Roma, 6 ott. (askanews) – Il derby azzurro di Shanghai sorride a Lorenzo Musetti. Il carrarino raggiunge gli ottavi di finale grazie al successo in due set su Luciano Darderi, battuto con il punteggio di 7-5, 7-6 in più di due ore di gioco. Un match spettacolare, giocato da entrambi ad alto livello. Musetti è stato più lucido nei momenti chiave, Darderi (in lacrime a fine match) ha pagato qualche piccola sbavatura al termine di una delle partite più belle giocate in carriera sul cemento. Per la prima volta in carriera agli ottavi a Shanghai, Musetti tornerà in campo mercoledì contro Felix Auger-Aliassime, reduce dalla vittoria in due set sull’olandese De Jong. Sarà quasi uno spareggio per le Atp Finals perché una vittoria consentirebbe al carrarino di mettere una seria ipoteca sulla qualificazione a Torino.
Il premier Lecornu si dimette. La crisi-lampo in Francia lascia solo Macron
Roma, 6 ott. (askanews) – È durato meno di 24 ore il governo del premier francese Sebastien Lecornu: l’ex ministro della Difesa ha infatti rassegnato questa mattina le proprie dimissioni vista l’impossibilità di esercitare la propria carica di fronte ad un’Assemblea Nazionale già pronta ad esercitare un’immediata mozione di censura, lasciando il presidente Emmanuel Macron solo di fronte ad una crisi semrpe più comlicata da gestire.
Un esecutivo quindi che seppure mai arrivato in aula ha visto la sua composizione pubblicata sulla gazzetta ufficiale e che dunque è quello che dovrà gestire il disbrigo degli affari correnti e il passaggio dei poteri al prossimo governo, che sia di nomina presidenziale o frutto di un passaggio alle urne.
L’ultradestra del Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine le Pen ha infatti già chiesto di tornare al voto, unica ricetta possibile per dare “stabilità” al Paese; di segno opposto l’appello dei Republicains (LR), che hanno invece invitato Macron, deciso a portare a termine il suo mandato, a “governare”.
La sinistra da parte sua ha assunto una posizione attendista: il partito Socialista ha auspicato la nomina di un suo esponente alla guida del governo come unica possibile saldatura parlamentare, mentre la France Insoumise di Jean-Luc Melenchon ha proposto un incontro in serata per discutere “tutte le ipotesi sul tavolo”.
La formula di compromesso di Lecornu è naufragata prima ancora di salpare sullo scoglio dell’articolo 49.3 della Costituzione, che permette all’esecutivo di approvare una legge di bilancio senza voto parlamentare – salvo, appunto, la presentazione entro le 24 ore di una mozione di sfiducia che sarebbe senz’altro arrivata tanto da destra che da sinistra, con ottime probabilità di successo visto che i socialisti, ad esempio, volevano a tutti i costi un dibattito almeno sula riforma delle pensioni. In un breve discorso dal palazzo di Matignon Lecornu ha quindi deplorato l’esistenza di una “censura preventiva” che di fatto gli ha reso impossibile esercitare le sue funzioni; ma il premier dimissionario ha criticato anche l’atteggiamento di partiti “che si comportano come se avessero tutti la maggioranza assoluta, pretendendo di far realizzare tutto il loro programma”, quando non di “pensare alle prossime imminenti elezioni presidenziali” e quindi ai propri elettori piuttosto “che ai cittadini francesi”.
Una stoccata indirizzata soprattutto ai Republicains, che pretendevano un terzo dei dicasteri del nuovo esecutivo ed avevano minacciato già ieri di uscire dalla coalizione malgrado la conferma di Bruno Retaillau agli interni.
Ora l’iniziativa – e la parola – passano di nuovo all’Eliseo, che al momento si è limitato ad un laconico comunicato in cui rendeva noto di aver accettato le dimissioni di Lecornu; Macron dovrà quindi decidere se provare di nuovo a lanciare un candidato in grado di trovare un compromesso – e in questo caso, se giocare o meno la carta della coabitazione con la sinistra – o cedere alle richieste di tornare alle urne, con il rischio di vedere premiata l’ultardestra.
Il suo ultimo tentativo passerà agli archivi come il più breve della storia della Repubblica – 14 ore e due minuti dalla nomina dei ministri, contro i due giorni di Henri Queille nel 1950 – e l’unico a non aver mai celebrato un Consiglio dei Ministri, fissato per le 13 di oggi e forzatamente annullato.
Federcasalinghe su lavoro di cura: serve tavolo di confronto a P.Chigi
Roma, 6 ott. (askanews) – Convocare un tavolo di confronto presso la Presidenza del Consiglio sul lavoro di cura non retribuito. È la richiesta della presidente di Federcasalinghe, Federica Rossi Gasparrini, per applicare, e rendere compiutamente operative le norme a tutela di donne e uomini impegnati quotidianamente in un’attività di cura della casa, dei figli e degli altri familiari.
“Le leggi ci sono – sottolinea Gasparrini – devono essere applicate ed alcune ampliate. Soprattutto, essere ampliate per valorizzare l’attività di donne e uomini impegnati in casa, in famiglia. Deve essere assolutamente ridefinito e applicato un riconoscimento economico proprio per chi svolge il lavoro di cura per il benessere della famiglia e di tutta la collettività, come afferma la Legge 493/99.
Secondo la presidente di Federcasalinghe, quindi, è arrivato il momento di mettere mano a quei provvedimenti che regolano il lavoro di cura. “Chiediamo la convocazione di un tavolo direttamente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – spiega Gasparrini – perché ci sono tanti ministeri coinvolti, da quello dell’Economia a quello del Lavoro, dalla Sanità al ministero delle Disabilità e della Famiglia. Per questo ci sembra naturale che la questione passi direttamente alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Sono fiduciosa che la Presidente avrà la sensibilità e la volontà di affrontare e risolvere questo annoso problema che da troppo tempo lascia in sospeso una questione fondamentale per le persone e le famiglie italiane”.
“Ricordo il richiamo dell’Unione Europea nella nota all’Italia per la mancanza di una legge sul riconoscimento della figura del caregiver, a questo richiamo va data una risposta rapida. Come evidenzia il rapporto Ilo-Federcasalinghe, infatti, il lavoro di cura non retribuito in Italia rappresenta l’85% del lavoro non retribuito generale. La stima del totale delle ore di lavoro di cura diretto e indiretto in un anno è di 60,7 miliardi, con un valore monetario stimato di 473,5 miliardi di euro. Il 71% di questo valore è prodotto dal lavoro di cura non retribuito delle donne. La stima dell’apporto del lavoro di cura non retribuito al pil italiano si aggira intorno al 26%”, conclude la presidente di Federcasalinghe.
Dazi, Cina dirotta il tessile in Europa: export primi 6 mesi +20%
Roma, 6 ott. (askanews) – La Cina sta pesantemente dirottando le sue esportazioni di prodotti tessili dagli Stati Uniti all’Unione europea, specialmente sui beni a basso costo. Lo riporta il Financial Times citando i dati di Euratex, associazione che raggruppa i produttori europei secondo cui nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni di tessili e vestiari cinesi verso l’unione sono balzate dal 20%.
La dinamica riflette la strategia di imprese e autorità amministratice cinesi per trovare sbocchi agli eccessi produttivi, rispetto alle problematiche dovute ai dazi commerciali imposti dagli Usa.
“Dato che non possono vendere negli Usa, si stanno stanno muovendo in maniera molto aggressiva per vendere in Europa”, afferma Mario Jorge Machado, presidente di Euratex. “La Cina sta esportando meno verso gli Usa e che vediamo che un quantitativo rilevante di questo viene esportato in Europa, ma vediamo anche un calo dei prezzi degli articoli che importiamo”.
Arriva in Italia la catena O’Tacos con le tortillas personalizzabili
Milano, 6 ott. (askanews) – Arriva anche in Italia la catena O’Tacos: al Salone Franchising Milano stato infatti lanciato il franchising nel nostro Paese, con l’obiettivo di consolidare la presenza in un mercato della ristorazione dinamico e confermare l’ambizione di diventare un player internazionale. Fondata a Grenoble nel 2007, l’azienda, parte del gruppo QSRP, ha introdotto nel mondo food i French Tacos, tortillas grigliate e personalizzabili, farcite con patatine fritte, proteine certificate halal e con salsa al formaggio, disponibili addirittura in oltre 40.000 possibili varianti. Il Nord e il Centro Italia, aree ricche di studenti e comunit internazionali sono considerate in questa prima fase strategiche per l’espansione del franchising. O’Tacos un brand di ristorazione in rapida crescita in Europa, con oltre 400 ristoranti nel mondo di cui pi del 98% in franchising e un fatturato di circa 450 milioni di euro nel 2024. Il modello di business unisce tecnologia e innovazione culinaria: con chioschi self-order, app mobile e canali di delivery e take away, ma anche aggiornamento del men, che ogni due mesi prevede proposte in edizione limitata. Oltre a questo l’azienda ha anche una forte presenza su Tik Tok e Instagram.
La partecipazione al Salone Franchising Milano rappresenta un passaggio importante per O’Tacos in Italia: un’occasione per raccontare il proprio progetto e creare nuove opportunit di sviluppo sul territorio nazionale.
Telepass Mare, dopo Ponza, replicare modello su scala nazionale
Roma, 6 ott. (askanews) – Un servizio digitale per un turismo sostenibile e responsabile. Gi da luglio di quest’anno, Telepass Mare ha permesso a operatori del settore nautico e turisti di visitare di Ponza e Palmarola in maniera semplice. Il servizio erogato da Telepass, attraverso un’applicazione, ha permesso ai visitatori delle due isole pontine di pagare tramite smartphone il ticket ambientale previsto dal comune di Ponza.
Luca Luciani, amministratore delegato di Telepass, ha dichiarato: “Stiamo affrontando una nuova sfida che quella del mare. La nostra logica sempre la stessa: semplificare, rendere i pagamenti pi affidabili ed efficiente la riscossione per le amministrazioni locali e per i porti molto pi conveniente. Con Telepass Mare portiamo la stessa rivoluzione che abbiamo creato sulla strada anche in mare: fluidit, tecnologia e rispetto dell’ambiente. un’opportunit concreta per rendere anche il turismo nautico pi consapevole e rispettoso della natura e il primo passo verso una rete di mobilit costiera pi sostenibile, intelligente e connessa, a beneficio sia dei viaggiatori che dei territori. Dopo Ponza, vogliamo replicare il modello su scala nazionale e, in prospettiva, aprirlo al bacino del Mediterraneo”.
Francesco Ambrosino, Sindaco di Ponza, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “L’attivit condotta quest’anno insieme a Telepass stata molto importante. Il servizio Telepass Mare ha contribuito ad informare in maniera trasparente ed efficace gli operatori di settore e i turisti circa l’esistenza del ticket ambientale. Questa misura utile a salvaguardare i nostri territori, una garanzia per il futuro affinch anche le future generazioni possano godere della bellezza delle nostre isole”.
Telepass Mare, di cui stata lanciata la fase due di sperimentazione durante una tavola rotonda a Roma, costituisce anche uno strumento utile a garantire una gestione pi efficiente e sostenibile del turismo, oltre a una maggior protezione degli ecosistemi ambientali.
Sul tema intervenuto anche Ignazio Abrignani, presidente dell’Osservatorio parlamentare per il Turismo: “Il Ministero del Turismo ha introdotto un hub che prevede l’indicazione di dati per la gestione dei flussi turistici, necessaria una gestione razionale di questi flussi ed importante farlo attraverso strumenti tecnologici. Queste soluzioni rendono pi competitivo il nostro turismo”.
Armando Macali, responsabile della stazione biologica dell’isola di Ponza e ricercatore di Scienze ecologiche e biologiche dell’Universit della Tuscia, ha aggiunto: “Quest’iniziativa molto importante perch sancisce una collaborazione tra istituzioni ed enti privati nel concorrere alla progettazione di un piano di monitoraggio finalizzato alla mitigazione degli effetti dell’overtourism”.
Alla tavola rotonda di lancio della fase due di Telepass Mare ha partecipato, infine, anche Gian Piera Usai, Segretaria generale ANCIM – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.
Nobel per la Medicina a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi
Roma, 6 ott. (askanews) – Il Premio Nobel per la Medicina è andato a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi, per le loro scoperte della tolleranza immunitaria periferica.
“Il comitato del Nobel del Karolinska Institutet ha deciso oggi di assegnare il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina 2025 congiuntamente a Mary Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi per le loro scoperte relative alla tolleranza immunitaria periferica”, ha dichiarato il Segretario Generale dell’Assemblea Nobel, Thomas Perlmann.
La tolleranza immunitaria periferica è il meccanismo che impedisce ai linfociti T e B maturi di reagire contro gli antigeni del proprio corpo; un processo che può comportare l’eliminazione delle cellule autoreattive tramite apoptosi (morte cellulare programmata) o la loro inattivazione, prevenendo così lo sviluppo di malattie autoimmuni.
Quello andato agli statunitensi Brunkow e Ramsdell nonché al giapponese Sakaguchi è il 116° Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina assegnato dal 1901.
E’ allarme per i reati sui minori in Italia
Roma, 6 ott. (askanews) – Sono stati 7.204 i reati a danno di minori in Italia nel 2024 e per la prima volta è stata superata la cifra record di 7.000 reati. Si contano 252 casi in più dell’anno precedente, una crescita del 4%; su base decennale, invece, l’aumento è molto più marcato: +35%. A colpire è soprattutto l’aumento dei reati connessi al digitale: pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico. Rispettivamente aumentano su base annua del 63% e del 36%, segno che la Rete è sempre più un luogo a rischio per i più giovani. I dati, elaborati dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale, sono stati resi noti dalla Fondazione Terre des Hommes in una conferenza stampa a Roma in occasione della presentazione del Dossier indifesa ‘La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo’ 2025 e in vista della Giornata internazionale delle bambine (11 ottobre).
DIFFERENZE DI GENERE: SONO BAMBINE E RAGAZZE LA MAGGIORANZA DELLE VITTIME – Le bambine e le ragazze si confermano come le più colpite dai reati a danno di minori. Nel 2024 rappresentano, infatti, il 63% delle vittime, con un aumento sia in termini assoluti sia in termini relativi (nel 2023 erano il 61% delle vittime, su un totale di 6.952). È nei reati a sfondo sessuale che la sproporzione si fa sentire in maniera più evidente, con punte dell’88% di vittime femminili per il reato di violenza sessuale, dell’86% per la violenza sessuale aggravata e dell’85% per gli atti sessuali con minorenni. Da segnalare che, nel 2024, per la prima volta, i casi di violenza sessuale non aumentano (il numero assoluto, 912, è identico a quello del 2023), ma tale fattispecie di reato rimane, tra quelli a sfondo sessuale, quello con più casi. Le violenze sessuali aggravate vedono, invece, un leggerissimo aumento sull’anno precedente, del’1%, ma che diventa del 75% se si confronta con il dato di dieci anni prima. Gli atti sessuali con minorenne, invece, segnano un aumento del 15% su base annua.
