continente che nel secolo scorso è stato il teatro di due guerre mondiali e nei secoli precedenti ha conosciuto altri innumerevoli conflitti fra i Paesi che ne fanno parte. Nel 2012 all’Unione è stata assegnato il Nobel per la pace, oggi i due terzi delle legislazioni nazionali sono derivanti da quella comunitaria attraverso le direttive, le decisioni e i regolamenti, gli atti normativi previsti dall’articolo 288 del TFUE, il Trattato per il funzionamento dell’Unione mentre i principi dell’Unione sono contenuti nel TUE, il Trattato sull’Unione europea.

Le istituzioni portanti dell’Unione sono il Parlamento, eletto direttamente, il Consiglio europeo, composto dai capi di Stato o di Governo, che non esercita dirette funzioni legislative ma ha un forte potere di influenzarle, il Consiglio, che esercita una funzione normativa congiuntamente al Parlamento, la Commissione, motore delle proposte di sviluppo dell’Unione, la Corte dei Conti, la Corte di Giustizia, la Banca Centrale. La moneta unica, l’euro, adottata da 19 dei 28 Stati membri, viene utilizzata quotidianamente da oltre 340 milioni di persone ed è con il dollaro la valuta più usata del mondo.

Questo in grande sintesi è il contesto storico, politico, istituzionale nel quale siamo . A realizzarlo nei primi decenni ha contribuito in modo decisivo il cattolicesimo politico non solo italiano, che riuscì a dare vita a un grande e suggestivo immaginario europeo. Oggi, in un momento di forte e spesso strumentale critica all’intero edificio comunitario nel nome dei nuovi nazionalismi, più che mai si è chiamati a riprendere il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa, che restano assieme alla Costituzione e alla Dottrina Sociale della Chiesa tre riferimenti fondamentali della capacità di presenza e della identità politica dei cattolici.
Pensiamo se al rinnovo del Parlamento europeo del 26 maggio 2019 ci fossero sulle schede elettorali i simboli dei partiti europei e non di quelli nazionali, i quali poi devono andare a cercarsi gli apparentamenti alle volte più inverosimili per entrare a far parte dei gruppi del Parlamento di Strasburgo. Pensiamo a quanta maggiore chiarezza ci sarebbe per gli elettori e quale passo avanti una tale scheda elettorale segnerebbe, se non ancora verso l’Europa dei popoli, almeno verso quella di più coese rappresentanze politiche. L’Europa della non chiarezza, una Unione europea indebolita dai conflitti interni e priva di slancio fa solo il gioco di una politica miope dell’America e di una politica interessata della Russia.

Un’ultima riflessione riguarda le previsioni demografiche di qui al 2050, un futuro molto più prossimo di quanto si creda e tale dunque da costituire una priorità dell’agenda politica . Secondo queste previsioni l’Europa, Russia compresa, avrà a quell’epoca intorno ai 700 milioni di cittadini, poco meno di quelli attuali. In Africa saranno un miliardo in più degli attuali, in condizioni di vita miserabili rispetto alle nostre. Gli immigrati di oggi sono l’avanguardia di un fenomeno migratorio che sarà sempre più impetuoso se non governato con lungimiranza politica. Se il destino dei migranti si gioca sul tavolo europeo, anche il destino dell’Europa si gioca sul tavolo delle migrazioni e dunque largamente dell’Africa. Ecco perché le migrazioni non sono un problema settoriale ma, in Italia come in Europa, la cartina di tornasole che ricomprende in sé le maggiori sfide del nostro futuro.

Autonomia: i conti a rischio

E adesso, dopo la discussione sul reddito di cittadinanza e sulle grandi opere infrastrutturali, si parla di autonomia delle Regioni a Statuto ordinario. Tutto ciò succede senza un benché minimo disegno generale per il Paese che si vuole rimodellare riformandolo, bensì utilizzando temi che, di volta in volta, vengono tirati in ballo a seconda delle situazioni legate a opportunità del momento.

