È inutile nasconderci dietro un dito. Il progetto lanciato da Matteo Renzi è destinato a smuovere, e pesantemente, le acque della e nella politica italiana. E non solo perché copre un segmento sociale, culturale e valoriale da ormai troppo tempo senza una adeguata e pertinente rappresentanza politica, organizzativa ed istituzionale. Ma anche perché la stagione della radicalizzazione della lotta politica e della polarizzazione ideologica – entrambe categorie molto care al nuovo corso del Pd di Elly Schlein e della Lega di Salvini – non può diventare la cornice migliore entro la quale si articola il dibattito politico nel nostro paese. Era inevitabile che, prima o poi, questa stanca rendita di posizione da un lato, e la volontà di conservare lo status quo dall’altro, doveva saltare. E le reazioni sguaiate dei vari Gasparri al decollo del progetto politico di Centro, conferma, appunto, questo assunto.
Ora, è di tutta evidenza che il Centro non può continuare ad essere interpretato e gestito da chi culturalmente, politicamente e storicamente è distinto e distante da quel metodo e da quella sensibilità. Perché, prima o poi, viene semplicemente smascherato dalla realtà. Cosa che, puntualmente, sta capitando nell’attuale fase politica italiana. E, dall’altro, è altrettanto evidente che il nuovo Centro non potrà che essere effettivamente ed organicamente “plurale”. Cioè deve ritornare ad essere un luogo politico, e culturale, dove trovano casa e cittadinanza tutti quei filoni ideali e quelle esperienze politiche che sono riconducibili alla prassi e al mondo centrista.
Ed è lungo questo solco che molti, e giustamente, parlano di un progetto “simil Margherita”. Cioè di un partito che, seppur aggiornato e profondamente rivisto rispetto alla vecchia esperienza della Margherita, ne sappia però recuperare il profilo politico, la vocazione riformista e anche e soprattutto il modello organizzativo. Ovvero, una leadership politica nazionale riconosciuta ma affiancata, al contempo, da una leadership diffusa a livello territoriale e culturale che sia in grado di rappresentare autenticamente i diversi filoni ideali che storicamente sono distinti e distanti da qualsiasi radicalizzazione politica e polarizzazione ideologica e che ha una predisposizione naturale a praticare la cosiddetta “politica di centro”.
È persin inutile ricordare, infine, che il progetto del Centro segna un potenziale ritorno politico, e protagonistico, dell’intera area popolare, cattolico democratico e cattolico sociale del nostro paese. Un’area che ha, oggi, la concreta possibilità per uscire definitivamente da quell’anonimato e da quel gregariato in cui ormai da troppo tempo è confinata. Tra la sterile ed improduttiva testimonianza di chi immagina di dar vita a partiti e partitini destinati, come da copione, ad essere una galleria di fallimenti politici ed elettorali a chi continua a nascondersi in partiti che hanno nel frattempo modificato la propria “ragione sociale” come il Pd della Schlein, forse è decisamente più utile, ed indispensabile, prendere atto che si apre – finalmente – una nuova fase politica nel nostro paese. Anche e soprattutto per l’area popolare e cattolico sociale. Certo, molto dipende dai suoi protagonisti e dalla rete diffusa, radicata e ramificata a livello territoriale. E un movimento come “Tempi Nuovi-Popolari uniti” può, al riguardo, svolgere un ruolo determinante, ed itinerante, anche per altri soggetti e realtà che coltivano l’obiettivo di ricostruire un Centro dinamico, riformista, plurale e di governo.