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La Pontificia Università Antonianum ha indetto il settimo Premio San Francesco

La Pontificia Università Antonianum ha indetto il settimo Premio San Francesco per autori di opere monografiche con caratteristiche scientifiche, edite negli anni 2017-2018. Il bando prevede che trattino tematiche relative a diversi ambiti.

Si tratta di studi interdisciplinari in Sacra Scrittura, teologia, mariologia, diritto e filosofia; studi francescani – storia dell’Ordine dei Frati Minori, letteratura francescana e clariana, dottrine e istituzioni, pensiero filosofico e teologico; valori del Vangelo e diritti fondamentali nella legislazione – costituzioni e statuti – della vita consacrata; matrimonio e famiglia nelle problematiche del terzo millennio alla luce dei recenti documenti del magistero della Chiesa.

Le opere dei partecipanti dovranno essere consegnate in triplice copia entro il 30 aprile 2019 alla segreteria del rettore presso la Pontificia Università Antonianum, in via Merulana, 124 – 00185 Roma. Saranno ammesse le opere nelle lingue ufficiali dell’Ordine dei frati minori: italiano, inglese e spagnolo. La partecipazione è gratuita.

A giudicare i lavori sarà una commissione nominata dal rettore dell’Ateneo, costituita da docenti universitari e studiosi di fama internazionale, in grado di rappresentare la cultura francescana nelle diverse aree geografiche del mondo. Il miglior lavoro sarà premiato con una somma di 6.000 euro. L’esito del concorso e la graduatoria generale di merito saranno pubblicate entro il 30 novembre 2019 nel sito istituzionale della Pontificia Università Antonianum.

Diminuiscono i frontalieri

L’Ufficio federale di statistica svizzero (UST),  ha certificato la nuova diminuzione di frontalieri. Tra il quarto trimestre 2017 e il quarto trimestre 2018,  il numero dei frontalieri stranieri attivi in Svizzera è diminuito dello 0,6%.

I frontalieri dall’Italia sono calati del 4,1%, dalla Germania del 2,4%, mentre i pendolari con un permesso per frontalieri provenienti dalla Francia sono aumentati dell’1,3%.

Sempre a livello nazionale, il numero di frontalieri è in calo in tutte le fasce di età, ad eccezione di quella di età compresa tra i 55 e i 64 anni (+3,1%). La flessione è netta tra i 15-24enni (-4,0%) e gli over 64 (-23,5%).

Alla fine del 2018 la maggior parte dei frontalieri lavorava nel settore dei servizi (66,7%), il 32,7% nel secondario e lo 0,6% nel settore primario.

Un saldo negativo che parla da solo. E tra l’altro un segnale della crisi che investe ormai anche l’area di frontiera.

A 9 anni è il baby sindaco alla ciclabilità di Amsterdam

Lotta  Crok, dallo scorso giugno, è il primo baby sindaco al mondo con mansioni esclusivamente dedicate alla ciclabilità e la sua area di lavoro è la capitale olandese. La sua missione è quella di ispirare i bambini a pedalare ogni giorno e attirare l’attenzione sugli ostacoli che i bambini sulle biciclette affrontano.

Secondo Lotta: “I tre maggiori problemi per noi sono auto, cicloturisti e motorini. Le macchine occupano troppo spazio, i turisti oscillano sempre da una parte all’altra e si fermano quando meno te lo aspetti, e gli scooter ti passano sopra (gli scooter in Olanda possono utilizzare le piste ciclabili: ndr)”.

L’idea vincente di Lotta è stata quella di aggiungere dei tandem e delle biciclette per bambini al sistema di bike sharing più diffuso del Paese.

Idea subito sposata dalle Ferrovie dello Stato, gestori del servizio di bike sharing. La società ha iniziato, infatti, un progetto pilota per dotare alcune stazioni ferroviarie di bici pensate per i più piccoli.

Mentre l’idea di far diventare Lotta una baby sindaco con mansioni alla ciclabilità è arrivata direttamente dall’assessore alla ciclabilità di Amsterdam Katelijne Boerma, la quale sostiene che sia importante comunicare direttamente con quei 125 mila bambini che vivono in città. Il modo migliore per farlo era prendere a modello una persona che potesse incoraggiarli e porsi come modello da seguire.

Epidemia di morbillo in Giappone

Sono 170 i nuovi casi da inizio anno in 20 delle 47 prefetture del paese, le più colpite da questo picco epidemico sono quella di Mie e Osaka. Oltre la metà dei malati nella prefettura di Mie, nella regione del Kansai, a ovest di Kyoto e Osaka, sono membri del gruppo religioso Kyusei Shinkyo, i cui fedeli ritengono che la medicina sia dannosa e che sostengono la purificazione del corpo e della mente.

Secondo l’OMS, le tendenze no vax hanno fatto aumentare i casi di morbillo nel mondo fino al 50%, in alcune regioni del mondo, compresi paesi in cui la copertura vaccinale è sempre stata storicamente alta. In Italia i contagi sono stati 2295 nel 2018.

Qualche breve chiosa all’ordinanza n. 17/2019

Articolo già apparso sulle pagine di http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it

Rileggo a qualche settimana di distanza l‟ordinanza della Corte e, senza la pretesa di aggiungere suggestioni particolarmente innovative a molti pregevoli commenti già pubblicati prima di essa (sulla base del comunicato stampa) e anche dopo, mi vorrei limitare a qualche chiosa seguendo l‟ordine degli argomenti della Corte nel considerato in diritto, soprattutto laddove emergano perplessità.

Un primo punto problematico mi sembra il modo con cui si elude la questione della legittimazione del Gruppo parlamentare come tale, cosa che credo andrebbe ritenuta pacifica per come il diritto parlamentare e costituzionale vigente ha visto crescere il loro ruolo, fino alle novelle regolamentari del 2012. Ora rispondere che “manca, nel ricorso in esame, la necessaria indicazione delle modalità con le quali il gruppo parlamentare avrebbe deliberato di proporre conflitto” sembra criticabile sotto un doppio profilo: il primo, piuttosto evidente, è la sottoscrizione del ricorso da parte di un numero di aderenti superiore alla maggioranza assoluta dei componenti che di per sé manifesta in modo inequivoco la volontà del gruppo; il secondo, come chiarito dal ricorso, è l‟ampio potere di rappresentanza che il Regolamento conferisce al Presidente del Gruppo, ossia la natura „presidenzialista‟ del Regolamento. Basta però già il primo argomento per ritenere eccessivamente formalistica l‟obiezione della Corte.

Resta peraltro piuttosto strano il fatto che una Corte così rispettosa verso l‟autonomia regolamentare delle Camere entri invece in modo così pregnante in quella dei Gruppi; forse ha voluto trovare un argomento per sfuggire al merito della decisione, essendo incerta sul da farsi. Essa avrà però almeno un merito: spingere ad una revisione del Regolamento del Gruppo che intenderà ricorrere (anche) come tale per cui l‟argomento risulterà non più riproducibile in futuro. Sarà il primo caso di una riforma di un Regolamento di Gruppo per dar seguito a una sentenza della Corte. In fondo ex malo bonum.

Un secondo aspetto da sottolineare, in questo caso in senso adesivo, è la riaffermazione solenne della possibilità di ricorso del singolo, nei termini comunque prudenti di cui al punto 3.5 del considerato in diritto, che ha già avuto echi nella vita parlamentare giacché tale argomento si è già prestato ad essere utilizzato da alcuni eletti ma anche da alcuni costituzionalisti rispetto all‟emendabilità delle proposte di revisione della Costituzione e delle intese ex art. 116 Cost, fungendo da prezioso deterrente nei confronti di possibili decisioni di inammissibilità delle Presidenze di Assemblea. Evidentemente per i parlamentari è più prudente minacciarlo come deterrente che non usarlo immediatamente giacché un uso che apparisse affrettato potrebbe ben portare la Corte, per prudenza, a prime sentenze restrittive. In tal senso si è orientato il gruppo Pd Senato di fronte alla decisione quanto mai anomala della Presidente Casellati di dichiarare inammissibile emendamenti sul progetto di revisione costituzionale relativo al numero dei parlamentari che intendevano collegare tale aspetto con le funzioni delle Camere e con l‟elettorato attivo e passivo delle medesime.

Un terzo aspetto da sottolineare, anche in questo caso in senso adesivo, e che forse si può leggere anche, a prescindere dalla volontà della Corte, come monito nei confronti della revisione costituzionale in corso sul referendum propositivo è la precisazione che le decisioni di bilancio sono “il nucleo storico delle funzioni affidate alla rappresentanza politica sin dall‟istituzione dei primi parlamenti e che occorre massimamente preservare”

Il quarto aspetto da sottolineare, invece, di ordine critico, è la contraddizione che obiettivamente si apre tra due aspetti: per un verso si ricorda la convenzione costituzionale Pera-Morando che a partire dai primi anni 2000 aveva configurato “forma di compensazione nel coinvolgimento della Commissione Bilancio nella definizione del testo su cui il Governo poneva la fiducia, tenendo conto delle proposte emendative in quella sede discusse e approvate”; per altro verso, però, si cerca di sminuire la rottura di tale convenzione con un argomento di natura essenzialmente politica, ossia il fatto che “ il nuovo testo recepiva almeno in parte i lavori parlamentari svoltisi fino a quel momento, inclusi alcuni emendamenti presentati nel corso della discussione (si veda la tabella di raffronto contenuta nel dossier del Senato della Repubblica dedicato al maxi-emendamento governativo, edizione provvisoria del 23 dicembre 2018, pagine 15 e seguenti).” (punto 4.4) Ora, a parte la giusta considerazione del qualificato lavoro degli uffici del Senato, com‟è noto le tabelle non parlano da sole e per qualsiasi deputato che abbia partecipato all‟esame in Commissione Bilancio della Camera, al di là di qualche tema affrontato, risulta obiettivamente difficile riscontrare una somiglianza complessiva tra il testo esaminato in quella sede e quello che è stato emendato in Senato, sia in termini quantitativi sia qualitativi.

Ma più in generale: in un sistema bicamerale paritario, l‟essere stata una parte del testo discussa da una camera può giustificarne l‟approvazione senza discussione da parte dell‟altra? E‟ evidente che esiste una certa continuità sui temi e che si riscontra sempre una qualche parentela tra gli emendamenti di una lettura e quelli dell‟altra, ma su questa base si finirebbe per non poter censurare mai nessuna violazione procedurale perché tutti i Governi e le maggioranze potrebbero sempre tentare di utilizzarla. Non avrebbe quindi senso a quel punto affermare, come si fa in conclusione, che “in altre situazioni una simile compressione della funzione costituzionale dei parlamentari potrebbe portare a esiti differenti” (punto 4.5), con quel monito che appare essere la vera sostanza dell‟ordinanza, in analogia al monito contenuto nel discorso di fine anno del Presidente Mattarella.

Pare di capire quindi, in sintesi, che la Corte abbia quindi deciso prima, di fatto, sul merito, ritenendo di doversi muovere in analogia con l‟altro vicino organo di garanzia, avallando sul momento quanto accaduto per evitare mali maggiori, ma volendo porre un serio deterrente pro futuro, e abbia quindi cercato un itinerario argomentativo inevitabilmente difficile tra queste due esigenze. In questo itinerario forse poteva essere omessa l‟osservazione sull‟esame già intervenuto alla Camera perché indebolisce il deterrente finale e poteva magari essere proposta qualche osservazione sull‟importanza di rispettare pro futuro convenzioni costituzionali come quella in questo caso violata fino a trasformarla, sempre pro futuro, in una consuetudine costituzionale.

 

Bonomi: «Quelle tracce di comunità nell’Italia vista rasoterra»

Articolo già pubblicato sulle pagine di http://www.vita.it/ a firma di Aldo Bonomi

Come la struttura cooperativa e mutualistica delle origini dei dettaglianti si è evoluta sino ad affrontare la sfida delle reti globali della grande distribuzione, con sullo sfondo il tema della digitalizzazione, dell’e-commerce e del modello Amazon? E in questo scenario: cosa rimane del mutualismo e della solidarietà delle sette cooperative che compongono Conad? Nel Grande Viaggio Insieme di Conad ho cercato le risposte a questi interrogativi incamminandomi lungo un percorso di ricerca-azione che ha fatto dello slogan «Persone oltre le cose» una narrazione di vite minuscole, una sorta di antropologia del quotidiano, sino a teorizzare che «il supermercato non è un’isola», con tanto di presunzione di farne un piccolo saggio sui cambiamenti della società italiana vista «rasoterra» – dal banco del salumiere, mi verrebbe da dire.

Cosa ho trovato in questo viaggio nei territori? Tracce di comunità, questo ho trovato innanzitutto. Tracce di comunità in un’Italia chiusa nell’epoca del rancore. Tipicamente nella stagione del rancore, cooperazione, mutualismo e solidarietà diventano inoperose, lasciando spazio a un’operosità rinserrata in gated community delle élite, impermeabili ai flussi in alto e in basso, comunità chiuse dal localismo maligno dei tanti in preda alla paura di diventare ultimi che cercano il capro espiatorio quando la comunità si fa maledetta, alla ricerca dell’Heimat del sangue, del suolo e delle religioni. Nel Grande Viaggio ho assistito invece a una metamorfosi. Una sorta di intelletto collettivo sociale a matrice cooperativa è emerso al di là e al di sopra delle paure del rancore. Un intelletto collettivo che si è snodato valorizzando luoghi simbolici delle comunità stesse: sale parrocchiali, centri di aggregazione, centri culturali, teatri comunali. Fino al supermercato. Il supermercato che non è un’isola. E anzi, diventa un osservatorio delle crisi sociali.

Esemplare il caso delle uova di Pasqua raccontato da una socia Conad di Ancona: «Avevo già fatto le rese, la Pasqua per me era finita, ma continuavano a chiedermi le uova, non mi ero resa conto che il mio piccolo supermercato non è oggi un’isola, è all’interno anche di una comunità ortodossa, per loro la Pasqua iniziava quando per me era finita».

Il Grande Viaggio Insieme attraversa un’Italia nell’epoca del rancore e diventava quindi importante per un gruppo come Conad cercare tracce di comunità di cura, là dove la solidarietà e il mutualismo si alimentano di un’identità che sta nella relazione con l’altro da sé. Diventava importante capire quanto la forma cooperativa fosse motore di una comunità operosa in relazione con le questioni sociali del territorio. La ricerca-azione sul territorio aggiungeva alla società dello spettacolo e del marketing territoriale del Grande Viaggio Insieme un momento interagente con e per i soci, interrogandoli sul loro fare impresa con una rivoluzione del punto di osservazione che passava dalla piazza spettacolare ai sottoscala della Caritas, alle comunità di cura che si occupavano degli ultimi, dei migranti, della società dello scarto della nostra epoca, che lo sguardo dei bottegai intercettava spesso nel fare la spesa e nel consumare di quelli che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Insomma un percorso di ricerca-azione per rendere visibili gli invisibili, spesso non illuminati dai riflettori della società dello spettacolo.

Per andare oltre nell’Italia in metamorfosi, ci siamo fatti, dunque, aiutare dallo sguardo dei soci Conad, chiedendo a loro una geografia sociale ed economica. Ebbene, secondo i soci la connessione tra attività imprenditoriale e azione comunitaria è in grado di produrre un’articolata serie di benefici (ancor più evidente tra i soci del Mezzogiorno) lato clienti, lato collaboratori e lato personale. In tutti i casi si tratta di effetti benefici sulla dimensione dell’appartenenza: quella dei clienti e dei collaboratori al punto vendita, quella del socio al contesto locale.

Esemplare il caso delle uova di Pasqua raccontato da una socia Conad di Ancona: «Avevo già fatto le rese, la Pasqua per me era finita, ma continuavano a chiedermi le uova, non mi ero resa conto che il mio piccolo supermercato non è oggi un’isola, è all’interno anche di una comunità ortodossa, per loro la Pasqua iniziava quando per me era finita». Microstoria da dettaglianti che colgono come appunto il supermercato non sia un’isola ma un luogo ricco di biodiversità umana, stando dentro l’arcipelago delle etnie, delle culture, dei credo religiosi. Della metamorfosi cooperativa che non si arrende al rancore.

Riflessioni sull’ultimo libro di Frederic Martel

Il lento avanzare dell’età costringe chi scrive, spesso, a intere giornate dedicate alla lettura. Potendo ancora contare su qualche piccolo agio, come le novità inviate in anteprima dalle principali case editrici, ho potuto leggere “l’ultima fatica” dello storico francese Frederic Martel, Sodoma, pubblicato in Italia da Feltrinelli.

Notevole il timing nell’uscita del volume, in coincidenza con un Forum internazionale sugli abusi sessuali, che si svolge in questi giorni in Vaticano.

Vasto il raggio d’azione dell’inchiesta: quasi 1500 persone intervistate, oltre 30 Paesi visitati. Rilevante l’impegno, che però non basta a fugare i dubbi. Il primo è legato all’idea di fondo che motiva l’inchiesta. Cioè la tesi, indimostrabile (e indimostrata nel libro), che all’interno dei Sacri palazzi sia presente una presunta “lobby gay”.

Secondo l’autore, non si tratterebbe di una vera e propria lobby, bensì di “una comunità che alimenta, anzi erige a sistema una inestricabile rete di ricatti, di pressioni più o meno manifeste, di molestie”. In questo modo, la questione omosessuale diventerebbe per l’autore una chiave di lettura (anche se non l’unica) per interpretare alcuni episodi controversi nella storia della Chiesa recente, almeno dell’ultimo mezzo secolo.

Cambiano i tempi e gli scenari ma, dal pontificato di Montini a quello di Bergoglio, il “fil rouge” sembra essere lo stesso, ricamato intorno a presunte “abitudini” di una parte della gerarchia ecclesiastica e dei prelati, spesso spiati dal buco della serratura. Il criterio guida sarebbe dunque quello di una tacita ipocrisia. “Dont’ask, don’t tell”,

come insegnano subito i generali dell’esercito americano ai loro soldati.

Le fotografie negative (a volte vere e proprie caricature) risparmiano ben poche personalità all’interno della Chiesa e del mondo cattolico. Chi non viene accusato apertamente di omosessualità, finisce per cadere, agli occhi del lettore, nell’ombra di un sospetto strisciante. Come si capisce, ciò è funzionale a creare un certo “climax”. Tra le personalità oggetto di indagine nel libro, c’è anche il filosofo francese Jacques Maritain. E’ noto il profondo legame del filosofo con Papa Montini, che lo considera un “maestro nell’arte di vivere e di pensare”. E proprio a Maritain, quale rappresentante degli intellettuali, Paolo VI consegna nel 1968, sul sagrato di San Pietro, il suo Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza.

