Auto elettrica, ottimismo nell’indagine presentata al Ministero delle Imprese.

La mobilità elettrica non spaventa, anzi prevale un certo ottimismo. Quasi un'impresa su 3 (il 27,7%) si dice convinta di poter aumentare i livelli occupazionali. Mancano però sul mercato le professionalità richieste.

La filiera automotive italiana guarda con fiducia alla transizione verso la mobilità elettrica e si sta già attrezzando per cogliere le nuove opportunità e creare posti di lavoro, ma troppo spesso le aziende riscontrano ancora difficoltà a reperire le professionalità di cui avrebbero bisogno. È quanto emerge dall’analisi presentata al ministero delle Imprese e del Made in Italy dall’Osservatorio Tea, l’osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano guidato da Cami (Center for Automotive & Mobility Innovation) del Dipartimento di Management – Università Ca’ Foscari Venezia e Cnr-Ircres, nell’ambito dell’evento “Presente e futuro delle filiera automotive italiana”.

La nuova analisi, condotta su un campione di 217 aziende rappresentativo delle 2.152 imprese mappate dall’Osservatorio TEA, indica che per la maggioranza delle aziende (il 48,4%) le trasformazioni dell’ecosistema automotive non avranno alcun effetto sul portafoglio prodotti e per il 30,9% avranno addirittura un impatto positivo, a fronte di un 20,7% che non esclude invece potenziali riflessi negativi.

Netta prevalenza della fiducia anche guardando al sentiment sugli effetti strettamente occupazionali della transizione, con la maggioranza assoluta delle aziende (il 55,5%) che prevede un impatto nullo sul numero dei propri dipendenti e quasi un’impresa su 3 (il 27,7%) che si dice convinta di poter aumentare i livelli occupazionali, proprio in virtù della trasformazione in atto, che vede nell’elettrificazione del powertrain il suo elemento centrale. In questo caso, scende al 16,8% la quota del campione che teme eventuali riflessi negativi.

 

Se l’incrocio di questi dati evidenzia come 8 aziende della filiera su 10 si muovano con confidenza verso la transizione, grazie alla clusterizzazione del campione è possibile andare ancora più in profondità e osservare che tendenzialmente le imprese più fiduciose sui riflessi sul proprio portafoglio prodotti sono quelle dei raggruppamenti “media” e “micro”, con l’83,6% e l’80% di quanti rispondono che si aspetta un impatto della transizione positivo o nullo.

Quanto al lavoro, le micro imprese sono quelle che più delle altre ritengono di poter aumentare il numero degli occupati (il 51,7% degli intervistati), davanti alle aziende piccole (il 33,3%) e a quelle più grandi (il 31,3%), in un contesto che vede la gran parte della filiera aspettarsi una sostanziale stabilità dei livelli occupazionali: nel caso delle aziende di medie dimensioni l’impatto sui posti di lavoro sarà nullo secondo il 67,6% degli intervistati. Il risultato delle risposte al questionario, quindi, conferma quanto valutato già lo scorso anno dall’Osservatorio Tea partendo dall’analisi del portafoglio prodotti delle imprese: la maggioranza delle aziende della filiera automotive italiana fornisce prodotti o servizi invarianti rispetto all’alimentazione dei veicoli.

Il tema occupazionale si incrocia però con quello delle competenze, e qui le imprese suonano l’allarme. A fronte della diffusa intenzione di procedere con nuove assunzioni, infatti, a seconda dei ruoli dei dipendenti, una quota dal 40 al 50% del campione denuncia grandi difficoltà nel reperimento delle professionalità richieste. In questo senso, le maggiori preoccupazioni sono quelle segnalate dalle grandi imprese, quelle attive in Italia ma a controllo estero e quelle del Sud, per un problema che investe parimenti i ruoli operativi, quelli specialistici e gestionali, quelli tecnici specifici e quelli di gestione del cambiamento e innovazione.

Accanto alla diffusa ricerca di nuove competenze da inserire in azienda, le stesse imprese della filiera manifestano una richiesta di supporto e guida da parte del Governo in questa trasformazione. In cima alle priorità di intervento segnalate alla politica ci sono la defiscalizzazione delle assunzioni di personale giovane (il 65,4% la ritiene importante o molto importante) ed esperto (64,4%). Misure che sul fronte dei giovani potrebbero essere corroborate da una più stretta cooperazione tra le aziende, gli Istituti tecnici professionali e gli ITS, per avvicinare il mondo del lavoro alle scuole, ma anche per contribuire a definire percorsi formativi più coerenti con le nuove competenze ricercate dall’industria.

E ancora, allargando il campo, il 58% delle imprese della filiera attribuisce grande importanza ai bonus per l’acquisizione di tecnologie e la riconversione produttiva e il 54,3% pone l’accento sulle agevolazioni per la formazione dei lavoratori.