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Riqualificazione del patrimonio pubblico: al via l’accordo Cdp-Snam

La scorsa settimana Cassa depositi e prestiti e Snam hanno siglato un accordo preliminare per promuovere iniziative di efficienza energetica e sostenibilità, in particolare in riferimento al patrimonio immobiliare della Pubblica amministrazione. L’intesa è stata firmata a Roma dagli amministratori delegati di Cdp Fabrizio Palermo e di Snam, Marco Alverà. In base all’accordo, Cdp e Snam promuoveranno congiuntamente progetti indirizzati ad accelerare il processo di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pubblico.

Nella collaborazione per lo sviluppo delle iniziative, Snam apporterà competenze industriali, tecniche e commerciali, mentre Cdp metterà a disposizione le proprie competenze economico-finanziarie nonché di gestione dei rapporti con le Pubbliche amministrazioni e le istituzioni competenti. Secondo l’Enea, in Italia gli oltre 13.000 edifici della Pubblica amministrazione consumano qualcosa come 4,3 TWh di energia, per una spesa che supera i 600 milioni di euro, rendendo efficienti le infrastrutture e gli impianti di riscaldamento e d’illuminazione si potrebbero abbattere i consumi del 40% con risparmi annui fino a 70 milioni di euro.

“L’accordo sottoscritto rappresenta un passo importante nello sviluppo di una nuova operatività di Cdp a supporto della transizione energetica e dell’economia circolare – ha dichiarato l’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo -. Stiamo predisponendo nuove iniziative per l’efficienza energetica della Pa, che orientano la nostra attività a favore del raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo sostenibile delineati con il nuovo Piano industriale. La firma di oggi si inserisce nel percorso già avviato, improntato alla stretta collaborazione con le società partecipate in una logica industriale di lungo periodo”.

“L’efficienza energetica interna ed esterna all’azienda – ha sottolineato l’amministratore delegato di Snam Marco Alverà – è uno dei capisaldi del nostro nuovo progetto Snamtec per la sostenibilità, la transizione energetica e l’innovazione con 850 milioni di euro di investimenti entro il 2022. Abbiamo già avviato attività di formazione con vari workshop e stiamo sviluppando nuovi progetti per circa 200 condomini in tutta Italia. Per Snam è un’opportunità per affacciarsi in un nuovo mercato. Sul versante interno, l’efficienza energetica ci consentirà di ridurre le emissioni di metano del 25% al 2025. Con questo accordo, facendo leva sulle nostre competenze e su quelle di Cdp, vorremmo ampliare ulteriormente la nostra presenza nel settore e contribuire alla riduzione dei consumi e dei costi energetici nonché delle emissioni degli immobili italiani, in particolare della Pubblica amministrazione”.

Sos caldo e siccità, sul Po come d’estate

Sul Po sembra piena estate ma anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 33% del Maggiore al 15% dell’Iseo fino al 9% del lago di Como. E’ quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca è di -2,75 metri, lo stesso di inizio agosto scorso. Sono gli effetti – sottolinea la Coldiretti – del grande caldo e dell’assenza di precipitazioni dopo un mese di Febbraio che si classifica tra i più bollenti e siccitosi su gran parte d’Italia.

La mancanza di acqua in fiumi, laghi, invasi e nei terreni preoccupa l’agricoltura poiché le riserve idriche – precisa la Coldiretti – sono necessarie per i prossimi mesi quando le colture ne avranno bisogno per crescere. L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto che si manifestano – continua la Coldiretti – con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità.

Con il caldo mandorli e albicocchi sono in fiore e i peschi già pronti a sbocciare ma – rileva la Coldiretti – tutte le coltivazioni sono in grande anticipo per un mese di febbraio che ha mandato la natura in tilt. La “finta primavera” ha ingannato le coltivazioni favorendo un “risveglio” che le rende particolarmente vulnerabili all’annunciato ritorno del freddo con danni incalcolabili per la produzione. Gli effetti peraltro – sottolinea la Coldiretti – si fanno già sentire sui ortaggi dove è saltata ogni programmazione dei raccolti con broccoli, cavoli, sedano, prezzemolo, finocchi, cicorie, bietole che maturano contemporaneamente per le temperature primaverili.

L’anomalia climatica favorisce peraltro – conclude la Coldiretti – anche il divampare degli incendi fuori stagione con un aumento del 1200% dei roghi nei primi due mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente secondo un’elaborazione di Coldiretti su dati Effis.

Sbarca in laguna il meglio della drammaturgia italiana

Otto appuntamenti con il meglio della drammaturgia contemporanea nazionale. Al via il 12 marzo 2019, ore 21.00, il nuovo ciclo de “I martedì” del Teatro a l’Avogaria di Venezia, rassegna che porta in laguna le produzioni più interessanti della nuova scena teatrale.

Si parte con “Un cottage tutto per sè” di e con Natalia Magni. Un monologo che vede protagonista Orsetta, una donna che si trova nell’infelice età tra i poco prima dei quaranta e i quaranta già compiuti. Zitella, senza figli, ha un ex che ha coronato il loro sogno… con un’altra, una madre pronta ad aiutarla nel peggior modo possibile, una socia e migliore amica felicemente sposata e di nuovo incinta, un lavoro che la mette in contatto quotidiano con l’amore e l’affettività. Ma Orsetta non cede allo sconforto, si rimette in gioco, cade e si rialza, mossa dal suo sogno che, magari in forma imperfetta e imprevista, potrebbe finire per realizzare. Uno spettacolo dove si ride ma si riflette anche su temi come l’accettazione di sé, la scoperta del proprio spazio interiore, il distinguere i propri sogni dai desideri degli altri.

“Trovata una sega!”, in programma il 19 marzo, è una pièce teatrale scritta, diretta e interpretata da Antonello Taurino che riporta alla luce un episodio italiano risalente al 1984, legato all’artista Amedeo Modigliani e a tre giovani studenti. La leggenda la conoscevano tutti a Livorno: nel 1909 Modigliani getta nel Fosso Reale alcune sue sculture, deluso per lo scherno di amici che lo avevano deriso per quelle opere. Ma quando nel 1984 il Comune ne azzarda tra roventi polemiche il temerario recupero, avviene la pesca miracolosa di tre teste che porta davanti ai Fossi di Livorno le televisioni di tutto il mondo. Ma dopo un mese venne fuori che non erano proprio di Modigliani. L’invasamento collettivo nel cortocircuito vero-falso e il mistero di alcune morti mai chiarite. Tre studenti burloni e un pittore-portuale dalla vita maledetta. Uno spaccato sociologico sull’Italia d’allora e tantissima, memorabile, comicità involontaria: ecco gli ingredienti dello “scherzo del secolo”.

Un monologo comico sull’omosessualità femminile, ironico e stravagante. Il 26 marzo, va in scena “Le donne baciano meglio” di e con Barbara Moselli una produzione della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse. La trama in breve: Barbara ha 33 anni quando scopre di essere lesbica. Dopo anni di vita dichiaratamente etero, si trova ad aver a che fare con la sua vera natura. Da qui un percorso in compagnia di diversi personaggi, che la condurranno alla totale accettazione di sé. La piece parte da una doppia esigenza dell’autrice: da una parte il bisogno di raccontarsi, dall’altra quello di affrontare la tematica dell’omosessualità femminile, da sempre poco discussa. Ironico e stravagante, lo spettacolo tocca il tema dell’innamoramento e della metamorfosi personale, utilizzando il palcoscenico come grande camerino all’aperto.

Ad aprile, il 2, si parte con il racconto dell’epopea del Traforo del Sempione. Lo spettacolo “Simplon”  con Stefano Beghi inizia nel 1898, quando Leone sceglie di partire. La meta, come per molti altri uomini del suo tempo, è il più grande cantiere che la storia italiana abbia mai visto allora: gli scavi per il traforo del Sempione. Leone, adolescente cresciuto ai margini di un’Italia troppo giovane per potersi chiamare Stato, è spinto dalla rabbia per una condizione di povertà che non capisce, dal desiderio di riscattarsi, dall’ambizione di diventare grande. E come sempre succede, l’ambizione vuole fare la strada più breve.

Il 9 aprile, “Non tutto il male viene per nuocere, ma questo sì”, di e con Giulia Pont per la regia di Carla Carucci. Un monologo di stand-up comedy, profondo e divertente, che racconta una generazione stretta tra la delusione delle proprie aspettative e il desiderio di realizzarle. Ad incarnare le sorti di questa generazione, una ragazza con una madre iper apprensiva, dei lavori di poco conto, un fidanzato che non sa dire “ti amo”, uno psicoterapeuta dai metodi insoliti e un amico immaginario. Uno spietato resoconto di una vita piena di sconfitte, il sogno di una stabilità economica che si traduce in una esistenza dove a 40 anni si condividono le spese d’affitto con tre matricole universitarie.

Gran finale con un classico. Il 16 aprile la rassegna si conclude con “Mistero Buffo e altre storie” di Dario Fo e Franca Rame con Giulia Angeloni e Sara Dho. Mistero Buffo dal 1969, anno in cui Dario Fo e Franca Rame lo misero in scena per la prima volta a Milano in un capannone di Porta Romana, è stato replicato migliaia di volte in Italia e in tutto il mondo. Lo spettacolo nacque con l’intento di dimostrare l’esistenza storica di un teatro popolare di grande valore, che nulla aveva da invidiare ai testi di tradizione erudita, espressione della cultura della classe sociale dominante. C’erano monologhi di tradizione popolare, tratti da giullarate e fabliaux del medioevo, non solo italiani ma provenienti da tutta Europa. A più di quarant’anni di distanza, l’impatto di queste storie sugli spettatori continua ad essere forte immediato, capace di far emergere pensieri e ideali condivisi e di riappropriarsi della ‘Storia’ da un punto di vista nuovo, cioè attraverso ‘altre storie’ diverse e attuali, propri come accadde a quella generazione di giovani che lo vide in scena nei primi anni’70.

L’Associazione Teatro a l’Avogaria, nasce nel 1969 dalla passione e dalla tenacia di Giovanni Poli, già fondatore del Teatro Universitario Ca’ Foscari di Venezia e dagli esordi si pone come laboratorio di ricerca che coniuga un metodo d’improvvisazione teatrale tra la Commedia dell’Arte e le Teorie dell’Avanguardia. In più di quarant’anni di attività ha prodotto oltre sessanta spettacoli tra cui la “Commedia degli Zanni”, rappresentata con successo sui più importanti palcoscenici internazionali. Riconosciuta come uno dei centri di formazione professionale di riferimento nel Triveneto, ogni anno organizza corsi, dedicati ad appassionati e professionisti, su discipline quali recitazione, Commedia dell’Arte, dizione, storia del teatro, canto, tecnica dell’interpretazione.

Il primo Festival Nazionale dell’Economia Civile

Un evento ideato da Federcasse, progettato e organizzato con Next-Nuova Economia per Tutti e SEC-Scuola di Economia Civile.

Il Festival vuole promuovere un’economia civile, che mette al centro l’uomo, il bene comune, la sostenibilità e l’inclusione sociale. Che crede nel lavoro e nel valore delle imprese. Un’economia che considera il profitto come mezzo e non come fine, che vuole offrire soluzioni concrete al problema occupazionale. Che vuole ridurre le disuguaglianze e contribuire a far crescere una Italia migliore, ricca di culture, paesaggi, arti e mestieri. Nella quale l’innovazione si sposa con la tradizione. Un’Italia aperta al mondo. Tra i membri del Comitato Scientifico, il Prof. Mario La Torre, i prof. Leonardo Becchetti, Enrico Giovannini e Pasquale Tridico

Saranno tre giorni di confronto e dibattito (con il contributo di più di 80 tra economisti ed esperti italiani ed internazionali all’interno di 15 panel tematici) e di racconti delle migliori esperienze di economia civile nate nel nostro Paese. Protagoniste saranno le imprese che si impegnano per uno sviluppo sostenibile, le organizzazioni che generano innovazione sociale, le cooperative che sperimentano nuove forme di welfare, le amministrazioni che mettono al centro il bene comune. E le persone che hanno saputo valorizzare idee e talenti.
Tra gli appuntamenti del Festival Nazionale dell’Economia Civile, segnaliamo l’incontro con il prof. Mario La Torre che parlerà di povertà e disuguaglianze (sabato mattina alle 9.30, Salone Cinquecento di Palazzo Vecchio).

Mario La Torre, esperto di finanza etica e sostenibile – già membro della Taskforce G8 sugli Investimenti ad Impatto Sociale, membro del Board dell’Ente Nazionale per il Microcredito e Responsabile del Center for Positive Finance – proporrà alcune soluzioni pragmatiche per la lotta alla povertà: dal microcredito al reddito di cittadinanza, dalla finanza d’impatto ai social bond, dal migrant banking alla microfinanza per immigrati. Spunti per i molti policy makers presenti alle giornate del festival.

Sanità regionale promossa a metà

Le Regioni top secondo i nuovi dati sarebbero: il Piemonte, seguito da Lombardia, Trento, Veneto, Liguria, E. Romagna, Toscana, Umbria e Marche.

Tra le regioni vicine alla sufficienza ci sono Friuli Venezia Giulia (che non raggiunge la sufficienza solo sull’attività di prevenzione), il Lazio (insufficiente solo nell’attività distrettuale). Scendendo la graduatoria troviamo poi l’Abruzzo (appena sotto la sufficienza per l’attività distrettuale e ospedaliera), cui segue la Puglia (che è appena sotto la sufficienza in tutte e tre le aree).

A seguire poi c’è un altro sottogruppo di 3 regioni che si collocano tra il 4 e il 5 come valutazione complessiva e parliamo di Basilicata, Calabria (che nella griglia Lea 2016 era invece penultima) e Sicilia.

Infine ci sono le 5 peggiori che hanno dati con dati più negativi soprattutto  per l’assistenza territoriale con punteggi molto bassi: Valle d’Aosta e Pa Bolzano (sufficienti entrambe solo per l’ospedaliera), Molise e Sardegna (sufficienti solo per la prevenzione) e infine la Campania che non riesce a conquistare la sufficienza in nessuna delle tre aree.

Altro fattore che emerge è quello che vede la maggioranza di insufficienze nell’area distrettuale andando a confermare il problema cronico della carenza dell’assistenza territoriale.

Va un po’ meglio per la prevenzione mentre l’attività ospedaliera appare quella meno in crisi con i dati di perforance generalmente più alti.

Il Pd-Ulisse è tornato a casa

L’uomo, si sa, è una formidabile macchina costruttrice di totem e dei.

La vittoria netta di Zingaretti è infatti l’incarnazione dello spirito identitario della sinistra tradizionale in crisi irreversibile. I figli, vittime del senso di colpa dell’uccisione del padre primordiale, reo di monopolizzare il rapporto con la femmina, hanno eretto il nuovo totem del padre (Prodi docet).

Il PD-Ulisse, dopo avere cercato di governare i perigli della globalizzazione, è ritornato a Itaca, uccidendo i Proci, che avevano profanato la sacra dimora. Il fiume della storia può riprendere il corso abituale, a fronte del mondo complicato che si ha paura di affrontare.

Ma, anche questo è noto, la realtà, come il vento, non si può fermare con la mani. Prima o poi occorre farne i conti. Si apre, così, una nuova pagina del giornale della Politica, che questo voto di uno stato dell’anima vorrebbe non sfogliare.

(dal profilo fb dell’autore)

Torna la sinistra. Evviva. Adesso tocca al centro

Articolo già pubblicato su Huffingtonpost

Dunque, la sinistra italiana è ritornata in campo. Si potrebbe tranquillamente dire, per essere ancora più chiari, che è ritornato in pista un nuovo e rinnovato Pds. Ovviamente in forma aggiornata e rivista, ma sempre del partito della sinistra italiana si tratta. Un risultato, quello delle primarie del 3 marzo 2019, che può contribuire a cambiare in parte la geografia della politica italiana rimettendo in modo energie e idee che sino a qualche tempo fa parevano congelate. Ecco perché ci sono almeno 3 elementi politici attorno ai quali non si può non riflettere dopo il risultato delle primarie del Partito democratico.

Innanzitutto con la segreteria Zingaretti, come dicevamo poc’anzi, ritorna in campo la sinistra, il pensiero e la tradizione della sinistra italiana. Era da tempo, del resto, che si auspicava e si invocava questo “ritorno”. E questo dopo una fase in cui questa cultura, questo pensiero e questa tradizione erano stati, di fatto, archiviati. O meglio, accantonati nella concreta gestione del partito di riferimento della sinistra italiana. A ciò ha contribuito in modo determinante la stagione renziana dove, è sempre bene non dimenticarlo, oltre l’80% del partito condivideva quel progetto e quella impostazione. Gran parte della nomenklatura che ha sostenuto oggi Zingaretti invocando discontinuità e cesura radicale rispetto al passato, sono stati stati tifosi e fans accaniti per oltre 4 anni del progetto renziano. I nomi sarebbero tantissimi. Uno fra tutti. L’ex sindaco di Torino Piero Fassino. Ma oggi, comunque sia, si apre un’altra pagina. Torna la sinistra e tutto cio’ che la sinistra ha storicamente rappresentato nel nostro paese.