Numerosi sono gli intellettuali e gli artisti che i coniugi Maritain (Jacques e la moglie ebrea russa Raissa) conoscono e frequentano nell’arco della loro vita, prima a Meudon (Francia) e poi a Princeton (Stati Uniti) dove riparano per sfuggire alle persecuzioni antisemite. Sono relazioni continue, non frammentarie o occasionali.

Si tratta perlopiù di frequentazioni e scambi epistolari, molti dei quali raccolti in volumi. In questo modo siamo venuti a sapere che i coniugi Maritain seguono sovente la gestazione delle opere più importanti degli artisti e intellettuali loro amici, assieme agli sviluppi della loro creatività. Questi ultimi, a loro volta, ricevono e commentano i libri inviati dai coniugi Maritain. Si informano, reciprocamente, sulle gioie e sui dolori delle rispettive vicende familiari. Si tratta di amicizie intellettuali, nulla di diverso. Questo va detto con chiarezza, per ristabilire la verità storica intorno a una vicenda affrontata diffusamente nel libro (le frequentazioni dei coniugi Maritain) che non ha ragione di essere prestata a equivoci o fraintendimenti di alcun genere.

 

Fra’ Galdino

L’Iran presenta il suo primo sottomarino tattico

L’Iran ha reso noto di avere lanciato un missile da crociera da un sottomarino per la prima volta nella storia del Paese durante l’esercitazione annuale in corso nello Stretto di Hormuz. L’agenzia di stampa Fars ha pubblicato una fotografia di un sottomarino verde in superficie mentre lancia un missile arancione, spiegando che anche altri sottomarini della flotta iraniana sono in grado di lanciare questo tipo di missili.

Il Fateh è il primo sottomarino di medie dimensioni interamente costruito dall’Iran: potrebbe trattarsi della versione allungata della piattaforma Nahang. Il sottomarino d’attacco monoscafo Fateh, in produzione dal 2013 nei cantieri navali di Bostanu, è certamente più grande delle precedenti unità in servizio, con lunghezza stimata di circa 48 metri, un diametro di quattro ed un dislocamento in emersione di 527 tonnellate (590 immersione).

La profondità operativa stimata è di 200 metri per una velocità massima di 14 nodi (undici in emersione).

Nasa: Il primo lancio senza equipaggio della capsula Crew Dragon

Il primo lancio senza equipaggio della capsula Crew Dragon partirà il 2 marzo dalla piattaforma 39 del Kennedy Space Center, a Cape Canaveral, in Florida.

Lo ha comunicato la Nasa attraverso una nota pubblicata sul proprio sito.

L’agenzia spaziale americana e SpaceX hanno deciso di procedere con il test che porterà per la prima volta un veicolo spaziale senza equipaggio ad agganciarsi alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss).

Salvo imprevisti, la missione Crew Dragon Demo-1 prenderà il via sabato 2 marzo alle 8.48 (ora italiana), quando la capsula realizzata dall’agenzia spaziale di Elon Musk partirà in direzione della Iss, alla quale si aggancerà dopo 27 ore di volo.

Il velivolo porterà agli uomini in orbita alcuni rifornimenti e, dopo una permanenza di cinque giorni, farà ritorno sulla Terra venerdì 8 marzo. Se tutto si concluderà per il meglio, il test rappresenterà un importante passo per SpaceX verso il primo volo con degli astronauti a bordo della Crew Dragon, che potrà così andare a sostituire lo Space Shuttle – la cui ultima missione risale al 2011 – e porre fine alla dipendenza statunitense dalla Russia per il trasporto di uomini nello spazio.

Basta un test del sangue per la diagnosi del tumore al seno

Un test del sangue sarà in grado di fornire una diagnosi del tumore al seno. La nuova scoperta destinata a rivoluzionare la medicina e la prevenzione in campo oncologico è opera di un team di ricerca di Heidelberg, di cui ha dato notizia in Germania la Bild. Il nuovo test, ritenuto “sensazionale” sarebbe in grado di fornire indicazioni “con lo stesso grado di probabilità di una mammografia”.

A questo esame sono state sottoposte 650 donne, di cui metà delle quali era malata, l’altra metà no. Secondo i ricercatori, il test avrebbe lo stesso grado di probabilità che si ottiene con una mammografia. Tuttavia saranno necessari studi più ampi per verificare quanto questo test sia sicuro nella prassi.

Gli attacchi alla Chiesa sono il segno di una nostalgia nascosta

Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Andrea Monda

«Sto vivendo una bellissima esperienza di sinodalità, di camminare insieme» afferma il cardinale Christoph Schönborn e sente di poter estendere le sue parole a tutti i partecipanti al summit convocato in Vaticano sul tema della tutela dei minori. «Vedo che qui tutti quanti stiamo insieme, uniti e cerchiamo di non pensare che i problemi sono solo quelli degli altri ma che tutti dobbiamo procedere in un cammino di conversione, che è la prima parola del Vangelo e la condizione per l’annuncio. Per questo mi sento di dire che questi quattro giorni possono essere un grande momento di rinnovamento della Chiesa tramite la conversione».

All’interno delle tre giornate di lavoro è stato da più parti osservato come da parte del mondo esterno la Chiesa sia continuamente sotto accusa, rappresentando il bersaglio preferito, quasi il capro espiatorio di tutti i mali che affliggono la società contemporanea. Lei non trova che questo sia spesso il segno di un ingiusto accanimento che nasce dal fatto che in un mondo in preda ad un relativismo imperante la voce della Chiesa, con la sua solida struttura etica, sia fuori dal coro, controtendenza e quindi da contrastare, colpire, discreditare?

Se da una parte questo è vero, dall’altra la questione merita un approfondimento. Personalmente ho una visione più complessa del problema, che non intende esaurire la questione ma può essere uno spunto utile per arricchire la nostra riflessione, per aiutarci a non vivere solo sulla difensiva, come una cittadella assediata, a staccarci dalla visione solo negativa del mondo con la facile contrapposizione tra il mondo cattivo e la Chiesa buona e povera vittima. Dovremmo innanzitutto ricordarci che Gesù stesso ci ha detto «beati siete voi se tutti dicono male di voi». Poi va riconosciuto che a volte non dovremmo lamentarci perché dicono male di noi, perché lo fanno a buon diritto, con buone ragioni, perché il male c’è e quello degli abusi sui minori è un male gravissimo.

In questi giorni il Papa ha convocato qui tutti i presidenti della conferenze episcopali del mondo, un’occasione per vivere realmente la cattolicità, l’universalità della Chiesa.

Esatto, anche qui c’è una prima reazione che potrebbe portare ad avvertire come ingiusti gli attacchi che tutta la Chiesa deve sopportare per i peccati di alcuni. Si potrebbe pensare: «Cosa ho a che fare io con la lontana Chiesa del Cile o degli Usa?». Ma non è così. La Chiesa, tutta la Chiesa deve rispondere, sempre, complessivamente. Questo proprio alla luce del Vangelo, delle parole del Signore: siamo una realtà sola, un solo corpo, è il primo attributo della Chiesa che è «una, santa, cattolica, apostolica». Siamo il corpo di Cristo e come ha scritto il Papa nella Lettera al popolo di Dio, se un membro è perseguitato tutti siamo perseguitati e se un membro ha peccato tutto il corpo pecca e soffre. Facciamo dunque l’esperienza davanti al mondo che la Chiesa è veramente una, nel bene ma anche nel male.

Lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton diceva che la Chiesa cattolica permette poche cose ma perdona tutto, mentre il mondo permette tutto ma non perdona nulla. C’è qualcosa di implacabile negli attacchi rivolti oggi contro la Chiesa, forse che la misericordia è sparita dal mondo contemporaneo?

Molto bella e molto giusta la frase di Chesterton. Sì, a volte sembra che ci sia poca misericordia. Ma è anche vero che dietro questa durezza e apparente mancanza di misericordia può nascondersi un desiderio, tante volte deluso, che esiste il bene, la carità, la misericordia. Questa mia riflessione nasce alla luce di alcune parole di Benedetto XVI, che ha detto più volte che il mondo secolare proprio nel suo sguardo critico nei riguardi della Chiesa rivela una nostalgia nascosta, una grande nostalgia di qualcosa di grande e di puro. Nel cuore dell’uomo c’è sempre questa nostalgia che diventa come una sfida di credere che veramente la Chiesa di Cristo rappresenta qualcosa di grande e di puro. La critica allora può essere vista anche come un anelito di quelle persone che ci criticano ma perché vogliono che quella grandezza del Vangelo sia vera, sia vissuta autenticamente. Quasi una rabbia, un rammarico che il Vangelo non può essere sporcato ma che per forza deve esistere. In questo senso mi ha aiutato un testo del secondo capitolo della Sapienza, su cui Benedetto XVI ha spesso riflettuto, dove è scritto: «Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta». La Chiesa come un maestro che rimprovera e quindi suscita un duro attacco: «Vediamo se le sue parole sono vere; proviamo ciò che gli accadrà alla fine. Se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti, per conoscere la mitezza del suo carattere e saggiare la sua rassegnazione». Ecco io penso che la Chiesa oggi vive un periodo di prova, il momento in cui è “saggiata”. Anche Benedetto XVI meditando su questo testo lo ha sentito così: il mondo ci critica per saggiarci, per vedere se veramente siamo miti, se veramente il Vangelo è giusto e possibile. Allora invece di lamentarci sulla durezza dei mass-media contro la Chiesa leggiamo in questo un desiderio nascosto, che la Chiesa sia veramente quello che Gesù vuole che sia. Se leggiamo in controluce questi attacchi si può vedere un sentimento misto di ammirazione e delusione. Da qui dobbiamo ripartire, innanzitutto cercando di essere misericordiosi anche con quelli che ci criticano.

Un altro Sud. Tutte le virtù (dimenticate) del Mezzogiorno della modernità

Articolo già apparso sulle pagine di Formiche.net a firma di Federico Pirro

Ha pienamente ragione Riccardo Pedrizzi a scrivere su queste colonne che nel Mezzogiorno si indulge troppo spesso alla cultura del piagnisteo e della lamentazione da parte di coloro i quali ritengono che il divario con Nord sia sempre e soltanto responsabilità di altri, di tanti altri collocati fuori dalle regioni meridionali, ma non in generale delle classi dirigenti del Sud.

E ha pienamente ragione inoltre quando afferma che deve pur esservi una ragione se, ad esempio, in molte aree dell’Italia settentrionale i servizi ai cittadini vengono offerti da Amministrazioni mediamente più efficienti di molte di quelle esistenti del Meridione.

Attenzione, però: quando Pedrizzi scrive tutto questo, che pure in parte condividiamo, sembra dimenticare, o non conoscere affatto, che invece esiste nell’Italia meridionale un altro Mezzogiorno – costituito da tante imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, da Comuni e Regioni efficienti, da Università e centri di ricerca di prestigio internazionale, da Interporti dinamici e di dimensioni europee, da grandi scali marittimi competitivi con quelli del Nord – che da anni ormai compete, investe, esporta, produce ricerca applicata, impiega con celerità i fondi comunitari, un altro Sud che gestisce con riconosciuta efficienza interi nosocomi pubblici e privati, che ha saputo creare banche di credito cooperativo di rilievo nazionale nel loro comparto, e che, fra l’altro, è diventato sempre più trendy con l’attrazione di flussi crescenti di turisti italiani e stranieri.

Questo Mezzogiorno della modernità – è bene dirlo con assoluta chiarezza – non solo rifugge dal piagnonismo, ma lotta da tempo con durezza contro l’altro Mezzogiorno accattone e incapace di competere ad ogni livello e che, è doveroso saperlo, è destinato storicamente alla sconfitta, anche se la sua definitiva scomparsa sarà preceduta ancora da pesanti colpi di coda, sussulti anche politico-amministrativi e da lamentazioni sempre più disperate proprio perché destinate alla sconfitta.

Il Mezzogiorno della modernità inoltre è sempre più diffuso e al riguardo consigliamo a Riccardo Pedrizzi la lettura degli studi della SRM, società di ricerca del Gruppo Intesa Sanpaolo – cui il sottoscritto contribuisce da lungo tempo con ricerche sul campo – della Fondazione Edison, di testate specializzate come ad esempio il mensile Economy, sempre attento alle moderne imprese del Sud: prestigiose Istituzioni e testate, quelle appena citate, che sono tutte del Nord più avanzato e che però da anni si dedicano con cura e rigore scientifico a produrre analisi e a dare testimonianza di un Mezzogiorno che contribuisce in misura oltremodo significativa al Pil nazionale, avendo conquistato peraltro primati nazionali nella produzione di molti beni e materie prime.

Questo Mezzogiorno moderno e competitivo peraltro è pienamente consapevole che il secolare divario con il Nord non può colmarsi in tempi ravvicinati, anche perché il confronto del Sud più moderno avviene con regioni settentrionali che sono fra le più avanzate d’Europa; ma il prolungato inseguimento – se così possiamo definirlo – sta rafforzando la consapevolezza ormai diffusa nel Mezzogiorno di poter tenere testa sia pure progressivamente alle zone più progredite del Settentrione.

E anche questa testata, ormai da anni – se è consentita un’autocitazione di cui ci si scusa con i lettori – ospita articoli di chi scrive che stanno censendo on the road industrie, aziende, imprenditori, centri di ricerca avanzati, banche con attivi imponenti, Autorità di sistemi portuali dinamiche, efficienti società di gestione di aeroporti, etc.

Piuttosto è giunto il momento che tutta la grande stampa italiana e il mondo delle televisioni nazionali dedichino spazio più sistematico e meno occasionale al Mezzogiorno della modernità che è saldamente agganciato all’Europa, e che è strettamente intrecciato all’economia del Nord, se è vero, come lo è, che centinaia di grandi gruppi settentrionali ed esteri producono con i loro stabilimenti nell’Italia meridionale, avvalendosi anche di provvidenze messe a disposizione dal governo e dalle Istituzioni meridionali utilizzando i fondi comunitari.

AfD, ritratto di un partito sempre più a destra

Articolo già pubblicato sulle pagine di http://www.treccani.it/ a firma di Giorgia Bulli

Da poche settimane l’ufficio federale per la protezione della Costituzione ‒ Bundesamt für Verfassungsschutz (BfV) ‒ ha dichiarato che il partito populista di destra della AfD (Alternative für Deutschland) è sotto esame per un suo possibile inserimento nella lista delle formazioni politiche formalmente sotto controllo delle autorità federali che vigilano sulle minacce all’ordine democratico tedesco. Le reazioni a queste dichiarazioni non si sono fatte attendere. I vertici del partito hanno minacciato di adire le vie legali contro l’ufficio federale, accusato di agire politicamente sotto l’influenza del nuovo presidente ‒ Thomas Haldenwang. Questi, che ha sostituito Hans-Georg Maaßen, costretto a lasciare per aver cercato di minimizzare la gravità delle manifestazioni xenofobe di Chemnitz occorse nel mese di agosto dello scorso anno, è accusato dalla AfD di essere il braccio politico delle forze parlamentari tradizionali che avversano il partito guidato da Alice Weidel e Alexander Gauland.

La decisione dell’agenzia federale è una novità assoluta nella storia della Repubblica federale tedesca per almeno due motivi. In primo luogo, si tratta della prima volta che un partito rappresentato in tutti parlamenti regionali della federazione e con 91 eletti nel Bundestag alle elezioni generali del 2017 finisce nel mirino – anche solo in qualità di “Prüffall” (caso da verificare) ‒ della BfV. In secondo luogo, nell’annunciare la notizia, l’agenzia ha differenziato tra il partito come istituzione unitaria e almeno due delle sue organizzazioni interne. Se la AfD è considerata come “caso da verificare”, la sua organizzazione giovanile Junge Freiheit e la corrente interna ultranazionalista Der Flügel nata nel 2015 sotto l’influenza del politico di ultradestra della Turingia Björn Höcke, sono state dichiarate come “Verdachtsfall”, ovvero formalmente sospettate di rappresentare formazioni estremiste.

Il dibattito sulle decisioni dell’agenzia avviene in un clima già fortemente marcato dai dibattiti pre-elettorali. Appena due giorni prima del ricordato annuncio della BfV, il partito celebrava nella piccola città di Riesa, in Sassonia ‒ uno dei suoi bastioni elettorali ‒ il Congresso federale dedicato ai temi europei. Nel corso dei lavori, i delegati della AfD si sono scontrati sulla prospettiva della Dexit, l’uscita della Germania dall’Unione Europea, da alcuni percepita come obiettivo naturale del partito, da altri come ultima ratio in caso di impossibilità di riforma delle istituzioni europee. Allo stesso tempo, però, il partito sta cercando di liberarsi dalle figure troppo marcatamente estremiste, che potrebbero spingere eccessivamente verso la percezione – tra gli elettori così come tra gli organi di protezione costituzionale – del partito come di una forza antisistema.

Dal 2013, anno della sua nascita ad opera di Bernd Lucke, economista e docente all’università di Amburgo, la AfD è riuscita ad esercitare una non comune influenza sulla cultura politica tedesca, immune fino a quel momento dal “contagio populista” diffuso in quasi tutti i Paesi europei. L’iniziale euroscetticismo che aveva permesso al partito di ottenere un promettente 7,1% dei voti alle elezioni europee del 2014, dopo aver mancato di poco nel 2013 la soglia del 5% necessaria per ottenere rappresentanza parlamentare al Bundestag nelle elezioni federali, era stato presto accompagnato nell’evoluzione del partito dai temi che di lì a poco avrebbero costituito la forza elettorale della AfD: anti-islamismo, rifiuto dell’immigrazione e delle società multiculturali, condanna delle politiche di genere, attacco ai media tradizionali come “traditori del popolo”.

Il punto di svolta per la piattaforma programmatica, ma anche per le prospettive di successo della AfD a livello regionale e federale, ha successivamente coinciso con la decisione della cancelliera Angela Merkel di aprire le frontiere nel settembre del 2015 per dare accoglienza a più di un milione di richiedenti asilo. È stato in quel momento che le correnti interne alla AfD presenti fin dal momento della sua creazione ‒ l’ala nazional-conservatrice e quella radicale di destra ‒ hanno apertamente sfidato il fondatore, Lucke, costretto nello stesso anno a lasciare la leadership a Frauke Petry, espressione della corrente nazionalista moderata. Sotto la direzione dell’imprenditrice cresciuta nello Stato della Sassonia, nel corso del 2016 e del 2017, il partito ha ottenuto ottimi risultati elettorali, soprattutto nei Länder dell’Est, riuscendo – oltre che nella conquista di seggi in tutte le elezioni regionali in cui il partito si presentava – a nutrire la polarizzazione tra la cosiddetta Willommenskultur – la cultura dell’accoglienza – e il netto rifiuto della natura multiculturale della società tedesca.

