Etiopia, una nuova guerra minerebbe la stabilità dell’intera Africa.

Le milizie dell’Amhara in rivolta. Fatta la pace sul Tigray, di nuovo la guerra: i vescovi etiopici si dicono addolorati. Il conflitto colpisce l’aspirazione dell’Etiopia a divenire una nazione centrale per l’Africa.

L’Etiopia rischia di precipitare nuovamente nella guerra civile. A pochi mesi dagli accordi di pace di Pretoria nel novembre scorso sul Tigray, in un altro dei 9 stati regionali (detti kililoch, più le 2 città autonome di Addis Abeba e Dire Daua ) di cui si compone la repubblica federale etiope, è scoppiato un nuovo conflitto che vede contrapposti le forze armate federali, Forze di Difesa Nazionale Etiopi (ENDF), e la milizia Fano dello stato regionale centrosettentrionale dell’Amhara, che pure era stata alleata all’esercito di Addis Abeba nella guerra contro Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (Tpfl). 

La decisione dello scorso aprile del governo centrale di voler smantellare le unità paramilitari create da molti Stati regionali negli ultimi quindici anni per integrarle all’interno delle forze di sicurezza federali, aveva spinto la milizia amharana a ribellarsi. L’intensità degli scontri nella regione dell’Amhara, la seconda più popolosa del Paese dopo quella di  Oromia, è aumentata all’inizio del mese, tanto che il 4 agosto scorso il governo centrale  aveva dichiarato lo stato di emergenza che però non è servito ad evitare aspri combattimenti tra martedì e mercoledì scorsi con utilizzo di artiglieria e mezzi corazzati, che secondo testimonianze, riportate da Al Jazeera, di medici di Bahir Dar, la capitale dell’Amhara, hanno causato la morte o il ferimento di molti civili.

Ieri la Direzione generale dello stato di emergenza, un ente governativo federale, ha  affermato che in sei delle principali città amharane la ribellione è stata sedata.

“Siano stati tutti molto contenti che la pace sia stata raggiunta attraverso il dialogo” “Tuttavia, siamo addolorati nell’apprendere che un’altra guerra è iniziata prima ancora di assaporarne i risultati”. Così afferma la Conferenza episcopale cattolica dell’Etiopia, che lo scorso 7 agosto ha lanciato un forte appello alle parti ad un immediato cessate il fuoco. Sebbene i cattolici rappresentino appena l’1% della popolazione, l’Etiopia è un paese a maggioranza cristiana per la forte presenza della Chiesa Chiesa ortodossa etiopica dell’unità,  “tewahedo” in lingua ge῾ez, riferito alla natura di Cristo.

Tutta l’Africa rimane ancora interessata da fenomeni, che non paiono scoordinati o casuali, di destabilizzazione, ottenuti fomentando divisioni e scontri etnici e religiosi, con una presenza del cosiddetto fondamentalismo jihadista che appare sempre dove più è utile a creare un caos che fa ritardare lo sviluppo del continente e permette a interessi esterni di mantenere rapporti economici di tipo predatorio o neocoloniali. Per inciso, il governo talebano dell’Afghanistan ha proibito ai suoi cittadini di recarsi all’estero per la “guerra santa”, e l’Iran il cui ministro degli esteri Hossein Amir-Abdollahian ieri ha visitato il Sudafrica, non è certo ritenuto una minaccia per l’Africa. C’è qualcun altro che finanzia e pianifica l’azione di tali gruppi terroristici.

Il Corno d’Africa è una delle aree di maggior interesse strategico globale ed è stata interessata da continui conflitti, dalla Somalia, all’Etiopia, all’Eritrea. Stessa sorte di guerra è toccata allo Yemen che sta sulla sponda asiatica del Golfo di Aden.

L’Etiopia che un mese fa ha fatto richiesta di adesione ai BRICS, non è solo il gigante di quest’area, con un popolazione di 120 milioni e un pil che prima della guerra in Tigray cresceva mediamente dell’8% annuo, ma per storia, cultura posizione geografica aspira a  divenire una nazione centrale per l’Africa. Ospita la sede dell’Unione Africana ad Addis Abeba. Fomentare la guerra tra etnie in Etiopia significa dunque inceppare lo sviluppo di tutta l’Africa. Gli Stati Uniti avevano sostenuto l’uomo forte dell’Etiopia, solo formalmente multipartitica, l’attuale premier Abiy Ahmed Ali, premio Nobel 2019 per la definitiva pace con l’Eritrea, finendo poi per avvicinarsi alla causa delle milizie del Tigray. Ciò ha agevolato l’avvicinamento dell’Etiopia a Cina e Russia. Nell’aprile scorso il presidente del consiglio italiano è stata la prima leader di un governo occidentale in visita ad Addis Abeba dopo la guerra in Tigray e in un vertice trilaterale esteso al presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, si è parlato di come ristabilire la sicurezza, di ricostruzione, infrastrutture, sviluppo. Perché gli sviluppi della situazione in Etiopia hanno enormi ripercussioni per tutta l’Africa e per l’Europa. Per questo è interesse comune fare in modo che siano sviluppi positivi.