In secondo luogo, piaccia o non piaccia, viene definitivamente archiviato il renzismo. Almeno dentro il Pd a guida Zingaretti. È un dato oggettivo su cui non conviene neanche soffermarsi. Come ovvio, non parliamo del ceto dirigente renziano e di tutti colto che hanno sostenuto quel progetto. Personaggi che nell’arco di pochi giorni saranno tutti e convintamente sostenitori del Presidente della Regione Lazio. No, parlo delle politiche e del progetto politico renziano che ha condizionato profondamente l’evoluzione della politica italiana. Il problema, com’è ovvio, non è il destino politico e personale di Matteo Renzi. Al riguardo, vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi quale sarà. Quello che resta sul tappeto e’ il cambiamento radicale del progetto politico complessivo del Partito democratico. Un progetto che in questi lunghi cinque anni ha avuto alti e bassi a livello politico ed elettorale. Momenti politici ed elettorali, lo ripeto, che sono stati ampiamente e quasi unanimemente condivisi dal Partito democratico a livello nazionale e a livello locale. Ora si cambia. Come? Anche qui, lo vedremo nelle prossime settimane ma è indubbio che quando si parla di discontinuità radicale e di cesura totale rispetto al passato non può che ritornare in campo un’altra cultura, un altro pensiero, un altro metodo e un’altra ricetta. Economica, sociale, istituzionale, finanziaria e quindi politica. E Zingaretti ha avuto un grande merito in queste primarie. Lo ha detto in tempi non sospetti che tutto sarebbe cambiato e che, soprattutto, avrebbe archiviato con la sua vittoria il passato recente di quel partito. Ecco perché nel Pd il renzismo sarà politicamente archiviato.

In ultimo, tornata in campo la sinistra con un rinnovato e moderno Pds, adesso tocca al “centro politico” riorganizzarsi e tornare in campo. E non solo perché lo chiedono e lo invocano i grandi opinionisti dei quotidiani. Da Panebianco a Galli Della Loggia a Polito. No, adesso la presenza di un centro politico, culturale e di governo serve alla democrazia italiana e alla cultura riformista del nostro paese. Un centro che non sia solo di ispirazione cattolica. Anche, com’è ovvio, ma non solo. Serve un “centro plurale” che sappia unire in un credibile progetto politico la cultura di governo, la credibilità della classe dirigente, la capacità di non radicalizzare il confronto politico, una ricetta programmatica in grado di saper comporre gli intessi contrapposti e, soprattutto, che sappia rappresentare un elettorato che non ama l’estremizzazione della dialettica politica. Una radicalizzazione che con il ritorno della tradizionale sinistra, accanto ad una forte e visibile destra, sarà al centro della contesa politica italiana a partire dalle prossime settimane. Questo è il compito di tutti coloro che non si riconoscono nella contrapposizione secca tra la sinistra e la destra.
Ecco perché, infine, la netta vittoria di Zingaretti ha comunque contribuito a rendere più chiare e più nette le dinamiche della politica italiana. Adesso è tutto più chiaro. Accanto alla destra in crescita, accanto alla presenza, seppur declinante, di un movimento antisistema e populista, accanto al ritorno della sinistra tradizionale e moderna, va riorganizzato un campo di centro. Non per ripristinare una terza o quarta posizione ma, al contrario, per ridare qualità alla nostra democrazia e far tornare protagoniste tutte le culture politiche del nostro paese.

Il giorno dopo

Senza dubbio è stata una cosa sorprendente. Nessuno avrebbe immaginato, assistendo agli ultimi magri risultati elettorali – Abruzzo e Sardegna – che fiorisse nella prima domenica di marzo una inattesa fila ai seggi delle primarie per eleggere il nuovo Segretario del Pd.Bisogna subito riconoscere che una parte significativa del mondo del centro sinistra ha sentito l’esigenza di pronunciarsi e per l’appunto mettersi in coda in una domenica fortunatamente soleggiata. Quindi l’affluenza quasi direi torrenziale; per sincerità, immaginavo che non riuscisse a raggiungere il milione di partecipanti. Per Nicola Zingaretti è stato un grande successo, da quanto si capisce dovrebbe raggiunge il 70% del consenso, lasciando ai margini gli altri due contendenti.

Il primo commento che mi sento di fare è che le primarie hanno girato la pagina al renzismo. Anzi, forse è proprio per decretare una definitiva uscita di scena del fiorentino, che molti elettori del Pd hanno inteso, recandosi ieri alle urne.Questo fatto indica anche una novità sul piano politico nazionale. Questo evento segnala una presa di distanza dalla fragilità emersa nell’ultimo anno in casa Pd. Insomma si sono scossi e hanno voluto dire al Paese, non c’è solo una Italia a guida Salvini-Di Maio.A conti fatti il fenomeno deve essere visto, anche da un occhio critico ed esterno, come un fatto positivo per l’Italia; un Paese privo di una alternativa politica, è sempre un Paese gracile e con la democrazia convalescente. Bene quindi che si presenti una alternativa possibile all’attuale governo. E questo lo dico indipendentemente dai miei orientamenti politici perché prima di tutto immagino sia un bene che ci sia un contro bilanciamento di poteri sul piano politico. Per essere ancora più esplicito, la vicenda serve anche a riequilibrare le incertezze palesate sul pano economico: la politica è un elemento importante per definire l’equazione economica, quanto più c’è l’opportunità di un cambio possibile di Governo politico, tanto meglio respira la speranza economica.

Adesso si tratterà di capire come si organizzeranno le forze politiche di fronte a questa novità; Salvini guarderà la cosa con altezzosità? Di Maio alzerà le spalle? Berlusconi si troverà orfano di Renzi? Oppure tutti dovranno fare i conti con questa nuova pagina?
Tra le macerie del renzismo non possiamo non scorgere alcuni personaggi che hanno trionfato negli ultimi anni nella Regione Fvg; è ben vero che Debora Serracchiani sembrava già sul viale del tramonto, ma oggi lo è in modo definitivo; anche Ettore Rosato che pur fino a ieri era uno dei vessilli più scoppiettanti del renzismo, sarà costretto ad ammainare la bandiera e a porsi nelle grigie retrovie; Sergio Bolzonello e altri già erano largamente infiacchiti e la spietatezza del tre marzo è stata dolorosissima nei loro riguardi.

Adesso vediamo in campo la freschezza di Francesco Russo e altri luogotenenti. Dalle loro mosse capiremo che cosa intendano fare in una Regione Fvg targata, ormai largamente, centro destra. Aspettiamo e attendiamo di dare qual si voglia giudizio.

Case chiuse? In Italia è impossibile riaprirle

Articolo già apparso sulle pagine di http://www.vita.it a firma di Anna Spena

Rimbombano i titoli sulla dichiarazione del ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini “riapriamo le case chiuse”. Le motivazioni che si portano per rimettere l’argomento sul tavolo sono sempre le stesse, risultato di una visione superficiale delle cose: meno criminalità, controllo sanitario, possibilità di azzerare il tasso di sfruttamento, far passare la prostituzione come una scelta consapevole e volontaria da parte di chi decide di vendere il proprio corpo.

Diciamolo: in Italia, in virtù di una convenzione Onu che risale al 1949 è impossibile riaprire le case chiuse. E questa cosa non potrebbe cambiare neanche se si decidesse di abrogare la legge Merlin, quella che nel 1958 abolì la regolamentazione della prostituzione, chiudendo le case di tolleranza e introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione.

Abbiamo chiesto a Marzia Gotti, responsabile della prossimità territoriale di Lule, l’associazione che, con più di vent’anni di lavoro alle spalle, rappresenta una dei principali soggetti in nord Italia ad occuparsi di lotta al traffico di esseri umani e assistenza alle vittime di tratta, di spiegarci tecnicamente perché la riapertura delle case chiuse in Italia non è possibile, da un punto di vista politico, e soprattutto perché è inutile e priva di significato da un punto di vista umano ed educativo.

È inutile parlare a vuoto, in Italia le case chiuse non possono essere riaperte
Allo stato dei fatti è impossibile. L’Italia nel 1949 ha firmato una convenzione con le Nazioni Unite a cui aderisce in maniera piena e attiva. Stando alla convenzione deve essere punito qualsiasi soggetto che rapisce, adesca, sfrutta un’altra persona anche se consenziente. L’articolo 2 di questa convenzione, inoltre, sostiene che non si possono gestire case chiuse o bordelli.

Perché non è utile riaprire le case chiuse?
Quello che vediamo dalla nostra esperienza è che il grosso della prostituzione ormai non è più sulla strada. C’è già una parte di prostituzione che si svolge all’interno di strutture chiuse. Il primo esempio sono i centri di massaggi cinese, dove le persone si prostituiscono ma sono assunte con contratto di lavoro di altra natura, come massaggiatrici o operatrici di benessere.

Ma c’è una differenza tra la prostituzione in strada e quella indoor?
La fragilità e la vulnerabilità di queste persone è la stessa. Ed è quella stessa condizione di fragilità che poi le porta a prostituirsi attraverso lo sfruttamento. Io credo che in nessuno dei due casi si possa parlare di una scelta senza condizionamento. Lo stesso vale per quei Paesi dove la prostituzione è legale.

Le organizzazioni
Oggi tutte quelle che gestiscono il giro di prostituzione sono molto grandi e sono legate anche ad altri traffici: come quello di droga o di armi. Quale persona come noi si metterebbe a gestire una casa chiusa? Immagino che a prendere le redini di queste strutture sarebbe comunque un’organizzazione criminale. Non a caso le ragazze che troviamo sulle strade sono le stesse che in altri mesi dell’anno si trovano a prostituirsi nei Paesi dove le case chiuse sono legali. Chi oggi si occupa di sfruttamento è perseguibile penalmente. Avete idea di quello che potrebbe succedere se faccessimo cadere il velo legale?

E sulla questione sanitaria?
Un’altra bugia. Se nell’immaginario comune la prostituta che lavora in strada è più soggetta a malattie e quella che lavora “al chiuso” no, e comunque i clienti chiedono di avere rapporti non protetti, non credo le case chiuse possano essere una discriminante per tutelare la salute delle persone.

 

Subiaco, Norcia e Cassino e la Fiaccola benedettina ad Auschwitz

“La Fiaccola Benedettina è entrata ad Auschwitz, il luogo dell’orrore. Non lo dimenticheremo mai”: con queste parole il sindaco di Subiaco, Francesco Pelliccia, ha commentato l’ingresso, il primo nella sua storia, della Fiaccola Benedettina nel campo di sterminio nazista di Auschwitz.

I sindaci e le delegazioni delle tre città benedettine di Norcia, Subiaco e Cassino, hanno posato una corona in memoria delle vittime, con loro autorità e istituzioni polacche. La Fiaccola benedettina, benedetta da Papa Francesco il 27 febbraio scorso, è giunta a Cracovia dove è stata accolta nel municipio da Anna Maria Anders, figlia del generale polacco che ha combattuto nella seconda guerra mondiale a Cassino e attuale Ministro plenipotenziario del Governo; l’ambasciatore italiano in Polonia, Aldo Amati; Katarzyna Likus, console onorario d’Italia a Cracovia e Marzena Paszkot delegata del sindaco di Cracovia.

Negli interventi istituzionali è stata ribadita l’importanza dei “valori di identità e di pace” legati alla vita e alla storia di San Benedetto la cui Regola “è riconosciuta come sinonimo di pace, identità e cultura”. “Il messaggio di San Benedetto dovrebbe essere da guida per tutti i politici d’Europa e foriero di unità e pace di cui abbiamo tanto bisogno – ha sottolineato l’ambasciatore Amati -. Valori che quest’anno saranno irradiati da Cracovia”.

Durante la cerimonia al Ministro plenipotenziario della Repubblica di Polonia Anna Maria Anders è stata consegnata l’edizione speciale della Regola benedettina realizzata dalle tre Città. “Da Subiaco, Norcia e Cassino, terre toccate dalla presenza di San Benedetto, abbiamo il dovere di rappresentare a tutti i governi europei la necessità dell’unità europea, fondata sulla solidarietà, sulla piena condivisione e sulla Pace” ha affermato il sindaco di Subiaco ricordando l’opera fondatrice dell’Europa di “straordinari pensatori”, fra cui Schuman, Spinelli, De Gasperi, Adenauer.

 

Il Papa: “I politici privi di saggezza causano danni alla comunità”

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

L’odierna pagina evangelica presenta brevi parabole, con le quali Gesù vuole indicare ai suoi discepoli la strada da percorrere per vivere con saggezza. Con l’interrogativo: «Può forse un cieco guidare un altro cieco?» (Lc 6, 39), Egli vuole sottolineare che una guida non può essere cieca, ma deve vedere bene, cioè deve possedere la saggezza per guidare con saggezza, altrimenti rischia di causare dei danni alle persone che a lei si affidano. Gesù richiama così l’attenzione di quanti hanno responsabilità educative o di comando: i pastori d’anime, le autorità pubbliche, i legislatori, i maestri, i genitori, esortandoli ad essere consapevoli del loro ruolo delicato e a discernere sempre la strada giusta sulla quale condurre le persone.

E Gesù prende in prestito una espressione sapienziale per indicare se stesso come modello di maestro e guida da seguire: «Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (v.40). È un invito a seguire il suo esempio e il suo insegnamento per essere guide sicure e sagge. E tale insegnamento è racchiuso soprattutto nel discorso della montagna, che da tre domeniche la liturgia ci propone nel Vangelo, indicando l’atteggiamento della mitezza e della misericordia per essere persone sincere, umili e giuste. Nel brano di oggi troviamo un’altra frase significativa, quella che esorta a non essere presuntuosi e ipocriti. Dice così: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (v.41). Tante volte, lo sappiamo tutti, è più facile o comodo scorgere e condannare i difetti e i peccati altrui, senza riuscire a vedere i propri con altrettanta lucidità. Noi sempre nascondiamo i nostri difetti, li nascondiamo anche a noi stessi; invece, è facile vedere i difetti altrui. La tentazione è quella di essere indulgenti con se stessi – manica larga con se stessi – e duri con gli altri. È sempre utile aiutare il prossimo con saggi consigli, ma mentre osserviamo e correggiamo i difetti del nostro prossimo, dobbiamo essere consapevoli anche noi di avere dei difetti. Se io credo di non averne, non posso condannare o correggere gli altri. Tutti abbiamo difetti: tutti. Dobbiamo esserne consapevoli e, prima di condannare gli altri, dobbiamo guardare noi stessi dentro. Possiamo così agire in modo credibile, con umiltà, testimoniando la carità.

Come possiamo capire se il nostro occhio è libero o se è impedito da una trave? È ancora Gesù che ce lo dice: «Non vi è albero buono che produca frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto» (vv.43-44). Il frutto sono le azioni, ma anche le parole. Anche dalle parole si conosce la qualità dell’albero. Infatti, chi è buono trae fuori dal suo cuore e dalla sua bocca il bene e chi è cattivo trae fuori il male, praticando l’esercizio più deleterio fra noi, che è la mormorazione, il chiacchiericcio, parlare male degli altri. Questo distrugge; distrugge la famiglia, distrugge la scuola, distrugge il posto di lavoro, distrugge il quartiere. Dalla lingua incominciano le guerre. Pensiamo un po’, noi, a questo insegnamento di Gesù e facciamoci la domanda: io parlo male degli altri? Io cerco sempre di sporcare gli altri? Per me è più facile vedere i difetti altrui che i miei? E cerchiamo di correggerci almeno un po’: ci farà bene a tutti.

Invochiamo il sostegno e l’intercessione di Maria per seguire il Signore su questo cammino.

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

saluto tutti voi, provenienti da Roma, dall’Italia e da diversi Paesi, in particolare i pellegrini di Varsavia, Madrid, Ibiza e Formentera.

Saluto la comunità del Seminario minore della diocesi di Otranto in pellegrinaggio a Roma con i genitori.

Oggi sono presenti tante parrocchie italiane, tanti ragazzi della Cresima e tanti alunni delle scuole. Non mi è possibile nominare ogni gruppo, ma vi ringrazio tutti per la vostra presenza e vi incoraggio a camminare con gioia, con generosità, testimoniando ovunque la bontà e la misericordia del Signore.

