I Brics a confronto sulle prospettive di un mondo multipolare

Dopodomani il XV vertice a Johannesburg. Il comune interesse a costruire insieme un mondo inclusivo è ciò che può rafforzare la via del dialogo. Una chiamata alla responsabilità anche per il popolarismo.

Dopodomani a Johannesburg si apre il XV Vertice del Coordinamento BRICS, composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Quest’ultimo è il Paese che detiene la presidenza annuale di turno e che ospita il summit per la terza volta dopo averlo fatto già nel 2013 e nel 2018.

Il vertice si articola in tre giornate dal 22 al 24 agosto – rispettivamente dedicate al Business Forum, all’incontro tra i capi di stato e di governo dei cinque Paesi, o dei loro rappresentanti, è il caso della Russia, all’incontro con i Paesi che hanno richiesto o di aderire all’Organizzazione oppure di diventarne partner – sarà incentrato sul tema “BRICS e Africa”, per uno sviluppo sostenibile e un multilateralismo inclusivo. Sono stati inviati tutti gli oltre cinquanta Stati africani. Insieme allo sviluppo dell’Africa vi sono altri due temi-chiave di questo incontro. Il primo è quello della messa a punto di accordi che estendano il ricorso alle monete locali negli scambi commerciali fra BRICS e fra ciascuno di questi Paesi con Paesi esterni al Coordinamento, che prefigurano un sistema finanziario basato sull’economia reale anziché sulla speculazione.

Il secondo tema di interesse globale, è la definizione di regole per l’adesione di nuovi membri. Già ora i BRICS rappresentano il 42% della popolazione mondiale e un terzo del Pil globale, sostanzialmente uguale a quello dei Paesi del G7. Con il processo di allargamento i BRICS possono facilmente divenire rappresentativi della maggioranza della popolazione mondiale. Al momento sono 23 gli stati che hanno formalmente chiesto di aderire (Paesi molto popolosi come Indonesia, Nigeria, Etiopia e Paesi a noi vicini come Algeria, Egitto e Marocco) e un’altra ventina gli stati che hanno manifestato il proposito di farlo.

Il multipolarismo è dunque nei fatti e occorre vincere con la comune voglia di futuro la tentazione dell’immobilismo della nostalgia di un mondo che sta tramontando.

Una prospettiva tutt’altro che velleitaria ma supportata dal fatto che nei BRICS prevale l’intento di offrire un contributo per rendere le istituzioni globali più rappresentative della nuova realtà del mondo attuale rispetto alle pulsioni, pur presenti nel Sud Globale, di competizione con l’Occidente. I BRICS costituiscono un’organizzazione internazionale sui generis: non vi è un modello cui adeguarsi per i membri. Si tratta di Paesi diversissimi e lontani tra di loro ma che convergono sul reciproco vantaggio (win-win), per ciascuno di loro e per il mondo, di una loro collaborazione sul terreno dell’economia e dello sviluppo nel quadro condiviso dell’agenda delle Nazioni Unite per la sostenibilità.

Questa evoluzione dei BRICS, dunque, riguarda anche noi. Nel giro di qualche anno con l’adesione di quasi tutti i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e della Bielorussia, l’Europa sarà un cuneo fra mare e BRICS. Un’opportunità da cogliere, soprattutto per l’Italia, sviluppando nuove forme di collaborazione e con l’apertura al dialogo sulle loro istanze di riforma delle organizzazioni politiche ed economiche globali.

In un tale contesto diviene quasi spontaneo, all’interno di una cultura politica come quella popolare e cattolico-democratica, porsi una domanda, destinata a rimanere senza risposta, ovvero chiedersi come Aldo Moro avrebbe guardato a un processo come quello in corso di epocale transizione geopolitica. Si può presumere con non sarebbero mancati da parte sua quell’attenzione e quella ricerca del dialogo che egli seppe riservare ai movimenti sia a livello internazionale che all’interno della società italiana della sua epoca. Forse da lui potremmo imparare a tentare una sintesi tra ciò che si muove nel mondo e le inquietudini e le attese che attraversano la società. Per indicare uno solo di questi possibili punti, il rapporto del declino della classe media con l’unipolarismo del potere finanziario, e le opportunità di ripresa per i ceti intermedi che si dischiudono con l’avvento di un mondo multipolare. E un altro possibile insegnamento che deriva dallo scrutare l’orizzonte senza pregiudizi ma con l’intento di partecipare insieme a nuovi processi, è quello della responsabilità. Che è cosa diversa da un’idea di centro come mero spazio politico. Solo chi si mette in gioco, chi rischia qualcosa definendo una visione adeguata ai tempi, può concorrere a fare politiche di centro, le quali altrimenti saranno rappresentate da chi le fa nei fatti, non mostrandosi nostalgico dei tempi che furono.

Anche perché i primi a liberarsi di una tale nostalgia potrebbero essere proprio gli Stati Uniti, arrivando a parlare un linguaggio nuovo, al di là dell’esito delle prossime loro elezioni presidenziali. Il comune interesse a costruire insieme un mondo inclusivo è ciò che può rafforzare la via del dialogo dell’Occidente con i BRICS, e vincere anacronistiche e devastanti resistenze. Una prospettiva da cui l’Italia e l’Ue non possono stare fuori, meno che mai può starne fuori una cultura politica come quella che si ispira a figure come Aldo Moro.