Alla vigilia delle elezioni del 2017, che hanno sancito l’inedito ingresso con il 12,6% dei voti nel Bundestag della AfD, il primo partito a destra della CDU/CSU ad ottenere rappresentanza parlamentare, il fragile accordo tra le fazioni del partito ha cominciato a vacillare, mostrando una realtà degli equilibri interni al partito assai più sbilanciata sulla destra estrema di quanto il partito non fosse intenzionato a svelare. Le dimissioni di Frauke Petry alla vigilia delle consultazioni federali, l’ascesa del ticket Alice Weidel-Alexander Gauland al vertice del partito, ma soprattutto l’ascesa di figure politiche come Björn Höcke, portavoce della AfD nel Land della Turingia, autore di un discorso nella città di Dresda durante il quale ha descritto il bombardamento della città un crimine di guerra, paragonandolo a quello di Hiroshima e Nagasaki, ma soprattutto noto per aver definito il Memoriale dell’Olocausto nel centro di Berlino come un «monumento della vergogna», hanno contribuito ad un’estremizzazione del posizionamento politico della AfD.

A rafforzare la percezione che il partito stia operando una trasformazione all’interno dello spettro destro della cultura politica tedesca contribuiscono i legami della AfD con il movimento anti-islamico e anti-immigrazione di PEGIDA (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes), i contatti della fazione Der Flügel di Höcke con noti esponenti della cosiddetta Nuova destra intellettuale tedesca radunati attorno a Götz Kubitschek ‒ fondatore dell’Institut für Staatspolitik, considerato come il think tank della destra radicale tedesca ‒ e, non da ultimo, il sostegno al partito da parte di nuovi prodotti editoriali come il mensile sovranista Compact, molto diffuso nell’ambiente della destra radicale partitica e movimentista. Su questi e altri aspetti si basa il documento di quasi 500 pagine con cui l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione ha dichiarato di voler monitorare l’organizzazione giovanile del partito e la corrente Der Flügel. Nel suo status di “caso in odor di verifica”, la AfD grida al complotto politico dei partiti tradizionali contro la voce del popolo. Anche questo rientra nella lunga fase della precampagna elettorale per le elezioni europee di maggio.

Addio a Marella Agnelli

Nata a Firenze da una famiglia dell’antica aristocrazia napoletana, in gioventù vive in diversi paesi d’Europa al seguito del padre diplomatico, Filippo Caracciolo di Castagneto. La madre Margaret Clarke era statunitense di Peoria (Illinois). Un suo fratello, Carlo Caracciolo, è stato fondatore insieme con Eugenio Scalfari del gruppo editoriale l’Espresso-La Repubblica. Un altro fratello, Nicola Caracciolo, è giornalista, studioso di storia contemporanea e autore televisivo.

Il 19 novembre 1953 Marella Caracciolo sposa Gianni Agnelli nel castello di Osthoffen, a Strasburgo, in Francia, dove il padre era il rappresentante diplomatico italiano presso il Consiglio d’Europa.

Nel 1973 intraprende la carriera di designer di alta moda, specializzandosi in particolare nella realizzazione di disegni per stoffe d’arredamento.

Il successo nella carriera le ha meritato negli Stati Uniti il prestigioso premio «Product Design Award of the Resources Council Inc.», conferitole nel 1977.

La sua eleganza nel vestire, invece, l’ha portata a comparire nella Hall Of Fame delle rivista Vanity Fair, insieme con il marito Gianni Agnelli e al nipote Lapo Elkann.

Appassionata di giardinaggio, è nota per aver curato la progettazione di giardini nelle sue dimore, Villa Frescot sulla collina di Torino e Villar Perosa nei pressi di Torino e quella di Marrakech in Marocco, dove viveva stabilmente dal 2005.

Presidente Onorario Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli. E’ stata membro dell’International Board of Trustees del Salk Institute di San Diego (California) e dell’International Council of the Museum of Modern Art di New York. E’ stata inoltre vicepresidente del Consiglio di Palazzo Grassi a Venezia, nonché presidente de “I 200 del FAI” di Milano e dell’Associazione degli Amici Torinesi dell’Arte Contemporanea di Torino. E’ stata vicepresidente della Commissione Nazionale dei Collegi del Mondo Unito. Nell’ottobre 2000 è stata insignita del titolo di “Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”.

Madre di Edoardo e di Margherita Agnelli, aveva otto nipoti (tutti figli di Margherita) e sei bisnipoti.

È morta nella sua casa di Torino il 23 febbraio 2019, dopo una lunga malattia.

 

I consumi delle famiglie rallentano più del previsto

I consumi delle famiglie rallentano più del previsto nel 2019. E’ quanto emerge dalle previsioni macroeconomiche elaborate da Cer per Confesercenti, che rivede al ribasso le stime iniziali del governo, mai così male negli ultimi cinque anni. La crescita della spesa si fermerà a un massimo di +0,4%, la metà dell’aumento stimato per il 2019, per un totale di 3,6 miliardi di euro di consumi in meno. Una debolezza che incide anche sul Pil (-2,1 miliardi).

Oltre ai cali di produzione industriale ed export, pesano anche l’incertezza e stallo del potere d’acquisto delle famiglie: nel 2019 si è ancora ai livelli del 2011. I dati confermano le maggiori difficoltà dell’Italia a superare la recessione rispetto agli altri Paesi europei. Tanto che, a fine 2019, i consumi italiani a prezzi correnti saranno inferiori di cinque miliardi rispetto ai livelli registrati nel 2011.

Mercato e imprese in difficoltà – La frenata dell’economia ha influito pesantemente sul mercato interno e sulle Pmi: nello stesso periodo, infatti, si registra la perdita di 360mila occupati indipendenti, tra imprenditori e collaboratori familiari, di cui quasi la metà (168mila) nel commercio. A soffrire sono stati soprattutto i negozi indipendenti, sfavoriti ulteriormente dalla deregulation del commercio. Mentre dal 2011 la grande distribuzione ha visto crescere di 5,9 miliardi il proprio fatturato, soprattutto grazie alla spinta dei discount, i negozi hanno perso oltre 10 miliardi di euro di vendite.

Verso un nuovo annus horribilis – “La spesa delle famiglie sta perdendo quota più rapidamente delle attese”, spiega il presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise. “Nonostante le misure espansive introdotte dalla Manovra, il 2019 rischia di diventare un nuovo annus horribilis per i consumi. E lo scenario potrebbe peggiorare ulteriormente nel 2020, se dovessero scattare gli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. Bene ha fatto il premier Giuseppe Conte ad impegnare il governo a evitarli, ma l’impegno da solo non basta”.

Addio a 3 frutti su 4

In Italia sono scomparse dalla tavola tre varietà di frutta su quattro nell’ultimo secolo anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta. E’ quanto afferma la Coldiretti nell’evidenziare gli effetti dell’allarme lanciato dalla Fao sulla perdita di biodiversità con ‘Il rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura”. In Italia nel secolo scorso – sottolinea la Coldiretti – si contavano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 sono considerate a rischio di scomparsa, ma la perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo, dagli ortaggi ai cereali, dagli ulivi fino ai vigneti.

Un pericolo che riguarda anche – continua la Coldiretti – la fattoria in Italia dove sono scomparsi 1,7 milioni tra mucche, maiali, pecore e capre negli ultimi dieci anni. Stalle, ricoveri e ovili si sono svuotati dal 2008 con la Fattoria Italia che ha perso – sottolinea la Coldiretti – solo tra gli animali più grandi, circa un milione di pecore, agnelli e capre, oltre a 600mila maiali e più di 100mila bovini e bufale.

Un addio che – precisa la Coldiretti – ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori. A rischio – denuncia la Coldiretti –la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini. Un pericolo – secondo la Coldiretti – per i produttori e i consumatori per la perdita di un patrimonio alimentare, culturale ed ambientale del Made in Italy, ma anche un attacco alla sovranità alimentare del Paese.

“La biodiversità non è solo un valore ambientale ma anche economico ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la distintività è un motore di sviluppo per le imprese del Made in Italy”. Un valore che la Coldiretti è impegnata a difendere nei mercati e nelle fattorie con i “Sigilli” di Campagna Amica che sono i prodotti della biodiversità agricola italiana che nel corso dei decenni sono stati strappati all’estinzione o indissolubilmente legati a territori specifici ai quali si aggiunge la lista delle razze animali che gli imprenditori agricoli di Campagna Amica allevano con passione. Si tratta – conclude la Coldiretti – in totale di 311 prodotti e razze animali raccolti nel corso di un censimento, curato dall’Osservatorio sulla biodiversità istituito dal comitato scientifico di Campagna Amica.

Trasporto su gomma in attesa di incentivi per il rinnovo del parco circolante

L’età media degli automezzi italiani per il trasporto merci è di quasi 14 anni e oltre il 63% dell’intero parco mezzi è di categoria inferiore all’Euro 4. Sono  questi alcuni dei dati del Mit, messi in evidenza al Salone dei trasporti e della logistica attualmente in programma a Verona.

“Con questi veicoli – ha detto il vicepresidente Confcommercio-Conftrasporto e presidente della Federazione degli autotrasportatori italiani, Paolo Uggè, intervenendo alla kermesse – è impossibile che i nostri vettori possano adeguarsi alla recenti normative comunitarie in materia ambientale (dir. 2016/2284 e nuova intesa tra Parlamento europeo e Consiglio del 18 febbraio 2019), che prevedono la riduzione del 15% delle emissioni inquinanti entro il 2025 e del 30% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2018. Oltretutto le maggiori città italiane stanno sempre più emanando provvedimenti che vietano l’ingresso nei centri urbani dei veicoli diesel inferiori alle categorie euro4, che comunque – ha aggiunnto Uggè – hanno già più di dieci anni di vita. Continuando di questo passo sarà impossibile, per molte imprese di autotrasporto, soprattutto quelle monoveicolari o con un parco disponibile ridotto, continuare a lavorare. Chiediamo quindi, ancora una volta, al Governo – ha sottolineato il presidente della Federazione degli autotrasportatori italiani  – di adottare politiche di concreto sostegno per il rinnovo del parco circolante italiano, con la rottamazione dei vecchi automezzi inquinanti, verso i nuovi modelli di autoveicoli ecologici, dotati inoltre dei più moderni sistemi di sicurezza stradale, quali ad esempio la frenata assistita (sistema di sicurezza attiva che riduce il rischio di tamponamento) e l’anti-svio (sistema di avvertimento di abbandono involontario di corsia). Il Governo preveda che anche tutte le misure di incentivo per il settore siano caratterizzate da una progressiva correlazione con le classi Euro di emissione – ha concluso -. Avremo così un rinnovo graduale e rapido del parco circolante”.

Il quadro strategico al 2030 per il clima e l’energia include l’obiettivo di ridurre di almeno il 40% le emissioni di gas a effetto serra dell’Unione rispetto ai livelli del 1990. Tutti i settori dovranno quindi impegnarsi al massimo se si vuole raggiungere questo obiettivo e se si vogliono evitare i costi e le conseguenze gravi dei cambiamenti climatici. E in questo quadro il settore dei trasporti su strada è di importanza fondamentale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra decarbonizzando l’economia europea. Il trasporto di merci su strada è essenziale per lo sviluppo degli scambi e del commercio. Gli autocarri muovono il 70% circa delle merci trasportate via terra, che assicurano quindi servizi pubblici essenziali. Il trasporto di merci e persone su strada è costituito in gran parte da piccole e medie imprese (Pmi): si tratta di oltre 600.000 imprese in tutta l’Unione che danno lavoro a quasi 3 milioni di persone. Altri 3,5 milioni di cittadini sono poi occupati nella produzione, riparazione, vendita, noleggio e assicurazione di camion. Le emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, ossia autocarri, autobus e pullman, rappresentano il 25% degli inquinanti del trasporto stradale nell’Ue, ma a tutt’oggi non sono regolamentate a livello unionale, una lacuna che pone diversi problemi.

Secondo le stime di Bruxelles, senza un preciso intervento le emissioni di CO2 dei veicoli pesanti aumenteranno da qui al 2030, a causa della crescita delle attività di trasporto. La proposta sui livelli  di prestazione in materia di emissioni di anidride carbonica dei nuovi veicoli pesanti contiene una misura integrativa unionale sul versante dell’offerta che si propone di rimuovere gli ostacoli di mercato e perseguire gli obiettivi principali: ridurre le emissioni di CO2 del settore dei veicoli pesanti, in linea con i requisiti della politica dell’Ue in materia di clima e dell’accordo di Parigi, riducendo allo stesso tempo, l’inquinamento dell’aria nei centri urbani; promuovere la riduzione dei costi di esercizio degli operatori dei trasporti, per la maggior parte Pmi, e più in generale dei costi di trasporto dei consumatori, in funzione delle ricadute delle economie di carburante; preservare la posizione di punta dei costruttori di veicoli pesanti e dei produttori di componenti dell’Ue in ambito tecnologico e dell’innovazione.

Roma: La Farmacia di Santa Maria della Scala

La Farmacia di Santa Maria della Scala, originariamente chiamata “spezieria” prende il nome dalla vicina chiesa e convento di Santa Maria della Scala: al secondo piano del convento si trovava infatti la farmacia/spezieria, creata inizialmente per uso interno ed esclusivo del convento stesso. Qui l’ordine religioso del convento, i Carmelitani Scalzi, coltivavano, producevano e vendevano le spezie e i medicamenti.

Alla fine del 1600 la farmacia fu aperta anche al pubblico e divenne così famosa che ad essa facevano riferimento personaggi importanti come principi, medici e addirittura pontefici, tanto da essere chiamata la “Farmacia dei Papi”. Oggi l’antica spezieria è un luogo storico che possiamo visitare grazie ad un’apertura speciale, mentre al piano terreno si trova una moderna farmacia.

Entrando dal piano strada, dall’ingresso della moderna farmacia, saliremo al piano superiore e attraverso un’anticamera potremo accedere all’antica stanza di vendita dei medicinali: varcando l’ingresso della spezieria entreremo in un mondo antico e lontano, fatto di pareti interamente coperte da vetrine che custodiscono medicamenti antichi, soffitti decorati, antichi arredi in legno e strumenti originali per pesare i medicinali. Tra i molteplici “medicamenti”, in un angolo della stanza, racchiusa in un grande contenitore in marmo, è ancora conservata la teriaca, antichissimo medicinale e panacea di tutti i mali, usato sin dai tempi dei romani: se saremo fortunati e ci sarà qualcuno che ci solleverà il pensante coperchio … potremo anche sentirne l’odore.
Usciti dalla sala di vendita, attraverseremo altre stanze usate dagli antichi speziali, come l’erbario e i laboratori che ancora ospitano le macchine originali per la fabbricazione delle pillole.

L’antica spezieria ha continuato a funzionare fino al 1978, distribuendo medicinali a prezzi modici ed oggi, dopo la visita, è ancora possibile acquistare alcuni prodotti, realizzati con antichissime ricette.

Vaccini: YouTube rimuove i video ‘No Vax

Questo genere di contenuti non potranno più essere monetizzati all’interno della piattaforma video. Ad annunciarlo è stata la stessa azienda citando una grande diffusione dei video no-vax nel corso dell’ultimo periodo, un elemento che ha portato ad una serie di problematiche relative proprio agli annunci pubblicitari. Come riporta BuzzFeed, infatti, alcuni annunci relativi ad aziende sanitarie venivano mostrati prima di video contro i vaccini senza che queste aziende potessero sapere a che contenuti venivano associati ai loro spot.

Così già nel corso delle ultime settimane alcune di queste aziende hanno rimosso completamente i propri annunci dalla piattaforma, decisione che ha poi spinto YouTube ad eliminare la monetizzazione di questa tipologia di video. “Abbiamo policy precise sui video che è possibile monetizzare con annunci pubblicitari e i filmati che promuovono i no-vax violano queste policy – ha spiegato YouTube -. Supportiamo queste regole fortemente e se troviamo un video che le viola prendiamo subito provvedimenti e rimuoviamo gli annunci pubblicitari”.

Europee, i cattolici non possono voltarsi dall’altra parte

Se le elezioni locali – regionali o comunali cambia poco – sono disciplinate prevalentemente da dinamiche e logiche riconducibili al singolo territorio, e’ indubbio che la prossima consultazione europea merita qualche attenzione in più. Soprattutto da parte dell’area culturale cattolico democratica e popolare che in questi ultimi mesi ha saputo dare vita ad un dibattito ricco e fecondo al suo interno. E non solo. Un dibattito che è frutto e conseguenza della sostanziale irrilevanza dei cattolici nella vita pubblica italiana in questi ultimi anni. Una assenza riconducibile, prevalentemente, al fallimento dei cosiddetti “partiti plurali” – nello specifico del Partito democratico di veltroniana memoria – da un lato e alla chiusura autoreferenziale del mondo cattolico italiano. Dilaniato al suo interno tra mille protagonismi personali e dalla volontà indomita di delegittimare chi ti è più vicino. In un clima del genere, che purtroppo prosegue tuttora forse in modo meno accentuato ed irresponsabile, era del tutto evidente che non poteva maturare alcuna vocazione seria alla politica e, soprattutto, nessuna possibilità di ridare fiato e voce ad una laica ma responsabile presenza politica dei cattolici democratici e popolari.

Ma adesso una nuova pagina si è aperta e si è aperta anche una nuova fase politica e storica. Ma il rinnovo del Parlamento europeo e’ dietro l’angolo. E nessuno, credo proprio nessuno, può rispondere a questa decisiva tornata elettorale con una semplice alzata di spalle.
Ora, a tutti è noto qual’e’ la geografia politica con cui si affronta questo voto. Siamo di fronte ad alcune direttrici di fondo. Da un lato il partito della sinistra italiana, un rinnovato Pds, a guida – molto probabilmente – Zingaretti. Affiancato da una lista radicale spacciata come fronte europeista e dal potenziale listone proposto dall’ex braccio destro di Montezemolo, Calenda. Fuorche’ il Pd/ Pds decida di nascondere il suo simbolo per motivi di convenienza elettorale del tutto comprensibili e allora tutto questo campo politico, alquanto composito e contraddittorio al suo interno, si riconoscerà nel “fronte repubblicano” proposto da Calenda. Il resto è testimonianza e furbizie elettorali. Vedremo.

Oltre ai 5 stelle, ci sarà la potente lista della Lega salviniana con il vento in poppa e in forte crescita politica ed elettorale; la presenza già annunciata di Berlusconi con la sua Forza Italia, Fratelli d’Italia e altre listarelle. Anche qui di sola testimonianza.
È evidente, credo a tutti, che in un contesto del genere l’area cattolica italiana continua ad essere politicamente orfana e priva di una vera rappresentanza politica. Fuorche’ si pensi che l’attuale Forza Italia e il suo leader sono gli eredi naturali del popolarismo sturziano di ispirazione cristiana o che l’ormai imminente Pd/Pds e’ l’interlocutore privilegiato delle istanze, delle sensibilità e delle proposte che arrivano dalla seppur composita e variegata area cattolica italiana. Per non parlare dei radicali, dell’alto borghese Calenda e via discorrendo.