E auguro a tutti una buona domenica! Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Il Falcon Heavy ha percorso oltre 807 milioni di chilometri

Più di un anno fa, SpaceX ha lanciato il Falcon Heavy, un razzo a sette motori che trasportava un carico utile con la Tesla Roadster ed il manichino Starman al suo interno.

Sul portale specializzato nel tracciamento della macchina si afferma che la vettura ha percorso oltre 807 milioni di chilometri. L’orbita terrestre è pari a 940 milioni di chilometri.

Il sito rivela anche che la navicella e la Roadster stanno consumando meno carburante rispetto a qualsiasi altra automobile. Attualmente sono stati consumati 126.000 galloni di carburante, ma l’aspetto interessante è che consuma un gallone ogni 3.983 miglia percorsi.

Lo Starman e la Tesla Roadster completeranno la loro prima orbita completa nel corso del 2019. Anche qualora non dovessero riuscire a portare a termine tale missione, la Roadster comunque ha superato tutti i record di distanza percorsa da una vettura.

Un bambino ogni 20 con difetti congeniti

Dalle anomalie del cuore o dei reni a quelle del cervello, dalla sordità alla spina bifida. Ogni anno vengono al mondo 8 milioni di bimbi con una malformazione congenita, dalle più alle meno gravi, e di questi 25.000 nascono nel nostro Paese, circa uno ogni 20. Molti di questi casi potrebbero essere prevenuti, ma si fa ancora troppo poco. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Neonatologia (SIN), in occasione della Giornata Mondiale dei Difetti Congeniti, che si celebra il 3 marzo.

Per difetti congeniti si intendono tutte quelle anomalie di organo che si determinano prima che il bimbo venga al mondo e che, in molti casi, ne impediscono la sopravvivenza: sono responsabili, infatti, di circa il 25% delle morti prima della nascita e rappresentano nel mondo occidentale la più importante causa di morte nel primo anno di vita. Si tratta di difetti molto diversi, per tipo di organo colpito e gravità, ma complessivamente la loro frequenza è intorno al 5%: un bambino ogni 20 nati presenta una malformazione. In particolare le cardiopatie hanno una frequenza dell’1%, la sindrome Down del 2 per mille, il «labbro leporino» dell’1,5 per mille.

Il World Birth Defect Day mira ad aumentare la consapevolezza che molti di questi problemi possono essere evitati. «Gli organi dei bimbi si formano durante le prime settimane di gravidanza, prima ancora che la donna realizzi di essere incinta», afferma il presidente della Sin Fabio Mosca. Ma, prosegue, «quello che manca è una politica di prevenzione che inizi prima della gravidanza, appena la coppia comincia a pensare di avere un figlio». Ad esempio molte future mamme non hanno adeguati livelli di folati nel sangue, necessari per ridurre il rischio dei difetti del tubo neurale nel feto. Queste vitamine del gruppo B, si trovano in verdura a foglia verde, legumi e alcuni tipi di frutta, ma sono difficilmente assimilabili dall’organismo, per questo vanno assunti integratori di acido folico prima del concepimento. Ma in Italia «solo al 20-25% delle donne è offerto questo strumento di prevenzione», precisa Mosca.

Nel momento in cui una coppia decide di avere un figlio, «la futura mamma dovrebbe rivolgersi subito al proprio medico di fiducia per una valutazione delle sue condizioni di salute, dell’immunità nei confronti di alcune malattie infettive (come rosolia ed epatite) ed eventuali malattie genetiche in famiglia».

La tabella che rileva la perdita di radici del pd

Lo scrutinio a tarda sera ci dirà chi ha vinto le primarie. Intanto possiamo tirare le somme di una competizione che solo nelle ultime battute ha dato l’idea di elevarsi leggermente sulla monotonia e la ripetitività di un fac-simile di propaganda. Molti osservatori hanno messo in evidenza la povertà di un dibattito giocato fondamentalmente sulla necessità di cambiare registro dopo la clamorosa sconfitta del 4 marzo.

Sotto traccia, però, si coglie la novità di un partito che rinnega le sue origini, troncando le radici di un albero bisognoso di molte cure. Si va oltre il desiderio di voltare pagina, archiviando l’esperienza di Matteo Renzi o facendone un uso di mera propaganda elettorale; si va oltre perché, a parte Renzi, quel che si può notare è proprio l’annuncio di una novità purchessia, lontana dal disegno del 2007, e perciò disancorata dal recente passato.

Abbiamo provato a comporre una tabella di 31 parole-chiave che ricorronono nelle mozioni di Martina, Giachetti e Zingaretti. Non sono l’illustrazione immediata delle singole piattaforme, ma aiutano a capirne l’indirizzo di fondo. Forniscono, insomma, i dati grezzi per una più approfondita analisi dei testi. Dal numero delle citazioni si ricava, in via tendenziale, la premura riposta dai candidati su un determinato tema. Non sarà un caso, ad esempio, se alla voce “cattolici” vi siano soltanto due richiami sul lato di Zingaretti e nulla su quello di Martina e Giachetti.

Ciò che sorprende, tuttavia, è la latitanza di qualsiasi attenzione al gruppo di parole evocative della storia pur breve del Pd, vale a dire alle cinque – Alternativa democratica, Vocazione maggioritaria, Ulivo, Orvieto e Lingotto – che più ci riportano con la
mente al travaglio delle sue evoluzioni. È come se il Pd, attraverso i discorsi dei tre candidati alla segreteria nazionale, avesse buttato via la sua carta d’identità. Dietro questo gesto, disvelato dal  lessico delle mozioni, non fa capolino una proposta organica di altro segno. Siamo alla cancellazione dei dati anagrafici, senza indicare quale possa essere il ridisegno della propria connotazione ideale e politica.

Vedremo stasera l’esito di questa battaglia condotta senza entusiasmo e vigoria. È probabile che vinca Zingaretti e con lui, pertanto, si affermi la volontà di ricostruire la sinistra. In questo caso sarebbe interessante conoscere almeno- non dopo ma prima – il tratto essenziale di tale sinistra che s’intende rinnovare attraverso il rito solenne delle primarie. Invece siamo di fronte, nel migliore dei casi, a una semplice evocazione: il desiderio e la speranza hanno la meglio sul realismo e la concretezza di una politica che faccia risplendere il senso di responsabilità di una nuova classe dirigente. Alla fine, se resta l’impressione di un partito  in preda alla vaghezza di proposta politica, difficilmente l’ombra del declino potrebbe accorciare la sua sagoma inquietante.

Martina Giachetti Zingaretti
Sinistra 9 19 13
Centro-Sinistra 4 2 5
Populismo 2 13 2
Sovranismo 1 3 1
Riformismo 10 2 9
Europa 12 16 48
Liberismo 2 3 2
Cattolici 0 0 2
Alternativa Democratica 0 0 0
Vocazione Maggioritaria 0 0 0
Ulivo 0 0 0
Orvieto 0 0 0
Lingotto 0 0 0
Futuro 12 26 16
Radicale 9 2 1
Giustizia 5 0 3
Legalità 3 1 6
Corruzione 0 0 0
Giustizialismo 1 0 0
ricchezza 2 2 10
benessere 3 3 6
economia 6 6 21
Italia 42 62 114
Alleanza 2 1 17
Destra 4 2 7
Lega 18 11 28
M5S 4 1 3
Libertà 5 5 17
Istruzioni 9 8 8
Pensioni 1 0 6
Reddito di Cittadinanza 1 5 1
Zingaretti pagine 44 caratteri 154992
Martina pagine 28 caratteri 58725
Giachetti pagine 27 caratteri 94652

Nasce il Movimento Politico “Cristiani in Politica”

I soci fondatori, che sono nove, hanno eletto all’unanimità quale Presidente del neocostituito Movimento l’Avv. Marina Iaconelli, Vicepresidente Cav. Flaviano Grillo e Tesoriere il Cav. Antonio Massimiliano Clarizio.

Il Movimento Politico si fonderà sul dialogo e sarà una rappresentanza politica alternativa, non confessionale di ispirazione cristiana laica.

La natura politica del Movimento “CRISTIANI LAICI IN POLITICA” sarà quella di ritrovare la sua identità nel popolo delle arti e delle professioni e sarà vicino ad una popolazione sempre più esigente e nel contempo fragile.

Nel panorama politico attuale si riconoscono partiti che si definiscono del “centro destra” e del “centro sinistra”. In alcuni casi i movimenti politici non si vogliono identificare affatto. Quello che manca nello scenario politico italiano da oltre 25 anni è il CENTRO. Il Centro Cristiano Laico della politica italiana oggi è rappresentato, dopo 25 anni dal Movimento Politico “CRISTIANI LAICI IN POLITICA” il cui programma si esplicita attraverso il perseguimento dei seguenti scopi:

  • Unire l’Europa attraverso i valori del cristianesimo come valore fondante ed il ritrovamento delle radici giudaico-cristiane. Realizzare una nuova solidarietà, partendo dal nucleo principale della società, costituito dalla famiglia che si basa sull’amore e l’unione dell’uomo con la donna, favorevole alla procreazione ed alla tutela della vita umana dal momento del concepimento. L’unione tra esseri umani che condividono tra di loro la solidarietà ed il sentimento dell’amore.
  • Rispetto e tutela dell’integrazione e dell’accoglienza dei popoli e degli esseri umani in genere, al momento in cui si accertata la loro effettiva e veritiera persecuzione nei paesi di origine.
  • Sviluppo armonico delle varie genti dell’Europa, che decidono di vivere liberamente, anche in altri Paesi che non siano quelli di origine, attraverso una armonizzazione culturale ed ambientale. Attenzione agli effetti del cambiamento climatico ed ai rischi conseguenti, mediante una visione comune a tutte le genti europee del problema, da risolvere con priorità.
  • Perseguire e tutelare i diritti umani, e della salute in genere, con   la libertà di tutti i cittadini.
  • Il movimento prende atto delle alterazioni ambientali che stanno generando nuove forme patologiche non ascrivibili ai normali protocolli riconosciuti dal Sistema Sanitario Nazionale. I Cristiani Laici in Politica hanno il dovere morale di adoperarsi nella società affinché non ci debbano essere cittadini abbandonati a se stessi. Inoltre il Movimento si adopererà ad attuare strategie politiche per poter sottoporre a terapie sperimentali che lo Stato dovrà garantire con Centri di Ricerca sul Territorio Italiano. IL Movimento guarda alle giovani forze del nostro Paese come l’unica, vera risorsa su cui fondare le basi per il futuro. Il Movimento esalta il ruolo della donna come elemento fondamentale sia nella società lavorativa che all’interno della famiglia; ripudia la guerra mediante il perseguimento di una fattiva intelligence europea la cui attività dovrà essere finalizzata al benessere comune. Il Movimento promuove ed incentiva l’autonomia delle Regioni al fine di tutelare e promuovere lo sviluppo delle proprie caratteristiche; affidare un maggiore ruolo alle Regioni in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, conservando in capo allo Stato le competenze della tutela. Il movimento intende promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese sul territorio italiano ed incentiva il rinnovamento attraverso la promozione economica finanziaria. Sulla performance dell’economia italiana incide senza dubbio la struttura proprietaria delle imprese, largamente dominata dalle imprese familiari, che devono essere valorizzate, tutelate ed aiutate attraverso il sistema bancario ed il supporto dello Stato attraverso incentivi reali ed usufruibili.

Tiziano Treu: “Siamo un Paese in estinzione se non facciamo politiche demografiche serie”

Il presidente del Cnel, Tiziano Treu, al modulo formativo su Giovani e lavoro dichiara che: “Siamo un Paese in estinzione se non facciamo politiche demografiche serie. Questo porterà tensioni crescenti tra poveri e ricchi, tra generazioni, tra Nord e Sud. Questo aumenterà inoltre la perdita di persone, altamente specializzate, che vanno a lavorare all’estero”.

“La concorrenza al ribasso è altissima, in un contesto mondiale in cui l’Europa è un piccolo continente di fronte ad altre realtà emergenti. Inoltre, chi riesce a investire domina a livelli altissimi, provocando una divaricazione fortissima”.

“Lo Stato deve fare ancora molto: può difendersi da una globalizzazione invasiva e può mantenere standard civili contro una globalizzazione sregolata. I tentativi di dare regole alla globalizzazione, svolto ad esempio dall’Organizzazione internazionale del lavoro, che quest’anno compie cento anni, sono importanti ma spesso difficili da raggiungere. L’Europa dovrebbe avere un ruolo importante in questo senso: i progetti ambiziosi ci sono, ma sono necessarie le regole comuni”.

La Lega corre nei sondaggi politici

Le intenzioni di voto degli italiani, secondo l’ultima rilevazione di Ipsos per il Corriere della Sera, premiano la Lega di Matteo Salvini che raccoglie il 35,9% dei consensi. Il Movimento Cinque Stelle, rispetto alla rilevazione del 7 febbraio, perde 4,2 punti percentuali attestandosi al 21,2% in linea con il calo dei dati reali registrati nelle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna.

Il Partito Democratico, balza al 18,5%: in pratica la stessa percentuale registrata nelle urne il 4 marzo 2018.

Forza Italia conferma i propri risultati, collocandosi all’8,6%, mentre Fratelli d’Italia e +Europa si attestano al livello della soglia di sbarramento.

Ma la statistica non si ferma qui, l’analisi vede il M5s perdere voti in due direzioni: verso l’astensione, dove transitano gli elettori critici verso la subalternità alla Lega e verso la Lega.

Mentre la previsione di una crescita debole per quest’anno — e il calo dei pentastellati si riverberano sull’apprezzamento del governo che fa segnare una diminuzione di giudizi positivi (dal 54% di gennaio al 50% odierno) e un aumento di 5 punti di quelli negativi (da 37% a 42%), facendo scendere l’indice di gradimento di 5 punti da 59 a 54, il livello più basso dall’insediamento dell’esecutivo.

I giovani algerini non vogliono più Bouteflika

Migliaia di persone hanno protestato in Algeria – in particolare nella capitale Algeri – contro la decisione dell’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika di candidarsi alle elezioni previste per il 18 aprile. Bouteflika compie oggi 82 anni ed è al governo da venti. Da diverso tempo però è molto malato: le sue apparizioni sono rarissime e il suo ultimo discorso pubblico è di sette anni fa. Chi protesta ritiene che sia ormai incapace di governare e che qualcuno lo stia facendo al posto suo.

A sostenere la marcia nella capitale, tra gli altri, l’ex premier algerino candidato alle presidenziali del 2004 e del 2014 Ali Benflis: “Chiediamo uno Stato democratico, basato sulla sovranità popolare. Oggi, il popolo algerino nel suo complesso dirà no alla versione ufficiale, no alle minacce, no alla repressione, sì alla sovranità del popolo, sì alla vera cittadinanza per tutti – ha dichiarato al sito tsa-algerie.com – La gente vuole la sua autodeterminazione. Come ha sconfitto il colonialismo, il popolo algerino dirà no ai governanti ingiusti e a colui che vuole governare il Paese senza la volontà degli algerini”. Insieme a lui, dalla parte dei manifestanti, anche i tre candidati indipendenti Ghani Mahdi, Tahar Missoum e Rachid Nekkaz.

Carnevale: 150 milioni spesi in frappe, castagnole e zeppole

Storico ritorno della cucina fatta in casa per 4 famiglie su 10 (38%) che riscoprono le specialità tradizionali soprattutto durante le feste. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè in occasione dell’ultimo fine settimana prima del martedì grasso del Carnevale 2019 durante il quale al mercato degli agricoltori di Campagna Amica a Roma è stata organizzata la prima sfilata d’Italia dei dolci di Carnevale con “il tutor delle frappe” ma iniziative sono state previste lungo tutta la Penisola.

Nella settimana di Carnevale – stima la Coldiretti – vengono consumati circa 12 milioni di chili di dolci tipici per una spesa complessiva attorno ai 150 milioni di euro. Il costo – precisa la Coldiretti – varia infatti dai 5 euro al chilo per le preparazioni casalinghe contro una spesa dai 15 ai 30 euro, con picchi anche di 65 euro per le diverse specialità in vendita nei forni e nelle pasticcerie. Prepararle in casa offre anche la possibilità di assicurarsi la qualità e la freschezza degli ingredienti, che fanno la differenza sul risultato finale, a partire dalle uova e dal miele che – continua la Coldiretti – possono essere acquistati anche nei mercati degli agricoltori di campagna amica dove sono offerti a volte anche dolci della tradizione contadina i cui segreti sono stati trasmessi da generazioni.

I dolci fai da te sono peraltro preferiti dai bambini che – precisa la Coldiretti – stanno riscoprendo l’orgoglio di mostrare a scuola o nelle feste private l’abilità in cucina delle proprie mamme. Il fatto che una porzione di 50 grammi di frappe contenga 235 chilocalorie significa che un consumo moderato non ha effetti drammatici sulla dieta e sulla salute anche perché la privazione in un momento di festa, soprattutto per i piu’ piccoli, – sostiene la Coldiretti – può avere effetti negativi sull’umore.