Anche nei reati ascrivibili al digitale è netta la prevalenza di vittime femminili: 86% nella detenzione di materiale pedopornografico e 74% nella pornografia minorile. Tra i reati a sfondo sessuale, l’unico che, per la prima volta, presenta una parità di genere tra le vittime è quello di prostituzione minorile, che vede anche un calo sia a livello annuo (-7%) sia a livello decennale (-64%).
IL PERICOLO È PIÙ SPESSO IN FAMIGLIA – I reati più frequenti, spiega ancora il rapporto di Terre des Hommes, rimangono quelli che avvengono all’interno del nucleo familiare. I maltrattamenti in famiglia rappresentano, infatti, la fattispecie di reato con più casi e nel 2024 sono arrivati a sfiorare quota 3.000 vittime: per la precisione sono stati 2.975, con un aumento del 5% su base annua e una crescita monstre del 101% (un raddoppio), su base decennale. Anche qui c’è una leggera prevalenza di vittime femminili (il 53%). Ai casi di maltrattamenti in famiglia vanno aggiunti altri tre reati che possono essere riconducibili anche alla sfera famigliare: le violazioni degli obblighi di assistenza famigliare, l’abuso dei mezzi di correzione e disciplina e l’abbandono di minore. Con, rispettivamente, 479 e 345 casi, le prime due fattispecie di reato sono in diminuzione rispetto all’anno precedente, il primo del -9% e il secondo del -1%. L’abbandono di minore aumenta, invece, in un anno, del 2%, arrivando a un numero assoluto di 577 casi. A differenza dei maltrattamenti in famiglia, in queste tre tipologie di reati le vittime sono in prevalenza maschi: il 55% nelle violazioni degli obblighi di assistenza famigliare e nell’abbandono di minore e il 61% nei casi di abuso dei mezzi di correzione e disciplina.
CRESCONO INASPETTATAMENTE GLI OMICIDI DI MINORI – Infine, da segnalare, per il 2024, è l’inconsueto balzo degli omicidi volontari consumati. Dopo anni di costante diminuzione dei casi, coerentemente con il calo generale degli omicidi nel nostro Paese, nel 2024 si arriva a 21 casi, con un aumento del 75%. Nonostante numeri assoluti molto più bassi delle altre fattispecie di reati, è un dato che desta molta apprensione. L’omicidio volontario è, inoltre, uno dei reati che ha una componente con netta prevalenza maschile con il 76% dei casi che ha come vittime bambini e ragazzi.
‘Il fenomeno dei reati in danno dei minori, in ogni loro forma, è molto complesso. Occorre porre la massima attenzione non solo nella prevenzione e nel contrasto, ma anche ai più piccoli segnali indicatori di violenza’, afferma il Generale Antonio Basilicata, Direttore Servizio Analisi Criminale della direzione centrale della Polizia Criminale: ‘Di strategica rilevanza risultano essere anche l’accoglienza e il supporto alle vittime, nonché la realizzazione di campagne informative volte ad accrescere la consapevolezza di tutti e a rimuovere gli ostacoli socio-culturali in cui la violenza trova terreno fertile’.
Per Paolo Ferrara, Direttore Generale di Terre des Hommes, ‘i dati sui reati a danno di minorenni di quest’anno sembrano, purtroppo, mostrare una maggiore fragilità del tessuto sociale un allentamento dei vincoli morali fino alla rottura di alcuni taboo sociali e un crescente ritorno di fiamma di quella cultura patriarcale che, lungi dall’essere mai definitivamente sconfitta in questo Paese, sembra piuttosto riappropriarsi pericolosamente di spazi di ‘legittimità sociale’ che sono poi lo stesso luogo di coltura della violenza di genere e nei confronti dei minorenni. Non possiamo più rimanere a guardare. Servono azioni rapide, concertate e integrate, che agiscano in maniera organica sia sugli aspetti culturali che su quelli normativi di contrasto alla violenza e alla violenza di genere. A chiedercelo sono soprattutto loro, le vittime di questa ondata di violenza che rischia di diventare, sempre di più, un’epidemia’.
SPORT4RIGHTS – LO SPORT PER L’INCLUSIONE E I DIRITTI. Di fronte a dati così preoccupanti sulla violenza a danno di minori, Terre des Hommes rilancia il valore dello sport come luogo di crescita, prevenzione e rispetto. Durante l’evento, al cospetto del Ministro per lo Sport, la Fondazione ha presentato il progetto Sport4Rights.
Co-progettato insieme a Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale e Specchio Magico, Sport4Rights promuove il benessere, la sicurezza e l’inclusività dei minorenni nel contesto sportivo, mirando a prevenire violenze, discriminazioni e maltrattamenti con azioni integrate sui territori e online.
Attraverso una piattaforma di e-learning accessibile e innovativa basata sull’intelligenza artificiale e supervisionata da un team di esperti, il progetto, per la prima volta in assoluto, fornirà alle società sportive, allenatori, educatori, giuristi, psicologi e altri professionisti del settore attività di formazione e sensibilizzazione su Tutela dei minorenni e sul benessere dei bambini e delle bambine nello sport a livello nazionale.
Ad oggi sono circa 20 le realtà sportive pioniere già formate dai promotori del progetto e il primo corso innovativo assistito dall’AI sulla Tutela Minorenni nello sport sarà pubblicato sulla piattaforma di Sport4Rights nel mese di novembre.
‘Lo sport è un bene comune, un linguaggio universale che accompagna milioni di ragazzi e ragazze nel loro percorso di crescita. Eppure oggi il 30% dei giovani abbandona precocemente l’attività sportiva anche a causa di contesti discriminatori ancora troppo frequenti, rinunciando al proprio benessere, relazioni, amicizie, occasioni fondamentali di crescita personale’, dice Francesca Magliulo, Direttrice Fondazione EOS: ‘Lo sport è un diritto e perché resti tale, dobbiamo prenderci la responsabilità di renderlo uno spazio sano, sicuro e aperto a tutti, in cui ciascuno possa sentirsi a proprio agio ed esprimere liberamente sé stesso. Con Sport4Rights vogliamo generare un cambiamento culturale profondo, coinvolgendo l’intera comunità educante (società sportive, scuole, allenatori, famiglie) affinché la tutela dei diritti dei minori nello sport diventi una responsabilità condivisa. È solo così che lo sport può conservare la sua vera essenza di spazio di crescita sana, dove vengano rispettati i diritti dei più giovani e dove ogni ragazzo e ragazza trovi un contesto che favorisca fiducia, benessere e possibilità di realizzarsi come persona, non solo come atleta. Per farlo ci servono strumenti innovativi e concreti, come la prima piattaforma mondiale di e-learning basata su AI, che offrirà formazione mirata e accessibile a chi lavora con e per i giovani. È un investimento che guarda lontano: ogni campo, ogni palestra, ogni spogliatoio deve diventare un luogo in cui i nostri giovani possano crescere liberi, in un ambiente che custodisce e tutela i loro diritti, la loro salute, le loro relazioni e il loro futuro’, conclude.
Ex Ilva, sindacati: 16 ottobre sciopero in tutti i siti
Roma, 6 ott. (askanews) – Fim, Fiom e Uilm hanno indetto uno sciopero di tutti gli stabilimenti ex Ilva per il prossimo 16 ottobre. “E’ il momento di scelte chiare: il Governo assuma la guida della ex Ilva con un forte intervento pubblico che guidi la transizione ed il rilancio di un’azienda oramai al collasso”, è la richiesta che arriva dai sindacati.
I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Ferdinando Uliano, Michele De Palma, Rocco Palombella, parlano di un “inaccettabile silenzio” da parte del governo. I sindacati “condannano fermamente l’aver appreso a mezzo stampa dei contenuti delle offerte presentate per l’acquisto dell’ex Ilva, e in particolare quella di Bedrock Industries, che prevederebbe solo 2000 unità occupate su Taranto e poco più di 1000 negli altri siti”.
E ancora: “riteniamo inaccettabile il silenzio di Palazzo Chigi che, a fronte della richiesta di incontro più volte reiterata degli scriventi, non convochi ancora un tavolo sulla chiusura del bando e le offerte pervenute. Non ultimo lo strappo avvenuto sulla gestione della cigs dove le scelte unilaterali del governo hanno di fatto interrotto le relazioni avute fino ad oggi”.
Per questi motivi “abbiamo indetto una campagna di assemblee nei siti del gruppo che culmineranno con una mobilitazione e lo sciopero di tutti gli stabilimenti per il prossimo 16 ottobre”, concludono i sindacalisti.
Greta Thunberg ancora detenuta in Israele sarà liberata oggi
Roma, 6 ott. (askanews) – L’attivista svedese Greta Thunberg , sarà liberata oggi ed espulsa da Israele verso la Grecia in un gruppo di 70 componenti della della Global Sumud Flotilla (GSF). Lo ha ha annunciato la GSF attraverso X. “Greta Thunberg sarà liberata domani. Arriverà in Grecia”, ha scritto la GSF sul social X domenica sera. Il ministero degli Esteri israeliano ha definito “menzogne palesi” le notizie diffuse da vari media sui ù maltrattamenti subiti dall’attivista ambientale svedese Greta Thunberg e da altri partecipanti alla Global Sumud Flotilla (GSF). Sabato, il quotidiano The Guardian aveva riportato che Greta Thunberg si trova in una cella infestata da cimici e che non riceve abbastanza cibo né acqua, circostanza che le provoca disidratazione.
Centrosinistra,Renzi:Salis candidata premier a primarie 2027 se lo vorrà
Roma, 5 ott. (askanews) – Silvia Salis nel 2027 “sarà dove deciderà di stare lei: non tiriamola per la giacchetta . Io penso che sia un ottima sindaca di Genova e ora tutti diamo una mano a Silvia perchè lo faccia bene, pronti contemporaneamente alle primarie di coalizione se ci saranno”. Lo dice ad Agorà su Rai 3 il leader di Italia Viva Matteo Renzi, all’indomani della Leopolda numero 13 a Firenze in cui l’ex premier ha annunciato l’evoluzione di Italia Viva in una nuova piu’ ampia “Casa riformista” di tutti i moderati di centrosinistra che intende esprimere un proprio candidato alla premiership nelle primarie di coalizione.
“La Casa riformista – ha argomentato Renzi- è un progetto molto semplice. In Italia la sinistra c’è: rappresenta il 40% degli italiani. Se vogliamo che torni a vincere c’è bisogno di un altro contenitore che porti almeno l’altro 10% mancante. Noi siamo quel contenitore per tutti i riformisti i democratici e i liberali. Per tutti quelli che dicono che c’è bisogno di piu’ cultura”. E “se poi in vista delle elezioni politiche ci saranno primarie di coalizione per la premiership è certo – ha sottolineato Renzi- che quella casa avrà anche un suo candidato. O una sua candidata”.
Pizzaballa: piano Trump pieno di insidie ma c’è uno spiraglio mai visto
Roma, 6 ott. (askanews) – Con il piano Trump per la fine della guerra tra Israele e Hamas “un clima di speranza si percepisce. Anche i media locali qui si mostrano speranzosi, ma con misura. Il fatto è che ci sono tante difficoltà, tanti punti interrogativi. C’è ancora tanto da fare. Tanto. Però questa è una possibilità che non si era mai vista prima”. Così il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, intervistato dal Corriere della Sera.
“Le notizie parlano finalmente di una possibile nuova pagina positiva, della liberazione degli ostaggi israeliani, di alcuni prigionieri palestinesi e della cessazione dei bombardamenti e dell’offensiva militare. È un primo passo importante e lungamente atteso. Speriamo che le pressioni internazionali abbiano effetto sulle parti, il governo israeliano e Hamas…”, prosegue il cardinale, per il quale “pace è una parola impegnativa, richiede tempo. La fine di questa guerra orribile non sarebbe la fine del conflitto, il cessate il fuoco non è la pace. Però è un primo passo, la premessa necessaria per cominciare un percorso nuovo, diverso”.
E sulla vicenda Flotilla Pizzaballa conclude: “Noi abbiamo cercato di aiutare, per trovare una soluzione che non fosse lo scontro. Non sapevamo cosa potesse accadere, la situazione era pericolosa, il nostro intento era dare unamano per ottenere il risultato di portare aiuti umanitari e insieme evitare pericoli alle persone. È andata diversamente. Noi restiamo sempre a disposizione per aiutare, ma non facciamo parte di nessuno schieramento”.
Oggi i negoziati in Egitto sul piano di pace di Trump per Gaza
Roma, 6 ott. (askanews) – Una delegazione di Hamas è arrivata domenica in Egitto per partecipare ai negoziati con Israele sul piano di pace promosso dal presidente degli Stati uniti Donald Trump, che punta a un cessate il fuoco a Gaza e al rilascio degli ostaggi. I colloqui, che si svolgono nella località sul Mar Rosso di Sharm el-Sheikh, sono considerati cruciali da Washington, che ha inviato suoi rappresentanti insieme a quelli del Qatar.
La delegazione israeliana, guidata dal ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, dovrebbe raggiungere oggi l’Egitto per partecipare al negoziato. Secondo il segretario di Stato americano Marco Rubio, “i prossimi giorni saranno decisivi” per verificare se Hamas intenda negoziare seriamente. “Capiremo molto rapidamente dalle discussioni tecniche se il movimento è pronto a collaborare”, ha dichiarato Rubio, che ha definito la liberazione dei 48 ostaggi ancora detenuti a Gaza – di cui 20 in vita – “la priorità assoluta”.
Donald Trump, in un messaggio diffuso domenica sui social, ha affermato che i negoziati “stanno avanzando rapidamente” e che “la prima fase dovrebbe essere completata entro la settimana”. Il piano prevede il rilascio degli ostaggi israeliani in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi, cui dovrebbe seguire un cessate il fuoco e il graduale ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia.
La delegazione di Hamas è guidata da Khalil al Hayya, capo del movimento a Gaza e figura di primo piano nell’ala politica, alla sua prima visita in Egitto dopo essere sopravvissuto a un attacco israeliano a Doha il mese scorso. Hamas ha accettato diverse parti del piano statunitense, tra cui la liberazione degli ostaggi, ma ha evitato di pronunciarsi sulla richiesta di disarmo, punto che resta uno dei principali nodi del negoziato.
Trump, che ha promosso un piano in 20 punti per mettere fine alla guerra e delineare il futuro di Gaza, ha definito la risposta di Hamas “un segnale di disponibilità verso una pace duratura” e ha chiesto a Israele di fermare immediatamente i bombardamenti. Tuttavia, le operazioni militari israeliane sono continuate per tutta la giornata di domenica, con almeno 19 morti in nuovi raid aerei secondo le autorità sanitarie locali.
Un funzionario coinvolto nei colloqui al Cairo ha spiegato che questa volta i mediatori intendono evitare l’approccio graduale dei precedenti negoziati. “L’obiettivo è raggiungere un accordo complessivo prima dell’attuazione del cessate il fuoco. In passato, le trattative si arenavano tra una fase e l’altra, e stavolta si vuole evitare questo errore”, ha dichiarato la fonte.
