Il delisting del centro dal mercato elettorale di giugno

Le elezioni europee rappresentano un passaggio importante, sebbene non definitivo, ai fini della costruzione di un progetto destinato a rappresentare uno snodo fondamentale per il futuro della politica, non solo in Italia.

Le ormai prossime elezioni europee dovevano essere caratterizzate da una rinnovata e qualificata presenza del centro. Un centro che è stato più volte sbandierato e richiamato – e giustamente – in questi ultimi tempi perchè, come dicono praticamente tutti i sondaggisti, cresce una domanda nella vasta e composita pubblica opinione italiana che però non trova ancora una adeguata e compiuta risposta politica. Certo, le ragioni di questa mancata e credibile offerta politica sono molteplici e non è il caso di affrontarle una ad una anche perchè sono sufficientemente note ed oggettive.

Ma è indubbio che questo spazio politico, che non può essere un punto di partenza ma, semmai, un punto di arrivo nella vita pubblica italiana, va riorganizzato e presidiato come si suol dire. E questo perché nel nostro paese si governa “dal centro” e “al centro”. Al di là dei proclami e delle promesse delle campagne elettorali, della radicalizzazione della lotta politica e dello stesso bipolarismo muscolare che da anni, purtroppo, caratterizza la concreta dialettica politica italiana.

Ora, è appena sufficiente osservare lo scenario politico che si presenta nel nostro paese in vista delle prossime elezioni europee per rendersi conto che un partito di centro, o una formazione di centro o una politica di centro continuano a scarseggiare.

Se il progetto della Bonino attraverso gli “Stati d’Uniti d’Europa” ripropone una bella suggestione politica ma con una forte caratterizzazione radicale e laicista, la formazione di Calenda – in solitaria – è finalizzata a ritagliarsi uno spazio vitale in vista del post voto europeo; e ciò con l’obiettivo di dar vita, almeno così dice, ad un progetto politico di un nuovo partito che dovrebbe essere in grado di ricomprendere le tradizionali culture centriste e riformiste del nostro paese. Vedremo…

Infine Forza Italia che, almeno stando alle ultime dichiarazioni del suo segretario nazionale Antonio Tajani, intende rimarcare con forza e determinazione le ragioni di un centro politico e di governo nel nostro paese, seppur in stretta alleanza con la destra di governo.

Insomma, abbiamo tre proposte politiche vagamente centriste in conflitto l’una con l’altra ma che, almeno sino ad oggi, non evidenziano ancora una vera e propria formazione di centro che sia in grado di ricomporre un’area ancora troppo frammentata per poter giocare un ruolo politico decisivo e qualificante per gli stessi equilibri politici.

E se c’è un compito a cui non si può rinunciare, e che può e deve già partire da questa campagna elettorale, è proprio quello di lavorare per ricomporre l’area centrista nel nostro paese. Che non può che essere culturalmente plurale senza egemonie di sorta. Di chicchessia. Né solo quella radical/laicista; né esclusivamente quella tecnocratica/repubblicana/liberale e neanche quella cattolico/popolare e sociale. Solo un impasto di tutte le varie e articolate sensibilità culturali centriste, democratiche e riformiste, può dar vita ad un progetto politico realmente di centro che sia in grado di stringere alleanze da un lato ma senza rinunciare a giocare il proprio ruolo dall’altro.

Per questi semplici ma essenziali motivi le elezioni europee rappresentano un passaggio importante ma non definitivo ai fini della costruzione di un progetto – ovvero il centro e una “politica di centro” – che può e deve rappresentare uno snodo fondamentale per il futuro della politica italiana. E anche europea.