Dai tortelli della Lombardia alle lasagnette fritte dell’Emilia, dai cecamariti del Lazio ai friciò del Piemonte, dai crostoli del Friuli Venezia Giulia, dalla schiacciata dolce toscana fino agli scroccafusi delle Marche ma anche le bugie liguri, le pastarelle della Basilicata, il migliaccio e il sanguinaccio della Campania, la cicerchiata dell’Abruzzo e la crema fritta del Veneto sono – sottolinea la Coldiretti – solo alcune delle specialità gastronomiche censite a livello regionale che gli italiani riscoprono nei giorni di carnevale.

La leggenda – precisa la Coldiretti – racconta che le prime frappe siano nate ai tempi dell’antica Roma con il nome di “frictilia” ed erano realizzate con un impasto di farina e uova che veniva steso, tagliato e fritte nello strutto bollente e mangiato durante le feste, soprattutto nel periodo invernale.

La festa – ricorda la Coldiretti – prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia. I banchetti carnevaleschi – conclude la Coldiretti – sono molto ricchi di portate perché, una volta in questo periodo si usava consumare tutti i prodotti della terra, non conservabili, in vista del digiuno quaresimale.

Consiglio di Stato, pochi 1200 posti per la riabilitazione

Il Consiglio di Stato ha annullato il fabbisogno programmato nel 2015 dal Ministero della Salute in 1.200 posti letto per tutta Italia. Oltre 6.000 i posti letto valutati come necessari da società scientifiche e dati epidemiologici. L’accesso a percorsi di neuroriabilitazione di alta specialità per pazienti con gravi lesioni del sistema nervoso è un diritto alla salute “non sacrificabile” pure nel doveroso rispetto delle esigenze di bilancio e di contenimento della spesa sanitaria.

Non solo pazienti che hanno attraversato un periodo di coma devono poter essere trattati in strutture di alta specialità neuroriabilitativa, ma qualsiasi paziente che abbia subito una grave lesione del sistema nervoso. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con una sentenza che annulla quanto stabilito dal Ministero della Salute con il decreto 70 del 2015 in riferimento al fabbisogno di posti letto di neuroriabilitazione di alta specialità, in seguito ad un ricorso della Fondazione Santa Lucia.

Giuseppe Sangiorgi: L’Europa di domani, l’Europa delle persone

Europa / appunti di Giuseppe Sangiorgi per un incontro a Roma venerdì primo marzo 2019 sul tema: L’Europa di domani, l’Europa delle persone (sala Aldo Moro dell’Anci, introduce Dante Monda,presiede Gabriele Papini,coordinamento Elisa Macci e Alessio Ditta, iniziativa del circolo Liberi e Forti)

– Per parlare dell’Europa di domani occorre partire da quella di ieri, per capire da dove veniamo, dove ci troviamo e dove siamo diretti. Dal punto di vista politico istituzionale la data d’inizio della costruzione europea è il Novecento; dal punto di vista storico culturale l’origine è millenaria, le sue radici sono mitologiche prima che geografiche in un accavallarsi tra mito e realtà: Europa figlia di Fenice, rapita da Zeus, madre di Minosse, sorella di Asia ,altre leggende ancora, Europa dal greco euris e opos, ossia un ampio territorio … si fa presto a dire Europa, salvo fare i conti con la complessità dei suoi significati e della sua storia.

– Per muoversi lungo questo percorso è consigliabile come “ingresso” un saggio di Federico Chabod intitolato Storia dell’idea d’Europa, edito da Laterza in varie edizioni a partire dal 1961, a cura di Ernesto Sestan e Armando Saitta. E’ un corso di insegnamento che Chabod tenne alle Università di Torino e di Roma negli gli anni Quaranta e Cinquanta. Un testo di riferimento più recente è Europa, storia di un’idea e di un’identità, di un studioso svedese, Heikki Mikkeli, pubblicato dal Mulino nel 2002. Con il loro contenuto e le loro bibliografie, questi due lavori permettono livelli variabili di approfondimento e di studio.

– Come sorge il concetto di Europa, come diventa una civiltà, come l’Europa acquista la consapevolezza della sua identità. Chabod è particolarmente felice nel descrivere questo percorso che muove dalla Grecia, perché inizialmente è la Grecia stessa a identificarsi con l’idea di Europa. Minosse, re di Creta, per onorare la madre chiama Europa la terra ferma a Nord della sua isola, così la mitologia si fa’ realtà. Nell’epoca più antica, per Esiodo era la madre di tutti i corsi d’acqua, per Erodoto i suoi confini si spingevano fino all’Italia. Accanto a quella mitologica la prima distinzione dell’Europa è dunque geografica e lo è rispetto all’Asia e all’Africa. Da geografica la distinzione diventa poi identitaria, basata su un concetto politico: la Grecia e l’Europa sono associate all’idea della libertà dei cittadini, della loro partecipazione alla vita pubblica,l’Asia è associata all’idea della sottomissione dei sudditi a un capo. Augusto da una parte, Antonio e Cleopatra dall’altra, Occidente e Oriente, romani e barbari, cristiani e pagani.

– Il concetto di Europa si afferma per contrapposizione dai tempi delle guerre persiane e di Alessandro Magno e mantiene questa costante nel corso dei secoli e delle vicende storiche. A lungo prevale su ogni altra identità europea quella cristiana. E’ Machiavelli nel Principe a definire la personalità dell’Europa, in contrapposizione al dispotismo orientale, non per il suo essere cristiana ma per il modo di organizzare la propria vita civile. Lo fa nel quarto capitolo del suo capolavoro prendendo a emblemi il Turco e il Re di Francia.
Poi è Voltaire, il campione dell’Illuminismo, ne Il secolo di Luigi XIV, a esporre la sua visione dell’Europa come una specie di grande repubblica, divisa al suo interno in Stati, alcuni monarchici e altri misti, alcuni aristocratici e altri popolari, “ma tutti collegati gli uni con gli altri, tutti con ugual fondamento religioso … tutti con gli stessi istituti di diritto pubblico, e di politica, sconosciuti nelle altre parti del mondo”. Voltaire, e poi nelle sue Lettere persiane Montesquieu, il padre della divisione dei poteri, introducono un altro elemento di distinzione: la condizione emancipata della donna europea rispetto a quella orientale. La distinzione europea si amplia dunque alla sfera sociale, a quella dei costumi.

Nel secolo XVIII, a questa idea di Europa se ne aggiunge e contrappone un’altra, quella dei nazionalismi. Jean Jaques Rousseau è contrario all’europeismo di Voltaire e di Montesquieu; lo è fortemente, dice Chabod, perché vuole il rispetto delle caratteristiche nazionali dei singoli Stati contro quella che ritiene una indistinta uniformità europea. In Italia tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento su questa lunghezza d’onda sono personalità come Vittorio Alfieri e Ugo Foscolo, entrambi sostenitori di un esaltato amor di patria. Giuseppe Mazzini no. A metà Ottocento Mazzini propugna invece il fine superiore, altamente umanitario al quale le singole nazioni sono chiamate a concorrere e subordinarsi: perciò accanto alla Giovane Italia concepisce la Giovane Europa.
E’ il tema del rapporto tra dimensione nazionale e sovranazionale che ci investe ancora oggi. Il Novecento inizia con il prevalere dei nazionalismi sull’ideale europeo: il frutto avvelenato di tale supremazia è la Grande Guerra. Nell’inutile strage evocata da Benedetto XV si dilaniano tra loro nazioni che pure si richiamano alla comune fede cristiana. E’ un dramma nel dramma. Luigi Sturzo ne prende lucidamente atto e a partire dagli anni Venti, quasi un secolo fa, teorizza come arma pacifica contro i nazionalismi la creazione degli Stati Uniti d’Europa, un ideale, scrive, da raggiungere sia pure con varie tappe e molte difficoltà. Pensando a come potesse riorganizzarsi l’Europa del dopo guerra non vede altra soluzione che una federazione: per realizzare una economia aperta e ricondurre a questo obiettivo il problema monetario. Sturzo ha sempre avuto una capacità profetica, in questo caso applicata agli scenari internazionali.

Nell’agosto 1941, nel pieno del conflitto, due altre grandi voci italiane si levano a favore di una federazione europea, è il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, fatto circolare clandestinamente. Nel 1942 se ne trovano copie in Svizzera e in Francia. Piero Calamandrei scrive che tutte le strade che portavano a Roma, oggi portano agli Stati Uniti d’Europa. Sono anni nei quali c’è tutto un risvegliarsi della coscienza democratica europea in questo senso. Jaques Maritain lancia la più inquieta delle sue provocazioni politiche: il dramma delle democrazie moderne consiste nel fatto che esse non sono ancora riuscite a realizzare la democrazia. Nel 1943 Jean Monnet, membro della resistenza francese, collaboratore del generale Charles de Gaulle, amico di Simone Weil, altra europeista, dichiara che non ci sarebbe mai stata pace in Europa se dopo la guerra gli Stati si fossero ricostituiti sulla base delle antiche sovranità nazionali. Nel novembre 1948, Alcide De Gasperi fa eco idealmente a queste posizioni con un celebre discorso a Bruxelles, nel quale pone il tema della solidarietà e della costruzione europea contro il rischio degli odi ideologici.

La svolta dal dibattito politico al concreto avvio del percorso istituzionale dell’integrazione avviene il 9 maggio 1950 con il discorso del ministro degli esteri francese Robert Schuman, la “dichiarazione europea” preludio del trattato della CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, istituita il 18 aprile 1951. Entrato in vigore il 25 luglio 1952, il trattato ha una portata storica, perché esso risolve in modo pacifico l’antica rivalità tra Francia e Germania sul bacino carbosiderurgico della Ruhr, regolando le quote di produzione. La via del negoziato si sostituisce a quella della forza per risolvere i conflitti. La CECA è il primo organismo comunitario europeo ed è la prima autorità sovranazionale europea, i suoi membri iniziali sono oltre alla Francia e la Germania il Belgio, l’Olanda,il Lussemburgo e l’Italia.

Parallelo al percorso della CECA era iniziato quello della CED, la Comunità europea di difesa,il grande sogno di De Gasperi che si trasformò nella più grande delle delusioni. Il piano prevedeva la creazione di un Ministero europeo della Difesa e di un esercito di sei divisioni integrando fra loro soldati dei diversi Paesi europei. Si era arrivati così vicini all’accordo finale che era state disegnate perfino le divise dei soldati. Sarebbe uno scoop ritrovare i bozzetti. Si era discusso se la leva dovesse essere volontaria. Sopratutto, ciò che premeva di più a De Gasperi, la bozza del trattato istitutivo prevedeva all’articolo 38 la creazione di un’assemblea sovranazionale in grado di imporre le proprie direttive agli Stati membri. La CED doveva avere poteri costituenti ai fini della elaborazione di una organica proposta di Europa federalista.

Il progetto della CED fallisce nell’estate del 1954 per la responsabilità dei francesi, proprio il Paese che negli anni precedenti lo aveva proposto e che più aveva spinto all’inizio per la sua realizzazione (raccontare la vicenda nel dettaglio porterebbe fuori da questo quadro di sintesi, per chi vuole conoscere i passaggi e i retroscena che condussero al voltafaccia francese una versione sintetica è in De Gasperi uno studio, Giuseppe Sangiorgi, Rubbettino 2014, ma anche in De Gasperi e l’Europa, a cura di Maria Romana De Gasperi, Morcelliana 1979, oltre naturalmente Storia delle relazioni internazionali 1918 – 1999 , Ennio Di Nolfo,Laterza 2005).

Nel 1954, dalle ceneri della CED si ricostituisce e si amplia il ruolo della UEO, Unione Europea occidentale, organismo che era nato nel 1948 con obiettivi di sicurezza e cooperazione militare. Il nuovo trattato istitutivo è ratificato dai Paesi membri nel 1955. Gli accordi prevedevano una difesa comune, governata da un Consiglio di rappresentanti dei governi, con funzioni consultive e costituito attraverso la elezione indiretta dei suoi componenti. L’UEO è stata sciolta nel 2011 perché i suoi compiti sono stati gradualmente assorbiti dall’Unione europea.

Con la Conferenza di Messina del 1955 e quella di Roma de 1957 prendono il via l’Euratom,Comunità europea per l’energia atomica, e il MEC, Mercato comune europeo, che diventa a sua volta la CEE, Comunità economica europea, e infine l’UE, l’attuale Unione europea. Non è un labirinto questo rincorrersi di sigle e di date, è un percorso inizialmente portato avanti dai maggiori politici cattolici europei del dopoguerra, De Gasperi, Konrad Adenauer, Schuman, Monnet, Henry Paul Spaak. Non è un caso, Goethe diceva che la lingua dell’Europa è il cristianesimo. De Gasperi definiva così l’Europa: “un’idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva”.

Il dato di fondo è che oggi l’Unione europea, con i 28 Paesi che la compongo è l’area stabilizzata di pace più vasta del mondo, in un continente che nel secolo scorso è stato il teatro di due guerre mondiali e nei secoli precedenti ha conosciuto altri innumerevoli conflitti fra i Paesi che ne fanno parte. Nel 2012 all’Unione è stata assegnato il Nobel per la pace, oggi i due terzi delle legislazioni nazionali sono derivanti da quella comunitaria attraverso le direttive, le decisioni e i regolamenti, gli atti normativi previsti dall’articolo 288 del TFUE, il Trattato per il funzionamento dell’Unione mentre i principi dell’Unione sono contenuti nel TUE, il Trattato sull’Unione europea.

Le istituzioni portanti dell’Unione sono il Parlamento, eletto direttamente, il Consiglio europeo, composto dai capi di Stato o di Governo, che non esercita dirette funzioni legislative ma ha un forte potere di influenzarle, il Consiglio, che esercita una funzione normativa congiuntamente al Parlamento, la Commissione, motore delle proposte di sviluppo dell’Unione, la Corte dei Conti, la Corte di Giustizia, la Banca Centrale. La moneta unica, l’euro, adottata da 19 dei 28 Stati membri, viene utilizzata quotidianamente da oltre 340 milioni di persone ed è con il dollaro la valuta più usata del mondo.

Questo in grande sintesi è il contesto storico, politico, istituzionale nel quale siamo . A realizzarlo nei primi decenni ha contribuito in modo decisivo il cattolicesimo politico non solo italiano, che riuscì a dare vita a un grande e suggestivo immaginario europeo. Oggi, in un momento di forte e spesso strumentale critica all’intero edificio comunitario nel nome dei nuovi nazionalismi, più che mai si è chiamati a riprendere il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa, che restano assieme alla Costituzione e alla Dottrina Sociale della Chiesa tre riferimenti fondamentali della capacità di presenza e della identità politica dei cattolici.
Pensiamo se al rinnovo del Parlamento europeo del 26 maggio 2019 ci fossero sulle schede elettorali i simboli dei partiti europei e non di quelli nazionali, i quali poi devono andare a cercarsi gli apparentamenti alle volte più inverosimili per entrare a far parte dei gruppi del Parlamento di Strasburgo. Pensiamo a quanta maggiore chiarezza ci sarebbe per gli elettori e quale passo avanti una tale scheda elettorale segnerebbe, se non ancora verso l’Europa dei popoli, almeno verso quella di più coese rappresentanze politiche. L’Europa della non chiarezza, una Unione europea indebolita dai conflitti interni e priva di slancio fa solo il gioco di una politica miope dell’America e di una politica interessata della Russia.

Un’ultima riflessione riguarda le previsioni demografiche di qui al 2050, un futuro molto più prossimo di quanto si creda e tale dunque da costituire una priorità dell’agenda politica . Secondo queste previsioni l’Europa, Russia compresa, avrà a quell’epoca intorno ai 700 milioni di cittadini, poco meno di quelli attuali. In Africa saranno un miliardo in più degli attuali, in condizioni di vita miserabili rispetto alle nostre. Gli immigrati di oggi sono l’avanguardia di un fenomeno migratorio che sarà sempre più impetuoso se non governato con lungimiranza politica. Se il destino dei migranti si gioca sul tavolo europeo, anche il destino dell’Europa si gioca sul tavolo delle migrazioni e dunque largamente dell’Africa. Ecco perché le migrazioni non sono un problema settoriale ma, in Italia come in Europa, la cartina di tornasole che ricomprende in sé le maggiori sfide del nostro futuro.

Autonomia: i conti a rischio

E adesso, dopo la discussione sul reddito di cittadinanza e sulle grandi opere infrastrutturali, si parla di autonomia delle Regioni a Statuto ordinario. Tutto ciò succede senza un benché minimo disegno generale per il Paese che si vuole rimodellare riformandolo, bensì utilizzando temi che, di volta in volta, vengono tirati in ballo a seconda delle situazioni legate a opportunità del momento.

