Tajani da domani in Usa, focus sulla Tunisia con Blinken e Georgieva

Roma, 10 giu. (askanews) – La guerra in Ucraina e, soprattutto, la crisi finanziaria in Tunisia, a cui si collega la questione migratoria che preoccupa, e non poco, il governo di Giorgia Meloni. Saranno questi i due principali dossier discussi dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante la sua articolata missione negli Stati Uniti. Una visita che vedrà impegnato il titolare della Farnesina a Washington da domani, 11 giugno, sino a mercoledì 14 giugno, anche con l’obiettivo di consolidare ulteriormente le eccellenti relazioni bilaterali ed il coordinamento sui principali temi internazionali in vista della Presidenza italiana del G7 nel 2024.

La missione negli Stati Uniti del vicepremier avrà due momenti chiave: l’incontro al dipartimento di Stato con il segretario Antony Blinken e il colloquio con la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva. La bilaterale con Blinken, che ha invitato Tajani nella capitale americana, sarà l’occasione per sottolineare l’importanza strategica del legame transatlantico che da oltre 70 anni rappresenta la stella polare dell’azione esterna dell’Italia. Tajani ribadirà il forte apprezzamento del governo italiano per lo strettissimo coordinamento in seno alla Nato, nel G7 e nel formato Quint su tutti i principali temi internazionali, dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Africa alla Cina e Indo-Pacifico. Al segretario di Stato americano, Tajani chiederà maggiore flessibilità sugli aiuti alla Tunisia e confermerà l’impegno italiano al fianco dell’Ucraina, un’assistenza a 360 gradi sul piano militare, umanitario e per la ricostruzione dei servizi essenziali del Paese, a medio e lungo termine. Il ministro confermerà inoltre il pieno sostegno a tutte le iniziative di mediazione, compresa quella voluta da papa Francesco, purché ambiscano a una pace giusta, che non può prescindere dal rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina.

Nell’incontro con Kristalina Georgieva, Tajani solleverà soprattutto la questione della crisi finanziaria in Tunisia, che l’Italia considera “preoccupante”. Il ministro si farà portavoce della necessità di un impegno chiaro da parte della comunità internazionale a sostegno del Paese nordafricano, nel pieno rispetto della sua sovranità e calibrando le riforme strutturali alle esigenze sociali della popolazione. In particolare, Tajani ribadirà la necessità di giungere quanto prima all’approvazione definitiva della “Extended Fund Facility” a beneficio del Paese. Il vicepremier informerà la leader del Fmi dei suoi fitti contatti delle ultime settimane con le autorità tunisine e con i principali partner europei ed internazionali, finalizzati a individuare un approccio pragmatico e graduale per il raggiungimento di un accordo fondamentale alla stabilizzazione economica del Paese. “Chiederò a Georgieva di essere più flessibile”, ha precisato il ministro pochi giorni fa.

La proposta italiana è ormai nota: fornire una prima tranche di fondi a Tunisi, attendere le prime – necessarie – riforme – e poi procedere all’erogazione degli altri aiuti finanziari. Il piano di assistenza dell’Ue, che Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte dovrebbero proporre al presidente Kais Saied durante la visita a Tunisi di domani (la seconda in pochi giorni per la presidente del Consiglio), dovrebbe arrivare fino a un massimo di 900 milioni di euro. Ma è il contributo del Fondo a fare la differenza: 1,9 miliardi di dollari che l’organizzazione internazionale ha condizionato a un piano di riforme lacrime e sangue. “Un aut aut è inaccettabile per Tunisi”, ha però avvertito Tajani, che ritiene improponibile ad esempio la revoca dei sussidi per il pane. Il rischio di provocare una rivolta popolare, aggravando ulteriormente la crisi e innescando nuove ondate migratorie verso l’Italia, in questo caso, sarebbe altissimo.

Un passo indietro su riforme e diritti da parte degli Usa e del Fondo monetario appare, dunque, il modo più rapido per tentare una conciliazione con l’altrettanto intransigente presidente tunisino. Quest’ultimo, nelle ore immediatamente successive al suo incontro con Meloni di martedì, ha rigettato con un comunicato “i diktat imposti dal Fmi”, chiedendo di contro un annullamento del debito estero tunisino. Una strada che la controparte considera ovviamente impraticabile. Così come altrettanto chiara sembra al momento l’intenzione del presidente Saied di non farsi carico dei migranti partiti dalle sue coste, che non trovano accoglienza in Europa e che potrebbero essere rispediti in Tunisia, Stato che l’Italia, e non solo, potrebbe individuare come “Paese terzo sicuro” nell’ambito dell’accordo sul nuovo Patto sulla migrazione raggiunto dai ministri degli Interni dell’Unione (che dovrà essere approvato dal Parlamento europeo).

La visita di Tajani in Usa sarà anche l’occasione per approfondire la collaborazione bilaterale sul fronte economico e commerciale, tema che sarà al centro del colloquio con la rappresentante per il Commercio americano, Katherine Tai. Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale dell’Italia fuori dall’Unione europea, e il terzo mercato di destinazione dell’export italiano. L’interscambio commerciale fra i due Paesi è in forte crescita: nel 2022 ha raggiunto i 90 miliardi di euro, facendo registrare un incremento del 38% rispetto all’anno precedente, con un volume di esportazioni italiane pari a 65 miliardi (+32%) e con un saldo commerciale positivo per 40 miliardi. Le principali voci delle esportazioni italiane riguardano macchinari (17%), mezzi di trasporto (16%), articoli farmaceutici (11%), prodotti alimentari (10%), prodotti tessili e abbigliamento (9%).

Nel corso della visita, il ministro Tajani rivolgerà inoltre un indirizzo di saluto all’Organizzazione degli Stati americani (Osa) alla presenza del segretario generale Luis Almagro e dei rappresentanti degli Stati membri. Infine si recherà al Congresso per una serie di importanti incontri con leader del parlamento statunitense. Tra questi, lo speaker della Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, terza carica nell’ordinamento americano, il presidente della Commissione esteri della Camera dei Rappresentanti, Michael McCaul, e il presidente della Commissione esteri del Senato, Bob Menendez. (di Corrado Accaputo)