I docenti fragili davanti alle commissioni di verifica Inps

Non si adopera il buon senso. Si può dichiarare non idoneo un fragile a motivo della sua patologia, disattendendo magari le diagnosi-prognosi delle strutture del SSN che lo hanno in cura?

Ora che lo smart working è stato rimosso dalle tutele dei docenti lavoratori fragili si possono trarre alcune conclusioni su una vicenda tormentata che resta una delle pagine più vergognose della storia repubblicana. Il lavoro agile preesisteva alla normativa introdotta dal primo Governo Conte e via via rinnovata a singhiozzo, in ritardo, con limitazioni (solo i privati, non i pubblici fino alla Direttiva Zangrillo del 29/12/2023 che intendeva porre rimedio nel pubblico impiego ad una disparità di trattamento di profilo costituzionale).  

Applicata in tutti i Ministeri meno che in quello dell’Istruzione e del Merito, ma limitatamente al personale docente: non c’erano soldi per pagare i supplenti, eppure so che ci sono Dirigenti amministrativi che lo smart working lo fanno anche ora, con contratti ad personam. So anche di qualcuno che ha scritto al Ministro Valditara e al Presidente Mattarella senza ottenere risposta. Preesisteva – dicevo – la legge 81/2017 che affermava che il Dirigente Scolastico “può” organizzare modalità flessibili di lavoro e di formazione del personale: qualcuno ha chiesto di applicarla ma si è sentito rispondere “può” ma non “deve”: una grande prova di comprensione e umanità verso malati le cui patologie sono state poi certificate “fragili” dal D.M. Salute del 4/2/2022. 

In piena emergenza pandemica i docenti sono stati sottoposti a controllo – anche su loro richiesta – del “medico competente “di istituto: chi è stato valutato idoneo a riprendere l’attività di insegnamento, chi messo in malattia equiparata al ricovero ospedaliero, con codice nosologico V07, chi non idoneo fino alla fine dell’emergenza sanitaria e utilizzato in smart working. Controlli esperiti più volte nella fase emergenziale e successivamente: situazioni di organizzazione del lavoro agile rigorosamente rispettose e applicative della normativa vigente. So di una docente alla quale il Dirigente ha chiesto due volte il certificato con l’indicazione della diagnosi, non fidandosi di ciò che il medico competente o – su sua indicazione – il medico di base o lo specialista avevano certificato. Un reato penale da segnalare al Garante della privacy e all’A.G.: cosa non fatta per obbedienza alla richiesta ricevuta. 

Nella molteplicità delle situazioni verificatesi sul territorio ho riscontrato – seguendo la vicenda dei fragili con decine e decine di articoli pubblicati- modalità applicative differenti: i Dirigenti scolastici, oggettivamente in difficoltà per una normativa in continua evoluzione, hanno dimostrato grande buon senso e comprensione verso situazioni di reale criticità e difficoltà applicativa: parliamo di docenti con tumori, affetti da patologie immunodepressive che li sovraesponevano al contagio, da artrite reumatoide. L’elenco delle patologie fragili si trova come è scritto nel D.M. “Speranza” del 4/2/2022. 

Qualcuno si è immedesimato preside sceriffo o capitano della nave come i Ministri pro-tempore della P.I. li avevano definiti? Linguaggio inopportuno che forse ha fatto sentire qualcuno tanto autoritario da dimenticare che la normativa che regolava (e regola tuttora, a prescindere) la materia della fragilità aveva come scopo principale la “tutela” dei lavoratori – loro malgrado ammalati. Come il caso di quella docente che in tre mesi di smart working (a volte concesso con resistenza, come fosse una regalia) ha scaricato 200 attestati di corsi di formazione, che doveva ogni settimana presentare alla segreteria di istituto, trascorrendo giornate intere al computer nonostante avesse rappresentato al medico competente la disarticolazione delle dita di una mano: niente da fare, il Dirigente non ammetteva autoformazione o lettura di libri con successivi report: nonostante il Ministro Valditara al Convegno della Fondazione Einaudi nel luglio 2023 avesse raccomandato il mix della formazione digitale e di quella libraria. Una scelta dell’et-et, l’aveva definita, non dell’aut-aut. 