Ecco perché, a partire dalle iniziative politiche, culturali e sociali che hanno attraversato l’intera area cattolica italiana in questi ultimi mesi, occorre lavorare e confrontarsi sino all’ultimo per organizzare una presenza elettorale – cioè una lista e non ancora un partito – che raccolga quella domanda di rappresentanza politica e che non sia, com’è ovvio e scontato, una sola presenza testimoniale e gregaria. Una lavoro che non può fermarsi di fronte ai personalismi e alla tentazione autoreferenziale che sta, purtroppo, caratterizzando ancora larga parte di quest’area culturale e sociale.

Non c’è alternativa a questo tentativo. Certo, le prossime consultazioni locali e nazionali ci vedranno presenti. Ma le europee sono adesso. E a questo appuntamento non si può e non si deve rispondere, lo ripeto, con una semplice alzata di spalle fingendo di impegnarsi per la formazione di coscienze, per il discernimento critico, per rafforzare il lievito cristiano nella società, per contribuire a ridare qualità alla futura classe dirigente e per alimentare cultura e coscienza civica. Tutti elementi importanti e decisivi per il futuro della nostra democrazia e anche per il futuro dei cattolici nella società italiana. Ma quello è il compito dell’Azione cattolica, dei movimenti ecclesiali e dei professionisti della testimonianza. La politica è un’altra cosa. Abita da un’altra parte e soprattutto ha altre regole. È bene rendersene conto prima che sia troppo tardi.

Raimondo Grassi: Roma, una città allo sbando

Raimondo Grassi, presidente del movimento civico Roma Sceglie Roma in una nota sostiene che: “Abbiamo una città ormai allo sbando, che vive di annunci e promesse, con l’azienda dei trasporti e quella dei rifiuti tecnicamente fallite e un’amministrazione che finge di non vedere o sentire i malumori dei romani che chiedono una sola cosa: una visione del futuro e un piano straordinario di rilancio della città”.

“Cantieri fermi, grandi opere ‘0’, metropolitane vecchie, chi più ne ha più ne metta. Gettare fango su Roma sara’ pure lo sport nazionale, ma noi siamo i primi a difendere la Capitale dagli attacchi di chi vuole solo denigrarla per spostare altrove interessi e possibilità che Roma avrebbe tutte le carte di giocarsi. Dall’altra parte – aggiunge Grassi – non possiamo più assistere a questo lassismo inconcludente, che relega sempre più la Capitale d’Italia ad un ruolo di sorella minore rispetto alle grandi metropoli europee”.

“Questa vicenda degli autobus israeliani tanto decantati dalla sindaca e’ l’ennesima brutta figura che fa il giro del mondo. A Roma serve un piano mobilita’ nuovo, che sfrutti il sistema tramviario presente, ampliandolo e integrandolo con altre ferrovie su strada che possono e debbono essere costruite. I progetti ci sono, basta solo l’umiltà di ascoltarli e la volontà politica di realizzarli. Roma Sceglie Roma li sta raccogliendo per mettere a punto un piano di opere possibili in tempi certi e celeri, perché Roma e’ una città malata che ha bisogno di cure immediate e non di sogni che poi si rivelano polpette avvelenate per i suoi cittadini. Questi progetti li presenteremo in un grande incontro del quale comunicheremo a breve data e dettagli”, conclude l’architetto Grassi.

Prepariamoci al boom economico

Il voto di maggio per il rinnovo del Parlamento europeo mette in ombra i tanti problemi che affliggono il nostro Paese, posticipando l’esame dei nodi politici che sempre più numerosi arrivano al pettine. Il comportamento del Governo e più in generale di tutti i partiti o movimenti, siano essi di maggioranza o di opposizione, sono da considerarsi irresponsabili. Ed è evidente che tali atteggiamenti contribuiscono ad aggravare la già precaria condizione economica in cui versa il nostro Paese. Oltretutto, la mancanza di qualsiasi disegno di riforme strutturali, provoca un arretramento rispetto alla modernizzazione che altri paesi europei hanno invece fatto e diventando molto competitivi e attrattivi sul versante degli investimenti nei loro territori.

Ma, purtroppo, da noi non accade nulla di tutto ciò perché se da un lato non c’è alcuna idea di modernizzazione, dall’altro vengono fatte scelte che producono l’allontanamento da una politica innovativa capace di rilanciare sviluppo economico e sociale. Infatti, l’Italia rimane osservato speciale sotto stretto monitoraggio della Ue per gli squilibri della sua economia. In questo modo vengono mandate in soffitta le tesi del Presidente Giuseppe Conte, che prevede un 2019 bellissimo e del vice Presidente Luigi Di Maio che, addirittura, prevede un boom economico come quello degli anni ’60.

A fronte di questa fotografia rappresentativa della realtà, non c’è proprio nulla di cui rallegrarsi. Anzi, la preoccupazione che la situazione possa peggiorare è reale, specialmente per le scelte fatte dal Governo che non producono sviluppo per mancanza di adeguati investimenti e per la presenza di forme assistenziali e previdenziali che non contribuiscono alla crescita ma solo all’aumento del debito pubblico.

Però, nonostante la situazione sia così visibilmente preoccupante, si continua a far finta di niente, a gettare fumo negli occhi dei cittadini assicurandogli che non ci sarà nessuna manovra correttiva ai conti dello Stato perché tutto funziona a meraviglia, che i provvedimenti della finanziaria saranno mirabolanti e che pure consentiranno crescita e sviluppo. E nonostante tutti gli osservatori economici Nazionali, Europei e Internazionali mettano in guardia sulla reale possibilità di cadere nel baratro, si continua imperterriti a dire che non è vero ciò che dicono, che non sanno valutare, che non ne azzeccano mai una di giusta.

Eh, sì, perché per loro ciò che viene prima di tutto sono le elezioni europee, strumento utile a dimostrare chi prenderà più voti pensando che poi si possa risolvere l’irrisolvibile. Purtroppo non è così perché l’economia non aspetta gli esiti elettorali ma vuole fatti concreti, tangibili. Diversamente, non ci rimane che attenderci il peggio.

Sergio Chiamparino lancia il referendum per la TAV

Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ha inviato una lettera al presidente del Consiglio regionale, Nino Boeti, chiedendo di poter fare martedì in aula una comunicazione sulla Tav.

Questo il testo

“Martedì in Consiglio regionale porterò la richiesta di una consultazione popolare, perché i cittadini possano liberamente pronunciarsi”, ha spiegato il governatore.”Salvini continua a mentire e a prendere in giro i piemontesi e gli italiani. Se vuole essere coerente sblocchi i bandi, tutto il resto sono balle”, ha detto Chiamparino: “Salvini dice che non c’è blocco dell’opera, quando il governo ha chiesto fin dall’autunno a Telt di non avviare i bandi, mettendo a rischio concreto i contributi europei e la realizzazione della Tav. Dice che i cantieri sono già fermi, mentre sul versante francese si continua a scavare il tunnel di base, giunto ormai a oltre 7 chilometri, e si fermerà presto proprio per il blocco dei nuovi bandi”.

La tecnologia ha bisogno dell’alleanza tra etica politica e diritto

Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Andrea Monda 

Non ha sessant’anni Brad Smith e sembra anche molto più giovane mentre sorride luminosamente osservando nei solenni saloni della Biblioteca Vaticana i manoscritti di Raimondo Lullo e di Galileo e soprattutto la Bibbia di Gutenberg. Il presidente di Microsoft ha appena avuto un colloquio privato con il Santo Padre su un argomento, l’importanza di un approccio etico alla tecnologia che è arrivata alla creazione di vere e proprie intelligenze artificiali, che oggi si rivela una frontiera cruciale per il destino dell’uomo. C’è bisogno di una «voce umana» che si alzi oggi, ha detto Brad Smith al Papa, «una voce umana come quella, alta e autorevole, della Chiesa» e il Papa ha aggiunto una voce che «recuperi parole umane che oggi rischiano di cadere dal dizionario come tenerezza, carezza, fraternità». Promotore dell’incontro tra il Papa e il presidente del più grande colosso nel campo della tecnologia è la Pontificia Accademia della Vita che, come ha spiegato il presidente monsignor Vincenzo Paglia, ha indetto un premio in collaborazione con Microsoft per la migliore dissertazione dottorale sul tema delle intelligenze artificiali a servizio della vita umana. In esclusiva per «L’Osservatore Romano» Brad Smith ha rilasciato un’intervista che ha preso lo spunto dal testo del Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni in cui il Papa afferma che «L’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione», da qui la sfida del passare dalle community alla comunità, una comunità oggi che soffre di una crisi innanzitutto di sfiducia.
La tecnologia è uno tra i principali attori del cambiamento che l’umanità sta attraversando. In questo momento storico, in cui c’è una grande crisi di fiducia globale (e la politica ne è solo l’esempio più evidente), da un lato la tecnologia è vista come qualcosa da temere, dall’altro viene percepita come ciò che ci rende umani, come qualcosa che può distinguere gli uomini da ogni altra specie vivente. Secondo lei, come dobbiamo guardare alla tecnologia? Come possiamo infondere sicurezza e fiducia nell’impressionante potenziale del progresso tecnologico?
La scienza e la tecnologia sono ingredienti essenziali della vita moderna. Trascendono i confini locali e toccano la vita di quasi tutti nel nostro pianeta. L’evoluzione dell’umanità può essere vista anche in termini di evoluzione tecnologica. Come il motore a vapore che ha dato inizio alla prima rivoluzione industriale, anche la nuova tecnologia, qual è l’intelligenza artificiale, sta cambiando il modo in cui lavoriamo e viviamo. E come le ferrovie alimentate da quei motori a vapore, anche queste nuove invenzioni dovranno essere gestite e infine regolamentate dalle società. Ogni nuova tecnologia dal vasto impatto sociale richiederà nuove leggi. La tecnologia è uno strumento che ha avuto un impatto profondo sulle persone, in modo sia positivo sia negativo. Anche una scopa può essere utilizzata per spazzare il pavimento o per darla in testa a qualcuno. Più lo strumento è potente, più è grande il beneficio o il danno che può recare. Le tecnologie delle comunicazioni, dal telefono al software per la videoscrittura a internet, hanno permesso alle persone di collegarsi tra di loro, informarsi sul mondo ed esprimersi in modi nuovi. Uno degli strumenti onnipresenti è il nostro Microsoft Word. Molte volte Word viene usato da scrittori impegnati per promuovere le aspirazioni più alte del mondo. Ma è indubbio che ci sono anche momenti più bui, quando attori dalla mente meno elevata lo usano per scritti molto meno nobili. Come di fatto Einstein aveva avvertito il mondo, nelle mani sbagliate ogni strumento può diventare un’arma se la forza organizzatrice dell’umanità non riesce a stare al passo con la tecnologia stessa. Per assicurare che le persone credano e abbiano fiducia nella tecnologia, dobbiamo pensare oltre la tecnologia stessa e affrontare la necessità di principi etici più forti, l’evoluzione delle leggi, l’importanza di formare le persone con le nuove competenze, e perfino le riforme del mercato del lavoro. Se vogliamo trarre il massimo dalla potente e promettente tecnologia dell’intelligenza artificiale, tutte queste cose devono confluire. L’intelligenza artificiale avrà un impatto su ogni ambito della società e non verrà creata e utilizzata solo dal settore tecnologico. Perciò il mondo deve incontrarsi per affrontare tali questioni con un senso di responsabilità comune.
Parlando della trasformazione prodotta dal cloud lei ha parlato di questa “responsabilità comune” e di fiducia e inclusività. Per rendere tale trasformazione “non-inumana”, occorre sia che coesistano questi tre requisiti sia che si sviluppi un’alleanza tra istituzioni, settore privato e società civile. Come possiamo costruire questa alleanza? Chi sta guidando questa trasformazione insieme all’immensa quantità di dati che vengono prodotti? In che modo le aziende private dovrebbero relazionarsi con la politica? Quali sono i reciproci limiti che il mondo degli affari e la politica dovranno rispettare? Qual è l’ambito d’influenza e di partecipazione della società civile?
Poiché la tecnologia si evolve in maniera così rapida, quelli tra noi che creano l’intelligenza artificiale, il cloud e altre innovazioni forse ne sanno più della maggior parte delle persone su come queste tecnologie funzionano. Ma ciò non significa necessariamente che sappiamo come affrontare al meglio il ruolo che dovrebbero svolgere nella società. Per questo è necessario che le persone del governo, del mondo accademico, degli affari, della società civile e le altre parti interessate si uniscano per aiutare a modellare questo futuro. E abbiamo sempre più bisogno di farlo non solo come singola comunità o paese, bensì a livello globale. Ognuno di noi ha la responsabilità di partecipare, e anche un ruolo importante da svolgere. Per esempio, lo sviluppo di servizi di intelligenza artificiale più efficaci esige l’uso di dati, spesso il maggior numero di dati rilevanti possibile. E tuttavia, l’accesso e l’uso dei dati coinvolge anche aspetti legislativi, che spaziano dal garantire la tutela della privacy individuale e la salvaguardia di informazioni sensibili e protette al rispondere a una serie di nuove questioni relative al diritto della concorrenza. Trovare un equilibrio attento e produttivo tra tali obiettivi esigerà dibattiti e cooperazione tra governi, rappresentanti dell’industria, ricercatori accademici e società civile. Da un lato, riteniamo che i governi dovrebbero aiutare a velocizzare i progressi nell’ambito dell’intelligenza artificiale, promuovendo approcci comuni nel rendere i dati largamente disponibili per l’apprendimento automatico. Una grande quantità di informazioni utili è contenuta nei dataset pubblici, dati che appartengono allo stesso pubblico. Dall’altro, sarà importante che i governi sviluppino e promuovano approcci efficaci alla protezione della privacy, che tengano conto del tipo di dati e del contesto in cui vengono usati. Per aiutare a ridurre il rischio di intrusioni nella privacy, i governi dovrebbero sostenere e promuovere lo sviluppo di tecniche che consentano ai sistemi di utilizzare dati personali senza accedere o conoscere le identità degli individui. In Microsoft riteniamo che promuovere il dialogo e la condivisione delle migliori pratiche tra governi, imprenditoria, rappresentanti di organizzazioni non governative e società civile sarà essenziale per massimizzare il potenziale che ha la tecnologia di produrre benefici su ampia base. Lavorando insieme, possiamo individuare le questioni che hanno evidenti conseguenze sociali o economiche e rendere prioritario lo sviluppo di soluzioni che proteggano le persone senza limitare inutilmente l’innovazione futura.
Queste trasformazioni devono tendere a realizzare un mondo più coeso, garantire stabilità democratica e una partecipazione sempre più “dal basso”, o possono invece creare le condizioni per una maggiore lacerazione sociale?
In Microsoft riconosciamo che abbiamo l’obbligo morale non solo di continuare a innovare, ma anche di costruire tecnologia per risolvere grandi problemi e essere una forza di bene nel mondo. Ci rendiamo conto che più un’azienda è grande, più è grande la sua responsabilità di pensare al mondo, ai suoi abitanti e alle loro opportunità a lungo termine. Affrontiamo questo obiettivo concentrandoci su strategie e interessi multipli; facendo leva sulle nostre attività centrali per un impatto sociale positivo; migliorando la produttività personale; assicurandoci che la nostra attività sia socialmente responsabile investendo in sostenibilità, accessibilità, privacy e sicurezza; e attraverso la filantropia, con oltre un miliardo di dollari di contributi per molte cause differenti, tra cui l’insegnamento di competenze digitali come la programmazione e le scienze informatiche. Qui in Italia, in collaborazione con la Ong locale Fondazione Mondo Digitale potremo formare 250.000 studenti delle superiori, specialmente ragazzi che vivono in aree svantaggiate, e far loro scoprire il potere dell’intelligenza artificiale. Una tecnologia in rapida evoluzione con un impatto su tutti i settori significa che i lavori del futuro richiederanno maggiori competenze digitali, dalla conoscenza informatica di base all’informatica avanzata. Qui in Microsoft riteniamo di avere la responsabilità di aiutare a fornire ai nostri giovani un accesso equo a corsi di informatica rigorosi e coinvolgenti. Se non si affronta la questione dell’equo accesso, intere popolazioni verranno escluse dalla piena partecipazione a questo nuovo mondo, creando così quella “lacerazione sociale” alla quale lei ha accennato prima. In Italia abbiamo in corso un progetto promettente, “Ambizione Italia”, per accelerare la trasformazione digitale, usare l’intelligenza digitale e assicurare che nessuno venga lasciato indietro. Al centro c’è un programma completo di formazione per fornire competenze, migliorarle e riqualificarle. Il programma — in collaborazione con il Gruppo Adecco, Fondazione Mondo Digitale e altri partner — ha l’obiettivo di raggiungere oltre due milioni di giovani, studenti, neet e professionisti in tutto il paese entro il 2020, formando più di 500.000 persone e fornendo attestati a 50.000 professionisti.
L’intelligenza artificiale è sempre legata alla responsabilità, per riprendere le sue parole, e lei ha parlato spesso della necessità di regole per fornire a ogni attore tecnologico un quadro etico. Come possiamo orientare l’intelligenza artificiale verso il bene comune?
Dal momento che i computer acquistano la capacità di apprendere dall’esperienza e prendono decisioni, che tipo di esperienza vogliamo che facciano e quali decisioni riteniamo che possano prendere? La capacità di un computer di vedere e riconoscere volti, di riconoscere i volti delle persone da una foto o attraverso una telecamera — il riconoscimento facciale — ha messo il tema in grande rilievo. Questa tecnologia può catalogare le tue foto, aiutare a riunire famiglie, oppure essere potenzialmente usata in modo improprio e inopportuno. Il riconoscimento facciale solleva questioni che vanno dritte al centro della tutela dei diritti umani fondamentali, come la privacy e la libertà di espressione. Sono questioni che fanno aumentare la responsabilità delle aziende tecnologiche che creano tali prodotti. Secondo noi, esigono anche una regolamentazione governativa ponderata e lo sviluppo di norme circa l’uso accettabile. In una repubblica democratica non c’è altra via se non l’attività decisionale dei nostri rappresentanti eletti riguardo alle questioni che esigono che si trovi un equilibrio tra la sicurezza pubblica e l’essenza delle nostre libertà democratiche. Il riconoscimento facciale esigerà che sia il settore pubblico sia quello privato si facciano avanti e agiscano. A livello globale è una questione che sta appena iniziando. Se non agiamo, rischiamo di svegliarci tra cinque anni e di scoprire che i servizi di riconoscimento facciale si sono diffusi in modi che esasperano le problematiche sociali. Allora, queste sfide diventeranno molto più difficili da controllare. In particolare, non riteniamo che si faccia il bene della società con una corsa commerciale verso il basso, con le compagnie tecnologiche costrette a scegliere tra responsabilità sociale e successo di mercato. Pensiamo che l’unico modo per proteggersi da questa corsa verso il basso sia di costruire una piattaforma di responsabilità che sorregga una sana competizione di mercato. E perché la piattaforma sia solida è necessario che noi assicuriamo che questa tecnologia, e le organizzazioni che la sviluppano e la utilizzano, siano governate dallo stato di diritto. Imprenditori, legislatori, ricercatori, accademici e rappresentanti di gruppi non governativi devono impegnarsi insieme per assicurare che le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale siano disegnate e sviluppate in un modo che conquisti la fiducia delle persone che le usano e degli individui i cui dati vengono raccolti.
Ritorniamo al messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni Sociali: l’uso delle reti sociali è complementare agli incontri faccia a faccia. Se la rete è percepita come un’espansione delle opportunità di incontrarsi con altre persone e condividere esperienze, chiaramente rappresenta una grande risorsa per tutti. Purtroppo, però, rete sociale non significa automaticamente coesione e inclusività. Talvolta rappresenta la base per discussioni violente e perfino lacerazione sociale: quale può essere l’antidoto a tali pericoli?
Come Microsoft abbiamo la responsabilità di creare servizi online e comunità in cui le persone si sentano sicure: lo scorso 5 febbraio, Giornata della sicurezza in rete, ovvero la giornata d’azione internazionale per promuovere un uso più sicuro e responsabile della tecnologia, specialmente tra i bambini e i giovani, abbiamo sviluppato un Digital Civility Index (indice della civiltà digitale) per dimostrare che i rischi in rete hanno conseguenze nel mondo reale. Siamo profondamente impegnati per quanto riguarda la necessità di approfondire la formazione di adolescenti, giovani adulti, genitori, educatori e legislatori in merito alle conseguenze nel mondo reale delle interazioni negative in rete, che possono includere la perdita di fiducia negli altri, un maggiore stress, la privazione di sonno e perfino pensieri suicidi. Speriamo che quei risultati possano servire come prova documentale per una spinta globale verso la “civiltà digitale”. Anche la Digital Civility Challenge è un’opportunità di sensibilizzazione, per incoraggiare gli utenti a essere responsabili del loro comportamento online e a servire da modelli e/o paladini per gli altri. L’obiettivo del Challenge è di sostenere l’impegno a lungo termine di Microsoft a promuovere interazioni sicure e inclusive in rete e a sensibilizzare circa la necessità di “educazione digitale”.