Il piano di Trump, accolto con cauto ottimismo anche da una parte dell’opinione pubblica israeliana, ha suscitato segnali positivi nei mercati: lo shekel ha toccato il massimo di tre anni sul dollaro e la Borsa di Tel Aviv ha raggiunto livelli record. “È la prima volta dopo mesi che mi sento davvero speranzoso”, ha detto un residente di Tel Aviv, Gil Shelly.
Ma sul fronte politico interno, il premier Benjamin Netanyahu è stretto tra le pressioni delle famiglie degli ostaggi, che chiedono una fine del conflitto, e i falchi della sua coalizione, che si oppongono a qualsiasi tregua. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha avvertito che fermare gli attacchi su Gaza sarebbe “un grave errore”, mentre il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir ha minacciato di far cadere il governo se la guerra dovesse terminare.
L’opposizione centrista, guidata da Yair Lapid, ha invece offerto sostegno politico al premier affinché il piano di Trump possa andare avanti. “Non permetteremo che l’accordo venga sabotato”, ha dichiarato Lapid.
Israele ha lanciato la sua offensiva su Gaza dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, in cui furono uccise circa 1.200 persone e 251 prese in ostaggio. Da allora, secondo le autorità sanitarie di Gaza, più di 67.000 palestinesi sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani, la maggior parte dei quali civili. Gli Stati uniti sperano che i colloqui di Sharm el-Sheikh possano segnare la prima vera svolta diplomatica in quasi due anni di guerra.
Bce, Lane: serve esame attento su rischi inflazione sotto al 2%
Roma, 6 ott. (askanews) – Il capo economista della Bce conferma la volontà di “non vincolarsi ad alcun percorso predeterminato sui tassi”, ma nel suo lungo intervento in apertura della conferenza annuale sulla politica monetaria, Philip Lane ha di fatto escluso che si pensi anche ad eventuali aumenti dei tassi sui prossimi mesi. Le strade possibili al momento sono solo due: ulteriori riduzioni, nel caso in cui aumentassero i rischi di avere un’inflazione più bassa del livello obiettivo, oppure il mantenimento dello status quo, con il principale riferimento sul costo del denaro al 2%.
Alla Bce, ha spiegato Philip Lane, l’approccio decisionale sui tassi di interesse basato sui dati e su scelte che vengono compiute, volta per volta, dal Consiglio direttivo resta pienamente appropriato in questa fase. A determinare le future decisioni sarà in particolare l’evolversi degli equilibri dei rischi per l’inflazione, rialzisti o ribassisti.
“Un aumento delle probabilità o dell’intensità di fattori di rischio di indebolimento (dell’inflazione) rafforzerebbero le argomentazioni per un tasso più basso, per proteggere meglio la prospettiva di centrare l’obiettivo di medio termine (2% simmetrico)”. All’opposto “un aumento della probabilità o dell’intensità di fattori di rischio al rialzo – ha detto -indicherebbe che mantenere l’attuale livello dei tassi sarebbe appropriato sul breve termine”.
Di fatto ha quindi escluso che al momento si ipotizzino aumenti dei tassi al direttorio Bce.
Nelle previsioni formulate il mese scorso, la Bce stima che l’inflazione media quest’anno sarà pari al 2,1%, che nel 2026 calerà l’1,7% e che nel 2027 si attesterà l’1,9%. Per due anni sarebbe quindi inferiore all’obiettivo del 2%. Queste deviazioni “richiedono un esame attento”, ha avvertito Lane.
Nelle prossime settimane e mesi vi saranno una molteplicità di dati e indagini “per determinare la linea monetaria appropriata, senza vincolarsi a un percorso predeterminato”, ha proseguito.
Tra i rischi che potrebbero far calare l’inflazione sotto i livelli obiettivo, l’economista irlandese ha citato la forza dell’euro, il rischio che gli aumenti dei dazi commerciali possano indebolire la domanda per esportazioni dell’eurozona e quello che paesi terzi con eccessi produttivi dirottino ulteriormente i loro beni verso l’area euro. Ha anche menzionato il rischio che le tensioni commerciali possano creare maggiore volatilità e avversione al rischio sui mercati finanziari, fattori che peserebbero sulla domanda interna e che quindi implicherebbero Anche minori inflazione.
Sul versante opposto, l’inflazione potrebbe essere sospinta maggiormente al rialzo e se una nuova frammentazione delle catene di approvvigionamento globale facesse salire i prezzi alle importazioni e se le impedimenti e aggiungesse impedimenti all’economia interna. Inoltre, la spinta su spese in difesa e infrastrutture potrebbe a sua volta sostenere l’infrazione sul medio termine. Infine gli eventi climatici estremi potrebbero far risalire i prezzi alimentari più del previsto, ha detto ancora Lane. (fonte immagine: ECB).
America: spostarsi a sinistra non sarà per i Dem un’idea vincente
La rivista America, fondata nel 1909 dai gesuiti, è da più di un secolo un laboratorio d’idee del cattolicesimo intellettuale americano. Non fa propaganda, ma elabora giudizi ponderati sul nesso tra fede, società e politica. Quando affronta un tema politico, come nell’articolo del 2 ottobre firmato da Paul James Macrae, la sua voce conserva l’autorevolezza di chi ragiona con senso di responsabilità civica.
Un titolo che suona come un avvertimento
“Democrats must face reality: They won’t win by moving left” — i Democratici devono affrontare la realtà: non vinceranno spostandosi a sinistra. Il titolo, netto, riassume una diagnosi severa. Macrae osserva che il Partito Democratico, dopo due mandati di Joe Biden, appare lacerato da tensioni ideologiche e da un progressismo militante che non trova riscontro nell’elettorato moderato.
Come battere il trumpismo? Il rischio è quello di parlare solo ai già convinti di oggi, perdendo il legame con le classi popolari, i credenti, i lavoratori delle periferie industriali: gli stessi che un tempo costituivano il cuore del “New Deal” rooseveltiano e della “Nuova frontiera” di John F. Kennedy.
Il nodo del consenso reale
L’autore cita il caso di Bernie Sanders per spiegare come entusiasmo e militanza non bastino a vincere. Le battaglie radicali su immigrazione, ambiente o giustizia sociale hanno un valore simbolico, ma difficilmente creano consenso ampio. Gli Stati Uniti – nota America – restano un Paese culturalmente variegato, dove l’elettorato centrista decide ancora le elezioni.
E in vista del 2028, con un possibile sfidante repubblicano come J. D. Vance, politico giovane e ideologicamente strutturato, la corsa a sinistra rischia di trasformarsi in un autogol.
Il centro come responsabilità civile
Non si tratta, precisa Macrae, di rinunciare ai principi, ma di ritrovare un linguaggio politico capace di unire. Il messaggio di America è insieme politico e morale: i Democratici devono tornare a parlare di solidarietà, merito, sicurezza, valori condivisi.
Solo così potranno affrontare la sfida di un Paese stanco delle polarizzazioni e desideroso di equilibrio. Una riflessione che vale evidentemente anche per l’Europa, dove la tentazione (per i progressisti) di fare del radicalismo ideologico la cifra di un progetto politico (di governo) non è certo assente.
Puoi leggere l’articolo originale pubblicato da America – The Jesuit Review al seguente link ufficiale:
👉 Democrats must face reality: They won’t win by moving left
È un short take del 2 ottobre 2025, firmato da Paul James Macrae, nella sezione dedicata alle analisi politiche e culturali statunitensi.
Davvero siamo nelle mani della televisione e dei social?
“…Nonno, le fotografie che vedi, sono tutte balle.”
Così l’altro ieri mia nipote, vedendomi col cellulare davanti agli occhi. Io l’ho ringraziata annuendo, pur sapendo da tempo che diceva una sacrosanta verità. Una verità oggi spaventosamente ingigantita dall’uso menzognero e incontrollato dell’IA, che ti fa assistere a un incontro di boxe sul ring fra Putin e Trump, e il cui uso, nelle sue ripercussioni sulla cultura, sui rapporti fra persone, sulla società, sui ceti operai, medi e alti che siano, è ancora del tutto sconosciuto.
Questo involontario richiamo alle fake images di mia nipote è tuttavia servito a stimolare alcuni miei convincimenti che mi hanno sempre fatto compagnia, e che accennerò in questo appunto.
Dubbi e condizionamenti
Ma veramente noi ci beviamo tutto quello che sentiamo e vediamo, e che siamo telecomandati senza saperlo e volerlo?
Ed è vero, ad esempio, che abbiamo cominciato a prendere le distanze da Netanyahu solo dopo i recenti e voluminosi moti di piazza e i cortei della Flottilla?
Dispiace molto registrare che ai nostri giorni le più diffuse notizie siano concentrate sui pericoli e sui condizionamenti irreparabili delle fake news e delle fake images che circolano.
Notizie false, foto false, video falsi, discorsi di leader creati dal nulla: il tutto pensato e collocato nelle varie reti comunicative, non solo digitali, col proposito di condizionare profondamente, sino al punto di far cambiare idee. Addirittura di far votare un partito che non ci piace.
I servizi segreti di Putin e le agenzie dell’intelligence di Mosca sarebbero i primi a fare circolare silenziosamente nel mondo queste false notizie.
Il silenzio degli studiosi
E dispiace di più che gli studiosi, i sociologi, gli esperti del problema, di fronte a tutte queste paure, rimangano stranamente in silenzio.
Senza chiarire le complessità e le varie sfaccettature del rapporto fra messaggio e consumatore del messaggio, fra lo stimolo del messaggio e la risposta del fruitore.
Si dà ormai per scontato un rapporto meccanico diretto di causa ed effetto, come afferma la teoria comportamentista e deterministica:
vedo nero, reagisco in nero, penso in nero e… voto nero.
Intendiamoci bene: influenze della comunicazione e dell’informazione ce ne sono, soprattutto con messaggi emotivi che destano paure. Altrimenti non si spiegherebbero i miliardi investiti in spot pubblicitari.
Ma sono influenze da valutare con attenzione, scandagliando in profondità il fenomeno.
Perché può anche darsi che un dato detersivo me lo consigli la mia migliore amica, e non la sua continua pubblicità fatta con un attore simpatico.
La difesa dell’esperienza
Bene. Il vecchio convincimento sulla falsità delle foto, sollecitato da mia nipote, se confrontato con l’apocalittica e indifesa dipendenza totale dai media e dai social che spesso gira nell’opinione pubblica, è tuttavia di una certa attualità.
Una vecchia teoria della comunicazione e dell’informazione suggerisce invece che non è vero che noi siamo passivi e indifesi recettori di messaggi e immagini.
Ed è falso che rispondiamo come robot senza idee, senza anima e senza coscienza.
Questo continuo flusso che ci investe quotidianamente si misura sempre e inevitabilmente con le nostre esperienze di vita, con i nostri gruppi primari, con i nostri rapporti interpersonali, con le idee maturate e incamerate nella nostra coscienza, accumulate col trascorrere del tempo.
A partire da quelle apprese nella famiglia dove si è nati e cresciuti – positive o negative che fossero – passando per i compagni e gli amici, transitando per la stima verso qualche opinion leader di gruppo, fino alle idee prevalenti nei luoghi di lavoro e, infine, nelle associazioni giovanili, laiche o cattoliche, con i valori da esse dichiarati e diffusi.
La teoria del rafforzamento
La teoria suggeriva infatti che il nostro modo di pensare e agire, di valutare le cose del mondo, era parte fondamentale delle nostre precedenti persuasioni, quando non si trasformava in precedenti certezze.
E che tutto quello che girava sui media e che noi selezionavamo per libera scelta – ciò che ascoltavamo alla radio, vedevamo in TV e oggi, “senza chiedere permesso”, interagiamo sui social – non era altro che parte delle nostre idee maturate nel tempo.
Non faceva che rafforzarle o raddrizzarle un poco, senza modificarle.
È la teoria che due studiosi e sociologi americani del secolo scorso, Elihu Katz e Paul Lazarsfeld, proposero e sostennero sin dai primissimi anni ’50, anche con ricerche sul campo:
la teoria del rafforzamento delle idee possedute e del ruolo di mediazione esercitato da una persona che stimiamo.
Ma non della passiva accettazione di tutto ciò che si sentiva o si vedeva, pronti a ingoiare e digerire come degli affamati tutto ciò che ci veniva mostrato.
Una teoria dimenticata
In questi lunghi anni mi ha fatto impressione constatare che studiosi, sociologi, politologi, commentatori, editorialisti preparati abbiano dimenticato di fare almeno un cenno a questa teoria, a mio modesto avviso ancora validissima.
Collocando tutta l’opinione pubblica nelle mani delle fake news e delle fake images create volutamente per ingannarci e condizionarci, senza alcuna nostra personale difesa.
Cleopatra e li romani in piazza
Tre anni sono passati, e Cesare — maestro del mondo e capo dell’Impero — nel conferirle il mandato le aveva raccomandato:
«Regina, ricorda: stai su, perché ti ha acclamata la maggioranza dei tuoi; gli altri sono rimasti a casa. Ricordati, mentre governi, che il popolo romano ti sta a guardare».
Un monito scolpito nella Curia. Lei, che non conosce la democrazia — stranezza greca, e lei è egiziana —, pratica soltanto il regno assoluto. Fece spallucce e rispose:
«Li conquisterò, non temere, Cesare».
«Vedremo», replicò l’imperatore.
I primi anni del regno
Per il primo anno, li romani effettivamente stettero a guardare: Cleopatra, per il momento, non aveva combinato danni gravi.
Al secondo anno, però, cominciarono ad andare da Cesare — prima gentili, poi a brutto muso — chiedendo:
«Ti è passata la scuffia per ’sta regina egiziana? Se sì, levala di mezzo, che ci siamo rotti li c…, rimandala in Egitto colma di doni, ma assicurati che non ritorni».
Cesare, in verità, un sentimento per la regina lo serbava ancora, benché lei lo ignorasse e lo tradisse spudoratamente con altri capi più ricchi dei Paesi federati dell’Impero. Cesare si crucciava, si struggeva, s’incupiva, ma la lasciava lì.
L’Impero in subbuglio
Poi arrivarono gli accordi con il capo al di là delle Colonne d’Ercole, e Cesare cominciò a preoccuparsi sul serio. Cleopatra andava ormai per i fatti suoi: non rispondeva più a Cesare, non si faceva vedere in Curia. Il popolo mormorava, e i senatori più ricchi dell’Impero si avvicinavano a Cesare chiedendo la rimozione dell’infausta regina egizia.
Il danno era fatto.
Nonostante l’amicizia con il capo di quelli al di là del grande mare — sbandierata da Cleopatra come “forte e salda” — arrivarono i dazi sui prodotti dell’Impero. E come si diceva in città:
«Eh, adesso che famo della robba nostra? Ce la magnamo e bevemo noi?».
