Sulle colonne del Domani d’Italia si è sviluppato un’interessante dibattito dopo un mio articolo/ provocazione sulla necessità di riscrivere un “preambolo” nell’attuale contesto politico italiano. Certo, il vocabolo “preambolo” associato alla politica italiana fa scattare immediatamente – e non solo per noi democratici cristiani – il confronto con la grande iniziativa intrapresa nel congresso Dc del 1980 da Carlo Donat-Cattin quando bloccò l’intesa con i comunisti del tempo per aprire, invece, una nuova fase della politica italiana dopo gli anni della “solidarietà nazionale”.
Ma il nodo politico di oggi, come ovvio e persin scontato, non è quello di contrapporre la “politica del preambolo” con la “strategia del confronto” – figli di una stagione, comunque sia, ricca di contenuti e di grande cultura politica con una classe dirigente di straordinaria levatura – ma, semmai, come rilanciare un progetto che prescinda radicalmente del nemico più acerrimo per la qualità delle democrazia. E il vulnus più pericoloso – e questo è un fatto oggettivo – resta il populismo, al di là di come viene declinato e praticato dai vari soggetti politici che si richiamano a questa malapianta e a questa subcultura. Tutti abbiamo conosciuto bene in questi anni gli asset costitutivi di questa pericolosa deriva che, come tutte le mode, sono destinate a tramontare in poco tempo ma che, nel frattempo, hanno prodotto danni irreparabili e che sono destinati a durare anche oltre il tramonto di questa subcultura. “Dall’uno vale uno” alla demagogia più sfrenata, dall’esaltazione della incompetenza e della inesperienza alla demolizione di tutto ciò che è riconducibile al passato, dalla negazione delle culture politiche al giustizialismo manettaro, dal moralismo più becero al trasformismo e all’opportunismo politico e parlamentare. Tutti elementi che abbiamo potuto registrare e constatare in questi lunghi anni di dominio incontrastato del populismo.
Una deriva che, è sempre bene non dimenticarlo, ha avuto un largo ed acritico sostegno da parte della stragrande maggioranza degli organi di informazione con tonnellate di articoli e libri che hanno esaltato questa deriva squisitamente antidemocratica e sottilmente anticostituzionale.
Ora, di fronte ad una stagione e ad una moda che si stanno per chiudere – anche se i suoi effetti dureranno ancora a lungo – è indispensabile attivare una iniziativa politica dei vari soggetti in campo che sia in grado di bloccare definitivamente questa deriva e, al contempo, di rilanciare un progetto autenticamente democratico, riformista, costituzionale e socialmente avanzato. Certo, nel rispetto delle ricette politiche alternative ma con la convinzione che senza archiviare definitivamente questa malapianta qualunque progetto politico è destinato ad inciampare. Stupisce, al riguardo, che un partito storicamente di potere e con una profonda cultura democratica come il Pd individui nel partito populista per eccellenza, cioè i 5 stelle, l’alleato più credibile e quasi storico per far decollare un progetto politico di lungo termine.
Quando la priorità, in questa precisa fase storica, è quella invece di gettare alle ortiche il recente passato e avviare una stagione che abbia al centro il ritorno della politica con i suoi tradizionali istituti e, soprattutto, una rinnovata qualità della democrazia e un conseguente rilancio della credibilità delle nostre istituzioni democratiche. In questa cornice si colloca la necessità di un nuovo “preambolo” politico e culturale. E non quello ricordato del 1980 che, comunque sia, è stato un atto politico e di governo di straordinaria importanza e di grande intelligenza politica e culturale