L’Istat ci dice che siamo più soddisfatti

Nei primi mesi del 2018, la soddisfazione dei cittadini per le condizioni di vita riprende a crescere leggermente dopo la stasi registrata nel 2017.

La stima della quota di persone di 14 anni e più che esprimono una elevata soddisfazione per la propria vita nel complesso passa dal 39,6% del 2017 al 41,4% dell’anno successivo.

In aumento anche la quota di persone soddisfatte della propria situazione economica, che raggiunge il 53,0% dal 50,5% del 2017.

La soddisfazione per la dimensione lavorativa è stabile: il 76,7% degli occupati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto, sostanzialmente come nel 2017. Sono più soddisfatte del lavoro le donne (77,6%) rispetto agli uomini (76,1%).

Nel 2018, aumenta la quota di famiglie che giudicano la propria situazione economica stabile (dal 59,5% del 2017 al 62,5%) o migliorata (dal 7,4% all’ 8,1%).

Anche il giudizio sull’adeguatezza delle risorse economiche familiari mostra segnali di miglioramento: la quota di famiglie che le valuta adeguate sale dal 57,3% del 2017 al 59,0% del 2018.

Le relazioni familiari confermano i più alti livelli di apprezzamento: nel 2018 il 90,1% delle persone si ritiene soddisfatto. Elevata e in leggero aumento la quota di individui molto o abbastanza soddisfatti per le relazioni amicali (dall’81,7% del 2017 all’ 82,5%).

È stabile e su livelli alti anche la soddisfazione per il proprio stato di salute (80,7% delle persone di 14 anni e più) e per il tempo libero (66,2%).

Aperto il contest iCapital 2019

La Commissione europea ha appena aperto il concorso Capitale europea dell’innovazione 2019, un premio annuale assegnato alle città con gli ecosistemi d’innovazione più dinamici, che trovano modi inclusivi di mettere in relazione cittadini, settore pubblico, mondo universitario e imprese creando nuove soluzioni con vantaggi sociali per tutti. Il premio Capitale europea dell’innovazione è finanziato nel quadro del programma di ricerca e innovazione dell’Ue Horizon 2020.

Il contest resterà aperto fino al 6 giugno. Potenziali candidate saranno tutte le città di almeno 100.000 abitanti situate negli Stati membri dell’Unione e nei Paesi associati a Horizon 2020. Le proposte saranno valutate da esperti indipendenti di alto livello. La città premiata si unirà alle vincitrici precedenti (Barcellona, Amsterdam, Parigi e Atene) e riceverà un milione di euro per promuovere e potenziare le sue azioni innovative, mentre le finaliste riceveranno 100.000 euro per implementare le proprie attività di cambiamento.

“I premi Capitale europea dell’innovazione – ha detto il commissario responsabile per la Ricerca, la scienza e l’innovazione, Carlos Moedas – sono conferiti non soltanto a idee e strumenti, ma anche a possibilità per i cittadini di partecipare e decidere sul modo di gestire la propria città. Le realtà premiate gli anni scorsi sono veri e propri modelli, fonte di ispirazione a livello mondiale. Non vedo l’ora di ricevere le candidature, che auspico numerose, delle città che utilizzano soluzioni innovative per risolvere i problemi più urgenti e migliorare la vita dei cittadini”.

Lo scorso anno è stata Atene a vincere il titolo iCapital 2018. Un premio assegnato alla capitale della Grecia, in particolar modo per il progetto “Polis” teso a rivitalizzare edifici abbandonati; per il restauro dello storico mercato pubblico Kypseli; per l’iniziativa “Curing the Limbo” dedicata ai rifugiati e ai migranti; nonchè per le diverse attività di formazione del Consiglio Digitale.

Trento: La “Scienza a ore sei”

Ritorna alla caffetteria del MUSE “Scienza a ore sei”, la serie di aperitivi scientifici che vede protagonisti i ricercatori di Università di Trento, MUSE, Fondazione Edmund Mach e Fondazione Bruno Kessler, con il coordinamento della Provincia Autonoma di Trento. Anche quest’anno l’iniziativa è organizzata dai quattro ricercatori post-doc vincitori del bando provinciale “I comunicatori STAR della scienza”. I sei appuntamenti in programma si terranno  fino maggio, sempre con inizio alle ore 18.

Lo spirito dell’iniziativa rimane invariato rispetto alla scorsa edizione: rispondere alla curiosità e alle domande dai cittadini e allo stesso tempo offrire uno spazio di discussione “orizzontale” tra cittadini e ricercatori, che superi il classico schema da “conferenza” in cui tipicamente il relatore fa una presentazione per poi rispondere alle domande del pubblico. A sottolineare il carattere informale e rilassato dell’iniziativa, a tutti i partecipanti sarà offerto anche un aperitivo da consumare durante l’incontro.
I temi affrontati ruoteranno attorno ad argomenti di forte attualità e interesse, in alcuni casi anche con ricadute tangibili sulla quotidianità dei cittadini.

Alzheimer Caffè: la quarta edizione dalle Acli di Chivasso

Il Progetto “Alzheimer Caffè”, giunto alla quarta edizione e organizzato dalle Acli di Chivasso, nasce per offrire supporto ai familiari di chi soffre di malattie degenerative e croniche quali le demenze senili.

Lo scopo dell’iniziativa è dare le linee guida che possano aiutare concretamente a gestire al meglio la relazione con il malato, sia per offrire l’aiuto che necessita sia per consentire agli stessi caregiver di non sentirsi soli nell’approccio ad una patologia devastante, che pian piano porta via la memoria e dunque l’identità del proprio familiare.

La demenza di Alzheimer è infatti una malattia subdola, che non si manifesta subito in maniera chiara: le persone cominciano a dimenticare alcune cose fino al punto di non riconoscere i propri figli o parenti, e hanno bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. L’Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500mila ammalati. La patologia colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Da qui nasce il bisogno di creare un momento di incontro come “Alzheimer Caffè”, che si riunisce ogni quindici giorni, il sabato mattina.

Una psicoterapeuta ascolta i familiari-caregiver, mentre una operatrice socio-sanitaria si prende cura dei malati con varie attività ludido-ricreative.
L’obiettivo del progetto è anche quello di favorire l’aggregazione tra persone con le stesse problematiche, in modo da dare spazio alla condivisione anche emotiva di una esperienza certamente molto difficile per ogni famiglia.

Da qui nasce l’idea di creare uno Sportello per la ricerca di Assistenti familiari, e le Acli già sono impegnate anche su questo fronte, in particolare nell’organizzazione di corsi per formare figure professionali di assistenti familiari.

La Fao per un’alimentazione più sana e nutriente

Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Annalisa Antonucci

Chi vive in città deve poter avere accesso a cibi sani e freschi così come chi vive in ambienti rurali. È questa la ricetta per contrastare l’obesità che aumenta nel mondo allo stesso ritmo della fame. Un appello alle amministrazioni comunali a lavorare in favore di un’alimentazione più sana e durevole arriva dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao).

Il 55 per cento della popolazione mondiale infatti vive ormai nelle zone urbane ed entro il 2050 la percentuale raggiungerà il 68 per cento tenendo conto che stiamo andando verso una forte urbanizzazione che riguarda sia l’Asia che l’Africa. È dunque in un contesto urbano che la maggior parte delle persone vivono, mangiano, consumano acqua e producono rifiuti.

Nel corso degli ultimi anni, inoltre, sottolinea la Fao, la fame è aumentata così come le persone obese. Il sovrappeso e l’obesità, ha avvertito il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, «sono in crescita ovunque ma soprattutto nelle zone urbane dove le persone sono più esposte al consumo di  cibi trasformati, di peggior qualità, ricchi di acidi grassi, zuccheri e sale». Per questo l’Organizzazione delle Nazioni Unite invita le amministrazioni locali a mettere in atto sistemi alimentari che permettano di accedere a cibo sano e nutritivo e che preservi le risorse naturali e la biodiversità del pianeta.

Secondo Da Silva non è più possibile considerare le zone rurali e quelle urbane come dissociate. Serve, invece, un approccio territoriale che sia un «unicum rurale-urbano». Per il capo della Fao, gli abitanti urbani non possono essere considerati meri consumatori di prodotti alimentari e le comunità rurali non dovrebbero essere considerate esclusivamente come produttori di alimenti. Dunque, secondo la Fao, l’obiettivo è garantire agli agricoltori un migliore accesso ai servizi, alle infrastrutture e ai mercati e allo stesso tempo creare condizioni che permettano ai cittadini di consumare alimenti freschi grazie alla creazione di canali di approvvigionamento brevi con un’agricoltura che insiste sulle zone urbane o appena periferiche. 

Della messa a punto di un’agenda alimentare nell’ambiente urbano si parlerà il 7 marzo prossimo a Roma quando la Fao lancerà ufficialmente una campagna di sensibilizzazione in questo senso.

Da Silva ha infatti rilevato come l’80 per cento di tutti gli alimenti prodotti nel mondo sono ormai consumati nelle città. «I consumatori urbani posso quindi costituire un punto di forza per promuovere la trasformazione verso una produzione agricola durevole secondo gli obiettivi del programma Onu 2030».

Le primarie Pd sui social media

Articolo già apparso sulla rivista il Mulino a firma di Cristopher Cepernich

I social network sono l’ambiente comunicativo fondamentale di questa campagna per le primarie 2019 del Partito democratico. Ancor più rispetto al passato, data la minore copertura riservata dalla televisione alla corsa per la leadership del partito: una ridotta mediatizzazione dell’evento dovuta anche alla rinuncia allo spettacolare duello «faccia a faccia».
Venuto meno l’effetto-alone della tv, gli aspiranti segretari stressano le opportunità offerte dalle strategie di ibridazione della campagna tra «spazio reale» – vale a dire il presidio attivo del territorio attraverso la spinta propulsiva del rally elettorale – e i social media come principale arena del confronto. In questo senso, i social network costituiscono, strutturalmente interdipendenti tra loro, il principale canale di comunicazione autopromozionale e l’infrastruttura organizzativa della mobilitazione.

Il dispositivo social (cfr. figura) è comune a tutti i contendenti e comprende quelli a maggior capacità di penetrazione – Facebook, Twitter e Instagram – mentre WhatsApp è utilizzato come canale di aggiornamento e informazione sul corso degli eventi e, nel caso di Giachetti, come canale per la «call to action» di volontari e supporter. Zingaretti e Martina risultano avere anche un canale Youtube, ma inattivo da tempo. Evidentemente superato dall’evoluzione broadcast di Facebook.

La fotografia della composizione dei pubblici evidenzia, per prima cosa, la significativa superiorità di Zingaretti in termini di platea di riferimento. Un secondo elemento evidente è la debolezza dei suoi competitor su Facebook, cioè la piattaforma più popolare e la più partecipata arena di confronto. Infine, ipotizzando un alto tasso di sovrapposizione tra i pubblici, i dati evidenziano come lo spazio della contesa sia piuttosto ristretto, rispetto a quello delle primarie passate.

Gli hashtag della campagna sintetizzano il messaggio programmatico portante delle campagne: #voltiamopagina (Zingaretti) rimanda al superamento dell’esperienza precedente; #fiancoafianco (Martina) promette una segreteria di unità e di ricomposizione delle fratture interne; #sempreavanti (Giachetti) prospetta invece una linea in continuità con la segreteria di Matteo Renzi.

Zingaretti sta conducendo una campagna digitale di tipo netroots, basata sull’attivazione online per l’azione dei supporter offline. La sua è una campagna di mobilitazione e di riattivazione della base del partito, anche con l’obiettivo di allargarne il perimetro. Le persone sono elementi ricorrenti anche nel suo storytelling visuale, soprattutto su Instagram.

Qui la campagna social di azione connettiva non sembra retorica: i canali (comunicativi) social sono legati alla piattaforma collaborativa (organizzativa) Piazzaweb.social. Questa promuove la discussione interna alla comunità, ma soprattutto mira a generare e a dare infrastruttura all’impegno concreto sul campo attraverso l’apertura di comitati di sostegno, le donazioni, l’inquadramento dell’attivismo digitale. L’obiettivo strategico dichiarato è «sottrarre l’egemonia della rete» a Lega e Movimento 5 Stelle. Più realisticamente, colmare parte del divario che separa il Pd dagli avversari, più efficienti ed efficaci. In questa direzione sembrano andare alcune iniziative rivelatrici della natura grassroots della campagna di Zingaretti: le giornate di mobilitazione sul campo (15/17 febbraio), l’attivazione del passaparola per far conoscere le modalità di voto per gli studenti fuori sede, la predisposizione del candidato (in persona e attraverso lo staff, con opportuna indicazione) di interagire con i commenti su Facebook e Twitter.

Martina e Giachetti, invece, promuovono un uso dei social network più tattico e meno strategico. La funzione è di semplice canale di comunicazione, per quanto importante. L’ex segretario rinuncia del tutto alla «chiamata alle armi» di mobilitazione e costruisce la più tradizionale comunicazione broadcast. La soluzione narrativa è data dal tour delle 100 città, che origina il più classico dei resoconti di viaggio alla riscoperta «dei territori» e del «Paese reale».

Giachetti, infine, sperimenta alcune soluzioni comunicative più originali: il commento dei fatti del giorno secondo le modalità della rassegna stampa (Bobo Rassegna), un improbabile – perché estemporaneo e occasionale – appello alla mobilitazione dei supporter via WhatsApp, i video party su Facebook con Anna Ascani, con la quale corre in ticket, i video a tema economico con Luigi Marattin e Maria Elena Boschi.

Al di là delle rispettive strategie, un sintomo generalizzato del deficit di interesse per queste primarie è dato dalla diffusa e trasversale difficoltà a produrre engagement perfino sui canali social. Laddove, cioè, il costo personale di ingaggio è assai contenuto. Assunto che il video sia il formato a più elevato potenziale di ingaggio, il numero maggiore di visualizzazioni conseguito dai candidati nel mese di febbraio è rappresentato dai rispettivi interventi alla convenzione nazionale del Partito democratico del 3 febbraio all’Hotel Ergife: poco oltre 111 mila le visualizzazioni per l’intervento di Zingaretti, 71 mila e 500 circa per Martina, 118 mila per Giachetti. Senza il traino dell’evento, numeri così bassi lo diventano ancora di più, per esempio con lo spot di candidatura: poco meno di 20 mila visualizzazioni per Martina, quasi 81 mila per Zingaretti. Tracce evidenti, quindi, di primarie secondarie.

[“Questioni Primarie” è un progetto di Candidate & Leader Selection e dell’Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell’Università di Torino, realizzato in collaborazione con rivistailmulino.it. In vista delle primarie del Pd, ogni settimana riprendiamo contributi pubblicati nell’ambito dell’iniziativa tutti disponibili anche in pdf sul sito di Candidate & Leader Selection.]

L’attualità di don Sturzo

Articolo già apparso sul Giornale La Sicilia

L’incontro culturale di lettura e di riflessione dell’appello “A tutti gli uomini liberi e forti” di don Luigi Sturzo, che si è svolto recentemente nella parrocchia Sant’Agata al Borgo di Catania, è stato un evento voluto dall’Osservatorio socio politici interparrocchiale.

Erano presenti, col responsabile Filippo Uccellatore e alcuni soci ordinari, tre invitati: Giuseppe Adernò (già preside dell’istituto comprensivo Panni), Prospero Cali (premio Fratelli Sturzo 2015), Nerina Azzia, figlia del notaio Nunzio Azzia che fu tra i primi a rispondere all’Appello e che portò all’apertura a Bronte, nel febbraio 1919, nella Casa del popolo della Sezione brontese del Ppi, di cui all’unanimità fu eletto segretario politico. Carica che mantenne fino allo scioglimento del partito nel 1926.

Gli studiosi di don Sturzo, Angelo Consolo e Salvatore Latora, hanno intrattenuto i partecipanti con due relazioni che si integrano a vicenda.

Il 2019 è stato proclamato l’anno sturziano perché ricorrono cento anni dall’Appello “A tutti gli uomini liberi e forti” e dalla fondazione del Ppi. E già si sono organizzati, ad esempio, un Convegno di studio (più di quaranta relatori, in tre giorni) alla Pontificia Facoltà teologica di Sicilia S. Giovanni Evangelista di Palermo, dove appaiono nel frontespizio del depliant, finalmente, le figure dei due fratelli, Luigi e Mario Sturzo. Altre iniziative a Caltagirone, a Piazza Armerina e in tv.