Questa situazione è voluta dall’attuale classe politica che fonda la sua azione, il più delle volte, sulla superficialità di analisi che ha contribuito a rendere fragile la situazione economica oggi in evidente affanno.
Infatti, l’incoerenza delle decisioni del Governo hanno portato gli operatori economici stranieri a frenare gli investimenti in Italia e gli imprenditori locali a rallentare le loro intraprese a causa della confusione generata da una politica che non decide perché preferisce rinviare le scelte di semplificazione burocratica, di riduzione delle tasse, di sviluppo e di innovazione.

Tornando alla questione dell’autonomia regionale, è chiaro come si stia procedendo in maniera maldestra senza considerare l’approntamento di un progetto complessivo che interessi tutte le regioni e non solo alcune come sta accadendo.
Ciò nonostante non è certamente facile arrivare al compimento di una politica di decentramento in favore di tutte le Regioni con lo Stato che si limita a governare solo una parte di competenze legiferando e impartendo direttive al sistema degli enti periferici (Regioni, Province e Comuni).

C’è poi anche un altro tema che resta sul tappeto e che si presenterà di fronte a questo progetto, beninteso venisse proposto allorché ad oggi ancora non c’è: il depauperamento dei ministeri romani. Prima di procedere a qualsiasi trasferimento di risorse, sarebbe necessario fare delle quantificazioni esatte della spesa attualmente sostenuta dalle amministrazioni statali, anche perché quelle stesse amministrazioni dovranno essere “ridimensionate” a seguito del trasferimento di risorse alle regioni. Per alcuni ministeri, come quello dell’istruzione, lo svuotamento sarebbe rilevante con centinaia di migliaia di dipendenti che dovrebbero passare dall’amministrazione centrale a quella periferica, un quarto del totale qualora il problema riguardasse solo alcune Regioni del nord. Quindi come si può facilmente capire, qualcosa di più di tre o quattro nodi politici che il Governo e la sua maggioranza devono affrontare.

Allo stato attuale, quindi, la richiesta di autonomia delle tre Regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si è conclusa con un nulla di fatto in quanto l’accordo per la parte finanziaria con il Ministero del tesoro è tutt’altro che raggiunto. Certamente non sarà questo che potrà risolvere un problema che per sua natura è molto più ampio e complesso benché una parte politica del Governo non intende far vedere. Ha ragione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando esorta la politica ad approfondire le problematiche e a non limitarsi alla superficialità delle questioni. E, nel caso del decentramento di poteri alle Regioni, lo studio da parte della politica deve essere molto approfondito, capace di plasmare una riforma di termine con visione quanto meno decennale.

Diversamente il rischio concreto è quello di scassare il sistema istituzionale che regola un processo per un buon andamento della società.

Risparmio energetico cosa sapere sull’ecobonus

L’Ecobonus 2019 è la detrazione Irpef o Ires di cui possono beneficiare i contribuenti che decidono di effettuare lavori di riqualificazione energetica su edifici esistenti.

Le detrazioni, scrive l’Agenzia delle Entrate, vanno ripartite in dieci rate annuali di pari importo, nella misura del 55% delle spese sostenute fino al 5 giugno 2013, del 65% delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2019 per interventi sulle singole unità immobiliari. La detrazione è, invece, ridotta al 50% per le spese, sostenuto dal primo gennaio 2018, relative all’acquisto e alla posa in opere di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno di classe A o con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili. La legge di bilancio 2019 non modifica le novità introdotte dalle precedenti norme. Dal 2017 sono previste, infatti, detrazioni più elevate per gli interventi di riqualificazione energetica delle parti comuni dei condomini, grazie ai quali è possibile raggiungere determinati indici di prestazione energetica. In particolare, nella misura del 70% della spesa se gli interventi interessano l’involucro dell’edificio e del 75% nel caso di lavori volti a migliorare le prestazioni energetiche invernali ed estive.

Le detrazioni aumentano nel caso gli interventi avvengano in edifici appartenenti alle zone sismiche 1,2 e 3 e siano finalizzati alla riduzione del rischio. La classificazione del rischio va da 1 (la zona più pericolosa, in cui le probabilità che avvenga un forte terremoto sono alte) a 4 (le aree meno pericolose). Nello specifico, si può usufruire di una detrazione dell’80% se i lavori effettuati comportano il passaggio ad una classe inferiore di rischio, dell’85% per la riduzione di due o più classi di rischio sismico. In questi casi, il limite massimo di spesa consentito è fissato sui 136 mila euro moltiplicati per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio.

Un primato dell’Italia in Europa, l’economia circolare

Articolo già apparso sul sito formiche.net a firma di  Saturno Illomei

Il nostro Paese, con 103 punti, è sempre al primo posto in Europa per quanto riguarda l’indice complessivo di “circolarità”, ossia il valore attribuito all’utilizzo di materie prime seconde e all’innovazione nella produzione, nel consumo, nella gestione dei rifiuti. Seguono, nella classifica delle cinque principali economie europee, il Regno Unito (90 punti), la Germania (88), la Francia (87), la Spagna (81). Ma non bisogna abbassare la guardia. La nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia di arrestarsi, mentre quella degli altri Paesi sta prendendo slancio, grazie anche al nuovo pacchetto di direttive sull’economia circolare approvato lo scorso luglio a Bruxelles e in corso di recepimento nelle legislazioni nazionali: in Italia l’iter legislativo del provvedimento è in fase di approvazione in Parlamento.

Questo l’avvertimento che emerge dal primo Rapporto sull’economia circolare in Italia 2019. Realizzato dal Circular Economy Network e da Enea e presentato ieri a Roma, in occasione della Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare. “L’Italia vanta sicuramente grandi risultati vista la rilevanza che l’economia circolare ha avuto ed ha nel nostro Paese – ha commentato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e del Circular Economy Network – dobbiamo però impegnarci a tenere alto il livello delle nostre performance. Servono un piano e una strategia nazionale, una regolazione sull’end of waste che permetta ai numerosi progetti industriali in attesa di autorizzazione di partire. Ma serve anche una visione politica che utilizzi le leve della fiscalità e degli incentivi all’innovazione a favore dell’economia circolare, che va vista come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico”.

Il rapporto presentato ieri individua un dettagliato decalogo su cui puntare per rilanciare l’economia circolare e la sostenibilità ambientale per ridurre le emissioni di gas serra e per sostenere la competitività delle aziende italiane: diffondere e arricchire la visione, le conoscenze, la ricerca e le buone pratiche dell’economia circolare: il risparmio e l’uso efficiente delle materie prime e dell’energia, l’utilizzo di materiali e di energie rinnovabili, riduzione della produzione dei rifiuti e lo sviluppo del loro riciclo. Ma anche:

– Implementare una Strategia nazionale e un Piano d’azione per l’economia circolare per affrontare carenze e ritardi.
– Migliorare l’utilizzo di strumenti economici per l’economia circolare.
– Promuovere la bioeconomia, tutelando e valorizzando il capitale naturale e la fertilità dei suoli, per garantire la sicurezza alimentare e l’agricoltura di qualità.
– Estendere l’economia circolare negli acquisti pubblici, attraverso l’utilizzo del Green Public Procurement.
– Promuovere l’iniziativa delle città per l’economia circolare secondo il modello europeo dele green city.
– Realizzare un rapido ed efficace recepimento del nuovo pacchetto di direttive europee per i rifiuti e l’economia circolare.
– Attivare rapidamente le pratiche dell’End of Waste per sviluppare il riciclo dei rifiuti.
– Assicurare le infrastrutture necessarie per l’economia circolare. La diffusione e l’implementazione dell’innovazione e delle buone pratiche va supportata con l’istituzione di un’agenzia per l’uso efficiente delle risorse.
– Estendere l’economia circolare anche al commercio on line.

Rispondendo indirettamente alle richieste emerse dal rapporto, appena due giorni fa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva ribadito che “la promozione dell’economia circolare rimane un pilastro della nostra azione di governo, così da favorire la cultura del riciclo e da garantire nuovi modelli di produzione e di sviluppo”.

 

In arrivo 500 milioni di euro per piste ciclabili, bike sharing e ciclovie

L’obiettivo è quello di puntare sulla mobilità sostenibile a zero emissioni lungo tutta l’Italia incentivando lo sviluppo delle reti ciclabili urbane ed extra urbane. I fondi saranno dati in co-finanziamento a Regioni e Comuni

Degli stanziamenti ha parlato ieri a Roma il titolare dell’Ambiente Sergio Costa sottolineando anche l’importanza di un sistema di bike sharing capace di integrare differenti sistemi di mobilità su ferro e su gomma.

Molte nostre città sono caotiche e inquinate a causa di una mobilità sbilanciata sull’uso dell’auto privata. In questi ultimi anni, però, un gran numero di amministrazioni pubbliche stanno lavorando con coraggio e determinazione per dare diversa impronta ad un nuovo modello di mobilità. E a crescere è anche la sensibilità dei cittadini che guardano con interesse a diversi stili di vita, per un nuovo approccio agli spostamenti quotidiani in bicicletta.

I progetti per le città, già finanziati da parte del Ministero dell’Ambiente e degli altri dicasteri competenti, in partnership con le Regioni e i Comuni, sono oltre ottanta e molti altri sono in via di finanziamento. Si tratta di progetti che fanno parte di un più ampio “Piano generale della mobilità ciclistica”.

“Vogliamo dare piena attuazione al Piano perché per il Ministero dell’Ambiente e per il Governo l’uso della bicicletta non è soltanto un auspicio” – ha annunciato il ministro Costa – “500 milioni di euro saranno destinati, in co-finanziamento con le Regioni e i Comuni, per la realizzazione di piste ciclabili, bike sharing  e ciclovie. Sono già stati approvati 10 progetti di ciclovie, da quella degli Appennini a quella della Magna Grecia al Grab. Percorsi sostenibili che legano l’Italia a emissioni zero”. “Preservare – ha continuato Costa – e rendere ancora più appetitosi i parchi e le aree marine protette del nostro Paese, territori splendidi da visitare anche in bicicletta, e farne entrare altri nel guinness delle bellezze naturalistiche, è un altro nostro obiettivo Entro l’estate emaneremo alcuni bandi per diverse iniziative nei parchi, da godere in modo slow, ecocompatibile e all’insegna del plastic free, come avviene già nel Parco nazionale del Cilento, modello che mi auguro venga presto seguito dagli altri parchi e orgoglio nazionale che esporteremo tra due giorni a Oslo, dove inaugureremo la prima ambasciata italiana all’estero plastic free”.

Treviso: Inge Morath e la fotografia

Casa dei Carraresi di Treviso accoglie, dopo il successo della mostra su Elliott Erwitt ed i suoi cani, la prima grande retrospettiva italiana di Inge Morath, la prima donna ad essere inserita nel cenacolo, all’epoca tutto maschile, della celebre agenzia fotografica Magnum Photos.

Impropriamente nota alle cronache più per aver sostituito la mitica Marilyn Monroe nel cuore dello scrittore Arthur Miller, divenendone moglie e compagna di vita, è stata in realtà soprattutto una straordinaria fotografa ed una fine intellettuale. Il suo rapporto con la fotografia è stato un crescendo graduale: dopo aver lavorato come traduttrice e scrittrice in Austria, inizia a scattare nel 1952, e dall’anno successivo, grazie ad Ernst Haas inizia a lavorare per Magnum Photos a Parigi.

Limitarsi a considerarla una fotografa di questa celebre agenzia è riduttivo. Le celebri fotografie realizzate durante i suoi viaggi, o gli intensi ritratti in grado di catturare le intimità più profonde dei suoi soggetti, si accompagnano ad una brillante attività intellettuale che si alimentava di amicizie con celebri scrittori, artisti, grafici e musicisti.

Che si trattasse di raccontare paesaggi e Paesi, persone o situazioni, le sue foto erano sempre caratterizzate da una visione personale e da specifica sensibilità, in grado di arricchire la percezione del mondo che la circondava. Come Inge Morath era solita dire: “Ti fidi dei tuoi occhi e non puoi fare a meno di mettere a nudo la tua anima”.

Ogni reportage di viaggio ed ogni incontro veniva da lei preparato con cura maniacale. La sua conoscenza di diverse lingue straniere le permetteva di analizzare in profondità ogni situazione e di entrare in contatto diretto e profondo con la gente.
Per questa ampia retrospettiva a Casa dei Carraresi – una selezione di oltre 150 fotografie e decine di documenti riferiti al lavoro di Inge Morath – i curatori hanno dato vita ad un percorso che analizzerà tutte le principali fasi del lavoro della Morath, ma al contempo cercherà di far emergere l’umanità che incarna tutta la sua produzione. Una sensibilità segnata dell’esperienza tragica della seconda guerra mondiale, che con gli anni si rafforzerà e diventerà documentazione della resistenza dello spirito umano alle estreme difficoltà e consapevolezza del valore della vita.

La mostra ripercorre tutti i principali reportage realizzati dalla fotografa austriaca: da quello dedicato alla città di Venezia a quello sul fiume Danubio; dalla Spagna alla Russia, dall’Iran alla Cina, alla Romania, agli Stati Uniti d’America passando per la nativa Austria.

Contemporaneamente il percorso espositivo darà spazio ai suoi celebri ritratti di scrittori, pittori, poeti, tra cui lo stesso Arthur Miller, oltre ad Alberto Giacometti, Pablo Picasso e Alexander Calder: quest’ultimo suo vicino di casa a Roxbury, nel Connecticut, dove Inge Morath visse con il marito Premio Pulitzer per tutta la vita.

Ci sarà poi spazio anche per il mondo del cinema. Nel 1960 Inge Morath viene infatti inviata dall’agenzia Magnum nel set della pellicola hollywoodiana “The Misfits”, un’enorme produzione cinematografica con alla regia John Houston, alla sceneggiatura Arthur Miller, ed attori del calibro di Clark Gable e Marilyn Monroe. All’epoca Miller e la Monroe erano sposati, ma la loro relazione era già in difficoltà. Proprio sul set del film, la Morath ebbe modo di conoscere lo scrittore, che sarebbe diventato poi suo marito.

Come dichiara Marco Minuz: “E’ un progetto espositivo che vuole descrivere, nel dettaglio e per la prima volta in Italia, la straordinaria vita di questa fotografa; una donna dalle scelte coraggiose, emancipata, che ha saputo nella fotografia inserirci la sua sensibilità verso l’essere umano”.

Questa prima retrospettiva italiana è prodotta da Suazes con Fotohof di Salisburgo, con la collaborazione di Fondazione Cassamarca, Inge Morath Foundation e Magnum Photos.

Scoperto un nuovo “motore” della crescita delle ossa

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature dal gruppo internazionale coordinato dal Karolinska Institutet in Svezia potrebbero cambiare radicalmente la comprensione del meccanismo di crescita delle ossa lunghe come femore e tibia. Questo processo avviene in due aree, chiamate ‘fisi di accrescimento’, che sono vicine all’estremità dell’osso: al loro interno ci sono cellule cartilaginee (condrociti), derivanti da cellule progenitrici simili a staminali, che hanno il compito di formare una sorta di impalcatura di supporto alla crescita di nuovo tessuto osseo.

Finora si pensava che il numero di cellule progenitrici formate durante lo sviluppo embrionale fosse finito e che il loro esaurimento determinasse l’interruzione del processo di crescita. I ricercatori svedesi, invece, hanno dimostrato che nelle fisi di accrescimento si conservano anche dopo la nascita delle ‘nicchie’ in cui le cellule progenitrici simili a staminali possono continuamente rigenerarsi: quando questo micro-ambiente viene distrutto o danneggiato si determina un impoverimento di cellule progenitrici con ripercussioni negative sull’osso.

Carlo Donat-Cattin, un vero leader politico

Il 2019, tra le molte altre cose, ricorda anche il centenario della nascita di Carlo Donat-Cattin. Uno statista, un leader politico, un uomo di governo e un grande giornalista. Non è facile rileggere la complessa personalità’ dello statista piemontese anche perché ha attraversato, da protagonista, la storia politica italiana nei suoi tornanti decisivi. Certo. È ricordato come il “Ministro dei lavoratori” che firmò nel maggio del 1970 quello “Statuto dei lavoratori” che ha introdotto la Costituzione repubblicana nelle fabbriche e nel mondo del lavoro. Una conquista di civiltà’. Una conquista politica, culturale e sociale che ha modificato in profondità non solo la legislazione del lavoro ma ha contribuito ad arricchire la qualità e il profilo della nostra democrazia.