Questa situazione è voluta dall’attuale classe politica che fonda la sua azione, il più delle volte, sulla superficialità di analisi che ha contribuito a rendere fragile la situazione economica oggi in evidente affanno.
Infatti, l’incoerenza delle decisioni del Governo hanno portato gli operatori economici stranieri a frenare gli investimenti in Italia e gli imprenditori locali a rallentare le loro intraprese a causa della confusione generata da una politica che non decide perché preferisce rinviare le scelte di semplificazione burocratica, di riduzione delle tasse, di sviluppo e di innovazione.

Tornando alla questione dell’autonomia regionale, è chiaro come si stia procedendo in maniera maldestra senza considerare l’approntamento di un progetto complessivo che interessi tutte le regioni e non solo alcune come sta accadendo.
Ciò nonostante non è certamente facile arrivare al compimento di una politica di decentramento in favore di tutte le Regioni con lo Stato che si limita a governare solo una parte di competenze legiferando e impartendo direttive al sistema degli enti periferici (Regioni, Province e Comuni).

C’è poi anche un altro tema che resta sul tappeto e che si presenterà di fronte a questo progetto, beninteso venisse proposto allorché ad oggi ancora non c’è: il depauperamento dei ministeri romani. Prima di procedere a qualsiasi trasferimento di risorse, sarebbe necessario fare delle quantificazioni esatte della spesa attualmente sostenuta dalle amministrazioni statali, anche perché quelle stesse amministrazioni dovranno essere “ridimensionate” a seguito del trasferimento di risorse alle regioni. Per alcuni ministeri, come quello dell’istruzione, lo svuotamento sarebbe rilevante con centinaia di migliaia di dipendenti che dovrebbero passare dall’amministrazione centrale a quella periferica, un quarto del totale qualora il problema riguardasse solo alcune Regioni del nord. Quindi come si può facilmente capire, qualcosa di più di tre o quattro nodi politici che il Governo e la sua maggioranza devono affrontare.

Allo stato attuale, quindi, la richiesta di autonomia delle tre Regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si è conclusa con un nulla di fatto in quanto l’accordo per la parte finanziaria con il Ministero del tesoro è tutt’altro che raggiunto. Certamente non sarà questo che potrà risolvere un problema che per sua natura è molto più ampio e complesso benché una parte politica del Governo non intende far vedere. Ha ragione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando esorta la politica ad approfondire le problematiche e a non limitarsi alla superficialità delle questioni. E, nel caso del decentramento di poteri alle Regioni, lo studio da parte della politica deve essere molto approfondito, capace di plasmare una riforma di termine con visione quanto meno decennale.

Diversamente il rischio concreto è quello di scassare il sistema istituzionale che regola un processo per un buon andamento della società.

Risparmio energetico cosa sapere sull’ecobonus

L’Ecobonus 2019 è la detrazione Irpef o Ires di cui possono beneficiare i contribuenti che decidono di effettuare lavori di riqualificazione energetica su edifici esistenti.

Le detrazioni, scrive l’Agenzia delle Entrate, vanno ripartite in dieci rate annuali di pari importo, nella misura del 55% delle spese sostenute fino al 5 giugno 2013, del 65% delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2019 per interventi sulle singole unità immobiliari. La detrazione è, invece, ridotta al 50% per le spese, sostenuto dal primo gennaio 2018, relative all’acquisto e alla posa in opere di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno di classe A o con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili. La legge di bilancio 2019 non modifica le novità introdotte dalle precedenti norme. Dal 2017 sono previste, infatti, detrazioni più elevate per gli interventi di riqualificazione energetica delle parti comuni dei condomini, grazie ai quali è possibile raggiungere determinati indici di prestazione energetica. In particolare, nella misura del 70% della spesa se gli interventi interessano l’involucro dell’edificio e del 75% nel caso di lavori volti a migliorare le prestazioni energetiche invernali ed estive.

Le detrazioni aumentano nel caso gli interventi avvengano in edifici appartenenti alle zone sismiche 1,2 e 3 e siano finalizzati alla riduzione del rischio. La classificazione del rischio va da 1 (la zona più pericolosa, in cui le probabilità che avvenga un forte terremoto sono alte) a 4 (le aree meno pericolose). Nello specifico, si può usufruire di una detrazione dell’80% se i lavori effettuati comportano il passaggio ad una classe inferiore di rischio, dell’85% per la riduzione di due o più classi di rischio sismico. In questi casi, il limite massimo di spesa consentito è fissato sui 136 mila euro moltiplicati per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio.