Come interpretare l’Appello di Don Sturzo? Ecco le parole di Consolo a riguardo: «Il rimedio di don Sturzo era basato sulla cooperazione, collaborazione e giustizia sociale. L’Appello è stato il “manifesto” più dibattuto del Cristianesimo democratico italiano. Esso contiene i caratteri fondamentali del popolarismo, una sorta di trasposizione in politica dei caratteri sociali ed etici della dottrina sociale della Chiesa, assorbendo anche alcuni principi propri del conservatorismo, del liberalismo, e addirittura del socialismo.

L’Appello accettava ed esaltava il ruolo della Società delle Nazioni, difendeva «le libertà religiose contro ogni attentato di setta», il ruolo della famiglia, la libertà d’insegnamento, il ruolo dei sindacati. Si poneva particolare attenzione a riforme democratiche come l’ampliamento del suffragio elettorale, compreso il voto alle donne, si esaltava il ruolo del decentramento amministrativo e della piccola proprietà rurale contro il latifondismo.

Nel Ppi  ha precisato Consolo  confluirono le varie componenti del variegato cristianesimo italiano tra cui i conservatori nazionali, i clerico moderati di Alcide De Gasperi, i giovani democratici cristiani di Romolo Murri e i cattolici sindacalisti di Achille Grandi. E alle Politiche del 1919 si raccolse il 20,5% dei voti, cioè 1.167.354 preferenze, e 100 deputati». «Ma perché l’evento non si riduca a un semplice atto celebrativo  ha afferma Latora trattandosi di un fatto storico, bisogna seguire le leggi di una corretta storiografia, secondo cui si richiedono tre livelli: essere informati, essere informati criticamente con documenti e interpretazioni, per una convinzione personale».

Quindi, Latora ha letto e commentato i due testi fondamentali che vanno inquadrati nella crisi post bellica (prima guerra mondiale) quando la Chiesa con Benedetto XV, consapevole che fosse necessario andare incontro alle esigenze di rinnovamento provenienti in primo luogo dai contadini, così da sottrarli all’egemonia socialista e all’alleanza con il proletariato industriale, consentì la formazione di un “partito cattolico”. E ciò fece Sturzo che, a differenza di Murri, aveva aspettato ecclesiasticamente disciplinato nel formare un “partito di cattolici” aconfessionale, laico con un progetto di riforma dello Stato veramente rivoluzionario (Federico Chabod e Antonio Gramsci). Ecco che nacque da Roma il 18 gennaio 1919 l’Appello al Paese: «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché, uniti insieme, propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». Nella stessa data veniva fondato il Ppi con un suo statuto e un programma in XII articoli, con finalità innovative: «Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e a regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali  la famiglia, le classi, i Comuni che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto alle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari… libertà religiosa, non solo agli individui ma anche alla Chiesa per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo: libertà di insegnamento senza monopoli statali; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche».

L’ambizione del Partito popolare era quella di sostituirsi ai liberali e alle finalità dei socialisti nella direzione dello Stato, perché il Ppi è personalista e interclassista.

Il testo è stato letto, ma le domande più interessanti sono venute dai partecipanti.

Perché questo partito nuovo che ha avuto un ottimo risultato nelle elezioni (100 deputati!) fu bloccato e il suo fondatore ridotto in silenzio e costretto a 22 anni di esilio, prima in Inghilterra e poi in America?

«Se dal punto di vista umano non si può non essere sensibili alle sofferenze, al dolore del protagonista, come dimostrano le lettere con il fratello, spesso toccanti; d’altra parte quegli anni a contatto con la cultura angloamericana furono un arricchimento culturale e l’occasione per scrivere i suoi libri più importanti e infondere a Sturzo ancora lena al suo attivismo. Ad esempio: L’Internazionale Bianca (spunti anche per la futura Ue) e le due People and Freedom, prima in Inghilterra e poi in America».

Quale differenza fra Sturzo e la Dc di De Gasperi?

«Sturzo è stato la coscienza critica del nuovo partito erede del Ppi  formulando il consiglio di guardarsi delle tre male bestie nemiche della Democrazia: lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico: il primo va contro la libertà, la seconda contro l’uguaglianza, il terzo contro la giustizia».

Quale può essere la sua attualità?

«Creare una rete operativa e attivare gli Osservatori sociali, come il nostro che è di ispirazione sturziana. E prima di tutto studiare le opere di Luigi Sturzo con quelle del fratello vescovo, Mario Sturzo».

Parigi: condannata la banca Ubs

Il tribunale di Parigi ha condannato la banca Ubs a una multa record di 4,5 miliardi di euro per riciclaggio di denaro proveniente da evasioni fiscali.

Si tratta della sanzione più alta mai inflitta dalla giustizia francese. Secondo il tribunale, la banca ha aiutato i suoi clienti ad evadere il fisco. Per anni il gruppo ha inviato in Francia i suoi commerciali per attirare clienti durante eventi mondani invitandoli ad aprire conti non dichiarati in Svizzera.

Nel dettaglio, la multa è di 3,7 miliardi di euro ai quali si aggiungono 800 milioni di danni allo Stato. “Molti dei nostri argomenti non sono stati ascoltati”, ha detto Denis Chemla, avvocato della banca.

Dal canto suo, il tribunale ha sottolineato uno “sbaglio di una gravità eccezionale”. “La frode trova la sua fonte in un’organizzazione strutturata verticalmente, sistematica e datata”, si legge nella requisitoria.

Cinque ex dirigenti sono stati condannati a pene tra i sei e i diciotto mesi di prigione e multe tra i 50mila e i 300mila euro. Il gruppo bancario ha immediatamente fatto appello. “Ubs contesta vigorosamente questo giudizio”, si legge in un comunicato.

La saga delle contraddizioni

Sembra che l’idillio tra Lega e 5Stelle sia destinato a finire molto presto. L’ultimo motivo è l’aver chiamato al cospetto della piattaforma Rousseau gli iscritti al movimento per esprimersi sull’autorizzare il processo a Salvini per la vicenda della nave Diciotti. È risaputo infatti che gli attivisti e gli elettori dei 5Stelle hanno mal digerito molte delle scelte fatte dal Governo giallo-verde. Lo confermano le discussioni interne ed esterne al Governo e al Parlamento della base dei penta stellati sulla realizzazione o meno di grandi opere infrastrutturali, che hanno provocato una grave lacerazione del loro elettorato.

E poi le divisioni si sono confermate anche sul Venezuela dove il M5S sostiene Nicolas Maduro in contrapposizione alla Lega che invece appoggia Juan Guaidò; sul problema della cannabis dove la proposta del Movimento 5 Stelle a favore della legalizzazione è stata stoppata dal vice premier Salvini che l’ha di fatto messa nel cassetto.

Sulla questione dei migranti la divisione è forse ancora più profonda e grave per due semplici motivi. Il primo è che lo stop all’arrivo dei clandestini è il grande cavallo di battaglia del neo ministro dell’Interno. La seconda è che il tema scuote dall’interno il partito di Luigi Di Maio. Roberto Fico, non ha mai nascosto la propria opinione molto portata all’accoglienza, creando problemi all’esecutivo ma anche al leader del M5S.

Per il gasdotto che dovrebbe attraversare l’Adriatico la situazione ricalca quella della Tav. Da una parte la Lega pro grande opera, dall’altra il Movimento 5 Stelle, e la sua anima ambientalista.

Inoltre, il partito di Salvini non porrebbe di suo limiti all’uso dei contanti, e se limiti mai dovessero esserci che siano piuttosto leggeri. Di parere opposto i grillini, per i quali proprio l’uso eccessivo e la troppa libertà nella circolazione delle banconote siano una delle armi utilizzate maggiormente dagli evasori fiscali.

Anche se a tenerli uniti ed attivi a Palazzo Chigi c’è il famoso “contratto di Governo” ecco che con il passare del tempo gli argomenti di divisione profonda tra i due soci sono sempre più numerosi e, come dicevo, quello della non autorizzazione a non processare Salvini è solo l’ultima delle questioni emerse, forse quella che più delle altre non sarà digerita dall’elettorato 5Stelle.

Infine, si aggiungono i problemi economici, del lavoro e della diminuita produzione che non aiutano il Governo a trovare quella sintonia che già oggi manca e che trova elementi di notevoli difficoltà. E ora, come farà il Governo a suffragare le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, che per il 2019 assicura un notevole boom economico?

Protesta pastori: gettati in strada 3 milioni di litri di latte

Circa tre milioni di litri di latte sono stati lavorati per essere dati in beneficienza, dati in pasto agli animali o gettati in strada per colpa di una situazione insostenibile che ha portato i pastori all’esasperazione. E’ quanto stima la Coldiretti in occasione del Tavolo di Filiera convocato sul prezzo del latte per il pecorino al Ministero delle Politiche Agricole.

Ad una settimana dal primo tavolo di negoziato promosso al Viminale dal Governo e dopo l’incontro in Sardegna è chiara la necessità – sottolinea la Coldiretti – di definire un acconto equo almeno superiore ai costi di produzione e di inserire nell’accordo una clausola che garantisca di raggiungere in tempi certi l’obiettivo di un euro per il prezzo del latte pagato ai pastori da parte degli industriali che potranno vendere allo Stato ad un prezzo garantito milioni di chili di pecorino romano, grazie alle consistenti misure di sostegno per quasi 50 milioni di euro messe in campo da Governo e Regione.

Senza considerare – aggiunge la Coldiretti – le aperture venute delle catene distributive che si sono impegnate a riconoscere agli industriali un valore, all’acquisto del pecorino, in grado di assicurare agli allevatori il prezzo di 1 euro al litro ed anche a realizzare campagne promozionali.

Sul piano strutturale le dimissioni del presidente del Consorzio di Tutela Salvatore Palitta – continua la Coldiretti – agevolano il cambiamento nell’attuale gestione del Consorzio del Pecorino che va quindi completamente ripensata con l’ingresso nell’amministrazione dei pastori ai quali vanno assegnate le quote di produzione. Importante – sostiene la Coldiretti – la nomina di un Prefetto per verificare eventuali errori e violazioni ma anche per controllare la legalità delle operazioni di ritiro del pecorino da destinare agli indigenti con le risorse pubbliche.

Lavoriamo per chiudere la trattativa che è la cosa più importante per restituire serenità alle famiglie e alle aziende conclude Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti nel sottolineare che “in gioco ci sono 12mila allevamenti della Sardegna dove pascolano 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia, che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop)”

Inflazione: l’Istat conferma le stime per il 2019

Nel mese di gennaio 2019, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenti dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,9% su base annua (da +1,1% registrato nel mese precedente), confermando la stima preliminare.

Il rallentamento dell’inflazione a gennaio è imputabile prevalentemente alla decelerazione dei prezzi dei Beni energetici sia nella componente regolamentata (da +10,7% di dicembre a +7,9%) sia in quella non regolamentata (da +2,6% a +0,3%); tale dinamica è stata in parte mitigata dall’accelerazione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (che passano da +0,6% a +2,2%) e in misura minore dei Beni alimentari non lavorati (da +1,3% a +1,7%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, decelera da +0,6% registrato nel mese precedente a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +0,6%.

Il lieve aumento su base congiunturale dell’indice generale (+0,1%) è dovuto principalmente alla crescita dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (+1,6%) e dei Beni alimentari sia lavorati (+0,8%) sia non lavorati (+1,2%), quasi del tutto bilanciata dal calo dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-1,2%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-1,5%), quest’ultimo per lo più dovuto a fattori di carattere stagionale.

Rispetto a gennaio 2018 l’inflazione rallenta in modo marcato per i beni (da +1,2% a +0,7%), mentre i servizi rimangono stabili a +1,1%; rispetto al mese di dicembre il differenziale inflazionistico tra servizi e beni diventa positivo e pari a +0,4 punti percentuali (era -0,1 punti percentuali nel mese precedente).

L’inflazione acquisita per il 2019 è +0,1% per l’indice generale e -0,3% per la componente di fondo.

Rallenta la crescita dei prezzi dei prodotti di largo consumo: per i Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passa da +0,7% a +0,6%, per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +1,2% a +0,8% (portandosi anch’essa al di sotto dell’inflazione generale).

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) diminuisce dell’1,7% su base mensile, per effetto dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature, di cui l’indice NIC non tiene conto, e aumenta dello 0,9% su base annua (in rallentamento da +1,2% del mese precedente), confermando la stima preliminare.

L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile e dello 0,7% rispetto a gennaio 2018.

L’Area B di Milano è la più grande zona a traffico limitato d’Italia

La Ztl del capoluogo lombardo comprenderà quasi 1.400.000 abitanti (il 97,6 per cento della popolazione residente) pari al 72 per cento dell’intero territorio comunale. All’interno dell’Area B sarà vietato l’ingresso ai veicoli benzina euro 0 e diesel euro 0, 1, 2, 3 e progressivamente, per step successivi fino al 2030, a tutti i veicoli diesel. Il 25 febbraio saranno attivate 15 telecamere in altrettanti varchi. Da marzo poi, progressivamente, saranno collocati altri punti di videosorveglianza per arrivare a 98 occhi elettronici complessivi entro la fine dell’anno. Tutti i 188 varchi saranno resi operativi entro il 1° ottobre 2020. Tra cinque giorni partirà una sperimentazione per i veicoli diesel euro 3 ed euro 4 di proprietà degli ambulanti che hanno una concessione negli spazi dei mercati comunali rionali di Milano valida fino al 31 dicembre 2020. Questi veicoli potranno circolare fino alla scadenza della concessione grazie a una “scatola nera”, l’Obu (on board unit), fino ad un massimo di 1.000 chilometri all’anno percorsi in Area B. Gli ambulanti con veicoli diesel euro 0, 1 e 2 non potranno circolare a meno che non si muniscano di Fap (filtro antiparticolato).

“Area B è la Ztl più grande d’Italia e consentirà di migliorare la qualità dell’aria e della vita a Milano – ha detto Marco Granelli assessore alla Mobilità e Ambiente – L’aria che respiriamo è fondamentale. Le polveri sottili nocive alla salute sono già in calo da alcuni anni ma vogliamo abbatterle drasticamente. È inderogabile un cambiamento di abitudini”.

Da quest’anno al 2026, Area B consentirà di ridurre le emissioni atmosferiche da traffico di circa 25 tonnellate di Pm10 e di 900-1.500 tonnellate di ossidi di azoto. Per quanto riguarda il Pm10 l’accelerazione sarà immediata: meno 14% di emissioni nel corso di quest’anno, meno 24% nel 2020, meno 21% nel 2021. Nei primi 4 anni le emissioni di Pm10 si ridurranno della metà ovvero di 15 tonnellate. Riduzioni misurabili anche sul NoX: l’accelerazione avverrà quindi tra il 2023 e il 2026 con un calo del 11% ogni anno. Per consentire ai cittadini di adeguarsi alle nuove regole e senza penalizzare l’uso occasionale nei primi dodici mesi di attuazione del provvedimento tutti avranno cinquanta giorni di libera circolazione. Al primo accesso l’automobilista riceverà via posta un alert che spiegherà il funzionamento del provvedimento invitandolo a mettersi in regola, ma anche ad iscriversi al portale per controllare e gestire gli accessi disponibili. Dal secondo anno di entrata in vigore di Area B i residenti a Milano e le imprese della città avranno 25 giorni all’anno di libera circolazione, tutti gli altri soltanto cinque giorni. Una volta esauriti i permessi di libera circolazione scatterà la sanzione.

Follonica: città plastic free

Prosegue il percorso intrapreso dall’Amministrazione comunale di Follonica per rendere la città totalmente plastic free. Il progetto, portato avanti dal Comune nelle scuole, ha fatto tappa questa mattina nella scuola per l’infanzia I Melograni, diventata a tutti gli effetti la prima scuola plastic free della città.

“Questa scuola rappresenta un esempio virtuoso – ha spiegato Andrea Benini sindaco del comune– di come si possa rinunciare alla plastica, rispettando quindi l’ambiente, ma anche di come si possa sviluppare un progetto collettivo che parta dalla scuola coinvolgendo le famiglie e l’intera cittadinanza. Proprio al centro di questo percorso ci sono i bambini, veri e propri ambasciatori di una buona pratica che, per il futuro del nostro ambiente, deve essere condivisa da tutti. Solo così si può pensare a un modello di città sostenibile che non sia soltanto una speranza ma una realtà”.

Dove si distribuiscono i chili di troppo?

E’ il Dna a decidere dove si distribuiscono i chili di troppo nell’organismo: la scoperta è pubblicata sulla rivista Nature Genetics dal consorzio internazionale Giant, che riunisce 275 ricercatori, e promette di offrire una nuova arma alla lotta contro l’obesità e alle malattie collegate, come quelle cardiache e il diabete.

Coordinato dall’epidemiologo Kari North, dell’americana University of North Carolina, il gruppo di ricerca ha individuato 24 regioni del Dna, di cui 9 rare, che predispongono ad accumulare grasso sul girovita. Queste si aggiungono alle 49 già note per il ruolo che hanno nella distribuzione del grasso corporeo. Le nuove regioni predispongono a un rapporto fra girovita e fianchi più alto della norma, cioè tendono a far accumulare il grasso nell’addome.

“Per la prima volta – ha detto North – siamo stati in grado di scoprire il modo in cui le varianti genetiche rare influenzano la distribuzione del grasso corporeo”. Queste varianti, ha aggiunto, “sono rare, ma gli effetti che hanno sugli individui sono molto grandi, rendendole importante dal punto di vista clinico”.

Cattolici in campo contro il populismo

Articolo già apparso sulle pagine di 9 Colonne a firma di Paolo Pagliaro

 

A cento anni dalla nascita del Partito Popolare, fondato da Luigi Sturzo, e a 25 dalla fine della Democrazia Cristiana, ci sono molti segnali che fanno pensare a un possibile ritorno dei cattolici sulla scena pubblica. Con una presenza organizzata, forse con un nuovo movimento politico. E’ stato molto esplicito, qualche giorno fa, il cardinale Severino Poletto, arcivescovo emerito di Torino: “Svegliatevi, non c’è più tempo, agite al più presto” ha detto il cardinale parlando alle associazioni cattoliche che in Piemonte hanno dato vita al network della Rete Bianca. E le ha invitate a costruire se non un partito almeno un manifesto programmatico. Poletto pensa a un’iniziativa politica esplicita, in grado in grado di contrapporsi a sovranismi e populismi.

Anche monsignor Gastone Simoni, vescovo di Prato, ritiene che si debba costruire una rappresentanza politica alternativa, non confessionale ma di chiara ispirazione cristiana. Monsignor Zuppi, arcivescovo di Bologna, ne chiarisce la natura: questa politica – dice – deve ritrovare la sua dimensione di «arte e professione», deve farsi ambito per il pensiero complesso, non per quello semplice, deve essere luogo del dialogo e non della ricerca del nemico.