Cleopatra ignorava i messaggi di Cesare e proseguiva dritta. Ogni tanto saliva su un palco dei suoi fedeli o degli alleati e faceva il suo pezzo di regina che parla al popolo: fomenta gli animi, elenca i risultati, rassicura che sta facendo i loro interessi, che ha molti nemici a Roma e nell’Impero. Strabuzza gli occhi, grida, gesticola.
E loro, ancora ammaliati, non si accorgono che il clima a Roma e nell’Impero è ormai cambiato.
I consiglieri sbagliati
Quando iniziò la sua avventura di governo, Cesare le aveva suggerito di scegliere due luogotenenti tra i romani che conoscessero l’egiziano, e non il contrario.
Lei, invece, si scelse un egiziano allevato dai Celti — dei cui costumi non ha ancora capito molto — e un liberto affrancato da un potente senatore italico che, morto il suo padrone, crede di averne ereditato il carisma.
I due, lentamente, segano le gambe del trono di Cleopatra. Ma lei ha le gonne troppo lunghe per vedere i piedi del suo trono, e le guardie — dritte, impassibili, come nei bassorilievi di Tebe — non guardano in basso.
Il popolo sì, e vede tutto. Ed è venuto il momento di farglielo capire, anche alla regina egizia.
Cleopatra e i Filistei
Cleopatra/Meloni capisce di politica interna — quella italica e imperiale — così così, ma, governando con mano ferma, mostra di masticare poco di diplomazia.
I Filistei? Un popolo noioso, insignificante, oltre il delta del grande Nilo.
Eppure, come governante dell’Impero, di ciò che accade ai suoi confini dovrebbe occuparsi. Cesare riceve da tempo messaggeri che riferiscono delle zone più bollenti: a nord, con gli uomini delle steppe e le antiche questioni slave; a sud, con il popolo di Israele e i figli della sabbia, ostinatamente in guerra da duemila anni.
Ora i messi raccontano senza mezzi termini che è in corso una strage di uomini, donne e bambini del popolo dei Filistei, liberi e schiavi: nessuno risparmiato. Le notizie si diffondono tra il popolo italico e romano, che finora non aveva partecipato a nulla di simile, ma che Cesare aveva sempre tenuto in considerazione, sapendo che anche da esso dipendeva la sorte dell’Impero.
Il popolo in piazza
E il popolo, di propria iniziativa, scende in piazza e protesta per il massacro che si consuma ai confini dell’Impero. Grida che alla strage degli innocenti non ci sta e non ci starà mai.
È una protesta di dimensioni etiche, morali e umanitarie — sconosciute alla regina egizia.
Cittadini dell’Impero e romani scendono prima nelle piazze delle principali civitas, raggiungendo numeri da milioni di persone. Poi a Roma: due milioni.
Di fronte a queste cifre, spariscono le decine di migliaia di presenti alle feste e manifestazioni organizzate ogni anno dai fedelissimi della regina Cleopatra/Meloni e dei suoi luogotenenti.
Il giudizio di Cesare
«C’è poco da capire — risponde Cesare a un messo inviato di corsa dalla regina per sapere se ha ancora il suo consenso —: vedi tu stessa che quelli che non ti hanno sostenuto fin dall’inizio sono molti di più di quelli che ti plaudono ogni giorno».
La risposta non lascia dubbi. Stavolta è il popolo — quello degli indecisi di sempre e di tutti i tempi — che decide di ricordare alla regina Cleopatra/Meloni che esiste, che non ha smesso di osservarla in questi tre anni, e che sta per presentarle un conto salato.
Il giorno di Francesco, il respiro dell’Italia
Con l’approvazione definitiva della legge che istituisce il 4 ottobre come Festa Nazionale, la Repubblica Italiana compie un gesto di straordinario valore simbolico e culturale.
Riconosce in San Francesco d’Assisi non solo il Patrono spirituale della Nazione, ma una figura universale, capace di parlare con forza tanto alla coscienza religiosa e quanto a quella civile del Paese.
San Francesco rappresenta un punto d’incontro alto e nobile tra la dimensione etica, spirituale e istituzionale dell’Italia. Il suo messaggio — fatto di pace, fraternità, rispetto per il Creato, giustizia sociale e amore per gli ultimi — trascende i confini confessionali e si offre come fondamento morale comune, in un tempo segnato da smarrimenti, polarizzazioni e crisi globali.
Una scelta di civiltà
In un’epoca in cui la politica è spesso dominata dallo scontro violento e dalla contrapposizione frontale, istituire una giornata nazionale dedicata a San Francesco assume il valore di un atto profondamente controcorrente.
È un invito a ritrovare il senso della responsabilità collettiva, della cura reciproca, della convivenza fondata su valori condivisi.
Francesco d’Assisi, uomo del dialogo e della pace, seppe criticare con radicalità i modelli del suo tempo, opponendo alla logica del potere e del possesso la forza mite della parola, dell’amore evangelico, della povertà scelta e vissuta come libertà.
Il Francesco civile
La sua testimonianza attraversa i secoli e parla oggi con una straordinaria attualità a un’Italia in cerca di coesione e di visione. Non è soltanto il “Francesco religioso” a interpellarci, ma anche — profondamente — il “Francesco civile”, che anticipa i principi fondanti della nostra Costituzione.
In lui si riflettono l’idea della centralità della persona, il rifiuto della violenza, il senso di giustizia, la responsabilità verso la natura e la comunità. San Francesco si presenta così come una radice profonda della nostra identità nazionale, una sintesi armonica di spiritualità, idealità e impegno concreto.
Una visione dell’Italia fondata sui valori
Rendere il 4 ottobre Festa Nazionale non significa soltanto commemorare una figura storica, ma riaffermare una visione dell’Italia fondata su una civiltà dei valori.
È un’occasione per riflettere — come cittadini e come comunità — su ciò che ci tiene uniti, su ciò che può orientare il nostro vivere comune, sulle sfide che attraversano il nostro tempo: la solitudine sociale, le diseguaglianze, la crisi ecologica, la perdita di senso.
San Francesco è un simbolo di unità in un Paese che spesso fatica a riconoscersi in riferimenti condivisi. Non appartiene a una parte, ma a tutti: credenti e non credenti, giovani e anziani, italiani di nascita e di adozione.
In lui trovano voce l’umanità dolente e la speranza di chi costruisce, ogni giorno, il bene comune.
Un giorno di consapevolezza nazionale
Il 4 ottobre non sarà, dunque, un semplice giorno festivo, ma un tempo di consapevolezza nazionale. Un giorno in cui l’Italia si riconosce nella sua parte migliore, quella capace di coniugare spiritualità e laicità, radici e futuro, diritti e doveri.
In San Francesco, la politica ritrova l’ispirazione di un servizio autentico, che mette al centro la persona e la comunità.
La religione trova un testimone credibile della fede che si fa dialogo, pace, fraternità.
E la Repubblica italiana, con questa scelta, afferma che le grandi figure del passato possono ancora orientare il cammino del presente e indicare una direzione al futuro.
Celebrare il 4 ottobre come Festa Nazionale significa, in definitiva, richiamare la Nazione alla sua vocazione più alta: essere comunità di destino, fondata sulla dignità della persona, sul rispetto del Creato e sulla fraternità tra i popoli.
In un mondo segnato da divisioni e da incertezze, San Francesco continua a indicare la via della speranza, della giustizia e della pace.
Tennis, Sinner si ritira a Shanghai per crampi
Roma, 5 ott. (askanews) – Jannik Sinner esce al terzo turno all’Atp di Shanghai, ritirandosi nel corso del terzo set contro l’olandese Griekspoor, che agli ottavi trova il monegasco Vacherot. L’azzurro risolve al tiebreak un primo parziale equilibrato, nel secondo cede 7-5 dopo essere stato a un passo dalla vittoria e nel terzo set, sul 2-2, accusa un problema di crampi, zoppicando vistosamente per diversi minuti prima di rassegnarsi e rinunciare. L’azzurro, accompagnato dagli applausi del pubblico di Shanghai, abbandona il campo tenendosi a fatica sulle sue gambe e non riuscendo nemmeno a portare il borsone, tormentato dai crampi a entrambe le gambe.
Formula1, Leclerc: "Tutta la gara in gestione freni"
Roma, 5 ott. (askanews) – “Penso che abbiamo preso comunque 15 secondi nei ultimi dieci o quindici giri anche se non sono stati rappresentativi. Ho dovuto gestire i freni praticamente per tutta la gara e quello non è stato il massimo”. Così Charles Leclerc dopo il Gp di Indonesia che lo ha visto chiudere sesto. “Credo che tutti dovessero occuparsi un po’ di gestire i freni su una pista così, ma forse per noi la cosa è stata abbastanza esagerata. Soprattutto alla fine è stato molto difficile, ma comunque già dal primo giro, dopo i sorpassi, fino agli ultimi è stata una giornata molto complicata”.
Ciclismo, Pogacar vince gli europei su strada
Roma, 5 ott. (askanews) – Tadej Pogacar ha vinto, per la prima volta in carriera, la prova su strada dei Campionati europei di ciclismo su strada. Il fenomenale sloveno, che il 28 settembre si è confermato Campione del mondo durante la rassegna iridata di Kigali 2025, ha staccato tutti i rivali – per ultimo Remco Evenepoel – a 75 chilometri dall’arrivo e si è involato verso la 106ª vittoria della sua straordinaria carriera.
Pogacar, che ha compiuto 27 anni il 21 settembre, è il ciclista professionista che ha vinto di più in questa stagione. Anche nei 202,5 km tra Privas e Guilherand-Granges, con circa 3.500 metri di dislivello, durante i Campionati europei di Drôme-Ardèche 2025, Pogacar ha lasciato le briciole ai propri rivali. Al via c’erano alcuni dei migliori interpreti delle salite nel ciclismo contemporaneo, tra cui Juan Ayuso, Jonas Vingegaard, João Almeida e Remco Evenepoel. Non sono partiti invece due possibili outsider come Mads Pedersen e Giulio Ciccone.
La corsa, vibrante e piena di avvenimenti e sorprese fin dai primi chilometri, si è svolta in una bella cornice di pubblico. I dipartimenti del sud-est francese Drôme e Ardèche hanno ospitato il Campionato europeo dal livello forse più alto di sempre (il primo Campione europeo fu Peter Sagan nel 2016). Ecco com’è andata la gara di domenica 5 ottobre ai Campionati europei 2025 in Francia.
A Roma "C’è da Ridere", primo spettacolo teatrale su salute mentale
Roma, 2 ott. (askanews) – La terza tappa di C’è da Ridere approda al Teatro Brancaccio di Roma, che diventa palcoscenico d’eccezione per il primo tour teatrale italiano interamente dedicato alla salute mentale. Un progetto ideato da Paolo Kessisoglu e promosso dall’associazione non profit C’è Da Fare (cedafare.org), fondata dallo stesso Kessisoglu insieme a Silvia Rocchi per integrare il sistema sanitario nazionale con iniziative di sostegno psicologico e neuropsichiatrico rivolte ai giovani.
Lo spettacolo inizierà alle ore 18, con gli attesissimi ospiti – le comiche Alice Mangione e Marta Filippi, i comici Andrea Perroni e Paolo Kessisoglu, il cantautore Daniele Silvestri e la giovane cantautrice IAMOLLIE – che saliranno sul palco assieme al neuropsichiatra infantile Prof. Stefano Vicari – Responsabile dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza presso IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, nonché referente del progetto CDF Safe Teen appena lanciato a Roma – per dar vita a un confronto diretto con il pubblico sull’attuale e importantissimo tema della salute mentale, seguendo il format già apprezzato durante le prime due tappe del tour alla Versiliana di Marina di Pietrasanta e al Teatro Coccia di Novara. Il tutto secondo la conduzione del presentatore, autore e speaker radiofonico Marco Maccarini.
Prima dello spettacolo sarà inoltre possibile incontrare gli ospiti durante un momento dedicato ai Meet and Greet delle ore 17: un accesso esclusivo prima dello show, che darà modo a chi sceglierà il biglietto dedicato “Meet and Greet UPGRADE C’è da Ridere” di incontrare e scattare fotografie con i propri artisti del cuore.
Si ringrazia Dils, donor di questa tappa, da tempo sostenitore di diverse iniziative di C’è Da Fare. Una realtà di real estate all’avanguardia che, nell’ambito del proprio programma di Give Back, supporta associazioni come C’è Da Fare, attive sul territorio e che operano nel mondo della cultura, dello sport, dell’inclusione sociale e della formazione.
CDF Safe Teen: l’impegno sul territorio romano
Per la prima volta l’associazione C’è Da Fare (impegnata in iniziative per favorire il dialogo, combattere lo stigma e sensibilizzare su temi cruciali come la salute mentale degli adolescenti) porta a Roma un’iniziativa culturale, nello stesso anno in cui, proprio nella capitale, è stato attivato il progetto “C’è Da Fare Safe Teen”: un protocollo terapeutico innovativo nato dalla collaborazione di C’è Da Fare con l’Ospedale Niguarda di Milano, e attivo in un sempre maggior numero di strutture sanitarie italiane. Con 50.000 euro già donati dalla non profit all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dall’inizio della collaborazione a maggio 2025, CDF Safe Teen è oggi al fianco di 10 giovani beneficiari a Roma, offrendo spazi di ascolto e sostegno sia individuali sia familiari, attraverso percorsi ambulatoriali costruiti su misura.
Grazie a CDF Safe Teen, decine di adolescenti in Italia e le relative famiglie oggi possono ricevere l’aiuto psicologico e neuropsichiatrico di cui necessitano sempre più, secondo un approccio integrato e personalizzato e con il coinvolgimento di neuropsichiatri, psicologi, psicoterapeuti ed educatori. L’obiettivo è compensare le carenze dei servizi ambulatoriali tradizionali e dei percorsi residenziali o semiresidenziali (comunità o centri diurni) – che purtroppo spesso non riescono a dare una risposta adeguata a chi ha bisogno di questo tipo di supporto – con interventi multidisciplinari ad alta intensità, per individuare tempestivamente le criticità e ridurre sofferenza e rischio di cronicizzazione.
L’intero ricavato dello spettacolo al Brancaccio sarà devoluto proprio a CDF Safe Teen all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Dietro le risate e gli applausi, C’è da Ridere rappresenta dunque molto più di uno show comico: mentre il pubblico vivrà un’occasione per emozionarsi e sorridere, lo spettacolo diverrà sostegno concreto per ragazze e ragazzi che, grazie ai fondi raccolti, potranno contare su uno spazio di cura pensato per accogliere le loro fragilità.
C’e Da Fare rivolge un ringraziamento particolare al personale dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza presso l’IRCCS Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma coinvolto nel progetto: il Prof. Stefano Vicari (Responsabile dell’Unità Operativa, nonché Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), la Dott.ssa Maria Pontillo (Dirigente Psicologo di I livello), il Dott. Gino Maglio (Dirigente Medico e Psichiatra dell’età evolutiva), e il Dott. Massimo Apicella (Neuropsichiatra Infantile).