Ma Donat-Cattin e’ stato anche molte altre cose. Innanzitutto un autentico leader politico. Un protagonista di primo piano della Democrazia Cristiana. Con la sua corrente, la sinistra sociale di Forze Nuove, e’ riuscito a condizionare l’intera politica del suo partito. Non attraverso il ricatto o l’arroganza ma solo e soltanto con l’arma della politica, del confronto e dell’elaborazione culturale. Non possiamo dimenticare che con i famosi convegni settembrini di Saint-Vincent riusciva a dettare l’agenda politica nazionale attraverso il suo partito, la Dc, ma anche con un confronto a tutto campo. Certo, era un cattolico popolare, interprete autorevole di quel cattolicesimo sociale che continua a conservare, tutt’oggi, una irriducibile modernità ed attualità. E Donat-Cattin è stato anche un grande sindacalista, all’inizio del suo impegno pubblico a Torino e in Piemonte negli anni dell’onnjpotenza e della potenza incontrastata della Fiat.

Un’attività condotta con un coraggio e una determinazione non comuni se è vero, com’è vero, che conduceva la sua battaglia avendo due grandi avversari: il “padronato” da un lato e i comunisti dall’altro. Perché c’è un elemento che ha segnato l’intera esperienza politica, sociale e culturale di Carlo Donat-Cattin. Sintetizzata molto bene da una recente battuta di Diego Novelli, storico sindaco comunista di Torino. E cioè, “Donat-Cattin e’ stato un vero anticomunista che però ha sempre difeso i ceti popolari”. Questo era il vero segreto di Donat-Cattin. Popolare nello stile di vita, difensore degli interessi e delle istanze dei ceti popolari e più disagiati, promotore a livello politico e legislativo di un progetto popolare e di ispirazione cristiana.

Ma Donat-Cattin è stato anche un grande giornalista. Non possiamo dimenticare, al riguardo, le storiche riviste di “Settegiorni” a fine degli anni ’60 e inizio anni ’70 che ha segnato in profondità il futuro del giornalismo politico e di inchiesta nel nostro paese e “Terza Fase” negli anni ’80, una qualificata rivista politica a tutto tondo. Insomma, ricordare e rileggere il magistero politico di Carlo Donat-Cattin significa anche rileggere la storia politica italiana dagli anni ’50 sino alla fine degli anni ’90 – Donat-Cattin muore nel marzo del 1991 – e, al contempo, comprendere ancora una volta la qualità, l’autorevolezza e il prestigio della classe dirigente della Democrazia Cristiana, di cui Donat-Cattin era sicuramente uno dei leader più significativi e riconosciuti.

Scuola nazionale di formazione socio-politica “Giorgio La Pira”: cerimonia di consegna dei diplomi

Si svolgerà giovedì 7 marzo, a Roma, la cerimonia di consegna dei diplomi 2018 e inaugurazione del nuovo anno accademico 2019 della Scuola nazionale di formazione socio-politica “Giorgio La Pira”.

L’evento sarà ospitato dalle ore 16.00 presso l’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati (via di Campo Marzio 78). L’ingresso è consentito entro le 15.45, fino ad esaurimento posti, previa prenotazione (tramite mail a segreteria@maritain.net).

Dopo i saluti dell’Onorevole Flavia Piccoli Nardelli, membro della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione della Camera dei deputati, di Giovanni Betta, magnifico Rettore dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale, di Gennaro Giuseppe Curcio, Segretario Generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain, l’incontro, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali (Mibac) e moderato dal giornalista Enzo Carra, sarà presieduto e introdotto da Luigi Di Santo, docente dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e direttore scientifico della Scuola “Giorgio La Pira”.

In programma anche l’intervento di Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e del Comitato scientifico della Scuola.
Quello proposto dalla Scuola “Giorgio La Pira” è un percorso di formazione rivolto a giovani che intendono impegnarsi per la società civica e per il bene comune, istituita dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain, in collaborazione con l’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale e la Pontificia Università Lateranense.

Usa, rapporto shock: Abusi su circa 5mila bambini

Circa 5.000 denunce di abusi sessuali e molestie su minori migranti in custodia negli Stati Uniti sono state archiviate negli ultimi quattro anni.

Secondo i documenti del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) rilasciati martedì a Capitol Hill, dall’ufficio del rappresentante democratico della Florida, Ted Deutch, la maggioranza dei rapporti risalgono all’ottobre 2015, durante l’amministrazione Obama. Tuttavia, la maggior parte degli abusi e molestie sessuali sono stati segnalati da quando Donald Trump è entrato in carica.

Tra le accuse che sono state segnalate al Dipartimento di Giustizia ci sono contatti sessuali indesiderati, il mostrare video pornografici ai minori, il toccare con la forza i genitali dei minori e veri e propri rapporti sessuali con minori. “Insieme, questi documenti descrivono un ambiente fatto di aggressioni sessuali sistemiche da parte del personale sui minori non accompagnati” ha concluso Dutch.

La pubblicazione del documento ha subito infiammato il dibattito politico americano: da un lato i repubblicani accusano l’ex inquilino democratico della Casa Bianca di “ipocrisia” denunciando la “scarsa vigilanza” da parte dell’amministrazione Obama; dall’altro i democratici collegano l’escalation delle molestie alla politica di ” tolleranza zero ” dell’amministrazione Trump sull’immigrazione , riguardante le incursioni illegali del confine tra Stati Uniti e Messico . Politica che ha portato alla separazione forzata di quasi 3.000 bambini migranti dalle loro famiglie.

I funzionari, comunque sostengono che la maggior parte delle accuse non sono state dimostrate e confermano che le cure fornite ai bambini immigrati sono adeguate.

Tuttavia, i rapporti di violenza sessuale contro minori non sono le uniche tragedie che escono dalle strutture di detenzione degli Stati Uniti. Due bambini guatemaltechi sono morti di recente sotto la custodia degli Stati Uniti, facendo luce sul trattamento degli immigrati detenuti dalle autorità.

Istat: l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra un aumento dell’1,1%

Secondo le stime preliminari, nel mese di febbraio 2019 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e dell’1,1% su base annua (da +0,9% registrato nel mese precedente).

La lieve accelerazione dell’inflazione a febbraio è imputabile prevalentemente ai prezzi dei Beni alimentari sia lavorati (da una variazione tendenziale nulla a +1,2%) sia non lavorati (da +1,7% a +3,7%) e in misura minore ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +0,3% a +0,8%) e dei Tabacchi (da +2,9% a +4,5%); questa dinamica è stata in parte attenuata dal rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +0,9%) e dall’ampliarsi della flessione di quelli dei Servizi relativi alle comunicazioni (da -2,0% a -4,9%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rimane contenuta e stabile a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici accelera da +0,6% a +0,8%.

Il lieve aumento congiunturale dell’indice generale (+0,2%) è dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (+1,3%), dei Tabacchi (+1,5%) e dei Beni energetici non regolamentati (+0,6%), solo in parte bilanciato dal calo dei prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni (-2,8%).

L’inflazione torna ad accelerare in modo marcato per i beni (da +0,7% a +1,5%), mentre rallenta per i servizi (da +1,1% a +0,7%); pertanto rispetto al mese di gennaio il differenziale inflazionistico tra servizi e beni torna negativo e pari a -0,8 punti percentuali (era +0,4 nel mese precedente).

L’inflazione acquisita per il 2019 è +0,3% per l’indice generale e -0,2% per la componente di fondo.

I prezzi dei prodotti di largo consumo accelerano la loro crescita: i Beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano da +0,6% a +2,1% e i prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +0,8% a +1,7% (entrambi si portano al di sopra dell’inflazione generale).

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra una diminuzione dello 0,2% su base mensile (a causa principalmente delle ulteriori riduzioni di prezzo registrate per i saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui l’indice NIC non tiene conto) e aumenta dell’1,2% su base annua, in accelerazione da +0,9% del mese precedente.

Auto: Oggi parte lʼecotassa per i nuovi acquisti inquinanti

Da oggi entra in vigore l’ecotassa per tutte le auto più inquinanti. L’imposta riguarda soltanto le vetture immatricolate da marzo e scadrà il 31 dicembre 2019, data in cui è previsto anche il termine degli incentivi previsti dall’Ecobonus per le auto elettriche e ibride.

Saranno tenuti a pagare l’ecotassa tutti gli automobilisti che decideranno di acquistare un’auto le cui emissioni dichiarate siano superiori alla soglia stabilita e quindi oltre i 160 grammi di Co2 per chilometro.

Le auto le cui emissioni partono da 161 fino ai 175 g/km di Co2 richiedono l’importo minimo di 1.100 euro; le auto con emissioni da 176 a 200 g/km di Co2 prevedono una tassa di 1.600 euro che arriva a 2.000 euro per le automobili con emissioni dai 201 ai 250 grammi di Co2. Oltre questa soglia si pagherà indistintamente 2.500 euro, l’importo massimo previsto.

Cesena: incentivi per chi si sposta in bicicletta

A Cesena tornano gli incentivi economici per chi decide di lasciare l’auto in garage e usare la bicicletta per raggiungere il proprio posto di lavoro o la propria scuola.

La durata del progetto sarà di sette mesi, da aprile a ottobre, con un allungamento di due mesi del periodo di erogazione degli incentivi.

Le risorse a disposizione sono passate da 40mila a 46mila euro (di cui 3mila euro per i residenti di Cesenatico), con un incremento del 15% rispetto al 2018.

Per ogni lavoratore o studente maggiorenne che aderisce è previsto un incentivo di 25 centesimi per ogni chilometro del percorso da casa al lavoro (o a scuola), con un tetto massimo di 50 euro al mese. A fronte di questo contributo si richiede l’impegno a garantire un numero minimo di chilometri nell’arco dei sette mesi.

La rendicontazione dei chilometri percorsi sarà effettuata attraverso l’apposita app, che chi aderirà al progetto dovrà scaricare sul proprio smartphone.

La Russia ha presentato all’ONU un progetto di risoluzione sulla crisi in Venezuela

L’ambasciata russa presso le Nazioni Unite ha reso noto che la Russia ha presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un progetto di risoluzione sulla crisi in Venezuela.

Il documento messo a punto dalla diplomazia di Mosca, che chiede di difendere l’indipendenza e la sovranità del Venezuela e di risolvere la crisi facendo leva sul cosiddetto Meccanismo di Montevideo, ovvero con una mediazione che avrebbe come garanti il Messico e l’Uruguay, così da porre fine alla crisi nel Paese attraverso una soluzione diplomatica.

La proposta di risoluzione arriva  pochi giorni dopo quella presentata dagli Stati Uniti, nella quale si chiedeva di “prevenire un ulteriore deterioramento della situazione umanitaria in Venezuela” e di assicurare “elezioni libere, giuste e credibili”.

Le bimbe cinesi geneticamente modificate avranno superiori capacità cognitive

L’obiettivo principale dichiarato da quella ricerca era quello di disattivare il gene CCR5, utilizzato dal virus dell’HIV come “cancello” per infettare le cellule del corpo umano, ma ora emerge un “effetto collaterale” positivo.

Da una ricerca condotta da Alcino J. Silva, neurobiologo dell’Università della California risulta che che con il silenziamento di quello specifico gene si può  curare le persone colpite da ictus o lesioni da trauma cranico.

I soggetti “trattati”, infatti, risultano godere di un recupero cognitivo estremamente rapido. Disattivando CCR5, evidenziano inoltre i ricercatori sulle pagine della rivista scientifica Cell, è possibile “potenziare” le normali capacità di apprendimento di una persona, portandole a livelli decisamente superiori alla media.

Capitalismo infelice

Articolo già pubblicato sulle pagine di www.cittanuova.itca firma di Silvio Minnetti

L’industria è in frenata a dicembre. Son crollati fatturato e ordinativi. In calo del 7,3% il giro d’affari. Mai così dal 2009. Lo spread è salito a 274 punti a febbraio. È un macigno sull’andamento dell’economia italiana già gravata da un enorme debito pubblico. Viene infatti confermato il rating BBB con Outlook negativo.

Il rapporto Oxfam 2019 evidenzia poi l’aumento del divario nel mondo. Si denuncia un’ingiusta distribuzione della ricchezza. Ogni giorno muoiono 10 mila persone perché non possono permettersi cure sanitarie. E 262 milioni di bambini non vanno a scuola.

Come curare le disuguaglianze? Certamente con un fisco più equo. Se l’1% dei più ricchi del pianeta pagasse l’1% in più di imposte sul patrimonio ci sarebbero risorse per l’educazione e la salute di intere popolazioni. Poi occorre un nuovo pensiero economico come strumento di relazioni umane, educative, formative ed inclusive, ben oltre il neoliberismo in crisi.

Luigino Bruni ha sintetizzato questa preoccupante situazione di ingiustizia sociale con la definizione di “capitalismo infelice” (cfr. L. Bruni, Capitalismo infelice, Vita umana e religione del profitto, Giunti, Firenze 2018). L’ideologia del business è dominante nella nostra epoca. Il suo enorme successo negli ultimi decenni del ‘900, fino al 2008, deriva dal fatto che non si presenta come un’ideologia o una religione, anche se ne ha alcune caratteristiche. Appare come una tecnica neutrale valida a livello universale.

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Come uscire da questa situazione? L’umanità ha bisogno di un nuovo paradigma per un’economia diversa e civile. La dimensione sociale e religiosa del capitalismo ha invaso ogni aspetto della vita. Le imprese, la scuola, la stessa politica. Il lavoro è diventato uno strumento per accrescere il consumo idolatrico dei beni. Meritocrazia e incentivi sono diventati un dogma. Noi siamo soltanto clienti di questa nuova religione, secondo Bruni. Viene enfatizzato il merito e non il bisogno. «La tanto osannata meritocrazia è in realtà un disvalore – ha denunciato papa Francesco –, essa affascina, perché usa una parola di per sé bella e ricca: merito. Ma la strumentalizza e la usa in modo ideologico, snaturandola e pervertendola. La meritocrazia sta in effetti diventando una legittimazione etica delle disuguaglianze e delle esclusioni. E il nuovo capitalismo, tramite la meritocrazia, da una veste morale a tale disuguaglianza, perché interpreta i talenti delle persone non come un dono ma come un merito» (Discorso al mondo del lavoro, Genova, 27 maggio 2017).

Così l’ideologia del business è diventata la nuova triste visione del mondo. Il denaro infatti ha assunto una natura “spirituale” e ha cancellato la gratuità e la libertà nei rapporti tra lavoratori e imprese. Questo è il nuovo spirito dell’economia del nostro tempo in cui sono prosperate le gravi disuguaglianze del capitalismo infelice. L’ideologia manageriale manipola e svilisce valori come comunità, stima e riconoscimento. Servono organizzazioni bio-diversificate, attenzione ai valori della persona, virtù etiche e civili per trasformare il mercato e riconfigurare l’economia.

Chiediamoci ora da che parte oscilla il pendolo dell’economia. Quali sono i limiti del mercato? In alcuni periodi degli ultimi 200 anni il capitalismo ha registrato l’influenza dei mercati a spese dei governi. In altri abbiamo visto il predominio dei governi a spese dei mercati.

Il futuro che cosa ci riserva? Stato, mercato e società generativa devono assicurarci il benessere delle persone senza forzature ideologiche. Non è facile trovare oggi un equilibrio di fronte a eventi dirompenti come l’inquinamento e i cambiamenti climatici, con le crescenti disuguaglianze nei singoli Paesi e nel mondo.

Il mercato finirà per scontrarsi con i suoi limiti avendo acquisito un potere maggiore con la globalizzazione? Ora che questa è in crisi, lo Stato tornerà a governare l’economia con la sua supremazia? Assicurerà il welfare riformando il capitalismo “infelice” o questo sarà rovesciato? Occorre superare l’utopia dell’autoregolazione dei sistemi di mercato e salvare il sistema economico dai suoi veri nemici, che possono essere i capitalisti stessi. Ritorniamo all’economia civile.

 

L’europa di Domani. L’europa delle persone

Venerdì alle ore 11.00 presso il piccolo Auditorium Aldo Moro (via di Campo Marzio, 24) il gruppo dei liberi e forti di Roma propone un Seminario “L’europa di Domani. L’europa delle persone”.

L’incontro che prevede La relazione di Giuseppe Sangiorgi si pone il proposito di rispondere alla domanda, quale Europa vogliamo? E quale Italia al suo interno?

Un’Europa democratica e partecipativa ma sopratutto un’Europa necessaria.

Non basta mettere solo la persona al centro ci deve essere anche l’impresa

Articolo già apparso sulle pagine di Servire l’Italia

Il grande imprenditore Adriano Olivetti un giorno disse: “L’impresa non è solo un luogo di
produzione, ma è anche il motore principale dello sviluppo economico-sociale, e come tale ha delle responsabilità verso la collettività e il territorio”.