Negli ultimi mesi sul tema si sono pronunciati sia il presidente della Cei cardinale Bassetti, sia il segretario di Stato cardinale Parolin. Il primo ha ricordato che i cattolici sono tra i soci fondatori della Repubblica, il secondo ha detto che occorre sottrarre la presenza cattolica nella società alla tentazione dell’indifferenza e al rischio dell’irrilevanza, che è poi la parola che meglio riassume la condizione dei cattolici nella nuova stagione politica.

Il prete dei baraccati di Roma

Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Fabrizio Contessa

«Il luogo dove viviamo è un inferno, l’acqua nessuno può averla in casa. L’umidità ci tiene compagnia per tutto l’inverno. Il caldo soffocante l’estate. I pozzi neri si trovano a pochi metri dalle nostre cosiddette abitazioni. Tutto il quartiere viene a scaricare ogni genere di immondizie a 100 metri dalle baracche. Siamo in continuo pericolo di malattie. Quest’anno all’Acquedotto due bambini sono morti per malattie, come la broncopolmonite, che nelle baracche trovano l’ambiente più favorevole per svilupparsi». È uno dei passaggi più drammaticamente eloquenti di Lettere al sindaco il documento-denuncia, siamo nel 1968, firmato da don Roberto Sardelli, il sacerdote romano, originario di Pontecorvo, morto ieri a 83 anni. Conosciuto come il “prete dei baraccati”, Sardelli è stato negli anni del post-concilio uno di quei coraggiosi protagonisti di una Chiesa desiderosa di recuperare la freschezza e la radicalità dell’annuncio evangelico. Nomi come Lorenzo Milani, Luigi Di Liegro, Andrea Santoro sono a vario modo legati alla sua figura, come anche l’esperienza dei preti operai in Francia e il convegno diocesano del febbraio 1974 sulle «attese di carità e giustizia», passato alla storia come il convegno sui “mali di Roma”.

Il suo ministero sacerdotale è stato costantemente segnato dall’attenzione agli ultimi, agli scartati della società descritti in quegli anni con impressionante lucidità dal genio poetico di Pier Paolo Pasolini. In tempi più recenti è stato vicino ai malati di aids e ai nomadi. Ma l’esperienza che lo ha profondamente segnato, favorendone i successivi sviluppi, è stata quella vissuta tra il popolo dei baraccati — immigrati a migliaia dalle regioni meridionali — allora poveramente assiepati sotto le arcate dell’Acquedotto Felice, nella periferia orientale della città. Giovane sacerdote presso la vicina parrocchia di San Policarpo non si accontentò di vivere “accanto” a questa miseria. Acquistata una baracca da una prostituta, si trasferì all’ombra degli antichi ruderi trasformando quei poveri nove metri quadri nella “Scuola 725”, dal numero civico assegnato al casotto, che accoglieva quei bambini che nella scuola pubblica che frequentavano al mattino finivano spesso nelle classi differenziali. «Proposi ai ragazzi lo studio come leva per uscire da una situazione umiliante in cui la città del centro li aveva gettati», racconterà il sacerdote. Si è trattato di «una delle più straordinarie iniziative di pedagogia popolare in Italia nel secondo dopoguerra», ha riconosciuto l’Università Roma Tre che nel novembre scorso ha conferito a don Sardelli la laurea “honoris causa”.

 

Mattarella: innovare per competere e non tagliare i salari

Riportiamo la dichiarazione del Presidente Mattarella in occasione del centenario della firma del contratto di lavoro di 48 ore settimanali

Cento anni fa venne sottoscritto nel nostro Paese il primo contratto nazionale di lavoro che poneva il limite di otto ore quotidiane e quarantott’ore settimanali per le prestazioni dei lavoratori. A sottoscriverlo il Sindacato dei Metallurgici e l’Associazione degli Industriali corrispondente. Il limite fissato alla prestazione lavorativa poneva la dignità della persona a fondamento delle stesse relazioni economiche e sociali e i diritti del lavoro assunsero per la prima volta una valenza universale.

Un valore riconosciuto dalla neonata Organizzazione Internazionale del Lavoro, pochi mesi dopo, con la Convenzione di Washington, che recepirà gli stessi contenuti del contratto stipulato dai lavoratori italiani nel febbraio del 1919. La scelta di dare una cornice internazionale alla legislazione sul lavoro appariva lungimirante, diretta come era ad evitare una competizione nella produzione di merci basata sul peggioramento delle condizioni di lavoro e sul taglio dei salari piuttosto che sulla capacità di innovazione. È questione che, a cent’anni dalla nascita della Organizzazione Internazionale del Lavoro, mantiene intatta la sua attualità nell’ambito delle relazioni economiche e commerciali internazionali.

Bruno Buozzi fu uno dei padri di quel primo contratto nazionale. E, prima di essere ucciso dai nazisti, fu uno degli artefici del Patto di Roma, premessa alla ricostruzione del sindacato come soggetto libero in una democrazia solida e radicata nella società.
Contenuti di un percorso fecondo di impegno e di battaglie del movimento dei lavoratori li ritroviamo oggi in articoli significativi del titolo III della Costituzione italiana e nel capo IV della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

Nell’epoca della globalizzazione e dei mercati aperti, la contrattazione rappresenta una sfida dai caratteri per molti aspetti inediti: alle forze sociali la capacità di corrispondere agli stessi criteri di progresso che hanno ispirato, cent’anni or sono, gli autori del primo contratto delle otto ore.

Elezioni europee: Alleanza per le domeniche libere dal lavoro

Continua la campagna della European Sunday Alliance che, con un evento nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles, ha discusso di “domenica senza lavoro e ore di lavoro decenti in Europa: quale strada da percorrere?”.

La rete di associazioni che fanno parte dell’Alleanza ha così voluto coinvolgere e sensibilizzare sul tema deputati e candidati alle prossime elezioni europee. Come riferito da una nota  si è guardato da vicino “alle esperienze nazionali austriache e croate” e si è presa in esame “la recente nuova legislazione polacca che dall’11 marzo 2018 limita le attività commerciali la domenica”.

“Le famiglie hanno bisogno di lavoro, di una casa e di tempo, il che significa almeno un giorno intero di riposo in comune a settimana e quel giorno nella cultura europea è la domenica”.

Un frastuono dopo l’altro ma qualcosa fugge via

Capitava l’uno e gli subentrava immediatamente l’altro, con una rincorsa al fuoco di fila che sembrava portarci chissà dove.

Mi sono chiesto come mai, in un lasso di tempo, così breve scoppiassero simili eventi. E mi sono chiesto: “che il secondo intenda coprire il primo?”.

Poteva sembrare così. E, in effetti, sentendo diversi commenti e leggendo diverse riflessioni, la cosa sembrava essere da tutti quanti colta in quel modo.

Ma è proprio così? Non vi può essere una ulteriore osservazione da porre?

Lì per lì, non mi sembrava ci fossero altri elementi da mettere in sordina. Poi, invece, come un fulmine, ho compreso qual era la vera portata in gioco. Non c’è alcun dubbio che il caso Diciotti implicasse, ancorché Ministro della Repubblica, una singola persona. Che i genitori di Matteo Renzi, raddoppiassero il “mondo”, da uno si passa a due soggetti, ma pur sempre una semplice coppia toscana. Qual era quindi il fatto più importante che doveva passare in second’ordine? In altri termini questi due schiamazzi cosa volevano coprire dentro un sordo silenzio?

È questa la notizia del giorno, quella che non appare, quella che viene un po’ abortita ma che nonostante tutto ciò è il vero fenomeno sociale e politico.

Anzi, direi prima economico, quindi industriale e, conseguentemente, sociale e politico. Il fuoco di sbarramento, le grida, gli strappi ai capelli, le massime soddisfazioni, i piaceri più bassi, perché, alla fine, non emergesse la vera sostanziale notizia, il decremento ulteriore della produzione industriale in Italia; un abbassamento allarmante che se esaminato con la serietà dovuta, dovrebbe coprire l’intera prima pagina dei telegiornali e dei giornali mentre, voi ne siete testimoni quanto lo sono io, non ha trovato nemmeno uno spazietto a fondo pagina.

Tutti a commentare se i 5Stelle hanno perso o non hanno perso l’anima; non c’è uno che non si sia smarrito a pensare se Renzi è finito o non lo sia; e, mentre tutti in affanno a cercare queste due verità, a dir il vero del tutto anguillesche, nessuno si soffermava a dovere sulla malattia profonda che sta colpendo l’intero Paese; pertanto, non un fenomeno ridotto ad una o due persone, ma alla intera nostra realtà italiana.

Questa mia denuncia può servire se non altro a snebbiare le menti raccolte a suffragare una delle due tesi per il primo, come per il secondo fenomeno e, quindi, mettere in primo piano qualcosa che ha a che vedere con la vita di noi tutti.

Regno Unito: crescono i timori di elezioni anticipate

La scissione nel Partito laburista si allarga e continua a scuotere tanto la formazione guidata da Jeremy Corbyn quanto il panorama politico del Regno Unito.

Nella giornata del 19 febbraio un’ottava deputata, Jean Ryan, ha lasciato il Labour per unirsi ai sette scissionisti che hanno formato il Gruppo indipendente.

Ryan ha motivato la sua decisione denunciando la “cultura dell’antisemitismo” cresciuta nel Partito laburista sotto la leaderhip di Corbyn e la deriva verso l’estrema sinistra.

Mentre si attendono nuove defezioni tra i laburisti e tra i Conservatori moderati contrari alla Brexit, nei vertici del Labour crescono i timori che il primo ministro, Theresa May, possa sfruttare il difficile momento vissuto dal partito di Corbyn e convocare le elezioni anticipate.

Cuore wireless ​impiantato per la prima volta

È stato impiantato sui primi due pazienti il primo cuore artificiale totalmente senza fili, che si ricarica in un paio d’ore indossando una cintura. Il device wireless migliora considerevolmente la qualità di vita dei pazienti e riduce il rischio di infezioni.

Reso noto sul Journal of Heart and Lung Transplantation, è il risultato di una sperimentazione clinica svolta nell’ambito del progetto «FIVAD» da un’equipe di esperti internazionali tra cui Massimo Massetti, Direttore Area Cardiologica Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Cardiochirurgia alla Cattolica, Yury Pya, Direttore del Centro Universitario Cardiovascolare di Astana in Kazakhstan, dove sono stati svolti i primi due interventi, e Ivan Netuka dell’Institute for Clinical and Experimental Medicine di Praga.

Bologna: Lodi per ogni ora. I corali francescani provenienti dalla Basilica di San Francesco

Fino al 17 marzo, nell’ambito del Festival Francescano X edizione, il Museo Civico Medievale propone un’esposizione dal titolo: Lodi per ogni ora. I corali francescani provenienti dalla Basilica di San Francesco.


La mostra presenta una nutrita selezione dei vari codici liturgici, realizzati tra il XIII e il XV secolo per la basilica bolognese di San Francesco, che attualmente fanno parte della ricca collezione di codici miniati del Museo Civico Medievale di Bologna. Tra questi si segnala la serie di preziosi graduali francescani riccamente miniati dal cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, protagonista assoluto della decorazione libraria bolognese della fine del Duecento.

Prossimi a questa anche la serie poco più tarda degli antifonari, anch’essi ampiamente decorati, ispirandosi in parte alle più antiche esperienze del Giotto assisiate, evidentemente filtrate in città attraverso lo stesso ordine dei frati minori.

A queste prime serie di corali ne seguirono altre nel corso del Quattrocento, quando i frati minori si affidarono a vari miniatori coordinati dal bolognese Giovanni di Antonio, per decorare intorno al 1440-50 alcuni dei loro libri liturgici, anch’essi presentati in occasione della mostra.

Quando Paolo VI parlò della politica come la forma più alta di carità (dopo la preghiera)

Signor Presidente, Signore Direttore Generale, Signori,

E’ per noi una gioia profonda – oltre che un onore – dare voce, a nostra volta, da questa tribuna al debito di riconoscenza ed al grido di angoscia e di speranza di milioni di uomini, in questo 25° anniversario della FAO. Quanto cammino percorso da quel lontano 16 ottobre 1945, nel quale i Rappresentanti di quarantaquattro Paesi furono invitati a firmare l’atto costitutivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la alimentazione e l’agricoltura! Gli storici porranno in rilievo le importanti realizzazioni compiute dalla FAO, la sua progressiva espansione, il suo costante dinamismo, l’arditezza delle sue vedute, la varietà e l’ampiezza della sua azione – perché essa è soprattutto un’istituzione creata per operare –, il coraggio del suoi pionieri, l’amore per l’uomo, infine, e il senso della fraternità universale, che sono le motivazioni della sua azione. Essi sottolineeranno anche la straordinaria sfida che è lanciata oggi: contemporaneamente ai vostri sforzi crescenti e sempre più efficaci, gli uomini si moltiplicano, la miseria si accresce molto e, mentre una minoranza degli uomini dispone di risorse diversificate e incessantemente crescenti, una parte sempre più considerevole dell’umanità continua ad aver fame di pane e di educazione, ad aver sete di dignità. Il primo decennio di sviluppo – sarebbe inutile negarlo – è stato contrassegnato da una certa disillusione dell’opinione pubblica di fronte alle speranze frustrate: Si dovrebbe, dunque, come Sisifo, affannarsi a far rotolare il macigno, e poi abbandonarsi alta disperazione?

2. Questa parola non potrebbe essere pronunciata in questo luogo, in questa assemblea di uomini rivolti verso l’avvenire per disporlo al servizio dell’umanità, quali che siano gli ostacoli che si frappongono sul cammino. Il nostro predecessore, il Papa Pio XII, del resto, sin dal suo primo incontro con la FAO, lodava altamente l’ampiezza dei punti di vista della vostra istituzione specializzata per la alimentazione e l’agricoltura, 1’apertura spirituale che ne caratterizza la economia e l’applicazione, infine la saggezza e il metodo accorto che presiedono alla sua realizzazione. Il suo successore, il Papa buono, Giovanni XXIII, coglieva anch’egli ogni occasione per esprimervi la sua sincera stima. Quanto a noi, abbiamo conosciuto da principio l’Istituto Internazionale di Agricoltura nella sua modesta sede di Villa Borghese, prima di veder la FAO percorrere tutto il cammino che l’ha condotta ai magnifici sviluppi che essa conosce oggigiorno. Noi da allora non abbiamo cessato di seguire con simpatia le vostre generose e disinteressate iniziative, in particolare la campagna contro la fame, di rendere omaggio alla vostra attività polivalente e di rivolgere ai cattolici del mondo intero l’invito a collaborare generosamente con essa, in unione con tutti gli uomini di buona volontà. Oggi noi siamo lieti di venire nella sede della vostra Organizzazione, situata nel territorio stesso della nostra diocesi di Roma, e di ricambiare cosi alla FAO le numerose visite fatte in Vaticano dai partecipanti alle vostre sessioni di lavoro.

In realtà, come potrebbe la Chiesa, sollecita del vero bene degli uomini, disinteressarsi di un’azione tanto chiaramente diretta, come è la vostra, ad alleviare le più grandi miserie e impegnata in una lotta senza quartiere per dare a ciascun uomo di che mangiare per vivere, il che vuol dire vivere una vera vita d’uomo, capace, col suo lavoro, di assicurare la sussistenza dei suoi, in grado, con la sua intelligenza, di partecipare al bene comune della società, con un impegno liberamente accettato e una attività volontariamente assunta? È da questo livello superiore che la Chiesa intende offrirvi la sua adesione disinteressata per l’opera grandiosa e complessa che voi realizzate: promuovere un’azione internazionale per fornire a ciascuno gli alimenti di cui ha bisogno, tanto per quantità che per qualità, e fare cosi progressivamente indietreggiare, con la fame, la sottoalimentazione e la denutrizione, eliminare le cause di tante epidemie, preparare una mano d’opera qualificata e procurarle l’impiego necessario, perché l’avanzamento economico si accompagni con lo sviluppo sociale, senza il quale non si dà vero progresso.

3. Questi scopi, che noi condividiamo di gran cuore, con quali metodi voi intendete raggiungerli? Lo studio appassionante – possiamo ben dirlo! – della copiosa documentazione che ci è stata inviata circa la vostra attività multiforme, ci ha rivelato la prodigiosa e crescente vastità del vostro sforzo, organizzato su scala mondiale. Un’utilizzazione più razionale delle risorse materiali di base, uno sfruttamento meglio concepito delle terre e delle acque, delle foreste e degli oceani, una maggiore produttività delle colture, dell’allevamento, della pesca, forniscono certamente derrate in maggiore quantità e di miglior qualità. Ma ben presto i bisogni alimentari aumentano, sotto la doppia pressione di una ascesa demografica a volte assai rapida e di un consumo la cui curva segue la progressione delle entrate. Il miglioramento della fertilità del suolo, la sistemazione razionale dell’irrigazione, la riunione delle frazioni di terreno, la valorizzazione di zone paludose, lo sforzo di selezione vegetale, l’introduzione di varietà di cereali ad alto rendimento sembrano quasi avverare la previsione dell’antico profeta dell’epoca rurale: Il deserto rifiorirà. Ma la concreta attuazione di queste possibilità tecniche a un ritmo accelerato non avviene senza ripercussioni dannose sull’equilibrio del nostro ambiente naturale, e il peggioramento progressivo di ciò che si è convenuto chiamare l’”ecosistema” rischia, sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di condurre a una vera catastrofe ecologica. Noi vediamo già viziarsi l’aria che respiriamo, inquinarsi l’acqua che beviamo, contaminarsi le spiagge, i laghi, anche, gli oceani, sino a far temere una vera “morte biologica” in un avvenire non lontano, se non saranno coraggiosamente decise e severamente applicate, senza ritardi, energiche misure.

Terribile prospettiva, che sta a voi considerare con cura perché sia evitato l’annientamento del frutto di milioni di anni di selezione naturale e umana. In breve, tutto è organicamente inglobato, ed è necessario che Voi facciate attenzione alle conseguenze su vasta scala che ogni intervento umano introduce nell’equilibrio della natura, che è messa, con la sua ricchezza armoniosa, a disposizione dell’uomo, secondo il disegno amoroso del Creatore.

5. Questi problemi vi sono certo familiari. Noi non abbiamo voluto ricordarli brevemente dinanzi a voi se non per meglio rilevare l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità, se questa vuole esser sicura della sua sopravvivenza. Sono occorsi all’uomo millenni per imparare a dominare la natura, a sottomettere la terra, secondo la parola ispirata del primo libro della Bibbia. Adesso è venuta per lui l’ora di dominare il suo stesso dominio, e questa impresa necessaria non chiede all’uomo meno coraggio e risolutezza della conquista della natura. La prodigiosa padronanza progressiva della vita vegetale, animale, umana, la scoperta del segreti della materia condurranno all’anti-materia e all’esplosione della morte? In questa ora decisiva della sua storia, la umanità oscilla, incerta tra timore e speranza. Chi ormai non lo avverte? I progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo.