Dopo il debutto estivo a Marina di Pietrasanta e l’inizio del tour autunnale a Novara e Roma, il tour continuerà a percorrere lo stivale vedendo come protagonisti i teatri di:
Milano, Teatro Lirico, venerdì 17 ottobre 2025 Genova, Teatro Politeama, lunedì 3 novembre 2025 Varese, Teatro di Varese, venerdì 7 novembre 2025
Renzi alla Leopolda lancia Casa riformista: 10% o Quirinale diventa casa sovranista
Firenze, 5 ott. (askanews) – Non è, ovviamente, la Leopolda dei tempi d’oro del governo e nemmeno quella in cui il Pd “delle tasse” e dei “signori delle tessere” era spesso tirato in ballo negli interventi sul palco dell’ex stazione ferroviaria a Firenze: questa è la Leopolda della Casa riformista, nuovo “contenitore” dei riformisti renziani, insieme ai sindaci e alla società civile, e in alleanza, nella compagine del centrosinistra, con un Pd “sempre più a sinistra”.
Obiettivo non è solo battere Giorgia Meloni alle prossime elezioni Politiche, ma molto di più: evitare che “fra due anni il Quirinale diventi Casa sovranista” con l’elezione dell’attuale premier a presidente della Repubblica. Matteo Renzi chiude la Leopolda numero 13 – diversa per sua stessa ammissione, non c’è più, per dire, nemmeno la saletta vip dietro il palco che è più piccolo e spostato verso l’ingresso della struttura – con due proposte operative in vista della legge di bilancio (Start tax per i giovani e tetto della pressione fiscale al 40%, più “facile” da realizzare la prima che costa “4 miliardi”, più difficile la seconda) e un avvertimento.
Il monito è questo: se Casa riformista non raccoglie il 10% dei voti e non aiuta il centrosinistra non solo a “tenere la barra dritta” sui temi riformisti per non andare troppo a sinistra, ma anche ad avere i consensi necessari per vincere sullo schieramento di centrodestra Meloni conquista anche il Quirinale.
Lui, assicura l’ex premier, “non vuole mettere il cappello” su Casa riformista ma certo “senza Iv non c’è Casa riformista” e, smentendo alcune voci, ribadisce che Italia Viva “resterà come partito”. Con i riformisti ci sarà la società civile e soprattutto i sindaci: ne sono passati diversi dalla Leopolda 13, da Beppe Sala (Milano) a un applauditissimo Gaetano Manfredi (Napoli), alla molto attesa Silvia Salis (Genova) che ha sottolineato “l’unione” – dalle parti del centrosinistra la sola parola suscita ancora nostalgie e rabbie – delle classi dirigenti del campo progressista che “non” appartiene, dice lei, al centrodestra, ma si è tenuta lontana dalle suggestioni di chi la vorrebbe federatrice dello schieramento. Anche Renzi l’ha detto: non sarà un sindaco a salvare il centrosinistra. La partita delle Politiche è tutta da giocare e Renzi sfida i numeri: “Saremo anche al 2% ma gli facciamo una paura da matti” al centrodestra visto che “la Meloni ha deciso di cambiare la legge elettorale un minuto dopo che noi abbiamo deciso di andare con il centrosinistra, cercando così di cambiare le regole del gioco ma porta sfiga Giorgia, fidati”. Toni molto più duri, da una Leopolda che ha accolto i tre ministri del governo ospiti – Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Giuseppe Valditara – tra gli applausi all’indirizzo di Meloni che si lamenta di essere bersaglio dell’odio: “La leadership non è cavalcare l’odio”, “voglio dire alla presidente del Consiglio che un leader non è colui che cavalca l’odio per estremizzare il Paese, un leader è chi rispetta chi non la pensa come lei, un leader è quello che fa dimettere un ministro che paragona un partito di opposizione alle Brigate Rosse”.
Il ministro, come noto, è Luca Ciriani, Da parte sua anche la capogruppo a Montecitorio Maria Elena Boschi attacca la premier: Meloni che con Fdi è “campione di vittimismo” “ha un po perso lucidità”, dice, perchè “se in questi anni c’è qualcuno che ha seminato odio contro gli avversari politici o organizzato manifestazioni sotto le nostre case quelli sono quelli di Fratelli d’Italia”.
Giù il sipario, dunque, sulla Leopolda 13 con il ricordo di Sammy Basso “vero modello per i ragazzi” e l’invocazione, a proposito della longevità (“stiamo entrando nell’era della longevità”), argomento di cui discutevano anche Putin e Xi Jinping, suggerita dal finale di “Blade Runner”, film molto amato da Renzi: “Dammi più vita, padre”.
Tennis, Rune attacca l’ATP: volete che un giocatore muoia in campo?
Roma, 5 ott. (askanews) – A Shanghai, Holger Rune conquista la vittoria contro Ugo Humbert (6-4 6-4), ma la notizia non è solo il risultato. È il suo sfogo, furioso e diretto, contro l’ATP. Durante un medical time-out, piegato dal caldo e dall’umidità soffocante, il danese ha lanciato un’accusa durissima: “Perché l’ATP non ha una regola sul calore? Volete che un giocatore muoia in campo?”.
Parole pesanti, pronunciate dopo 31 minuti di gioco in condizioni al limite della sopportazione. Rune, visibilmente provato, ha chiesto l’intervento dei medici mentre l’arbitro lo osservava preoccupato. È solo l’ultimo episodio in una settimana segnata da malori e ritiri: nei giorni scorsi, Francisco Comesana e Yunchaokete Bu erano stati costretti a fermarsi, e anche Medjedovic e Atmane avevano mostrato segni di cedimento fisico.
Dopo il match, Rune ha spiegato meglio la sua posizione a TV2: «Stavo davvero soffrendo, ma non è durato a lungo e sono migliorato. I fisioterapisti mi hanno detto di concentrarmi sulla respirazione e mi hanno mantenuto calmo. Fa parte del gioco, ma il caldo era insopportabile. Siamo europei, non siamo abituati a queste condizioni, e mi sono detto che sarebbe stato difficile anche per lui (Humbert, ndr)».
Un grido condiviso anche da altri tennisti. Arthur Rinderknech, intervistato da L’Équipe, ha confermato: «È difficile persino respirare. Non so se in TV si capisce, ma in campo è come giocare in una sauna. Non è più una partita di tennis, è sopravvivenza».
Schlein: solidarietà e vicinanza agli attivisti Meaan scampati ai raid russi
Roma, 5 ott. (askanews) – “Voglio esprimere la mia vicinanza e solidarietà ai 110 attivisti italiani scampati stanotte ai raid russi su Leopoli. Partiti da Kiev si sono trovati sotto il massiccio attacco russo, di ritorno dalla decima missione Mean, Movimento europeo di azione non violenta. A loro va anche la mia gratitudine, e quella della comunità dem, per tutta l’opera di volontariato, cooperazione e aiuto che continuano a svolgere, sostenendo la forte volontà della popolazione ucraina di continuare e a vivere e riscostruire. Tra loro c’erano anche alcuni amministratori e attivisti del Partito Democratico che ho sentito e che abbraccio e ringrazio per l’impegno costante per la solidarietà e la pace”. Lo ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein.
Formula1, Russell trionfa a Singapore: dominio Mercedes
Roma, 5 ott. (askanews) – George Russell conquista il Gran Premio di Singapore con una gara impeccabile dall’inizio alla fine, firmando la sua seconda vittoria stagionale dopo una prova di forza senza sbavature. Partito dalla pole, l’inglese della Mercedes scatta perfettamente al via, resiste all’attacco di Max Verstappen e costruisce giro dopo giro un margine di sicurezza che nessuno riesce mai davvero a mettere in discussione. Dietro di lui, l’olandese della Red Bull si difende con mestiere dagli assalti delle due McLaren, con Lando Norris e Oscar Piastri protagonisti di un duello acceso e non privo di tensione interna. Gara regolare ma completamente priva di acuti per la Ferrari: un ottimo spunto al via permette a Charles Leclerc di candidarsi alla top five ma Andrea Kimi Antonelli gliela soffia a otto giri dalla bandiera a scacchi. Noie ai freni rallentano negli ultimi due giri Lewis Hamilton che salva in volata il settimo posto su Fernando Alonso.
Governo, Conte: aumento dazi e sbarchi smascherano propaganda Meloni
Roma, 5 ott. (askanews) – “Prometteva falsamente un “blocco navale subito” invece gli sbarchi di migranti aumentano rispetto all’anno scorso, anche nel mese di settembre. E il blocco navale illegale lo ha fatto Israele contro gli italiani della Flotilla a Gaza, senza una mezza condanna di Meloni a Israele. Garantiva che avrebbe fatto da ponte con Trump per tutelare gli interessi dell’Italia, invece sui dazi abbiamo preso una batosta con un 15% a carico di imprese e lavoratori e ora anche il rischio di dazi al 107% sulla pasta italiana. Meloni farebbe meglio a fare meno propaganda per sé e a lavorare di più a difesa degli italiani e dei loro interessi”. Lo afferma via social il presidente M5s Giuseppe Conte.
Rubio: c’è ancora molto da fare prima della finalizzazione dell’accordo su Gaza
Roma, 5 ott. (askanews) – Il conflitto a Gaza non è ancora finito e c’è ancora molto lavoro da fare prima che Israele e Hamas finalizzino un accordo basato sul piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per porre fine ai combattimenti e liberare gli ostaggi. Lo ha affermato il segretario di stato di Washington, Marco Rubio. “Sapremo molto presto se Hamas fa sul serio o no da come andranno questi colloqui tecnici in termini logistici”, ha detto Rubio a “Meet the Press” su Nbc News, parlando dei colloqui che si terranno domani, volti a definire la logistica di uno scambio immediato di ostaggi in cambio di prigionieri.
12X12-Impatti: l’Italia che cambia negli scatti di fotografi contemporanei
Milano, 5 ott. (askanews) – La rielaborazione dell’identità visiva del Sud Italia, la crisi industriale di Taranto e la denuncia dell’inquinamento in Veneto. Sono alcuni dei progetti vincitori di “12X12 – Impatti”, il concorso fotografico promosso da at, autolinee toscane, e dal Festival internazionale di fotografia Cortona on the move. L’edizione 2025, la quinta, ha dato voce a 11 fotografi emergenti che hanno saputo interpretare il tema degli “Impatti”, intesi come le tracce che ogni movimento, sia di una persona che di un’idea, lasciano nel mondo.
I progetti vincitori incarnano il concetto del cambiamento del territorio a causa della presenza dell’uomo: dalla denuncia dell’inquinamento da Pfas in Veneto con Water Mother di Michele Cardano, al racconto della crisi industriale ed ecologica di Taranto con Taranto non vuole morire di Maria Pansini; dal progetto Inshallah di Nicolas Brunetti che dà voce ai giovani musulmani cresciuti nella città spagnola Ceuta, all’indagine di Valentina De Santis sulla conformazione urbanistica di Artena in I fought the law and the law won.
Non mancano progetti che esplorano dimensioni culturali e sociali: il diario visivo delle sottoculture punk e rap bolognesi in (BO)yz N The Hood di Tommaso Palmieri; l’intimo racconto di Loredana Denicola sull’impatto della malattia con L’oscurità, ma io ho una luce; il lavoro di Leonardo Bocci, Paesaggio Temporaneo, che documenta paesaggi in trasformazione nell’era dell’Antropocene; e Lascia la luce accesa di Claudia Deganutti, che celebra l’autonomia quotidiana di due ragazzi con sindrome di Down. Infine, Viola di Mauro Curti racconta la dismissione delle stazioni sciistiche come simbolo della crisi climatica, Parallel Eyes di Alessia Rollo rielabora l’identità visiva del Sud Italia oltre stereotipi e pregiudizi, e Mestieri nei quartieri di Anna Sagramola racconta le attività di quartiere come baluardi di identità e spazi di resistenza ai profondi mutamenti urbani di Milano.
“Con questa edizione di 12×12 abbiamo voluto premiare fotografi e fotografe che hanno saputo raccontare il tema degli impatti con coraggio, efficacia e uno stile unico – dichiara Tommaso Rosa, responsabile Marketing, brand e comunicazione di at – autolinee toscane. “Le loro opere ci ricordano che la sostenibilità non è solo una tematica ambientale, ma anche sociale e culturale: significa cambiare il nostro sguardo sul presente, generare nuove consapevolezze e stimolare comportamenti più responsabili. È lo stesso impegno che guida ogni giorno noi di autolinee toscane, perché anche un gesto semplice come scegliere di salire su un autobus non è soltanto una soluzione di mobilità, ma un atto concreto di attenzione verso il territorio e chi lo vive”.
Con “12×12 – Impatti”,autolinee toscane prosegue nel suo impegno di costruire una cultura del trasporto pubblico che va oltre la dimensione dello spostamento, abbracciando ambiente, società e cultura. Ogni progetto vincitore sarà pubblicato, uno al mese, a partire da settembre, sul profilo Instagram di at, oltre a essere inserito sui canali di comunicazione aziendali e replicati sui canali di Cortona On The Move. Inoltre, i fotografi e le fotografe vincitori prenderanno parte a un percorso di tutoraggio e formazione guidato da Simone Donati, curatore del progetto, con l’obiettivo di sviluppare e completare al meglio i propri percorsi fotografici.
Renzi a Meloni: leader non è chi cavalca odio per estremizzare Paese
Firenze, 5 ott. (askanews) – “La leadership non è cavalcare l’odio”, “voglio dire alla presidente del Consiglio, da un luogo che ha accolto i ministri con un applauso, un leader non è colui che cavalca l’odio per estremizzare il Paese, un leader è chi rispetta chi non la pensa come lei, un leader è quello che fa dimettere un ministro che paragona un partito di opposizione alle Brigate Rosse”. Lo ha detto il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nel suo discorso di chiusura della Leopolda 13 a Firenze.
Renzi: senza Casa riformista tra due anni Quirinale è Casa sovranista
Firenze, 5 ott. (askanews) – “L’obiettivo di Casa riformista non è fare la somma dei vari partiti”, “dei sindaci si sono trovati qui perchè la Leopolda si è messa a disposizione, senza voler mettere il cappello” per costruire la Casa riformista. “Senza Casa riformista il Quirinale tra due anni diventa Casa sovranista con la Meloni al Quirinale: o facciamo il 10% o succede questo”. Lo ha detto il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nel suo discorso di chiusura della Leopolda 13 a Firenze.
