Cattolici e politica, basta vuoto pluralismo o pretesa integralistica.

È giunto anche il momento per rendersi conto che se si vuole rilanciare e riattualizzare la storica cultura del cattolicesimo politico italiano occorre dismettere definitivamente i panni dell’arroganza esclusivista.

Verrebbe da dire che c’era un tempo in cui prevaleva l’unità politica dei cattolici. Certo, era una stagione profondamente e radicalmente diversa da quella contemporanea. Una fase caratterizzata dalla presenza di un grande partito popolare, di massa e di ispirazione cristiana, la Dc. Una fase divertita sotto il versante storico, politico, culturale, sociale ed economico. E in quel contesto l’unità politica dei cattolici era quasi una prassi scontata, anche se mai divenne un dogma, seppur laico.

Tramontata la Democrazia Cristiana, finita la prima repubblica e modificato soprattutto il sistema elettorale, si è chiusa forse definitivamente ed irreversibilmente anche la stagione dell’unità politica dei cattolici. Consolidandosi, al contempo, il pluralismo politico dei cattolici italiani si è ridotto, progressivamente, anche il peso e il condizionamento dei cattolici nella concreta dialettica politica italiana. Non per la qualità e l’autorevolezza dei cattolici presenti nei vari partiti o nelle varie istituzioni ma per la semplice ragione che gli stessi ‘progetti politici’ dei vari partiti sono cambiati profondamente rispetto al passato. E cioè, l’identità culturale e il progetto politico che, il più delle volte, prescindono radicalmente dalla cultura e dal patrimonio storico ed ideale del cattolicesimo popolare, democratico e sociale. E, per queste motivazioni, la cultura politica dei cattolici, di fatto, è stata sostituita da comportamenti politici e da iniziative dei partiti del tutto esterni e estranei rispetto al filone del cattolicesimo politico italiano.

In questo contesto, accanto ad una oggettiva e palese irrilevanza politica e culturale, emerge quella che continua ad essere un vero vulnus ai fini di una presenza politica e pubblica qualificata dei cattolici italiani. Perchè se è vero, com’è vero, che non era un dogma l’unità politica dei cattolici non lo è neanche la diaspora dei cattolici stessi, per dirla con una felice espressione di Mino Martinazzoli di molti anni fa, ma purtroppo è emerso un dato che non possiamo non prendere atto. E cioè, il vizio dell’autoreferenzialità dei cattolici stessi. Ossia, per dirla con altri termini, ognuno fa per sè. Ogni gruppo, ogni movimento, ogni ‘parrocchietta’ presente nei diversi partiti si ritiene del tutto esclusiva ed escludente rispetto all’universo cattolico. Di qui il vizio e il vezzo dell’autoreferenzialità che resta alla base della debolezza e della disorganizzazione dei cattolici stessi nel rapporto con la vita pubblica del nostro paese. Un tasso, quindi, di integralismo, di presunzione e di arroganza che contribuisce, purtroppo, a delegittimare ulteriormente la qualità e la specificità della cultura dei cattolici italiani nell’attuale contesto politico contemporaneo.

Ecco perché, forse, è giunto anche il momento per rendersi conto che se si vuole rilanciare e riattualizzare la storica cultura del cattolicesimo politico italiano occorre dismettere

definitivamente i panni dell’arroganza esclusivista di chi pensa di rappresentare con il proprio gruppetto il mondo variegato e complesso dei cattolici italiani e, al contrario, assumere un atteggiamento più umile, e più laico, finalizzato a ridare cittadinanza ad un ‘pensiero’ che ormai da troppo tempo – e per svariate ragioni – vive ai margini della cittadella politica italiana.