Un primato dell’Italia in Europa, l’economia circolare

Articolo già apparso sul sito formiche.net a firma di  Saturno Illomei

Il nostro Paese, con 103 punti, è sempre al primo posto in Europa per quanto riguarda l’indice complessivo di “circolarità”, ossia il valore attribuito all’utilizzo di materie prime seconde e all’innovazione nella produzione, nel consumo, nella gestione dei rifiuti. Seguono, nella classifica delle cinque principali economie europee, il Regno Unito (90 punti), la Germania (88), la Francia (87), la Spagna (81). Ma non bisogna abbassare la guardia. La nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia di arrestarsi, mentre quella degli altri Paesi sta prendendo slancio, grazie anche al nuovo pacchetto di direttive sull’economia circolare approvato lo scorso luglio a Bruxelles e in corso di recepimento nelle legislazioni nazionali: in Italia l’iter legislativo del provvedimento è in fase di approvazione in Parlamento.

Questo l’avvertimento che emerge dal primo Rapporto sull’economia circolare in Italia 2019. Realizzato dal Circular Economy Network e da Enea e presentato ieri a Roma, in occasione della Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare. “L’Italia vanta sicuramente grandi risultati vista la rilevanza che l’economia circolare ha avuto ed ha nel nostro Paese – ha commentato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e del Circular Economy Network – dobbiamo però impegnarci a tenere alto il livello delle nostre performance. Servono un piano e una strategia nazionale, una regolazione sull’end of waste che permetta ai numerosi progetti industriali in attesa di autorizzazione di partire. Ma serve anche una visione politica che utilizzi le leve della fiscalità e degli incentivi all’innovazione a favore dell’economia circolare, che va vista come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico”.

Il rapporto presentato ieri individua un dettagliato decalogo su cui puntare per rilanciare l’economia circolare e la sostenibilità ambientale per ridurre le emissioni di gas serra e per sostenere la competitività delle aziende italiane: diffondere e arricchire la visione, le conoscenze, la ricerca e le buone pratiche dell’economia circolare: il risparmio e l’uso efficiente delle materie prime e dell’energia, l’utilizzo di materiali e di energie rinnovabili, riduzione della produzione dei rifiuti e lo sviluppo del loro riciclo. Ma anche:

– Implementare una Strategia nazionale e un Piano d’azione per l’economia circolare per affrontare carenze e ritardi.
– Migliorare l’utilizzo di strumenti economici per l’economia circolare.
– Promuovere la bioeconomia, tutelando e valorizzando il capitale naturale e la fertilità dei suoli, per garantire la sicurezza alimentare e l’agricoltura di qualità.
– Estendere l’economia circolare negli acquisti pubblici, attraverso l’utilizzo del Green Public Procurement.
– Promuovere l’iniziativa delle città per l’economia circolare secondo il modello europeo dele green city.
– Realizzare un rapido ed efficace recepimento del nuovo pacchetto di direttive europee per i rifiuti e l’economia circolare.
– Attivare rapidamente le pratiche dell’End of Waste per sviluppare il riciclo dei rifiuti.
– Assicurare le infrastrutture necessarie per l’economia circolare. La diffusione e l’implementazione dell’innovazione e delle buone pratiche va supportata con l’istituzione di un’agenzia per l’uso efficiente delle risorse.
– Estendere l’economia circolare anche al commercio on line.

Rispondendo indirettamente alle richieste emerse dal rapporto, appena due giorni fa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ribadito che “la promozione dell’economia circolare rimane un pilastro della nostra azione di governo, così da favorire la cultura del riciclo e da garantire nuovi modelli di produzione e di sviluppo”.