Giornata mondiale degli insegnanti, Unicef: il mondo investa nell’istruzione
Roma, 5 ott. (askanews) – Oggi, in occasione della Giornata mondiale degli Insegnanti, l’UNICEF ricorda che gli insegnanti sono il cuore di un’istruzione di qualità; eppure, nel 2024 solo il 31% dei paesi disponeva di sistemi efficaci di sviluppo professionale degli insegnanti, meno della metà rispetto all’obiettivo del 64%. “A livello globale, il numero di bambini e giovani che non frequentano la scuola (OOSC) si aggira intorno ai 265 milioni da un decennio, ma le ultime stime mostrano che nel 2023 gli OOSC erano 272 milioni. Si prevede che gli Aiuti Pubblici allo Sviluppo (ODA) destinati all’istruzione diminuiranno di 3,2 miliardi di dollari USA, con un calo del 24% rispetto al 2023. Tale diminuzione farebbe aumentare il numero di bambini non scolarizzati in tutto il mondo da 272 milioni a 278 milioni. Nessun bambino dovrebbe essere privato del diritto a imparare e a costruirsi un futuro: garantire insegnanti formati, motivati e sostenuti significa non solo offrire conoscenza, ma anche protezione, speranza e opportunità di vita”, ha dichiarato Nicola Graziano, Presidente dell’UNICEF Italia. In contesti di crisi, 234 milioni di bambini necessitano di sostegno per accedere a un’istruzione di qualità, con un aumento stimato di 35 milioni negli ultimi tre anni. Di questi 234 milioni di bambini, 85 milioni non frequentano affatto la scuola: il 52% sono bambine, il 17% sono rifugiati o sfollati interni e oltre il 20% sono bambini con disabilità. A Gaza, a luglio 2025, 1.466.000 bambini si trovano ad affrontare difficoltà nella loro istruzione. A giugno 2025, erano stati colpiti 588 edifici scolastici, di cui 538 nella Striscia di Gaza (95,4%) e altri 50 nella Cisgiordania. In Sudan, più di 17 milioni dei 19 milioni di bambini in età scolare sono rimasti fuori dalla scuola. Ad Haiti, l’escalation della violenza delle bande e i disordini civili hanno lasciato oltre 1,4 milioni di bambini con un urgente bisogno di sostegno all’istruzione. Mentre il mondo si avvicina alla scadenza dell’Agenda 2030, la scheda di valutazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) per l’Obiettivo 4 sull’istruzione mostra risultati contrastanti: alcuni paesi stanno procedendo troppo lentamente per raggiungere gli obiettivi SDG, mentre molti altri stanno compiendo buoni progressi. Ad esempio, mentre il 25% dei paesi registra una stagnazione nella frequenza dell’istruzione della prima infanzia, il 34% sta compiendo rapidi progressi verso il raggiungimento dei propri obiettivi nazionali.
A livello globale, l’UNICEF lavora per rafforzare l’accesso degli insegnanti a uno sviluppo professionale continuo e di alta qualità, adattato al loro contesto e alle loro esigenze locali. Inoltre, l’UNICEF sostiene e investe nel tutoraggio e nel sostegno, nell’accesso alle risorse, nei gruppi di sostegno tra coetanei e nella leadership di supporto. “Investire negli insegnanti significa investire nel futuro. L’UNICEF continuerà a lavorare perché ogni insegnante sia sostenuto, ogni aula sia inclusiva e ogni bambino, ovunque nel mondo, possa avere l’opportunità di imparare. In questa Giornata mondiale degli Insegnanti, desideriamo esprimere la nostra gratitudine a tutte le insegnanti e a tutti gli insegnanti che, con coraggio e dedizione, continuano a guidare i bambini nel loro percorso formativo, anche nei contesti più difficili. È fondamentale che i governi e la comunità internazionale investano con urgenza nell’istruzione, perché ogni bambino, ovunque si trovi, possa contare sulla presenza di un insegnante al suo fianco”, ha concluso Nicola Graziano, Presidente dell’UNICEF Italia.
MotoGp, Marquez: "Rotti i legamenti della clavicola"
Roma, 5 ott. (askanews) – “Non posso dire di stare molto bene, ma tutto sommato è andata bene”. Così Marc Marquez diopo la caduta in Indonesia che ha determinato il suo ritiro. “Sembra che i legamenti della clavicola siano rotti – continua – ma è solo una supposizione. Stasera volerò a Madrid e mi sottoporrò a un controllo approfondito per vedere cosa c’è che non va. Bezzecchi? Sono cose che capitano nelle corse. È venuto a chiedermi scusa. Ci riprenderemo nel tempo che diranno i medici. Poteva andare peggio.” “Dobbiamo capire cosa c’è alla clavicola a Madrid. Sembra che sia il legamento, o una rottura o una lussazione. Certamente non è il miglior modo dopo aver vinto il campionato, ma così sono le gare e Marco è già venuto a chiedere scusa. Sono comunque contento, perché sì parliamo del braccio destro, ma la clavicola non sarà un problema per quanto successo negli anni scorsi. Stanotte volerò a Madrid e sentiremo cosa dirà il dottore e cercherò di tornare il prima possibile, ma rispettando quello che diranno i dottori.”
MotoGP, Aldeguer guarda avanti: "Obiettivo Phillip Island"
Roma, 5 ott. (askanews) – Fermin Aldeguer conquista il primo successo in MotoGP con una prestazione da incorniciare, in cui prende possesso del primo posto dopo otto giri e va in allungo fino alla bandiera a scacchi. Prestazione dominante del pilota del team Gresini, che tuttavia dimostra una maturità ben superiore a quella dei suoi 20 anni, quasi da pilota navigato.
“È stata una bella sensazione, anche se con questo caldo non me la sono goduta al massimo. È stata una gara lunga e anche in parco chiuso faceva molto caldo”, queste le sue parole a Sky Sport MotoGP. “Sicuramente questo weekend mi dà fiducia e motivazione per credere di più in me. Penso che tante persone non se l’aspettassero, e forse neanche io mi aspettavo di vincere così presto”.
“Non voglio rilassarmi, voglio andare avanti. Phillip Island è una pista che mi piace tantissimo, sono sempre andato forte anche in Moto2, lì ho vinto la mia ultima gara prima di questa. Proverò a fare il massimo, noi vorremo essere competitivi, continuare a imparare e avere sempre la velocità. Poi il risultato arriverà di conseguenza”, ha aggiunto.
Fondamentale anche il lavoro eseguito nella mattinata indonesiana: “A livello di elettronica e nel modo di scaldare le gomme abbiamo fatto qualche cambiamento dopo il warm up. Penso che abbiamo fatto un bel passo avanti, mi sta aiutando a essere più pronto nei primi giri”.
Tennis, da Pechino a Pechino: Errani e Paolini dominano il doppio
Roma, 5 ott. (askanews) – Da Pechino a Pechino, Sara Errani e Jasmine Paolini confermano il loro dominio nel doppio. Un anno dopo, le azzurre si laureano campionesse al China Open, conquistando il quarto titolo del 2025 e superando in finale la coppia composta dalla giapponese Kato e dall’ungherese Stollar con il punteggio di 6-7, 6-3, 10-2 in un’ora e 34 minuti. Una finale che ha visto le italiane crescere col passare dei giochi, diventando praticamente ingiocabili per le avversarie al loro primo torneo insieme.
L’inizio è equilibrato. Kato e Stollar partono meglio, creando subito occasioni per strappare il servizio, ma le azzurre restano in partita. Errani e Paolini, però, sbagliano nei momenti decisivi: sul 4-3 non sfruttano tre palle break consecutive e sul 5-4 non concretizzano due set point concessi dalle avversarie. Il tiebreak è un monologo di Kato e Stollar, che chiudono 7-1 dopo 50 minuti.
Dal secondo set, però, cambia tutto. Errani e Paolini ritrovano il loro copione migliore: Jasmine manovra da fondo e Sara si fa sentire a rete. Subito il break iniziale, poi le italiane confermano il vantaggio, concedendo solo due punti al servizio e chiudendo con un secondo break. Nel super tiebreak finale Kato e Stollar non hanno più armi: le azzurre dominano e chiudono 10-3 con una volée risolutiva di Errani.
Con questo successo, Errani e Paolini conquistano il nono titolo di coppia e il quarto del 2025: tre WTA 1000 (Doha, Roma e Pechino) e uno Slam (Roland Garros), oltre alla seconda Billie Jean King Cup consecutiva. Il trionfo al China Open vale anche il primo posto nella Race WTA di doppio, con le azzurre già certe di un posto alle Finals di Riyadh e davanti a Townsend/Siniakova.
Attivista turco flotilla: Greta Thunberg picchiata davanti a noi
Roma, 5 ott. (askanews) – “Hanno trascinato la piccola Greta (Thunberg) per i capelli davanti ai nostri occhi, l’hanno picchiata e costretta a baciare la bandiera israeliana. Le hanno fatto cose inimmaginabili, come monito per gli altri”. Lo ha dichiarato Ersin Celik, giornalista e attivista turco a bordo della Sumud Global Flotilla diretta a Gaza. Confermando i maltrattamenti subiti dalla giovane attivista svedese, su cui erano già sabato emerse indiscrezioni.
Arrestato insieme ai 437 attivisti, parlamentari e avvocati che facevano parte della flottiglia – una coalizione di oltre 40 navi che trasportavano aiuti umanitari con l’obiettivo di rompere il blocco marittimo su Gaza – anche lui, come molti altri attivisti rilasciati dopo una breve detenzione nello stato ebraico, ha descritto le angherie e i duri trattamenti subiti dagli israeliani.
E secondo gli attivisti, la più colpita è stata proprio Greta Thunberg. Quest’ultima stessa ha descritto i duri trattamenti subiti, secondo un funzionario svedese che ha visitato lei e altri otto svedesi reclusi. La donna di 22 anni “ha riferito di disidratazione. Non le è stata data acqua e cibo a sufficienza. Ha anche riferito di aver sviluppato eruzioni cutanee che sospetta siano state causate dalle cimici”, ha dichiarato il ministero degli Esteri svedese in un’e-mail ai suoi parenti, visionata dal Guardian. L’attivista ha anche “parlato di trattamenti duri e ha affermato di essere rimasta seduta per lunghi periodi su superfici dure”.
Lorenzo D’Agostino, giornalista e attivista italiano, ha dichiarato, dopo essere stato trasferito a Istanbul, che Greta Thunberg è stata “avvolta nella bandiera israeliana e portata in giro come un trofeo”. Un’altra detenuta avrebbe riferito a un’altra ambasciata di aver visto l’attivista svedese costretta a reggere bandiere – la cui nazionalità non è stata specificata – mentre era fotografata. Greta Thunberg, per questo, si è chiesta se fossero state diffuse sue foto.
Lo stesso trattamento avrebbe riguardato un altro membro della flottiglia, secondo il quotidiano britannico, che sostiene che queste accuse siano state confermate da almeno altri due membri della flottiglia.
Il team legale italiano della flottiglia ha affermato che i detenuti sono stati lasciati senza cibo né acqua per ore, fatta eccezione per un “pacchetto di patatine consegnato a Greta (Thunberg) e mostrato alle telecamere”.
L’ambasciata israeliana in Svezia ha respinto le accuse di maltrattamenti, definendole “totali bugie”. A “tutti i detenuti coinvolti nella provocazione Hamas-Sumud è stato concesso accesso ad acqua, cibo e servizi igienici; non è stato negato loro l’accesso a un avvocato e tutti i loro diritti legali, incluso l’accesso alle cure mediche, sono stati pienamente rispettati”. La sede diplomatica ha aggiunto: “Israele è e rimarrà uno stato di diritto, impegnato a tutelare i diritti e la dignità di tutti gli individui in conformità con gli standard internazionali”.
Zelensky: attacco russo con più di 50 missili e 500 droni, 5 morti
Milano, 5 ott. (askanews) – “Questa notte l’Ucraina è stata nuovamente sotto un attacco combinato russo: più di 50 missili e circa 500 droni d’attacco. Hanno colpito con missili da crociera, Shahed e Kinzhal. Le regioni di Leopoli, Ivano-Frankivsk, Zaporizhzhia, Chernihiv, Sumy, Kharkiv, Kherson, Odessa e Kirovohrad sono state colpite. Al momento sono circa 10 le persone ferite a causa dell’attacco. Purtroppo, cinque sono morte”. Lo scrive sul suo canale Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Oggi i russi hanno nuovamente colpito la nostra infrastruttura, tutto ciò che garantisce una vita normale per le persone. Serve più protezione, una realizzazione più veloce di tutti gli accordi di difesa, specialmente per quanto riguarda la difesa aerea, per privare di senso questo terrore aereo – ha aggiunto – Un cessate il fuoco unilaterale nello spazio aereo è possibile, e proprio questo potrebbe aprire la strada a una vera diplomazia”. “L’America e l’Europa devono agire per costringere Putin a fermarsi”, ha concluso.
In Ucraina un raid russo nei pressi di un treno con 110 attivisti italiani
Milano, 5 ott. (askanews) – “Durante il nostro viaggio di solidarietà alle popolazioni ucraine in guerra, mentre eravamo in transito nella zona ovest dell’Ucraina, a circa tre ore da Kiev nell’area di Zythomir, sono iniziati i bombardamenti. Siamo stati testimoni di raid russo che ha colpito la zona vicina al passaggio del nostro treno. A bordo con me i 110 attivisti italiani che hanno preso parte a questa decima missione nel Paese del Mean, Movimento europeo di azione nonviolenta. Abbiamo capito subito che si trattava di droni, il treno si è fermato per sicurezza e ci siamo preparati a evacuare il convoglio”. Lo fa sapere in una nota Paolo Della Rocca, attivista del Movimento di volontariato italiano che ha preso parte alla missione iniziata lo scorso primo ottobre, rassicurando sulla sicurezza sua e dei volontari lui in viaggio.
“Ora siamo appena arrivati al confine polacco. Per noi in ogni caso è importante essere qui, come Movimento di volontariato italiano vogliamo rompere l’isolamento, restituire speranza e costruire legami duraturi – prosegue – La pace non si costruisce a distanza, ma con la presenza e la corresponsabilità. È fondamentale per noi che questo episodio che ci ha visto protagonisti non distolga ma anzi accentui l’attenzione su ciò che gli ucraini vivono ogni giorno” ha concluso.
Leighton dava fastidio, per questo l’«internazionale nera» voleva farlo fuori
Tre giorni prima dell’attentato del 6 ottobre, Bernardo Leigthon aveva partecipato a un convegno organizzato dai giovani dc di Roma sull’onda dello sdegno per la condanna a morte in Spagna di cinque oppositori di Franco. Prima e dopo l’esecuzione, le proteste internazionali accentuarono l’isolamento del regime fascista di Madrid. Erano gli ultimi colpi di coda della diffatura, il Caudillo sarebbe deceduto due mesi dopo. Invece un’altra dittatura, quella di Pinochet, nello stesso frangente storico provava a consolidarsi lungo l’asse di una “internazionale nera” che vedeva all’opera movimenti di estrema destra e figure del terrorismo neofascista.
Il leader cileno era pericoloso per Pinochet
Leigthon era il leader prestigioso di una Dc che aveva rotto i ponti con la giunta militare cilena, dopo le prime incertezze nei giorni del golpe contro Salvador Allende. Esule a Roma, testimoniava la speranza che maturassero in tempi brevi le condizioni per il ritorno alla democrazia nel suo Paese. Fu messo nel mirino perché costituiva agli occhi di Pinochet un vero pericolo: poteva essere lui il punto di riferimento dell’opposizione, saldando in una nuova alleanza le forze popolari, in primo luogo democrisiani e comunisti. La vicenda cilena aveva lasciato sul campo le scorie radioattive del massimilasmo socialista. In fondo gli articoli di Berlinguer su Rinascita, da cui scaturiva alla luce del dramma cileno la proposta di compromesso storico, erano la piena dissociazione dalla politica di Altamirano, segretario del partito socialista cileno.
