Nato, esperto Svezia: la caccia ai sottomarini russi non è finita

Stoccolma, 1 mar. (askanews) – “La Svezia è uno dei pochi stati al mondo che può effettivamente costruire i propri sottomarini, i propri aerei da combattimento e inoltre siamo molto bravi nella produzione”. Lo afferma Jacob Westberg, docente presso l’Università della difesa svedese, Dipartimento di studi bellici e storia militare in una video intervista con askanews, dove racconta il valore aggiunto che Stoccolma porterà nell’Alleanza. E se “la caccia ai sottomarini russi” potrebbe sembrare un’idea da film, la realtà supera la fantasia: “nella zona del Mar Baltico iniziò già durante la Guerra Fredda. E all’inizio degli anni ’80 furono numerose le operazioni”, aggiunge Westberg che peraltro in quell’epoca prestava servizio come coscritto nella Marina svedese. “E questo problema si è ripresentato”, aggiunge.

“Naturalmente sorvegliamo costantemente il nostro territorio, sia sul livello del mare che nell’aria”, precisa. “La differenza ora è che le capacità svedesi in quest’area potrebbero essere unite alle capacità della NATO in modo da avere una sorta di quadro comune di ciò che sta accadendo nella regione. E inoltre una sorveglianza comune costante 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. E collegando le risorse potremmo lavorare in modo più efficiente”.

Per l’esperto il contributo della Svezia si vedrà in primis nell’area del Mar Baltico, dell’Artico e del Mare del Nord con “particolari risorse militari” come ad esempio “i sottomarini che sono stati sviluppati appositamente per funzionare nell’area del Mar Baltico, le nostre navi marittime, i nostri caccia aerei JAS”, risorse “molto richieste” perché “ad esempio, quando si tratta di sottomarini, i cinque sottomarini della Svezia dovrebbero essere visti nel contesto in cui la Germania ne ha solo sei e la Polonia forse uno”.

Westberg, interrogato su quali siano i benefici che Stoccolma porterà nell’Alleanza Atlantica parla – tra i numerosi aspetti – di quello che definisce un “importante contributo” ovvero “l’industria della difesa svedese, che è molto qualificata”. Inoltre, fa notare l’esperto, “il governo svedese si è detto disposto a contribuire alla rotazione delle truppe (Nato) in Lettonia a guida canadese – e dove è presente anche un contingente italiano – con un battaglione ridotto, come si dice. Si tratta di un battaglione meccanizzato composto da circa 600-800 uomini. E questo potrebbe iniziare già a gennaio 2025”.

Vero è anche che una chiave fondamentale di quello che sarà il 32esimo Paese membro è la posizione geostrategica svedese, tra il Baltico e l’Artico. La Svezia potrà essere “molto importante come sorta di hub logistico, dove potremmo pre-immagazzinare l’equipaggiamento militare ma anche altre cose necessarie in guerra. Anche la città svedese di Göteborg, situata sulla costa occidentale, dispone di un porto molto importante che potrebbe essere utilizzato per i trasferimenti da oltre l’Atlantico e oltre. In Svezia, ma anche in Norvegia e, naturalmente”.

Ma per questo le infrastrutture dovranno essere affidabili e richiederanno un aggiornamento. “La sfida – continua Westberg -in questo senso è che ovviamente dobbiamo avere anche noi un sistema ferroviario funzionante e strade funzionanti: sono aspetti di cui stiamo discutendo molto in Svezia al momento e per i quali dobbiamo stanziare risorse”.

La Svezia ha una lunga esperienza di collaborazione con l’alleanza atlantica, non è vero?, chiediamo a Westberg. “Sì, negli anni ’90 la NATO si è trasformata da organizzazione focalizzata sulla difesa collettiva. La NATO ha iniziato ad impegnarsi in un partenariato, cercando di promuovere la pace attraverso la cooperazione degli stati. La Svezia ha aderito al Partenariato per la Pace già a metà degli anni ’90. Gradualmente, anche la NATO ha cominciato a trasformarsi per essere attiva nella gestione delle crisi internazionali. Ciò ovviamente avveniva nel contesto di una mancanza di minacce percepite in Europa”.

Un tempo diverso rispetto a quello che si vive oggi. All’epoca “la Russia non era più vista come una minaccia militare”, così almeno era tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. “E la Svezia è stata molto attiva per quanto riguarda la gestione della crisi internazionale. Abbiamo inviato truppe svedesi nelle missioni NATO in Kosovo. La Svezia ha partecipato attivamente in Afghanistan. Abbiamo anche inviato combattenti JAS svedesi all’operazione NATO in Libia nel 2011 e abbiamo partecipato anche a missioni NATO in Siria”. Ma Stoccolma non ha potuto partecipare alle questioni relative alla difesa collettiva. E da quando la Russia ha invaso e annesso la Crimea nel 2014, per la NATO, almeno in questa parte d’Europa, la difesa collettiva è tornata ad essere punto principale della cooperazione NATO. E per partecipare a tutto questo, la Svezia deve diventarne membro”.

(Di Cristina Giuliano e Serena Sartini)