6. Il benessere è nelle nostre mani, ma è necessario volerlo costruire insieme, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri, e mai più gli uni contro gli altri. Al di là delle magnifiche realizzazioni di questi venticinque anni di attività, qual è la conquista essenziale della vostra Organizzazione se non la presa di coscienza, da parte dei popoli e dei loro governi, della solidarietà internazionale? Non siete forse Voi, talvolta senza saperlo, i pii eredi della misericordia del Cristo dinanzi all’umanità indigente: Ho compassione di questa folla? Non siete voi a costituire, per i1 fatto stesso di esistere, una decisa smentita al deludente pensiero dell’antica saggezza: Homo homini lupus? No! L’uomo non é un lupo per l’altro uomo: ne è il fratello, il fratello compassionevole e benefico. Mai in passato, nel corso dei millenni della drammatica avventura umana, tanti popoli e tanti uomini avevano delegato si gran numero di rappresentanti per una precisa missione: quella di aiutare gli uomini, tutti gli uomini a vivere ed a sopravvivere. Tutto questo, pur in mezzo alle tante minacce che gravano sul mondo, costituisce per noi uno del motivi più validi di speranza. Coloro che nel Duemila avranno la responsabilità del destino della grande famiglia umana, nascono ora in un mondo che ha scoperto, bene o male, la sua interdipendenza, la sua solidarietà nel bene e nel male, il suo dovere di unirsi per non soccombere, in breve di operare insieme per edificare il comune futuro destino dell’umanità . Voglia il Cielo che, on un giorno non lontano, si allarghi la cerchia della vostra famiglia, ed i popoli che mancano ancora all’appuntamento, siedano anch’essi al vostro tavolo, perché gli uomini finalmente diano, tutti insieme, il loro contributo a questo stesso scopo disinteressato.

6. Di fronte alle difficoltà da superare, è certo forte la tentazione di una azione autoritaria per diminuire il numero dei convitati, anziché a moltiplicare il pane da condividere. Conosciamo bene le opinioni che, in seno agli Organismi internazionali, raccomandano un controllo pianificato delle nascite, che sia tale – si crede – da risolvere in maniera radicale i problemi dei Paesi in via di sviluppo. Noi oggi lo ripetiamo, la Chiesa, da parte sua, in tutto quanto si riferisce alla sfera dell’agire umano, invita al progresso scientifico e tecnico, rivendicando però sempre il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana, dei quali i pubblici poteri sono in primo luogo i garanti. Decisamente contrari ad un controllo delle nascite che, secondo la giusta espressione del nostro venerato predecessore, Papa Giovanni XXIII, si farebbe con dei “metodi e dei mezzi che sono indegni dell’uomo”, la Chiesa chiama tutti i responsabili ad operare con audacia e generosità per uno sviluppo integrale e solidale che, fra gli altri effetti, favorirà senza alcun dubbio un controllo ragionato della natalità attuato dai coniugi divenuti capaci di affrontare liberamente il loro destino . Quanto a voi, è l’uomo che voi soccorrete; è l’uomo che sostenete. Come potreste operare contro di lui, se voi non esistete che grazie a lui e per lui, né potete riuscire se non con lui?

7. Infatti una delle costanti della vostra azione è questa: le più belle realizzazioni tecniche, e cosi i più grandi progressi economici, non sono in grado di produrre da soli lo sviluppo di un popolo. Per quanto siano necessari, la pianificazione ed il denaro non sono pero sufficienti. Il loro indispensabile apporto, ai pari di quello delle tecniche attuative, rimarrebbe sterile, se non fosse fecondato dalla fiducia degli uomini, dalla convinzione, in essi progressivamente radicata, di potersi affrancare a poco a poco, dalla loro condizione miserabile attraverso un lavoro la cui possibilità è fornita loro, con mezzi alla loro portata; l’evidenza immediata dei risultati suscita, con un senso di legittima soddisfazione, l’impegno decisivo per la grande opera dello sviluppo. In definitiva, se non si può far nulla a lungo termine senza l’uomo, si può invece con l’uomo intraprendere e realizzare tutto, perché sono anzitutto lo spirito e il cuore a riportare le vere vittorie. Allorché gli interessati hanno la volontà di migliorare la loro sorte e non dubitano della loro capacita di riuscirvi, essi possono dedicarsi a questa grande causa, con tutti i tesori di intelligenza e coraggio, con tutte le virtù di abnegazione e sacrificio, con tutti gli sforzi di perseveranza e di reciproco aiuto, di cui sono capaci.

8. I giovani, in particolare, sono i primi a dedicarsi con tutto l’entusiasmo e l’ardore propri della loro età, ad un’impresa che corrisponde in pieno alle loro forze e alla loro generosità. I giovani del Paesi ricchi, che si annoiano in mancanza di un ideale degno di suscitare la loro adesione, e di galvanizzare le loro energie; i giovani del Paesi poveri, che disperano di poter operare in maniera utile, in mancanza di conoscenze adeguate e della necessaria formazione professionale. E’ indubbio che il congiungimento di queste forze giovanili è di tale natura da cambiare l’avvenire del mondo, se gli adulti, quali noi siamo, sanno prepararle a questa grande opera, mostrando loro l’importanza della posta in gioco, e fornendo loro i mezzi per consacrarvisi con successo. E questo non rappresenta forse un progetto di valore tale da suscitare l’unanime adesione di tutti i giovani, ricchi e poveri, da trasformare le loro mentalità, da superare gli antagonismi esistenti tra i popoli, da porre rimedio alle sterili divisioni, da realizzare infine l’instaurazione di un mondo nuovo, fraterno, solidale nello sforzo, perché unito nel perseguire uso stesso ideale: quello di una terra che sia feconda per tutti gli uomini?

9. Per tutto questo ci vorrebbe, certo, molto danaro. Ma il mondo non comprenderà, finalmente, che proprio da ciò dipende il suo avvenire? Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nell’ignoranza, quando restano da costruire tante scuole, tanti ospedali, tante abitazioni degne di questo nome, ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni corsa estenuante agli armamenti diventa uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i Responsabili ascoltarci, prima che sia troppo tardi . Come liberarsi in effetti da un sentimento di profonda tristezza dinanzi alla tragica assurdità che spinge gli uomini, anzi intere Nazioni, ad impiegare somme favolose per le armi belliche, a mantenere dei focolari di rivalità e di discordia, a realizzare delle operazioni di puro prestigio, mentre le enormi somme di danaro, cosi sperperate, potrebbero bastare, se -ben impiegate – a riscattare dalla miseria un gran numero di Paesi? Triste fatalità questa, che grava pesantemente sulla razza umana, sui ricchi e sui poveri impegnati una buona volta su uno stesso cammino! Nazionalismo esasperato, razzismo fautore di odio, illimitata volontà di potenza, sete intemperante di dominio: chi potrà convincere gli uomini ad allontanarsi da simili errori? Chi avrà il coraggio di spezzare per primo la spirale della corsa agli armamenti, che si rivela sempre più rovinosa ed inutile? Chi avrà la saggezza di metter fine ad iniziative tanto aberranti, come ad esempio porre freno talvolta ad alcune produzioni agricole a motivo della mancanza di organizzazione nei trasporti e nei mercati? L’uomo che ha saputo assoggettare l’atomo e vincere lo spazio, saprà infine dominare il proprio egoismo? L’UNCTAD – noi vogliamo sperarlo – riuscirà a far cessare questo scandalo consistente nell’acquisto, a prezzi minimi, della produzione dei Paesi poveri da parte dei Paesi ricchi, i quali, a loro volta, svendono molto cari i loro prodotti a questi stessi Parsi poveri. Si tratta ovviamente di riconvertire tutta una economia, troppo spesso contrassegnata dalla potenza, dallo sperpero e dalla paura, in un’economia di servizio e di fraternità.

10. Dinanzi alle dimensioni mondiali di questo problema, non può esserci una soluzione adeguata se non a livello internazionale. Ciò dicendo, noi non intendiamo in nessun modo escludere le numerose e generose iniziative private e pubbliche – ci basti in proposito citare l’opera della nostra instancabile Caritas Internationalis, la cui spontanea fioritura serve a risvegliare ed a stimolare tante buone volontà disinteressate – . Tutt’altro! Ma, come dicemmo già a Nuova York con la stessa convinzione del Nostro Predecessore Giovanni XXIII di venerata memoria, nella sua Enciclica Pacem in Terris: Chi non vede la necessità di giungere progressivamente all’instaurazione di un’autorità mondiale, che sia in grado di agire in maniera efficace sul plano giuridico e politico?  Questo del resto voi avete compreso, impegnandovi in quel Piano indicativo mondiale per lo sviluppo agricolo (PIM), il cui progetto inquadra tutto l’insieme delle prospettive in questo settore in una prospettiva dalle dimensioni mondiali . Nessun dubbio che degli accordi liberamente stipulati tra gli Stati possano favorirne l’attuazione. Nessun dubbio, del pari, che il passaggio dalle economie di profitto, egoisticamente separate, ad un’economia solidaristica del bisogni volontariamente assunti, esiga l’adozione di un diritto internazionale secondo giustizia ed equità, al servizio di un ordine universale autenticamente umano .

E’ necessario dunque osare, con coraggio e perseveranza, con ardimento e alacrità. Tante terre sono ancora incolte, tante possibilità inesplorate, tante braccia senza lavoro, tanti giovani disoccupati, tante energie sciupate! Il vostro compito, la vostra responsabilità, il vostro onore devono servire a fecondare queste forze latenti, a ridestare il loro dinamismo e ad orientarlo al servizio del bene comune. Questo valga a sottolineare l’ampiezza della vostra funzione e la sua grandezza, come pure la sua urgenza e la sua necessità. Accanto agli uomini di Stato responsabili, ai pubblicisti, agli educatori, agli uomini di scienza ed ai funzionari esecutivi, accanto a tutti, é necessario che voi promoviate instancabilmente lo studio e l’azione su scala mondiale, mentre tutti quanti i credenti vi aggiungono la preghiera a Colui che solo fa crescere, Dio . Già cominciano ad apparire risultati importanti, ieri ancora insperati, ma che oggi garantiscono fondate speranze: chi, in questi ultimi giorni, ha salutato come indizio emblematico l’assegnazione del premio Nobel per la pace a Norman Borlaug, il quale é chiamato “il padre della rivoluzione verde”? .Ah! certo, se tutte le buone volontà si mobilitassero, nel mondo, per un comune pacifico intento, la tentazione tragica della violenza potrebbe allora esser superata!

11. Più d’uno forse, scuoterà la testa dinanzi a simili prospettive. Vogliate permetterci tuttavia di dirlo senza ambiguità da quel piano umano, morale e spirituale che è di nostra competenza: nessuna strategia di carattere commerciale o ideologico potrà spegnere il lamento crescente di tutti quelli che soffrono per una immeritata miseria , come quello dei giovani, la cui contestazione risuona come un segnale di sofferenza e come un appello di giustizia . Se la necessità, se l’interesse sono per gli uomini i moventi potenti dell’azione, spesso determinanti, la crisi attuale non potrà essere superata se non mediante l’amore. Questo perché se la giustizia sociale ci fa rispettare il bene comune, solo la carità sociale ce lo la amare . La carità, che vuol dire amore fraterno, é il motore di tutto il progresso sociale . In nessun caso le preoccupazioni di ordine militare, né le motivazioni di ordine economico, permetteranno di soddisfare alle gravi esigenze degli uomini del nostro tempo. E’ necessario l’amore per l’uomo: l’uomo si consacra e dedica all’uomo, perché lo riconosce come suo fratello, come il figlio del medesimo Padre e – aggiunge il cristiano – come l’immagine del Cristo sofferente, la cui parola deve scuotere l’uomo fin nelle sue più intime fibre: Avevo fame e voi mi avete dato da mangiare… . Questa parola di amore è la nostra. Noi ve l’affidiamo umilmente come il nostro tesoro più caro, come la lampada della carità, il cui fuoco bruciante divora cuori e la cui fiamma ardente rischiara il cammino della fraternità e guida i nostri passi lungo i sentieri della giustizia e della pace .


*L’Osservatore Romano, 16-17.11.1970, p.2.

 

Rifiuti a Nuova Gordiani nel Municipio di Roma V

E’ triste parlare sempre delle stesse cose ! La mancata raccolta dei rifiuti solidi urbani è diventata così normale, che nel Municipio V di Roma i cittadini sono assuefatti al deprimente spettacolo che tutti i giorni vedono nelle strade, accanto ai cassonetti.

La situazione di Nuova Gordiani è certamente simile ad altre zone e quartieri del quadrante Est della città, ma ciò che stupisce – a parte qualche gesto di inciviltà di alcuni irresponsabili, come l’abbandono di materazzi ai bordi dei marciapiedi – è la rassegnazione, la sfiducia e l’indifferenza, che è subentrata nei cittadini, di fronte a questo degrado conclamato. Le immagini che vengono quotidianamente pubblicate sulla stampa, le segnalazioni dei mezzi audio e video sono la conferma di una situazione di degrado urbano mai conosciuto dalla Città Eterna nei decenni trascorsi.

Gli sforzi dei netturbini romani, per mitigare lo stato di disordine a ridosso dei cassonetti, sono spesso inutili per i quantitativi di immondizia non raccolta. A tutto questo si aggiunge l’azzeramento dei vertici AMA, per lo scontro con il Campidoglio, su quella che dovrebbe essere la missione e la gestione della Municipalizzata.

I cittadini aspettano e guardano con preoccupazione la conclusione di un nuovo cambio della Dirigenza aziendale, perchè è la quinta volta in meno di tre anni che ciò avviene. Così non si governa la città, le municipalizzate hanno bisogno di continuità e professionalità: i rifiuti in mezzo alle strade ci sono sempre e la fauna urbana, come topi e gabbiani, ringraziano!

Ad Alessandria il secondo incontro di Impegno Liberi e Forti

Dopo il primo incontro avvenuto nei giorni del centenario dell’appello lanciato da don Sturzo nel gennaio 1919, prosegue l’Impegno Liberi e Forti di Alessandria. Si è svolto nei giorni scorsi il secondo incontro di un gruppo di persone, che va crescendo, interessate a un percorso di partecipazione ed elaborazione politica ispirato ai principi e ai valori del cattolicesimo democratico. Senza finalità partitiche o elettorali, ma con l’obiettivo di essere presenti e incisivi nello spazio pubblico, grazie a un lavoro collettivo capace di fare sintesi di diverse proposte e tradurle in impegno per il bene comune.

Senza l’intenzione di costruire un nuovo centro culturale su politica e politiche, bensì con la volontà di facilitare e diffondere l’incontro tra proposta politica ed elaborazione culturale. Un impegno, dunque, per aiutarci e aiutare ad avere dei criteri di orientamento e non subire un discorso pubblico in cui gli slogan consumano sempre più velocemente le aspettative, la formazione delle opinioni prescinde spesso dalle informazioni verificate, la rabbia e la prepotenza si atteggiano a forza morale.

Dalla dottrina sociale della Chiesa alla Laudato Si’, hanno sottolineato diversi interventi alla serata alessandrina, le fonti per una elaborazione politica di questo tipo non mancano. Né il panorama culturale italiano è carente di studi, indagini, inchieste che consentano di rimettere al centro la realtà sociale ed economica del Paese e dei nostri territori. La sfida più complicata, ma necessaria, è quella di costruire un percorso che sia inclusivo, valorizzi il contributo delle esperienze individuali, pratichi un dialogo costruttivo, esprima una posizione chiara e proposte puntuali sui temi centrali nello scenario politico nazionale e locale. Durante l’incontro di domenica ne sono stati individuati cinque: povertà e immigrazione, lavoro e sviluppo, ambiente, Europa, istituzioni.

Come più di un intervento ha confermato, lo scenario in cui oggi ci troviamo, privo di sedi di mediazione e di dialogo, schiacciato sulle sensazioni del giorno per giorno, povero di prospettive e di una visione di lungo termine, è figlio anche della dispersione di un patrimonio sociale, quello dei corpi intermedi e dell’associazionismo politico, nel quale i cattolici democratici sono stati storicamente protagonisti. Chi guarda, anche all’interno delle nostre comunità, a quella storia come fonte di ispirazione per un rinnovato impegno dei cattolici in politica deve tener conto che il diverso contesto richiede di immaginare forme nuove di intermediazione tra politica e società, tra istituzioni e persone.

“Ciò che può permettere di fare un salto di qualità alla vita pubblica italiana – ha affermato nel corso della serata Renato Balduzzi – è un nuovo innamoramento nei confronti della partecipazione alla vita della polis da parte di quanti hanno a cuore la coesione sociale e la promozione e l’incoraggiamento degli ultimi. Persone che non mettano al primo posto il proprio interesse particolare (e che dunque siano “libere”) e che accettino di confrontarsi a tutto campo con altri (per essere, appunto, “forti”)”.

Uecoop: “è allarme occupati, nell’ultimo anno persi quasi 2.9000 addetti nel mondo cooperativo”

Con il calo tendenziale del fatturato -7,3% e degli ordinativi -5,3% dell’industria nel 2018 scatta l’allarme occupati per il mondo cooperativo che ha perso quasi 2.900 addetti nell’ultimo anno pur continuando a dare lavoro a oltre 1,2 milioni di persone a livello nazionale.
E’ quanto afferma Uecoop, l’Unione europea delle cooperative, in relazione agli ultimi dati Istat che confermano la brusca frenata del sistema produttivo nell’ultimo anno con dicembre che segna una variazione congiunturale negativa per tutti i principali comparti industriali (-1,8% i beni di consumo, -5,5% i beni strumentali, -1,7% i beni intermedi e -9,7% l’energia) e una flessione tendenziale che è la più forte mai registrata dal novembre del 2009.
Una situazione – sottolinea Uecoop – che ha riflessi in particolare sui 219mila addetti delle cooperative della logistica che sono il settore sul quale si riflette in maniera più diretta la situazione delle industrie il cui fatturato nel 2018 ha mostrato un andamento tendenzialmente stabile nei primi nove mesi, con un peggioramento nell’ultimo trimestre spiega l’Istat.

Tutti i principali settori di attività economica – spiega Uecoop – registrano cali tendenziali del giro d’affari con le situazioni più pesanti sui mezzi di trasporto (-23,6%), sull’industria farmaceutica (-13,0%) e sull’industria chimica (-8,5%). In un paese come l’Italia dove l’88% delle merci viaggia su gomma la frenata dell’industria è un segnale negativo per l’intera filiera al quale si aggiungono – conclude Uecoop – le preoccupazioni sui prezzi dei carburanti e per le scelte del Governo in materia di tassazione sui mezzi di trasporto che colpiranno in particolare le produzioni di motori diesel e benzina.