 

In arrivo 500 milioni di euro per piste ciclabili, bike sharing e ciclovie

L’obiettivo è quello di puntare sulla mobilità sostenibile a zero emissioni lungo tutta l’Italia incentivando lo sviluppo delle reti ciclabili urbane ed extra urbane. I fondi saranno dati in co-finanziamento a Regioni e Comuni

Degli stanziamenti ha parlato ieri a Roma il titolare dell’Ambiente Sergio Costa sottolineando anche l’importanza di un sistema di bike sharing capace di integrare differenti sistemi di mobilità su ferro e su gomma.

Molte nostre città sono caotiche e inquinate a causa di una mobilità sbilanciata sull’uso dell’auto privata. In questi ultimi anni, però, un gran numero di amministrazioni pubbliche stanno lavorando con coraggio e determinazione per dare diversa impronta ad un nuovo modello di mobilità. E a crescere è anche la sensibilità dei cittadini che guardano con interesse a diversi stili di vita, per un nuovo approccio agli spostamenti quotidiani in bicicletta.

I progetti per le città, già finanziati da parte del Ministero dell’Ambiente e degli altri dicasteri competenti, in partnership con le Regioni e i Comuni, sono oltre ottanta e molti altri sono in via di finanziamento. Si tratta di progetti che fanno parte di un più ampio “Piano generale della mobilità ciclistica”.

“Vogliamo dare piena attuazione al Piano perché per il Ministero dell’Ambiente e per il Governo l’uso della bicicletta non è soltanto un auspicio” – ha annunciato il ministro Costa – “500 milioni di euro saranno destinati, in co-finanziamento con le Regioni e i Comuni, per la realizzazione di piste ciclabili, bike sharing  e ciclovie. Sono già stati approvati 10 progetti di ciclovie, da quella degli Appennini a quella della Magna Grecia al Grab. Percorsi sostenibili che legano l’Italia a emissioni zero”. “Preservare – ha continuato Costa – e rendere ancora più appetitosi i parchi e le aree marine protette del nostro Paese, territori splendidi da visitare anche in bicicletta, e farne entrare altri nel guinness delle bellezze naturalistiche, è un altro nostro obiettivo Entro l’estate emaneremo alcuni bandi per diverse iniziative nei parchi, da godere in modo slow, ecocompatibile e all’insegna del plastic free, come avviene già nel Parco nazionale del Cilento, modello che mi auguro venga presto seguito dagli altri parchi e orgoglio nazionale che esporteremo tra due giorni a Oslo, dove inaugureremo la prima ambasciata italiana all’estero plastic free”.

Treviso: Inge Morath e la fotografia

Casa dei Carraresi di Treviso accoglie, dopo il successo della mostra su Elliott Erwitt ed i suoi cani, la prima grande retrospettiva italiana di Inge Morath, la prima donna ad essere inserita nel cenacolo, all’epoca tutto maschile, della celebre agenzia fotografica Magnum Photos.

Impropriamente nota alle cronache più per aver sostituito la mitica Marilyn Monroe nel cuore dello scrittore Arthur Miller, divenendone moglie e compagna di vita, è stata in realtà soprattutto una straordinaria fotografa ed una fine intellettuale. Il suo rapporto con la fotografia è stato un crescendo graduale: dopo aver lavorato come traduttrice e scrittrice in Austria, inizia a scattare nel 1952, e dall’anno successivo, grazie ad Ernst Haas inizia a lavorare per Magnum Photos a Parigi.

Limitarsi a considerarla una fotografa di questa celebre agenzia è riduttivo. Le celebri fotografie realizzate durante i suoi viaggi, o gli intensi ritratti in grado di catturare le intimità più profonde dei suoi soggetti, si accompagnano ad una brillante attività intellettuale che si alimentava di amicizie con celebri scrittori, artisti, grafici e musicisti.

Che si trattasse di raccontare paesaggi e Paesi, persone o situazioni, le sue foto erano sempre caratterizzate da una visione personale e da specifica sensibilità, in grado di arricchire la percezione del mondo che la circondava. Come Inge Morath era solita dire: “Ti fidi dei tuoi occhi e non puoi fare a meno di mettere a nudo la tua anima”.