Avendo svolto il ruolo di ispettore per oltre 20 anni non ricordo che mi fossero stati segnalati casi di stakanovismo da guinness dei primati: 200 attestati non mi risulta che qualcuno li abbia conseguiti nell’intera carriera. Si aggiunga che questa modalità di organizzazione dello smart working per i docenti aveva totalmente e disinvoltamente disatteso l’art.8 del D.L. 29/9/2023 n° 132 che prevedeva il loro utilizzo nel Piano triennale dell’offerta formativa di istituto: un utilizzo più flessibile e utile alla scuola stessa. Mi domando quale vantaggio abbia tratto quella docente dallo smanettare ‘quotidie’ la tastiera e dal seguire corsi con argomenti diversi tra loro, in media 5 al giorno. 

Adesso che questo palcoscenico dell’italica burocrazia tradizionale e digitale ha chiuso i battenti, mi viene spontaneo chiedere ai Ministri per le Disabilità avvicendatisi in questi ultimi tre–quattro anni quale tipo di interventi abbiano realizzato per garantire le tutele costituzionali dei lavoratori malati. La scuola brilla per pluralità di situazioni disparate e disperate. Ora che cala il sipario – in cauda  venenum – emergono alcune perle che inanellano la sequenza di tre anni sofferti e per taluni umilianti. Giunge notizia di docenti fragili che – esaurito lo smart working ma non il congedo del comporto contrattuale – vengono inviati a controllo delle commissioni provinciali di verifica. Come se sopportare la disgrazia di una grave malattia fosse una colpa di cui render conto, come se i tre, quattro, cinque certificati del medico competente via via racimolati strada facendo fossero carta straccia. 

E qui subentra un ulteriore aspetto di criticità valutativa. Fino ad un anno fa le commissioni di verifica per l’idoneità professionale avevano sede presso gli uffici territoriali del MEF. Accadeva, se non sbaglio, che il soggetto sottoposto a visita veniva visitato e valutato, insieme alla documentazione che presentava, da un collegio medico al completo. Mentre risulta che ora che la competenza valutativa è passata in capo agli uffici decentrati dell’INPS il soggetto venga valutato da un medico “monocratico” il quale solo in un secondo tempo riunisce una commissione alla quale riferisce l’esito della visita. Quindi questa Commissione di cui fa parte anche un rappresentante del Ministero istruzione e Merito (MIM) prende in considerazione il caso e decide. Conoscendo uno di questi componenti del MIM ho avuto conferma di questa valutazione “differita” del caso. 

Ora io credo che potrebbe definirsi collegiale una Commissione che visiti “ictu oculi” e “de visu”, cioè in presenza il soggetto di cui valutare l’idoneità ovvero la non- idoneità alla mansione ordinariamente svolta. Sommessamente esprimo questo parere: la valutazione del caso è adeguata se tutti i componenti della Commissione sono presenti e si esprimono, raccogliendo anche le deduzioni del chiamato a visita. “Tres faciunt collegium” ci insegna la giurisprudenza tramandata e consolidata e ciò vale non solo per la redazione di un verbale ma anche e soprattutto per la visita medica, che sola può offrire tutti gli elementi di valutazione ai componenti della commissione di verifica. 

Potrebbe forse definirsi “visita medico collegiale” quella che avviene in differita rispetto alla visita di un solo medico e che si pronuncia sulla base della relazione del valutatore monocratico, inoltre “per tabulas”, cioè prendendo visione del cartaceo ma senza vedere di persona, conoscere, valutare e perché no ‘ascoltare’ il soggetto su cui si deve assumere “in scienza e coscienza” una decisione che può condizionare la futura carriera, fino al licenziamento? Direi senza dubbio di no. Si tratta di esseri umani, ‘persone’ che hanno vissuto sofferenze e convivono con malattie serie. Mi pare una osservazione non peregrina o pretestuosa poiché a mio parere sussistono gli estremi per impugnare in ogni sede un verbale redatto “postumo” alla visita e sottofirmato da commissari non presenti alla visita stessa.  Sommessamente, in tutta umiltà, mi permetto evidenziare l’opportunità di una riflessione, al Governo e alla Presidenza dell’INPS. 

Aggiungo che a mio parere non ha senso sottoporre una persona “certificata fragile” a visita di verifica. Ci sono docenti immunodepressi e trapiantati che con cure adeguate svolgono il loro lavoro con dignità ed efficacia. Si può dichiarare non idoneo un fragile a motivo della sua patologia, disattendendo magari le diagnosi-prognosi delle strutture del SSN che lo hanno in cura? Credo proprio di no.