Olivetti, scomparso prematuramente nel 1960, ha svolto un lavoro straordinario con la sua
azienda per dimostrare questa fondamentale verità. Purtroppo il suo esempio non è stato seguitoné dalle grandi imprese, né dalle politiche economiche di decine di governi. Ai sindacati Olivetti non piaceva, perché era riuscito a creare un clima aziendale talmente “pacifico” e produttivo che i lavoratori non sentirono il bisogno di “proteggersi”. Il “welfare” interno ideato da Olivetti era talmente innovativo ed efficace che non c’era alcun bisogno di aderire a un sindacato. Se la Fiat e le altre grandi imprese avessero seguito quel modello, l’Italia non sarebbe stata colpita da quella “confusione e barbarie” profetizzata da Leone XIII nella Rerum novarum, se non fosse stata conclusa una stretta alleanza tra lavoratori e imprenditori.

Non è stato così creato quel capitalismo socialmente responsabile per il quale si batté sempre don Sturzo. In un discorso pronunciato al Senato il 20 febbraio 1954, egli disse: “Sarebbe grave colpa continuare a seguire la spinta di coloro che, sopprimendo il rischio, vogliono trasformare la responsabilità economica (che stimola all’efficienza) in responsabilità politica (che non funziona quasi mai). Non si può sopprimere il rischio da nessun settore della vita umana. Dio stesso volle darci la libertà, con il rischio di farci prendere la strada sbagliata invece della giusta. Ma l’orientamento attuale consiste nel riversare sullo Stato il rischio individuale. Arriveremo a essere quasi tutti impiegati statali
e tutti pensionati statali. Quel giorno, se venisse, non esisterebbe più una nazione di responsabili, ma un gregge di irresponsabili. (…)

Mi si domanda se ciò possa dirsi ‘sociale’ (ossia se è ‘sociale’ il rispetto dell’iniziativa privata, della responsabilità individuale, della cultura del rischio). Rispondo: è il solo sistema che indurrà la comunità ad affrontare i problemi che assillano il vivere in comune, perché concorrerà a elevare il tenore di vita e farà trovare i mezzi atti a risolvere i problemi sociali”.

Gli attuali guai economici e sociali dell’Italia risalgono a questo errore, che la Germania non fece grazie alla politica illuminata di Adenauer e alla “conversione” dei socialisti tedeschi (congresso di Bad Godesberg del 1959 che sconfessò il marxismo e portò il partito verso i valori e i principi dell’economia sociale di mercato). Il capitalismo italiano è stato così caratterizzato da un forte “inquinamento” del potere politico nell’economia che ha favorito lo sviluppo della corruzione a tutti i livelli, pubblici e privati. Ma grande è stata la responsabilità dei poteri forti dell’industria italiana che non hanno creato l’ambiente culturale adatto per far capire quale fosse la vera funzione sociale dell’impresa e come fosse fondamentale una politica economica, che ponesse al centro la difesa e lo sviluppo dell’iniziativa privata. La persona, senza la presenza al centro anche dell’impresa, è indifesa.

Un programma di governo che non favorisce o, peggio, non rispetta questa verità è sempre
destinato a fallire.

Muro col Messico: la Camera boccia la dichiarazione di emergenza

Un duro colpo per Donald Trump. La Camera ha infatti bocciato, tramite una risoluzione, lo stato di emergenza nazionale dichiarato dal presidente.

La Camera ha approvato la mozione dei democratici per annullare l’emergenza nazionale dichiarata dal presidente per costruire la barriera, bypassando il Congresso. La mozione è passata con 245 voti a favore e 182 contrari. Insieme alla maggioranza democratica hanno votato tredici deputati repubblicani.

Ora la risoluzione dovrà essere approvata dal Senato, controllato dai repubblicani che però non sono compatti. Affinché arrivi un secondo via libera i democratici hanno bisogno di 4 voti dalle fila repubblicane e del voto compatto di tutti i loro 47 senatori. Tre esponenti del Grand Old Party (Gop) hanno già annunciato che appoggeranno la mozione dem.

 

IL 1959 A MILANO, TRA STRIPTEASE E POLITICA

Articolo già pubblicato da Arcipelago Milano a firma di Walter Marossi 

La prima giunta di centrosinistra milanese è del gennaio 1961 ma in realtà la svolta avvenne nel 1959. In quei mesi la città sembrava più interessata ai manifesti ammiccanti “Parigi arriva a Milano”; il Teatro alle Maschere di via Borgogna 7, sala da 158 spettatori dei quali 53 seduti, stava infatti per abbandonare una economicamente difficile programmazione dedicata agli atti unici (ricordiamo quelli di Carlo Terron, Luigi Pirandello, Umberto Simonetta, Rosso di San Secondo, Peppino De Filippo, Giovanni Mosca) per introdurre la si suppone ben più remunerativa Rita Renoir star parigina dello striptease con cachet da 80.000 lire a serata; l’annuncio però allerterà i solerti censori della questura che imporranno l’assoluta obbligatorietà di mutandine e reggiseno, rovinando le attese dell’affollata platea di giornalisti e flaneur.

Parigi arriverà effettivamente a Milano pochi mesi dopo con il più vestito generale De Gaulle in visita per celebrare l’anniversario della battaglia di Magenta, il presidente dormirà in prefettura e pasteggerà a Villa Comunale (menu tristanzuolo: cocktail di gamberi, flan di verdure, petti di pollo con crema di funghi, gelato al limone ma con una perla, lo storione del Po in bellavista). A ricevere De Gaulle il presidente Giovanni Gronchi, il premier Antonio Segni, i presidenti di Camera e Senato e un interminabile stuolo di autorità tra cui il sindaco Virgilio Ferrari, la cui giunta è nel pieno della bufera. Nel gennaio infatti la sinistra socialdemocratica aveva deciso di lasciare il Psdi fondando (l’8 febbraio) il Muis, Movimento Unitario di Iniziativa Socialista. Tra gli scissionisti due dei suoi più importanti assessori i socialdemocratici Aldo Aniasi, e Lamberto Jori, che lasciano le rispettive cariche passando all’opposizione.

Scrive Enrico Landoni: “Aniasi rassegnò le dimissioni dall’incarico di assessore all’Economato ricoperto all’interno della Giunta Ferrari, accusando il Sindaco e la coalizione centrista che sosteneva la sua amministrazione, di aver colpevolmente anteposto le ragioni di partito alle vere istanze della città. A suo avviso, il Psdi e la Dc avevano commesso un grave errore nell’impedire al Psi, disposto a condividere gli obiettivi programmatici definiti dalla giunta allora in carica, di entrare a far parte della maggioranza organica del consiglio comunale. Iso era convinto del fatto che socialisti e democristiani fossero pronti ad elaborare insieme un’articolata piattaforma programmatica, che avrebbe certamente potuto incontrare il consenso di altre forze democratiche e progressiste, rappresentando un importante modello di riferimento anche su scala nazionale. Per questo è possibile affermare che le svolte politiche consumatesi a Milano anche per effetto del significativo contributo di Aniasi ebbero un indubbio valore nazionale.” Con Aniasi sono altre figure importanti del riformismo milanese e nazionale (che il primo maggio 1959 aderiranno al Psi): Corrado Bonfantini, Ugo Faravelli, Matteo Matteotti ma sopratutto uno dei grandi protagonisti della vita politica cittadina, Ezio Vigorelli.

Nato nel 1892, avvocato, era entrato nel consiglio comunale milanese nel 1922 per la lista dei socialisti unitari assieme a Turati, Treves, Caldara, Gonzales, Mondolfo, D’Aragona, Nino Levi, Paolo Pini, Osvaldo Maffioli, Giovanni Forlanini, Antonio Mascheroni, Cesare Marangoni, Pietro Mentasti, Carlo Raule (e scusate se è poco). Volontario nella prima Guerra mondiale, invalido e decorato di guerra, condusse subito una battaglia a Palazzo Marino ricordando “come la trincea avesse tutto eguagliato al di sopra delle classi e delle tessere e come ora il partito di dominante smentisca tutto ciò”, suscitando le ire dei conservatori che infatti al corteo commemorativo del 4 novembre del 1923 gli impediscono di partecipare perché, come scrisse un quotidiano, le intenzioni con i quali i socialisti intendevano partecipare “bastano da sole a giustificare le legnate fasciste”.

Nel 1923 la Giustizia, organo del partito di Matteotti, scrive che Roberto Farinacci era stato un imboscato. Il gerarca querela il giornale e sfida a duello l’autore, per l’appunto l’autodenunciatosi Vigorelli che attenderà invano i preannunciati padrini. Il tribunale assolve il giornale difeso da Enrico Gonzales dal reato di diffamazione e per reazione le squadracce lo assaltano il 9 dicembre 1923. Gli avvocati socialisti milanesi diventano la bestia nera dei fascisti e vengono più volte aggrediti. Durante il ventennio, Vigorelli, che viene sottoposto a vigilanza speciale e per due volte incarcerato a San Vittore, ricercato, dopo l’8 settembre si rifugia con la famiglia in Svizzera. I figli Bruno e Fofi rientrano in Italia per combattere tra i partigiani nella Divisione autonoma “Valdossola”; entrambi moriranno nel giugno 1944 durante un rastrellamento nazista. Fofi è medaglia d’oro al valor militare, Bruno d’argento. Anche Vigorelli torna in Italia nel settembre 1944 per assumere l’incarico di “ministro della Giustizia” della Repubblica partigiana dell’Ossola.

Nel dopoguerra eletto alla Costituente per i socialisti, è vicino alle posizioni del sindaco Greppi, ergo nel gennaio del 1947, con la scissione socialista, aderisce ai socialdemocratici, presiedendone sino al 1950, il Gruppo parlamentare e assumendo incarichi di governo: sottosegretario alle pensioni di guerra nel V governo De Gasperi e ministro del Lavoro e della Previdenza sociale nel primo Segni, nel governo Scelba e nel secondo governo Fanfani, ministero dal quale appunto si dimise nel gennaio del1959 per passare all’opposizione.
L’occasione gli fu fornita dai risultati assolutori (su proposta di Saragat), per un voto, della commissione d’inchiesta sullo “scandalo Giuffrè”, il cosiddetto banchiere di Dio che aveva truffato istituzioni e singoli cittadini, nel quale erano coinvolti (poi scagionati) il suo compagno di partito Luigi Preti e Giulio Andreotti. Le sue dimissioni portarono a quelle di Fanfani da presidente del consiglio e da segretario della Dc ed al secondo governo Segni (Dc-Pli). Insomma inizia la lunga agonia del centrismo e l’avvio della fase preparatoria del centro sinistra, soprattutto di quello milanese che precederà di anni quello nazionale.

Alle elezioni comunali milanesi del 1960 tra gli eletti della lista Psi, oltre a Vigorelli (con 7.000 preferenze) e a Guido Mazzali (con 9.000), troviamo Aldo Aniasi (4.628), il giovane Bettino Craxi (con 1.000 preferenze) e i radicali Eugenio Scalfari (con 3.500 preferenze) ed Elio Vittorini (ultimo); in pratica, come agli inizi del secolo, il gruppo consiliare è a schiacciante maggioranza riformista, anzi come si diceva allora autonomista/nenniano (le sinistre interne ebbero un solo eletto, Walter Alini). L’ingresso di Vigorelli e Aniasi ha cambiato gli equilibri, per sempre. Con i risultati elettorali e i nuovi equilibri politici interni a Dc e Psi la maggioranza centrista a Palazzo Marino non era più possibile.

Di Vigorelli si parlò, in quella come in altre occasioni, come ipotetico sindaco ma a sostituire Ferrari, in quella che sarà la prima giunta di centrosinistra in Italia (1961), fu non senza polemiche il socialdemocratico e presidente dell’Accademia dei Lincei Gino Cassinis (ex rettore del Politecnico), considerato insieme esempio di continuità (era stato assessore alle municipalizzate) e di rinnovamento perché più a sinistra dell’uscente.

Il mite Ferrari, perfetto esempio di understatement (morì alla Baggina e su Wikipedia nell’elenco dei sindaci milanesi è l’unico ancor oggi senza foto), il medico dei poveri, arrestato per aver favorito la fuga di Turati in Francia, ebbe forse l’unico scatto della sua vita e dichiarò: “Io antifascista che sono stato in campo di concentramento, cedo il posto a chi è stato nominato rettore durante la repubblica di Salò”. Cassinis ebbe diversi “franchi tiratori” e alle opposizioni interne Dc fu dato il contentino di non reiterare il centrosinistra alla provincia, mentre il Pci cossuttiano (ma allora era sinonimo di moderato), pur esprimendo giudizi non del tutto negativi sul programma, votò per un altro socialista: Antonio Greppi.
Oggi Vigorelli come tutta una generazione di riformisti del dopoguerra, in particolare quelli del Psdi, è dimenticatissimo, ma merita di essere “riscoperto” non per il suo impegno politico, ormai quel mondo interessa solo agli storici e a pochi aficionados tra cui voi che leggete, quanto per essere stato il teorico del welfare italiano, affrontando questioni ancora oggi irrisolte, vedasi il reddito di cittadinanza.

 

Qui l’articolo completo 

 

 

Kleombrotos racconta il paesaggio della Sibaritide

Giovedì 14 marzo 2019, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, in occasione della III Giornata Nazionale del Paesaggio, propone, a tutti gli istituti di I e II grado del comprensorio, Kleombrotos racconta il paesaggio della Sibaritide.
L’opera che il Museo della Sibaritide ha scelto per la Giornata Nazionale del Paesaggio è la Tabella bronzea di Kleombrotos, offerta dal giovane atleta Sibarita alla Dea Atena dopo aver vinto ad Olimpia la gara “degli uguali per altezza e corporatura”, secondo il voto fatto di offrirle la decima parte dei premi ottenuti. La targa, datata agli inizi del VI secolo a.C., è stata ritrovata nel sito archeologico di Timpone della Motta a Francavilla Marittima.

Sull’acropoli di Timpone della Motta, posta a 280 metri s.l.m., erano ubicati una serie di edifici a carattere sacro. Tra questi è stato rinvenuto un tempio arcaico che rappresenta il primo esempio di luogo cultuale indigeno. Le indagini archeologiche eseguite in questo sito hanno evidenziato la sua frequentazione anche in età greca, quando con la fondazione di Sibari, il centro venne conquistato e fatto rientrare nel territorio sibarita e il tempio intitolato alla Dea Atena.

Dopo una breve riflessione sulle trasformazioni che il paesaggio della Sibaritide ha subito nel corso del tempo, si terrà, in itinere, la visita ai reperti ritrovati nel Sito Archeologico di Timpone della Motta e la narrazione della storia del voto di Kleombrotos alla Dea Atena.
A seguire, l’ufficio Servizi Educativi ha organizzato laboratori teatrali per offrire ai ragazzi l’occasione di dare spazio alla propria espressività.
L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Associazione per la Scuola Internazionale d’Archeologia “Lagaria Onlus”.

Il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, diretto da Adele Bonofiglio, afferisce al Polo Museale della Calabria guidato da Antonella Cucciniello.

Parte la settimana più importante del ciclismo su pista

La settimana più importante della stagione del ciclismo su pista è partita e fino a domenica 3 marzo tutti i nostri atleti saranno in pista per i Campionati del Mondo 2019, rassegna iridata che raccoglierà le stelle del panorama internazionale e vedrà l’Italia possibile protagonista in diverse specialità.

Venti i titoli in palio nei 5 giorni di gare, 10 a livello maschile e 10 a livello femminile. Le Nazionali italiane guidate da Edoardo Salvoldi e Marco Villa si presentano in Polonia con una formazione molto competitiva, che punta a migliorare il bottino dello scorso anno, quando ad Apeldoorn arrivarono un oro, un argento e quattro bronzi.

Al maschile, fari puntati sul quartetto dell’Inseguimento: Filippo Ganna, Liam Bertazzo, Francesco Lamon e Davide Plebani (con Consonni e Scartezzini riserve), dopo il titolo europeo, sono pronti a migliorare il bronzo dell’ultima edizione. Gran Bretagna e Danimarca le principali avversarie.
A livello individuale la punta sarà Ganna, campione mondiale in carica che dovrà vederserla con il portoghese Ivo Oliveira, il tedesco Dominic Weinstein, detentore del titolo europeo, il russo Ivan Smirnov e il britannico John Archibald. Può ambire alla medaglia anche Simone Consonni nell’Omnium, già bronzo lo scorso anno. Attenzione poi a Michele Scartezzini che proverà a brillare nello Scratch dopo l’argento del 2018, mentre Davide Plebani andrà a caccia di un piazzamento nell’inseguimento. Gli Azzurri proveranno a dire la loro anche nell’ultima prova del programma, il Madison: Belgio, Germania e Danimarca sembrano avere qualcosa in più rispetto alla coppia italiana formata da Simone Consonni e Lamon. Spazio a Bertazzo per un piazzamento nella Corsa a punti, mentre nel Km l’alfiere azzurro sarà Lamon. Attuale ruolo di riserve invece per Carloalberto Giordani e Stefano Moro.

