Il sonno dei partiti genera (anche) il mostro dell’astensionismo

Lo spazio pubblico avrebbe grande bisogno di profeti coraggiosi, portatori di speranze che giovano a tutti. Ora, se la partecipazione è un ‘dovere inderogabile’ del cittadino, deve essere anche incentivata e sollecitata.

Anche chi trionfa in una elezione, quando l’asseneismo è molto elevato, risulta essere una minoranza dell’elettorato, ma si definisce maggioranza. In Abruzzo e in Sardegna metà degli aventi diritto non ha votato; e vedremo cosa accadrà ale elezioni europee. Perché? Purtroppo non mi sembra che i Partiti se ne preoccupino; dovrebbero perdere il sonno, se sono convinti che la democrazia vive solo col consenso e se questo interpreta i cittadini. Appartiene a loro la sovranità (art.1 Cost.) “un dovere irrinunciabile“ la definì un padre costituente, per cui si cede sovranità rinunciando ad esercitare il diritto di voto. Chi non vota attribuisce parte della sua sovranità ad altri, che possono affidarla a rappresentanti che hanno idee e condividono valori diversi. 

Di chi la colpa? Di chi non vota certamente, ma la responsabilità più grave ricade su chi ne è causa. Perché votare se non non si possono scegliere i propri rappresentanti sia ideali che territoriali? Le liste sono bloccate e confezionate dalle segreterie dei Partiti; i candidati e gli eletti rispondono non ai cittadini ma ai loro ‘capi’. Non bastasse, la riduzione del numero dei parlamentari ha causato una grave diseguaglianza fra i cittadini che, in alcuni collegi, non possono contare su nessun parlamentare eletto. Ridurre la democrazia per risparmiare?! I patrioti resistenti hanno offerto la loro vita per risparmiare sugli organi istituzionali? 

La norma costituzionale secondo cui i parlamentari non hanno vincolo di mandato non può garantire la presenza di eletti in territori molto estesi. C’è molta insicurezza riguardo al futuro e perfino le innovazioni che dovrebbe renderci orgogliosi per il genio umano di cui siamo titolari, ci spaventano. Abbiamo bisogno di politici competenti, diligenti, trasparenti, austeri che accompagnano i cittadini nella complessità della nostra società e dei problemi planetari (non pensiamo solo alle guerre). Serve perciò un personale nei partiti prima e nelle istituzioni poi, preparato e appassionato. Non basta scegliere un cittadino – quidam de populo – per assicurarsi i voti per eleggere un sindaco, un presidente di Regione o un parlamentare. Quando poi al governo ci sono tecnici appare palese la differenza nel gestire i programmi di Governo.

Spero che i partiti vogliano analizzare profondamente i dati elettorali degli ultimi due decenni per convincersi che il nostro Paese non è bipolare e che le coalizioni sono in grado di ‘tenere insieme’ la nazione e che il sistema proporzionale con preferenze realizza il collegamento reale fra elettori ed eletti. Se i partiti non manifestano una minima resipiscenza, sarebbe necessario un referendum che modifichi la legge attuale. Personalmente vi aderirei. Potremmo superare un dibattito vano, che qualche volta viene sollevato, circa il fatto che negli organi di partito e nei gruppi parlamentari mancano esponenti identificati come portatori di interessi di riferimento.

Per la parte che mi sta a cuore, non vorrei che venissero cooptati dei cattolici come specchietti per le allodole, salvo poi isolarli sui cosiddetti diritti civili. Lo spazio pubblico avrebbe un grande bisogno di voci etiche, di profeti coraggiosi, portatori di speranze che giovano a tutti. Perciò i cattolici dovrebbero piuttosto partecipare alla vita di partito – ed essere accettati- negli organi con confronti approfonditi, portando all’interno dibattiti veri. Del resto non sono le statistiche a fornire la forza della rappresentanza ma il consenso certificato dal voto degli elettori che hanno condiviso visione e programmi delle forze politiche. È la partecipazione l’unico strumento che rende la cittadinanza un diritto vissuto e la forza della democrazia.

Se la partecipazione è considerata e vissuta come ‘dovere inderogabile’ del cittadino deve essere anche incentivata, sollecitata, arricchita di occasioni che la fanno crescere.

Non mi sembra la strada giusta quella della ‘occupazioni’ degli spazi vitali, come per esempio nella formazione delle liste per le prossime elezioni europee, da parte dei leader che si candidano come capilista in tutte le circoscrizioni. Non è leale verso le istituzioni, ed è umiliante per i candidati che hanno bisogno di essere…trascinati. E quanto a ragionevolezza e rispetto mi chiedo come ci si permette di ‘inventare’ candidati senza una storia politica, sottratti alle loro professionalità per catapultarli in un gioco che rischia spesso di non premiarli nemmeno col risultato.

La politica è cosa seria e probabilmente sarebbe considerata con maggior rispetto se i partiti con i loro leader facessero di tutto per farla considerare tale.

Ricorrendo la festa nazionale del 25 aprile varrà ricordate che il diritto al suffragio universale e il sistema repubblicano democratico parlamentare sono stati conquistati col sangue di tanti patrioti, che hanno letteralmente dato la vita per tutti noi, per essere quello che siamo, tutti uguali, senza distinzioni. Con una Costituzione che garantisce per tutti dignità e libertà. “Non c’è amore più grande che dare la vita pergli amici” (Giov. 15, 13).

 

[Il testo è tratto dalla newsletter diffusa ieri dall’autrice]