Ogni reportage di viaggio ed ogni incontro veniva da lei preparato con cura maniacale. La sua conoscenza di diverse lingue straniere le permetteva di analizzare in profondità ogni situazione e di entrare in contatto diretto e profondo con la gente.
Per questa ampia retrospettiva a Casa dei Carraresi – una selezione di oltre 150 fotografie e decine di documenti riferiti al lavoro di Inge Morath – i curatori hanno dato vita ad un percorso che analizzerà tutte le principali fasi del lavoro della Morath, ma al contempo cercherà di far emergere l’umanità che incarna tutta la sua produzione. Una sensibilità segnata dell’esperienza tragica della seconda guerra mondiale, che con gli anni si rafforzerà e diventerà documentazione della resistenza dello spirito umano alle estreme difficoltà e consapevolezza del valore della vita.

La mostra ripercorre tutti i principali reportage realizzati dalla fotografa austriaca: da quello dedicato alla città di Venezia a quello sul fiume Danubio; dalla Spagna alla Russia, dall’Iran alla Cina, alla Romania, agli Stati Uniti d’America passando per la nativa Austria.

Contemporaneamente il percorso espositivo darà spazio ai suoi celebri ritratti di scrittori, pittori, poeti, tra cui lo stesso Arthur Miller, oltre ad Alberto Giacometti, Pablo Picasso e Alexander Calder: quest’ultimo suo vicino di casa a Roxbury, nel Connecticut, dove Inge Morath visse con il marito Premio Pulitzer per tutta la vita.

Ci sarà poi spazio anche per il mondo del cinema. Nel 1960 Inge Morath viene infatti inviata dall’agenzia Magnum nel set della pellicola hollywoodiana “The Misfits”, un’enorme produzione cinematografica con alla regia John Houston, alla sceneggiatura Arthur Miller, ed attori del calibro di Clark Gable e Marilyn Monroe. All’epoca Miller e la Monroe erano sposati, ma la loro relazione era già in difficoltà. Proprio sul set del film, la Morath ebbe modo di conoscere lo scrittore, che sarebbe diventato poi suo marito.

Come dichiara Marco Minuz: “E’ un progetto espositivo che vuole descrivere, nel dettaglio e per la prima volta in Italia, la straordinaria vita di questa fotografa; una donna dalle scelte coraggiose, emancipata, che ha saputo nella fotografia inserirci la sua sensibilità verso l’essere umano”.

Questa prima retrospettiva italiana è prodotta da Suazes con Fotohof di Salisburgo, con la collaborazione di Fondazione Cassamarca, Inge Morath Foundation e Magnum Photos.

Scoperto un nuovo “motore” della crescita delle ossa

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature dal gruppo internazionale coordinato dal Karolinska Institutet in Svezia potrebbero cambiare radicalmente la comprensione del meccanismo di crescita delle ossa lunghe come femore e tibia. Questo processo avviene in due aree, chiamate ‘fisi di accrescimento’, che sono vicine all’estremità dell’osso: al loro interno ci sono cellule cartilaginee (condrociti), derivanti da cellule progenitrici simili a staminali, che hanno il compito di formare una sorta di impalcatura di supporto alla crescita di nuovo tessuto osseo.

Finora si pensava che il numero di cellule progenitrici formate durante lo sviluppo embrionale fosse finito e che il loro esaurimento determinasse l’interruzione del processo di crescita. I ricercatori svedesi, invece, hanno dimostrato che nelle fisi di accrescimento si conservano anche dopo la nascita delle ‘nicchie’ in cui le cellule progenitrici simili a staminali possono continuamente rigenerarsi: quando questo micro-ambiente viene distrutto o danneggiato si determina un impoverimento di cellule progenitrici con ripercussioni negative sull’osso.

Carlo Donat-Cattin, un vero leader politico

Il 2019, tra le molte altre cose, ricorda anche il centenario della nascita di Carlo Donat-Cattin. Uno statista, un leader politico, un uomo di governo e un grande giornalista. Non è facile rileggere la complessa personalità’ dello statista piemontese anche perché ha attraversato, da protagonista, la storia politica italiana nei suoi tornanti decisivi. Certo. È ricordato come il “Ministro dei lavoratori” che firmò nel maggio del 1970 quello “Statuto dei lavoratori” che ha introdotto la Costituzione repubblicana nelle fabbriche e nel mondo del lavoro. Una conquista di civiltà’. Una conquista politica, culturale e sociale che ha modificato in profondità non solo la legislazione del lavoro ma ha contribuito ad arricchire la qualità e il profilo della nostra democrazia.

