Ricordare Einaudi ricordando De Gasperi: siamo tutti loro debitori.

Si terrà domani in Campidoglio il convegno su “L’insegnamento di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita”. Qui l’autore riprende e sviluppa un punto specifico della sua prevista relazione.

Ricorrono oggi 24 marzo, 150 anni dalla nascita di Luigi Einaudi, l’economista, il governatore della Banca d’Italia, il presidente della Repubblica nato a Carrù nel 1874, ma anche il grande intellettuale pubblico che tanto ha contribuito al progresso civile, oltre che economico, del paese. È l’occasione per ricordarlo. E, tuttavia, tutte le volte che ricordiamo Luigi Einaudi dovremmo ricordare Alcide De Gasperi, e viceversa. È infatti dalla loro convergenza, dal loro incontro, dalla loro intesa che venne tanta parte della ricostruzione materiale e morale del paese dopo la guerra. Ebbero accanto negli anni della guerra giovani di grande valore, come Guido Carli e Sergio Paronetto. “Forse per prudenza, forse per caso, De Gasperi ed Einaudi – ha scritto Carli nelle sue memorie – avevano costruito in pochi mesi una sorta di ‘costituzione economica’ che avevano però posto al sicuro, al di fuori della discussione in sede di Assemblea costituente”. In che cosa consisteva quella loro “costituzione economica”? In due pilastri: l’economia aperta e l’economia mista come fattori indispensabili per lo sviluppo del paese. 

La prima scelta, quella a favore dell’economia aperta, consisteva anzitutto nell’impulso da entrambi dato all’adesione alle istituzioni di Bretton Woods, cioè la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, segno forte della collocazione geopolitica dell’Italia nel campo occidentale e della ritrovata immissione dell’Italia nell’economia internazionale; nonché nell’eguale impulso dato al processo di integrazione europea, nel quale entrambi sostennero con forza che occorresse partire dalla politica, e non dall’economia: e che la difesa europea avrebbe indotto ad avere un bilancio europeo, e il bilancio un parlamento. La seconda, quella relativa all’economia mista, consisteva nell’accettazione, sia pure a certe condizioni, della nuova economia pubblica, a cominciare dal mantenimento in vita dell’IRI e successivamente dalla creazione della Cassa per il Mezzogiorno. Istituzioni accettate e sostenute anche per la fiducia riposta in personalità straordinarie per integrità morale e competenza tecnica, su tutti Donato Menichella, che Einaudi definì un “tecnico insigne”. De Gasperi, Einaudi, Menichella: sono loro i grandi ricostruttori, e ad essi va aggiunto Ezio Vanoni. 

Ma c’è un’altra convergenza tra Einaudi e De Gasperi, che va al di là e che viene prima di quella pratica sulle concrete forme e opzioni della ricostruzione. Ed è la convergenza ideale di fondo, sia pure nella diversità dei loro percorsi intellettuali e politici. E la convergenza dice: la democrazia liberale si fonda sulle istituzioni e ha come fine la persona. Si legga il discorso di Einaudi in occasione del giuramento come presidente della Repubblica il 12 maggio 1948, in cui egli sostiene la necessità di “conservare della struttura sociale presente tutto ciò e soltanto ciò che è garanzia della persona umana contro l’onnipotenza dello stato e la prepotenza privata, e garantire a tutti, qualunque siano i casi fortuiti della nascita, la maggiore uguaglianza possibile nei punti di partenza”. Non possiamo, leggendolo, non rilevare l’affinità, l’idem sentire, il legame con il Testamento politico di De Gasperi (1942), in cui è forte la presenza di Paronetto: “la costituzione economica non si crea (…) con cieco automatismo delle forze libere in gara, come aveva sperato il liberalismo classico, ma si forma sotto il vigile controllo dello Stato che deve intervenire a disciplinare le forze libere e preservarle dagli uomini di preda”. In una lettera alla moglie, De Gasperi scrisse: “Ci sono uomini di preda, uomini di potere, uomini di fede. Io vorrei essere ricordato fra questi ultimi”. Einaudi e De Gasperi furono uomini di fede, capaci di quelli che Thomas Mann definì “investimenti di fede e di entusiasmo”, tipici dei costruttori e ricostruttori. Perciò, quando ricordiamo De Gasperi, ricordiamo Einaudi, e viceversa. Siamo tutti loro debitori.

 

Giovanni Farese

Giovanni Farese è professore associato di Storia dell’economia nell’Università Europea di Roma. É Managing Editor di The Journal of European Economic History e Marshall Memorial Fellow del German Marshall Fund of the United States. È autore di numerosi scritti sulle istituzioni e i protagonisti della ricostruzione, tra cui il volume Luigi Einaudi. Un economista nella vita pubblica (Rubbettino 2012).  

Roma, lunedì 25 marzo 2024, ore 11.00 – Sala della Protomoteca (Campidoglio). Il convegno, che si svolgerà alla presenza del presidente della Repubblica, ospiterà, dopo una prolusione del governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, tre relazioni scientifiche di Giovanni Farese, Roberto Pertici e Angelo Maria Petroni. L’accesso alla sala è solo su invito. Sarà possibile seguire l’evento in diretta streaming su corriere.it