I giovani dc scesero in piazza
La voce dell’attentato ad Anita e Bernardo Leighton giunse in serata, a qualche ora di distanza dall’accaduto: non c’erano i cellulari, né i social, contavano solo le agenzie di stampa e le notizie di radio e tv. Partì dai giovani la spinta alla mobilitazione, mentre a Piazza del Gesù non era chiaro quale risposta dare al gesto criminale. La manifestazione del 10 ottobre, con il grande corteo dal Colosseo a Piazza Santi Apostoli, fu promossa dal partito ma gestita dal Movimento giovanile. Grazie a D’Alema, segretario nazionale della Fgci, furono coinvolti gli Inti Illimani, rifugiati anche loro in Italia (ai Castelli Romani).

La defezione di Zaccagnini
Salirono sul palco in un clima di commozione generale e quando presero ad intonare “El pueblo unido” uno sventolio di bandiere bianche sommerse la piazza. Uno spettacolo difficilmente immaginabile solo qualche mese prima: a fine luglio, inaspettatamente, alla segreteria del partito era stato eletto Zaccagnini a seguito di un dibattito lacerante in Consiglio nazionale, il “parlamentino dc” al quale Fanfani, logorato oltremodo, aveva rimesso il mandato.
Qui si apre però una pagina ancora tutta da scrivere per l’ombra di mistero che circonda nella memoria di molti la defezione di Zaccagnini. Il segretario, infatti, si limitò a inviare un messaggio che il sindaco Darida lesse dal palco. Non fu ambiguità, ma prudenza. Ma prudenza per cosa?
Si terrà domani (14.30-17.30), nella Sala Regina di Palazzo Montecitorio, un convegno promosso da Anna Ascani e coordinato da Daniela Preziosi per ricordare la vicenda dell’attentato, egregiamente raccontato da Patricia Mayorga (Condor nero. L’Internazionale fascista da Pinochet a Roma, Paesi edizioni, 2025).
L’europeismo democratico cristiano inconciliabile con quello di marca neofascista
Dopo la guerra, l’idea d’Europa divenne il campo di prova di due concezioni politiche radicalmente diverse. Da un lato, il filone democratico-cristiano, animato da De Gasperi, Schuman e Adenauer, che vedeva nel progetto europeo un atto di riconciliazione morale e di rinascita civile. Dall’altro, una corrente neofascista e “terzaforzista”, che sognava un’Europa unita sotto il segno dell’autorità, contro il liberalismo occidentale e contro il comunismo.
La Terza forza contro la Comunità
Per la cultura neofascista emersa negli anni ‘70, l’Europa non era una comunità di popoli, ma una potenza da ricostruire in chiave imperiale. L’obiettivo non era la pace, bensì l’autonomia strategica: un continente-nazione da contrapporre a Stati Uniti e URSS. Teorici come Jean Thiriart e Adriano Romualdi esaltarono il mito dell’“Europa Nazione”, rigettando la democrazia parlamentare e i principi egualitari. L’unità andava fondata su gerarchia, disciplina e identità etnica.
All’opposto, i democratici cristiani concepirono l’Europa come risposta morale alle tragedie del secolo. Il vincolo sovranazionale era garanzia di pace e di libertà, frutto di un’ispirazione cristiana che faceva della dignità della persona il punto di partenza di ogni costruzione politica.
L’Europa di De Gasperi
De Gasperi fu il più coerente interprete di questo europeismo morale, radicato nella cultura cattolica e nella tradizione del personalismo. Per lui la comunità europea non era un espediente diplomatico, ma la forma politica di una nuova civiltà cristiana capace di superare le divisioni ideologiche e di fondare la pace sul rispetto reciproco fra i popoli.
Nel suo pensiero l’Europa coincideva con la democrazia organizzata della solidarietà, dove libertà e responsabilità si sostenevano a vicenda. È questo il tratto distintivo dell’europeismo democratico cristiano: l’unione non come potenza, ma come progetto morale.
Imperium contro solidarietà
Nel modello neofascista prevaleva un europeismo imperiale, fondato sull’idea di élite combattenti e sull’ostilità verso il pluralismo. In quello democratico-cristiano si affermava invece un europeismo solidarista, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa e al principio di sussidiarietà.
Il primo esaltava la forza come principio ordinatore, il secondo la cooperazione come strumento di pace. È la differenza, ancora oggi decisiva, tra chi crede nella supremazia e chi nella fraternità.
Laddove il neofascismo cercava nell’unità continentale una rivincita storica delle nazioni sconfitte, i partiti democratici cristiani vi vedevano la via per superare i nazionalismi stessi.
Nel contrasto fra queste due Europe — l’una autoritaria e identitaria, l’altra libera e solidale — si misura ancora oggi la distanza tra un’ideologia della potenza e un’idea di civiltà fondata sulla persona umana e sulla pace.
È questa la vera eredità dell’europeismo democratico cristiano: aver promosso un’Europa che non teme la libertà, perché sa che la libertà, senza la dignità dell’uomo, non è che un’altra forma di dominio.
Dov’è finito il federatore Onorato?
Eravamo molto curiosi di conoscere il peso politico, reale e non virtuale, della neonata “casa riformista” studiata, pianificata e gestita a tavolino dal duo Bettini/Renzi. E la ghiotta occasione, come ci hanno detto gli stessi protagonisti per molti mesi, era il voto per il rinnovo della Regione Marche. Che, almeno sino a lunedì prima dell’inizio dello spoglio, e sempre secondo i capi della coalizione di sinistra e progressista, doveva essere la rampa di lancio per abbattere il centrodestra alle future elezioni politiche nel 2027. E, all’interno di questa vittoria annunciata, non poteva mancare la performance della cosiddetta “tenda riformista”.
Un’operazione che conteneva la presenza di molte forze civiche della Regione Marche, coordinate e promosse anche dall’assessore di Roma ai grandi eventi Alessandro Onorato. Cioè di un personaggio, l’ennesimo, inventato dal diabolico Bettini, che avrebbe dovuto – almeno nelle intenzioni – farsi carico di un progetto civico e politico nazionale da ricondurre alla nascita della “casa riformista” pianificata, appunto, negli uffici romani dell’ex dirigente comunista.
Un risultato disastroso per la “tenda riformista”
Purtroppo, le cose sono andate diversamente dagli auspici. Il presidente uscente Acquaroli ha stravinto le elezioni, il “campo largo” – anzi, larghissimo – ne è uscito stravolto e, per restare alla “casa riformista”, ha rimediato un miserissimo 1,9%.
E, dulcis in fundo, del coordinatore del nuovo e rinnovato civismo politico centrista nazionale, appunto l’assessore romano Onorato, si sono perse le tracce. Cioè, non è più stato intercettato dai radar della comunicazione politica. Né, tantomeno, almeno per quanto ci risulta, ha commentato l’esito del voto marchigiano, dove c’era una grande attesa dopo l’attivismo dell’assessore capitolino con la convocazione di un’assemblea pubblica con centinaia e centinaia di amministratori locali in attesa del nuovo leader giovane, innovativo e aggregante benedetto dai capi della sinistra romana.
Quando il leader si costruisce dal basso
Insomma, per farla breve, il leader giovane inventato da Bettini non è decollato. Il risultato elettorale è stato una sonora batosta e il civismo riformista di centro è rimasto al palo.
Morale della favola: i progetti politici non nascono a tavolino e, tantomeno, possono essere il frutto e il prodotto di scelte estemporanee di esponenti della antica e mai dimessa nomenklatura.
E, soprattutto, i leader – come ci insegnava molti anni fa Carlo Donat-Cattin – sono il frutto della battaglia politica concreta nella società e non il prodotto della decisione di strateghi decisi dall’alto. Anche perché, per dirla con Sandro Fontana, “il carisma in politica o c’è o non c’è ed è inutile darselo per decreto”.
Una lezione per il futuro del centro
Ma non vorremmo che, dopo questi semplici richiami, il nostro simpatico Onorato mollasse definitivamente la presa. Il suo contributo, come quello di molti altri, è indubbiamente importante.
Ma per fare il leader di uno schieramento centrista e riformista – soprattutto in una coalizione dominata, gestita, pianificata e guidata dalla sinistra radicale, massimalista, populista, demagogica, estremista e ideologica – ci vuole veramente un leader e non una figurina sfornata dalla casa madre.
È una lezione che può e deve valere anche per il prossimo leader centrista, dopo Onorato, che si deciderà a casa Bettini.
Sudan, guerra senza fine. Nel silenzio del mondo
La terza grande guerra in corso, quella civile in Sudan, continua ad essere trascurata dai grandi media occidentali e conseguentemente dalle loro opinioni pubbliche, rimanendo sostanzialmente dimenticata. Oscurata dalle due principali, ma pure dalla persistente e ingiusta (oltre che incomprensibile, considerando l’impatto anche solo demografico del continente africano) sottovalutazione di quanto accade in Africa.
Il massacro di Al Fashir e l’allarme dell’ONU
Qualcosa però, forse, comincia a muoversi. Il recente eccidio di Al Fashir, capoluogo del Darfur settentrionale, regione nel sudovest del Sudan tristemente nota ai più anziani fra noi nel ricordo della terribile carestia da cui venne aggredita negli anni Ottanta del secolo scorso, ha acceso le luci sul conflitto.
L’autorevole quotidiano britannico The Guardian ne ha parlato come di una vicenda che già ora si può definire come una delle “pagine più buie” del XXI secolo. Il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha chiesto ai contendenti un cessate-il-fuoco immediato, naturalmente disatteso, ma per lo meno ha posto in primo piano mondiale anche quel conflitto.
La città assediata e la tragedia dei bambini
Lo scorso 20 settembre un massiccio attacco condotto con droni – ormai ovunque la nuova e più micidiale arma dei tempi attuali, in quanto la più economica – dai paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF) del generale Dagalo, detto Hemetti, che combattono da quasi tre anni contro le Forze Armate nazionali del generale al-Burhan, ha colpito i fedeli in preghiera presso la moschea Al Safiya, uccidendo oltre 70 persone, fra cui diversi bambini.
Al Fashir è sotto assedio da mesi, ultima città del Darfur ancora formalmente sotto controllo statale, ed è quindi diventata un obiettivo imprescindibile per Hemetti. La popolazione, come quella palestinese a Gaza, è intrappolata dentro la città. Più di 250 mila persone, oltre la metà delle quali sono bambini, che non possono essere neppure aiutate dalle organizzazioni umanitarie internazionali, impossibilitate a raggiungere la zona. Altre migliaia, non si sa quante, bloccate nei campi per gli sfollati approntati in un qualche modo nei dintorni della città, che è stata circondata dalle RSF con un muro costruito tutto intorno ad essa, avente solo due varchi per la possibile, ma sottoposta a molti limiti, evacuazione dei civili.
L’UNICEF riferisce di drammatiche conseguenze per i bambini: privati spesso dei loro genitori, a volte rapiti e, i più grandi, forzatamente reclutati nei gruppi paramilitari; in altri casi, ancora peggiori, uccisi o mutilati. Una tragedia che amplifica quella più generale di una guerra tra fazioni e tra due ignobili generali che ha causato – secondo stime “per difetto” – oltre 150 mila vittime, 12 milioni di profughi, 25 milioni di esseri umani ridotti alla fame. Dal che si comprende la nera valutazione di questa guerra proposta dal Guardian.
Il conflitto dimenticato e i mercanti d’armi
La nota giornalista Anne Applebaum ne ha scritto in un articolo apparso sullo statunitense The Atlantic come del “più nichilista conflitto sulla Terra”: una guerra civile dominata da “anarchia e avidità”. Senza che nessuno cerchi davvero la via per una trattativa, per far cessare la carneficina.
Anzi, come sempre in questi casi, i mercanti di armi, ovvero i mercanti di morte, hanno avuto occasione di arricchimento facendo pervenire alle parti in conflitto dotazioni sempre più micidiali, sempre più sofisticate. E pure alcuni Stati sovrani hanno finanziato questa insulsa guerra. Nonostante le smentite, pare accertato il sostegno degli Emirati Arabi a Hemetti e per contro di Egitto e Arabia a al-Burhan.
Non si intravedono al momento spiragli per una conclusione del conflitto fratricida. Soverchiato dagli altri due e dunque privo di quello spazio mediatico che, forse, potrebbe imporre un impegno della comunità internazionale per trovare le condizioni per una vera tregua.
Almeno una tregua. Ma per ora non si può sperare neppure in quella.
Milano Premier Padel P1, subito derby azzurro Cassetta-Dominguez
Roma, 4 ott. (askanews) – Dall’argento europeo conquistato con l’Italpadel maschile nel 2024, alla sfida da avversari che aprirà uno dei tornei di padel più importanti del mondo. Marco Cassetta e Facundo Dominguez stavolta si troveranno uno di fronte all’altro, nel primo turno dell’Oysho Milano Premier Padel P1. Il sorteggio all’Allianz Cloud – che ha visto proprio Cassetta protagonista del draw e degli accoppiamenti – regala al primo turno una sfida affascinante tra due giocatori che hanno segnato la storia azzurra del padel. Cassetta, torinese, giocherà con l’argentino Federico Chiostri; Facundo – nato a Mar Del Plata ma con il nonno di origine italiana – scenderà in campo con lo spagnolo Javi Martinez. Un derby, sottolinea una nota, che per Cassetta è quasi diventato un’abitudine: era successo nel primo turno del Milano P1 2022, quando con Simone Cremona vinse contro Di Giovanni/Cattaneo, e lo scorso anno, quando ha ritrovato Di Giovanni e Riccardo Sinicropi, passati poi al secondo turno.
Sarà proprio Lorenzo Di Giovanni un altro degli azzurri vicecampioni d’Europa in campo a Milano. Per l’abruzzese – ora in coppia con Simone Cremona, altro pilastro della Nazionale – ci sarà subito una sfida al massimo livello contro Jose Diestro e Victor Ruiz. Nella parte alta del tabellone spicca poi Flavio Abbate, grande talento siciliano convocato da poco in Nazionale in vista della Final 8 degli Europei 2025 in programma dal 21 al 25 ottobre. Il siracusano giocherà in coppia con il giovanissimo spagnolo Manuel Castaño, classe 2008, e al primo turno troverà una coppia di qualificati. Dalla Nazionale a Milano anche Aris Patiniotis, in coppia con Jesus Moya contro Jose Jimenez e Maxi Sanchez Blasco. Infine Alvaro Montiel, nato a Barcellona ma con sangue italiano da parte di madre e da due anni torinese d’adozione: anche lui farà parte della spedizione azzurra in Spagna, come Di Giovanni, Cremona, Abbate e Cassetta e come quest’ultimo ha un derby che lo attende: insieme a Juan Belluati, ‘Alvarito’ affronterà l’amico Enzo Jensen, che giocherà con Emilio Sanchez.