Ma Donat-Cattin e’ stato anche molte altre cose. Innanzitutto un autentico leader politico. Un protagonista di primo piano della Democrazia Cristiana. Con la sua corrente, la sinistra sociale di Forze Nuove, e’ riuscito a condizionare l’intera politica del suo partito. Non attraverso il ricatto o l’arroganza ma solo e soltanto con l’arma della politica, del confronto e dell’elaborazione culturale. Non possiamo dimenticare che con i famosi convegni settembrini di Saint-Vincent riusciva a dettare l’agenda politica nazionale attraverso il suo partito, la Dc, ma anche con un confronto a tutto campo. Certo, era un cattolico popolare, interprete autorevole di quel cattolicesimo sociale che continua a conservare, tutt’oggi, una irriducibile modernità ed attualità. E Donat-Cattin è stato anche un grande sindacalista, all’inizio del suo impegno pubblico a Torino e in Piemonte negli anni dell’onnjpotenza e della potenza incontrastata della Fiat.

Un’attività condotta con un coraggio e una determinazione non comuni se è vero, com’è vero, che conduceva la sua battaglia avendo due grandi avversari: il “padronato” da un lato e i comunisti dall’altro. Perché c’è un elemento che ha segnato l’intera esperienza politica, sociale e culturale di Carlo Donat-Cattin. Sintetizzata molto bene da una recente battuta di Diego Novelli, storico sindaco comunista di Torino. E cioè, “Donat-Cattin e’ stato un vero anticomunista che però ha sempre difeso i ceti popolari”. Questo era il vero segreto di Donat-Cattin. Popolare nello stile di vita, difensore degli interessi e delle istanze dei ceti popolari e più disagiati, promotore a livello politico e legislativo di un progetto popolare e di ispirazione cristiana.

Ma Donat-Cattin è stato anche un grande giornalista. Non possiamo dimenticare, al riguardo, le storiche riviste di “Settegiorni” a fine degli anni ’60 e inizio anni ’70 che ha segnato in profondità il futuro del giornalismo politico e di inchiesta nel nostro paese e “Terza Fase” negli anni ’80, una qualificata rivista politica a tutto tondo. Insomma, ricordare e rileggere il magistero politico di Carlo Donat-Cattin significa anche rileggere la storia politica italiana dagli anni ’50 sino alla fine degli anni ’90 – Donat-Cattin muore nel marzo del 1991 – e, al contempo, comprendere ancora una volta la qualità, l’autorevolezza e il prestigio della classe dirigente della Democrazia Cristiana, di cui Donat-Cattin era sicuramente uno dei leader più significativi e riconosciuti.

Scuola nazionale di formazione socio-politica “Giorgio La Pira”: cerimonia di consegna dei diplomi

Si svolgerà giovedì 7 marzo, a Roma, la cerimonia di consegna dei diplomi 2018 e inaugurazione del nuovo anno accademico 2019 della Scuola nazionale di formazione socio-politica “Giorgio La Pira”.

L’evento sarà ospitato dalle ore 16.00 presso l’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati (via di Campo Marzio 78). L’ingresso è consentito entro le 15.45, fino ad esaurimento posti, previa prenotazione (tramite mail a segreteria@maritain.net).

Dopo i saluti dell’Onorevole Flavia Piccoli Nardelli, membro della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione della Camera dei deputati, di Giovanni Betta, magnifico Rettore dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale, di Gennaro Giuseppe Curcio, Segretario Generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain, l’incontro, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali (Mibac) e moderato dal giornalista Enzo Carra, sarà presieduto e introdotto da Luigi Di Santo, docente dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e direttore scientifico della Scuola “Giorgio La Pira”.

In programma anche l’intervento di Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e del Comitato scientifico della Scuola.
Quello proposto dalla Scuola “Giorgio La Pira” è un percorso di formazione rivolto a giovani che intendono impegnarsi per la società civica e per il bene comune, istituita dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain, in collaborazione con l’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e la Pontificia Università Lateranense.