Nel tabellone femminile è in arrivo un esordio da urlo per Giulia Dal Pozzo, rivelazione del Milano P1 dello scorso anno, quando – con Caterina Baldi – partì dalle qualificazioni per arrivare agli ottavi di finale. L’italosammarinese, ufficialmente un’azzurra dopo le convocazioni del mese scorso, avrà al suo fianco Sandra Bellver per l’esordio contro le spagnole Tamara Icardo e Marta Ortega, quest’ultima un’istituzione del padel al femminile. Più morbido sulla carta il debutto di Carolina Orsi, top player italiana, che con l’argentina Martina Fassio troverà Sofia Saiz e Marta Talavan.
Secondo round Regionali in Calabria, centrodestra ‘vede’ il 2-0
Roma, 4 ott. (askanews) – E’ il secondo round della tornata di regionali che si chiuderà a fine novembre e di certo, sia maggioranza che opposizione, ci arrivano con meno tensione di quanto sia accaduto per le Marche. Perché la Calabria, in cui Roberto Occhiuto cerca la riconferma, sembra decisamente meno contendibile per il centrosinistra. E se si considera che la scorsa settimana il super meloniano Francesco Aquaroli ha vinto con ben 8 punti di distacco, ben si comprende quanto la strada si presenti in salita per il ‘campo largo’ che anche in questo caso è riuscito a compattarsi su un unico candidato: Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps e attualmente europarlamentare del M5s.
Questo turno elettorale ha poi una genesi a sé, visto che la Calabria è l’unica che non arriva al voto per la scadenza della legislatura ma a seguito della decisione del governatore in carica di dimettersi dopo essere stato indagato per corruzione. “Siano gli elettori a giudicarmi”, ha ribadito ancora ieri in un’intervista a Repubblica nella quale ha spiegato anche di non essere scaramantico e di essere sicuro che si possa “moltiplicare per due” l’effetto Marche. Più irta la strada del candidato del centrosinistra, uno dei ‘padri’ del reddito di cittadinanza, sebbene sul suo nome la convergenza dei partiti del campo largo sia avvenuta in tempi abbastanza rapidi, considerando anche l’inattesa chiamata alle urne.
Insomma, il centrodestra si avvicina all’appuntamento con un deciso ottimismo e la netta convinzione di portare sul due a zero parziale il risultato della partita per le regionali che si completerà con Toscana (prossimo fine settimana) e poi, il 23 novembre, con Puglia, Campania e, soprattutto, Veneto.
Se dunque la sfida tra i due principali contendenti (c’è anche un terzo candidato, Francesco Toscano, presidente di Democrazia sovrana popolare) potrebbe lasciare poca soddisfazione agli amanti della suspense, più interessante potrebbe essere la ‘conta’ dei voti di lista dei singoli partiti della coalizione. Sopratutto nel centrodestra. Al netto delle varie liste collegate, infatti, pressoché scontato è il buon risultato di Forza Italia, essendo il partito che esprime il candidato presidente: quattro anni fa il consenso era stato del 17,3%. Per Occhiuto, poi, la ‘sfida’ personale è quella di confermare, se non superare, il 54 per cento dei voti ottenuti nel 2021.
Nella precedente tornata in Calabria, invece, Lega e Fratelli d’Italia erano arrivate sostanzialmente appaiate con la prima all’8,3% e la seconda all’8,7%. Matteo Salvini ha fatto sapere di essere convinto che il partito supererà il 10%, i meloniani dal canto loro hanno schierato anche pezzi grossi come la sottosegretaria all’Interno, Wanda Ferro.
In totale sono 1,9 milioni i cittadini chiamati al voto in Calabria. Le urne saranno aperte domani dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15.
Gaza, marea umana invade Roma: "Siamo un milione". Tensione in serata
Milano, 4 ott. (askanews) – La tensione sale in serata, quando la manifestazione nazionale “Stop al genocidio” organizzata dai movimenti palestinesi a sostegno della popolazione di Gaza è già approdata a Piazza San Giovanni. E’ buio quando un gruppo di manifestanti decide di deviare improvvisamente dal percorso prestabilito nel tentativo di raggiungere Santa Maria Maggiore, venendo a contatto con le forze dell’ordine intorno a Piazza dell’Esquilino. Qui alcuni giovani incappucciati lanciano fumogeni contro gli agenti che rispondono con lacrimogeni e l’idrante. “Circa 200 individui travisati, appartenenti ai collettivi antagonisti, hanno tentato a più riprese e in ogni modo di raggiungere il centro storico” e “sono stati isolati, bloccati ed identificati a piazza Santa Maria Maggiore ed in via Lanza”, fa sapere la Questura, sottolineando che si è trattato di episodio isolato “a fronte di un complessivo svolgimento dell’iniziativa che è risultato regolare”.
Fino a quel momento il corteo nazionale promosso dai movimenti filopalestinesi per chiedere lo “stop al genocidio” a Gaza si svolge in modo tutto sommato pacifico. Roma è invasa da una marea umana – un milione secondo le stime degli organizzatori, 250 mila per la Questura – per una manifestazione colorata, partecipata e decisamente rumorosa. Nessun incidente durante il pomeriggio, soltanto cori e slogan contro la premier (“Meloni fascista, sei tu la terrorista”) da parte dei manifestanti che espongono cartelli prendendo di mira Meloni (“Giorgia donna madre cristiana sionista”) e il premier israeliano (Netanyahu criminale di guerra”). Non mancano bandiere di Hamas ed Hezbollah, sventolate dagli attivisti proPal, mentre dietro la testa del corteo spunta uno striscione con scritto “7 ottobre giornata della Resistenza Palestinese”. Ma a scatenare le polemiche più feroci da parte del mondo politico è stato l’atto di vandalismo compiuto in mattinata sulla statua di Papa Giovanni Paolo II davanti alla stazione Termini, imbrattata con una scritta ingiuriosa contro Wojtyla e con il simbolo della falce e martello.
Al grido di “siamo tutti antisionisti” i manifestanti, partiti da Piramide, sfilano lungo le vie del centro della Capitale passando dal Colosseo per raggiungere piazza San Giovanni. Al corteo, accanto agli organizzatori, partecipano anche Cgil, sindacati di base, associazioni come Anpi e Arci e diversi movimenti studenteschi ma anche migliaia di cittadini comuni. A Roma si riuniscono anche centinaia di antagonisti, anarchici e militanti dei centri sociali provenienti da tutta Italia. Imponente il piano per l’ordine pubblico messo a punto da Questura e Prefettura: lungo il percorso sono stati schierati migliaia di agenti in tenuta antisommossa, blindati e idranti, con presidi anche nei luoghi considerati più sensibili come le vie di accesso al quartiere ebraico.
La macchina per la sicurezza scatta di prima mattina, con controlli a tappeto su pullman e veicoli in arrivo nella capitale. La Questura fa sapere che a bordo di una macchina e due pullman sono state sequestrate maschere antigas, indumenti usa e getta utilizzati per scongiurare il rischio di identificazione da parte delle Forze di polizia, alcune aste metalliche ed in legno. Tutti “materiali non compatibili con un approccio pacifico alla manifestazione”, secondo la polizia: così una sessantina di persone finiscono in Questura anche per eventuali misure di prevenzione come il foglio di via obbligatorio dalla provincia di Roma e divieto di ritorno nella Capitale.
Il corteo si conclude in una piazza San Giovanni gremita di manifestanti, lasciandosi dietro un fiume umano lungo le vie del centro di Roma. Quando la testa della manifestazione è già giunta a destinazione, la coda si trova ancora al punto di partenza, con decine di migliaia di persone disseminate lungo il percorso. E’ un gruppo di 200 antagonisti a creare le uniche problematiche sul fronte dell’ordine pubblico nell’ambito di una manifestazione condotta in maniera pacifica e ordinata da decine di migliaia di persone.
Una marea umana a Roma per Gaza: “Siamo un milione”
Roma, 4 ott. (askanews) – Una marea umana ordinata e composta sta attraversando Roma per Gaza e la Palestina. “Siamo un milione”. l’annuncio trionfante degli organizzatori della manifestazione nazionale “Stop al genocidio” organizzata dai movimenti palestinesi a sostegno della popolazione di Gaza stato a bordo di un furgone della Cgil. “Roma bloccata. Siamo al fianco della causa palestinese e della giustizia per il popolo palestinese”, hanno aggiunto. Il corteo pacifico sta ancora sfilando tra bandiere, kefiah e striscioni contro Israele ma anche contro il presidente Usa Trump e la presidente del Consiglio Meloni.
Aapprezzamento di Trump per stop Israele a bombardamenti a Gaza. Ma raid uccide 10 persone
Roma, 4 ott. (askanews) – Mentre rimbalza la notizia di un attacco aereo israeliano che avrebbe ucciso 10 persone, tra cui bambini, a Gaza City, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso apprezzamento per il fatto che “Israele abbia temporaneamente interrotto i bombardamenti per dare la possibilità di liberare gli ostaggi e di concludere l’accordo di pace”.
“Hamas deve agire rapidamente, altrimenti tutto andrà perso”, ha scritto Trump su Truth Social, “Non tollererò ritardi, che molti pensano si verificheranno, o qualsiasi situazione in cui Gaza rappresenti di nuovo una minaccia”. “Facciamolo, VELOCEMENTE. Tutti saranno trattati equamente!” ha aggiunto, ribadendo una promessa apparentemente avanzata per mantenere entrambe le parti vincolate al fragile accordo.
Mentre è di dieci vittime, tra le quali figurano dei bambini, il bilancio di un attacco aereo israeliano nel quartiere di Tuffah a Gaza City. Le Idf non hanno per il momento rilasciato commenti a riguardo.
Flotilla, Greta Thunberg detenuta in dure condizioni in Israele
Roma, 4 ott. (askanews) – L’attivista svedese Greta Thunberg, imprigionata in Israele dopo aver viaggiato a bordo della Global Sumud Flotilla per spezzare il blocco di Gaza, è detenuta in condizioni difficili in un carcere israeliano. È quanto emerge dalla corrispondenza tra il ministero degli Esteri svedese e i collaboratori dell’attivista, visionata dal Guardian.
“L’ambasciata ha potuto incontrare Greta”, si legge in un’e-mail inviata dal ministero a persone vicine a Thunberg. “Ha riferito di disidratazione. Ha ricevuto quantità insufficienti sia di acqua sia di cibo. Ha anche affermato di aver sviluppato eruzioni cutanee, che sospetta siano state causate dalle cimici. Ha parlato di trattamenti duri e ha affermato di essere rimasta seduta per lunghi periodi su superfici dure”.
“Un’altra detenuta avrebbe riferito a un’altra ambasciata di averla vista [Thunberg] costretta a reggere bandiere mentre venivano scattate foto. Si è chiesta se fossero state distribuite sue immagini”, ha aggiunto il ministero.
li attivisti della flottiglia arrestati questa settimana sono detenuti nella prigione di Ketziot nel Negev.
Il Servizio Penitenziario Israeliano, le Forze di Difesa Israeliane e il Ministero degli Esteri israeliano non hanno risposto alla richiesta di commento del Guardian.
Boom Parmigiano Reggiano: caseifici aperti ed export da record
Noceto (Parma), 4 ott. (askanews) – Un viaggio nel cuore della Food Valley, dove da quasi mille anni si ripete un rito immutato: la nascita del Re dei Formaggi. Sono 45 i caseifici che aprono le porte per “Caseifici Aperti”, l’iniziativa del Consorzio del Parmigiano Reggiano che dopo il boom primaverile – con un +50% di visitatori – accoglie migliaia di appassionati tra caldaie fumanti, rottura del caglio ed estrazione della cagliata.
“Il Parmigiano Reggiano per sua natura molto di pi di un pezzo di formaggio – ricorda il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli -. Quindi chi compra Parmigiano Reggiano lo compra perch vuole comprare non solo un pezzo di formaggio ma tutta la cultura, il territorio, le storie, le persone e le esperienze che si possono vivere con il Parmigiano Reggiano. Perch il Parmigiano Reggiano diventi quello che la sua natura, un love brand, necessario visitare i luoghi di produzione, conoscere i casari, parlare agli allevatori. Allora quando approccio quel pezzo di formaggio capisco e vivo l’emozione, rivivo l’emozione che ho vissuto”.
E le emozioni non mancano tra i visitatori che affollano i caseifici delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova e Bologna. Nel 2024 oltre 180mila accessi, con il 50% di turisti stranieri: americani, tedeschi, francesi e inglesi. Tra loro anche volti noti come David Rocco, conduttore canadese del programma “Eating Dirty”, in tour nella Penisola alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche: “Qui in Italia siamo stati a Milano, Parma, scenderemo a Livorno, Napoli, Costiera Amalfitana e Sicilia: un bel tour. Stare qui nel caseificio, vedere questi muri di Parmigiano Reggiano un sogno”.
Un successo che si riflette anche nei numeri dell’export: nei primi otto mesi del 2025, per la prima volta nella storia, le esportazioni del Parmigiano Reggiano hanno superato le vendite in Italia, attestandosi al 53,2% – oltre 49mila tonnellate – con una crescita del 2,7%. Performance straordinarie su USA, Regno Unito e Canada, mentre consolidano le posizioni Francia e Germania.
“Mentre l’Italia sta soffrendo un po’ nei volumi, in conseguenza dell’aumento del prezzo del prodotto, del calo del reddito e del potere d’acquisto delle famiglie – spiega Bertinelli – l’internazionale sta proseguendo una crescita importante, in modo particolare determinati mercati, tra cui gli Stati Uniti. Oggi gli Stati Uniti sono il 24% del mercato totale del Parmigiano Reggiano, ma sono la grande traiettoria di sviluppo perch, fatto 100 il mercato di formaggi a pasta dura che l possono chiamare Parmesan, il Parmigiano Reggiano appena all’8%. Quindi si capisce la potenzialit di crescita”.
Ancora troppo pochi americani sanno distinguere il Parmigiano Reggiano dal “Parmesan” con la bandierina italiana. Per questo il Consorzio ha siglato una partnership pluriennale con i New York Jets, portando il Re dei Formaggi nel cuore dello sport pi popolare d’America.
Calcio, Torino-Lazio 3-3, pari Cataldi al 103’
Roma, 4 ott. (askanews) – Finale Thrilling all’Olimpico di Torino con la Lazio che beffa i granata e raggiunge il pari al 103′ dopo un lunghissimo check al Var che manda Cataldi sul dischetto: il centrocampista non sbaglia e firma il pari. La partita era stata aperta dal gol di Simeone (16′), poi ecco la doppietta di Cancellieri (24′ e 39′) a rianimare i biancocelesti prima dell’uno-due granata: pari di Adams (73′) e rete di Coco al 92′. Il match, però, finisce in parità.



















