Usa, rapporto shock: Abusi su circa 5mila bambini

Circa 5.000 denunce di abusi sessuali e molestie su minori migranti in custodia negli Stati Uniti sono state archiviate negli ultimi quattro anni.

Secondo i documenti del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) rilasciati martedì a Capitol Hill, dall’ufficio del rappresentante democratico della Florida, Ted Deutch, la maggioranza dei rapporti risalgono all’ottobre 2015, durante l’amministrazione Obama. Tuttavia, la maggior parte degli abusi e molestie sessuali sono stati segnalati da quando Donald Trump è entrato in carica.

Tra le accuse che sono state segnalate al Dipartimento di Giustizia ci sono contatti sessuali indesiderati, il mostrare video pornografici ai minori, il toccare con la forza i genitali dei minori e veri e propri rapporti sessuali con minori. “Insieme, questi documenti descrivono un ambiente fatto di aggressioni sessuali sistemiche da parte del personale sui minori non accompagnati” ha concluso Dutch.

La pubblicazione del documento ha subito infiammato il dibattito politico americano: da un lato i repubblicani accusano l’ex inquilino democratico della Casa Bianca di “ipocrisia” denunciando la “scarsa vigilanza” da parte dell’amministrazione Obama; dall’altro i democratici collegano l’escalation delle molestie alla politica di ” tolleranza zero ” dell’amministrazione Trump sull’immigrazione , riguardante le incursioni illegali del confine tra Stati Uniti e Messico . Politica che ha portato alla separazione forzata di quasi 3.000 bambini migranti dalle loro famiglie.

I funzionari, comunque sostengono che la maggior parte delle accuse non sono state dimostrate e confermano che le cure fornite ai bambini immigrati sono adeguate.

Tuttavia, i rapporti di violenza sessuale contro minori non sono le uniche tragedie che escono dalle strutture di detenzione degli Stati Uniti. Due bambini guatemaltechi sono morti di recente sotto la custodia degli Stati Uniti, facendo luce sul trattamento degli immigrati detenuti dalle autorità.

Istat: l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra un aumento dell’1,1%

Secondo le stime preliminari, nel mese di febbraio 2019 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e dell’1,1% su base annua (da +0,9% registrato nel mese precedente).

La lieve accelerazione dell’inflazione a febbraio è imputabile prevalentemente ai prezzi dei Beni alimentari sia lavorati (da una variazione tendenziale nulla a +1,2%) sia non lavorati (da +1,7% a +3,7%) e in misura minore ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +0,3% a +0,8%) e dei Tabacchi (da +2,9% a +4,5%); questa dinamica è stata in parte attenuata dal rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +0,9%) e dall’ampliarsi della flessione di quelli dei Servizi relativi alle comunicazioni (da -2,0% a -4,9%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rimane contenuta e stabile a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici accelera da +0,6% a +0,8%.

Il lieve aumento congiunturale dell’indice generale (+0,2%) è dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (+1,3%), dei Tabacchi (+1,5%) e dei Beni energetici non regolamentati (+0,6%), solo in parte bilanciato dal calo dei prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni (-2,8%).

L’inflazione torna ad accelerare in modo marcato per i beni (da +0,7% a +1,5%), mentre rallenta per i servizi (da +1,1% a +0,7%); pertanto rispetto al mese di gennaio il differenziale inflazionistico tra servizi e beni torna negativo e pari a -0,8 punti percentuali (era +0,4 nel mese precedente).

L’inflazione acquisita per il 2019 è +0,3% per l’indice generale e -0,2% per la componente di fondo.

I prezzi dei prodotti di largo consumo accelerano la loro crescita: i Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano da +0,6% a +2,1% e i prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +0,8% a +1,7% (entrambi si portano al di sopra dell’inflazione generale).

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra una diminuzione dello 0,2% su base mensile (a causa principalmente delle ulteriori riduzioni di prezzo registrate per i saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui l’indice NIC non tiene conto) e aumenta dell’1,2% su base annua, in accelerazione da +0,9% del mese precedente.