Al femminile si potrà sognare in grande con le Rocket Girls dell’inseguimento a squadre: il quartetto femminile proverà a spingersi oltre i propri limiti e a raggiungere la finale, per rilanciare la sfida alla Gran Bretagna. Medaglia alla portata anche nel Madison con la coppia di grandissima qualità formata da Elisa Balsamo e Letizia Paternoster. Quest’ultima potrà ambire ad un tris di medaglie, visto che sarà anche una delle favorite nell’Omnium, mentre nella Corsa a Punti Maria Giulia Confalonieri punterà a confermarsi ai vertici dopo lo straordinario oro europeo. Attenzione anche a Martina Fidanza che ha brillato in Coppa del Mondo nello Scratch. Ci saranno poi le esperte Simona Frapporti e Silvia Valsecchi nell’inseguimento, mentre Miriam Vece proverà a sorprendere nella velocità.

L’elenco dei monumenti e musei gratis a Roma domenica 3 marzo

Una domenica, quella del 3 marzo, all’insegna della cultura a 360 gradi, tra arte, monumenti, musei, gallerie, scavi archeologici, parchi e giardini monumentali dello Stato ad ingresso gratuito.

Saranno aperyi al pubblico:

Parco archeologico di Ostia antica – Scavi di Ostia antica e Museo Ostiense
viale dei Romagnoli, 717 – Roma
Orario: Martedì-Domenica. Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: dalle ore 8.30 vedi dettaglio (1); Prenotazione: Nessuna

Villa di Orazio
via Licentina, s.n.c. – Licenza
Orario: 9.00-16.00 – visitabile su richiesta prenotando al +39 0774 330329 Chiusura settimanale: Lunedi; Orario biglietteria: 9.00-16.00; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 0774 330329)

Villa dei Volusii
via Tiberina km 18, 500 – Fiano Romano
Orario: Martedì-Domenica. Visitabile su prenotazione al +39 06 9085173 Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 9085173)

Parco archeologico dell’Appia antica – Villa dei Quintili
via Appia Nuova, 1092 – Roma
Orario: Martedì-Domenica. Vedi dettaglio orario (1) Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Villa Adriana e Villa d’Este – Villa d’Este
piazza Trento, 5 – Tivoli
Orario: Vedi dettaglio orario (1) Chiusura settimanale: Lunedì mattina; Prenotazione: Nessuna

Villa Adriana e Villa d’Este – Area archeologica di Villa Adriana
largo Marguerite Yourcenar, 1 – Tivoli
Orario: Lunedì-Domenica. Vedi dettaglio orario (1); Prenotazione: Nessuna

Terme Taurine o di Traiano
via delle Terme Taurine, s.n.c. – Civitavecchia
Orario: 9.30-13.30 Apertura pomeridiana su prenotazione Chiusura settimanale: nessuna; Orario biglietteria: 9.30-13.00; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 327 2699665; Sito web: )

Terme di Caracalla
via delle Terme di Caracalla, 52 – Roma
Orario: Domenica-Lunedì mattina. Vedi dettaglio orario (1) Chiusura settimanale: Lunedì pomeriggio; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: www.coopculture.it)

Parco archeologico dell’Appia antica – Tombe della via Latina
via dell’Arco di Travertino, 151 – Roma
Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Pantheon
piazza della Rotonda, s.n.c. – Roma
Orario: Lunedì-Sabato 8.30-19.30; Domenica 9.00-18.00; festivi infrasettimanali 9.00-13.00 ; Orario biglietteria: ultimo ingresso 15 minuti prima dell’orario di chiusura; Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico del Colosseo – Foro romano e Palatino
Largo della Salara Vecchia, 6 – Roma
Orario: Lunedì-Domenica. Orario biglietteria: Consultare il sito web: www.coopculture.it; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Email: info@coopculture.it; Sito web: www.coopculture.it)

Necropoli della Banditaccia
via della Necropoli, 43/45 – Cerveteri
Orario: Martedì-Domenica. Estivo 8.30-19.30 – Invernale 8.30-16.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: Estivo 8.30-18.30 – Invernale 8.30-15.30; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 9940651; Email: necropolicerveteri@munus.com)

Museo nazionale romano – Palazzo Massimo
Largo di Villa Peretti, 2 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.45 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-18.45; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Museo nazionale romano – Palazzo Altemps
piazza di Sant’Apollinare, 46 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.45 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-18.45; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Museo nazionale romano – Terme di Diocleziano
via Enrico de Nicola, 79 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-18.30; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: htt://www.coopculture.it)

Museo nazionale etrusco di Villa Giulia
piazzale di Villa Giulia, 9 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-20.00, con chiusura delle sale dalle 19.15 alle 19.30 e chiusura del bookshop alle 19.45 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-19.00; Prenotazione: Facoltativa (Email: arteingioco@libero.it)

Museo nazionale di Castel Sant’Angelo
Lungotevere Castello, 50 – Roma
Orario: Lunedì-Domenica 9.00-19.30; Orario biglietteria: 9.00-18.30; Prenotazione: Nessuna

Museo nazionale del Palazzo di Venezia
via del Plebiscito, 118 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 8.30-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.30-19.00; Prenotazione: Nessuna

Museo archeologico nazionale di Civitavecchia
largo Cavour, 1 – Civitavecchia
Orario: Martedì-Domenica 8.30-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Nessuna

Museo Giacomo Manzù
via Laurentina, Km 32,800 – Ardea
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: Martedì-Venerdì 9.00 – 18.30; Prenotazione: Nessuna

Museo Hendrik Christian Andersen
via Pasquale Stanislao Mancini, 20 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.30-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.30-19.00; Prenotazione: Nessuna

Museo delle navi romane di Nemi
via del Tempio di Diana, 13-15 – Nemi
Orario: Lunedì-Domenica 9.00-19.00 ; Orario biglietteria: 9.00-18.00; Prenotazione: Nessuna

Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, il costume e la moda dei secoli XIX e XX
via Boncompagni, 18 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.30-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.30-18.00; Prenotazione: Nessuna

Museo archeologico nazionale di Palestrina e Santuario della Fortuna Primigenia
piazza della Cortina, 1 – Palestrina
Orario: Lunedì-Domenica 9.00-20.00; Orario biglietteria: 9.00-19.00; Prenotazione: Nessuna

Antiquarium e Area archeologica di Lucus Feroniae
via Tiberina, Km. 18.500 – Capena
Orario: Antiquarium: Martedì-domenica 8.30-19.30; Area archeologica: Martedì-Domenica 8.30-un’ora prima del tramonto Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.30-19.30; Prenotazione: Nessuna

Monastero di Santa Scolastica
via dei Monasteri, 22 – Subiaco
Orario: 9.00-12.30/16.00-18.30 (invernale) 9.00-12.30/16.00-19.00 (estivo); Prenotazione: Nessuna

Monastero di San Benedetto Sacro Speco
piazzale San Benedetto – Subiaco
Orario: Lunedì-Domenica 9.30-12.15; 15.30-18.15; Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico dell’Appia antica – Mausoleo di Cecilia Metella
via Appia Antica, 161 – Roma Orario: Martedì-Domen
Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Galleria Spada
piazza Capo di Ferro, 13 – Roma
Orario: lunedì/domenica ore 8.30 – 19.30 (ultimo biglietto ore 19.00) Chiusura settimanale: Martedì; Orario biglietteria: 8.30-19.00; Prenotazione: Nessuna

Museo e Galleria Borghese
piazzale Scipione Borghese, s.n.c. – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00 – 19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 32810)

Basilica di San Cesareo de Appia
via di Porta S. Sebastiano, s.n.c. – Roma
Orario: visitabile su richiesta prenotando al +39 338 4916838; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 338 4916838)

Antiquarium di Pyrgi e Area archeologica
località Castello di Santa Severa, s.n.c. – Santa Marinella
Orario: Estivo: 9.00-19.00 (da Aprile) Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Nessuna

Area archeologica di Veio – Santuario etrusco dell’Apollo
via Riserva Campetti, s.n.c. – Roma
Orario: Martedì, Mercoledì, Venerdì, Domenica e festivi 8.00-14.00; Giovedì e Sabato 8.00-16.00 (vedi nota 1) Chiusura settimanale: Lunedì ; Orario biglietteria: Martedì, Mercoledì, Venerdì, Domenica e festivi 8.00-13.30; Giovedì e Sabato 8.00-15.30; Prenotazione: Facoltativa

Arco di Malborghetto
via Barlassina, 1 – Roma
Orario: Lunedì, Mercoledì-Venerdì 9.00-13.00; Sabato 14.30-17.00; Domeniche dispari e festivi aperto dalle 9.30 con chiusura diversificata, previa verifica sul portale istituzionale e prenotazione. Chiusura settimanale: Martedì; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 33625595 (prenotazione gruppi dal lunedì al venerdì).; Email: ssba-rm.malborghetto@beniculturali.it)

Parco archeologico del Colosseo – Colosseo. Anfiteatro Flavio
piazza del Colosseo, 1 – Roma
Orario: Lunedì-Domenica. Prenotazione: Facoltativa (Telefono: singoli: +39 06 399 67 700 gruppi: +39 06 399 67 450 scuole: +39 06 399 67 200; Email: info@coopculture.it; Sito web: https://www.coopculture.it/colosseo-e-shop.cfm)

Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Viale delle Belle Arti, 131 – Roma
Orario: Da martedì a domenica ore 8.30 – 19.30; lunedì chiuso. (ultimo ingresso: 45 minuti prima della chiusura) Chiusura settimanale: lunedì; Prenotazione: Nessuna

Museo delle Civiltà – Museo nazionale preistorico ed etnografico “Luigi Pigorini”
piazza Guglielmo Marconi, 14 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 8.00-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.00-18.30; Prenotazione: Nessuna

Museo delle Civiltà – Museo nazionale dell’Alto Medioevo
viale Lincoln, 3 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 8.00-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.00-18.30; Prenotazione: Nessuna

Monumento a Vittorio Emanuele II (Vittoriano)
piazza Venezia, s.n.c. – Roma
Orario: Lunedì-Domenica 9.30-19.30 (ultimo ingresso 18.45); Orario biglietteria: 9.30-18.45; Prenotazione: Nessuna

Museo delle Civiltà – Museo nazionale d’arte orientale ‘Giuseppe Tucci’
via Merulana, 247-248 – Roma

Museo delle Civiltà – Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari
piazza Guglielmo Marconi, 8 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 8.00-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.00-18.30; Prenotazione: Nessuna

Abbazia greca di San Nilo
corso del Popolo, 128 – Grottaferrata
Orario: Abbazia: Lunedì-Sabato 9.00-12.00 e 15.30-19.00; Domenica pomeriggio visitabile su richiesta prenotando al +39 06 9459309 Museo: Sabato e Domenica 10.00-18.00 Chiusura settimanale: Abbazia: Domenica mattina; Museo: Lunedì-Venerdì; Orario biglietteria: Museo: 10.00-17.30; Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico dell’Appia antica – Antiquarium di Lucrezia Romana
via Lucrezia Romana, 62 – Roma
Orario: Martedì-Giovedì, la prima, la seconda e la quarta domenica del mese 9.00-15.00. Visitabile su richiesta prenotando al +39 06 72016669 oppure al +39 06 7222568 ; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 72016669 +39 06 7222568; Email: ssba-rm.antiquariumlucreziaromana@beniculturali.it )

Parco archeologico del Colosseo – Arco di Costantino
via di San Greogrio, s.n.c. – Roma
Orario: Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico di Ostia antica – Area archeologica del Porto di Traiano
via Portuense km 25, 600 – Fiumicino
Orario: 9.30- 13.30 (ultimo ingresso ore 13) ; Orario biglietteria: 8.30-13; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: + 39 6529192; Email: pa-oant.museodellenavi@beniculturali.it)

Parco archeologico dell’Appia antica – Villa di Capo di Bove
via Appia Antica, 222 – Roma
Orario: Lunedi-Domenica 09.00-17.00 (ora solare); Lunedi-Domenica 09.00-18.30 (ora legale) ; Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico dell’Appia antica – Complesso di Santa Maria Nova
via Appia Antica, 1092 – Roma
Orario: Martedì-Domenica. Vedi dettaglio orario (1) Chiusura settimanale: Lunedì; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Fonte di Anna Perenna
via Guidubaldo Del Monte, s.n.c. – Roma
Orario: Aperto per i singoli la 1 e 3 domenica del mese alle ore 11.00. Per i gruppi alle ore 10.00 e 12.00. Visite accompagnate: orario: ore 10.00 e 12.00. ; Orario biglietteria: Lunedì-Venerdì 9.00-13.00 e 14.00-17.00; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 39967700; Sito web: https://www.coopculture.it)

Museo Aristaios
Largo Luciano Berio – Roma
Orario: Tutti i giorni dalle ore 11.00 alle ore 18.00; Prenotazione: Nessuna

Museo della via Ostiense – Porta San Paolo
via Raffaele Persichetti, 3 – Roma
Orario: Aperto dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle 13.30. Visite accompagnate il primo sabato e domenica del mese alle 10.30, su prenotazione telefonica al numero 06 5743193 Chiusura settimanale: Chiuso il lunedì, il 25 dicembre, il 1° gennaio e il 1° maggio e i rimanenti festivi.; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 5743193)

Museo nazionale degli strumenti musicali
piazza Santa Croce in Gerusalemme, 9/a – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-18.30; Prenotazione: Nessuna

Parco archeologico di Ostia antica – Necropoli di Porto – Isola sacra
via Monte Spinoncia – Fiumicino
Orario: giovedì, venerdì, sabato, I e III domenica del mese, dalle ore 9 alle ore 13; Prenotazione: Obbligatoria (Telefono: +39 06 6583888)

Villa di Livia
via Villa di Livia, 125 – Roma
Orario: Vedi dettaglio orario (1) Chiusura settimanale: Lunedì-Mercoledì; Sabato e Domenica come da dettaglio orario (1); Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700; Email: info@coopculture.it; Sito web: https://www.coopculture.it)

Gallerie nazionali di arte antica di Roma – Palazzo Barberini
via Quattro Fontane, 13 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 8.30-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.30-18.00; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 32810; Sito web: https://www.tosc.it/)

Gallerie nazionali di arte antica di Roma – Galleria Corsini
via della Lungara, 10 – Roma
Orario: Mercoledì-Lunedì 8.30-19.00 Chiusura settimanale: Martedì; Orario biglietteria: 8.30-18.30; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 32810; Sito web: https://www.tosc.it/)

Museo dell’Istituto centrale per la grafica
Via della Stamperia, 6 – Roma
Nessuna

Castello di Giulio II
piazza della Rocca, 1 – Roma
Orario: Sabato e Domenica 8.30-18.30 con visite a cadenza oraria dalle 10.00 alle 17.00 per gruppi di massimo 20 persone Chiusura settimanale: Lunedì-Venerdì; Prenotazione: Nessuna

Museo nazionale romano – Crypta Balbi
via Botteghe Oscure, 31 – Roma
Orario: Martedì-Domenica 9.00-19.45 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 9.00-18.45; Prenotazione: Facoltativa (Telefono: +39 06 39967700 ; Sito web: https://www.coopculture.it)

Palazzo Poli
Via Poli, 54 – Roma
Prenotazione: Nessuna; Temporanemente chiuso (Altro)

Museo della civiltà contadina Valle dell’Aniene
Piazza San Giovanni, 1 – Roviano
Orario: mar., giov., sab., dom. 10,00-13,00/16.00-18.30 Chiuso: lunedì e venerdì; Prenotazione: Nessuna

Chiesa di Santa Marta
Piazza del Collegio Romano, 5, – Roma
Orario: * visite su prenotazione on line; Prenotazione: Obbligatoria

Museo nazionale archeologico Cerite
piazza Santa Maria, s.n.c. – Cerveteri
Orario: Martedì-Domenica 8.30-19.30 Chiusura settimanale: Lunedì; Orario biglietteria: 8.30-18.30; Prenotazione: Nessuna

Al via il progetto Piazza Wifi Italia del MiSE

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha dato notizia dell’ avvio del progetto “Piazza Wifi Italia“, che ha come obiettivo quello di permettere a tutti i cittadini di connettersi, gratuitamente e in modo semplice tramite l’applicazione dedicata, a una rete wifi libera e diffusa su tutto il territorio nazionale.

Da oggi, i Comuni potranno fare richiesta di punti wifi direttamente online, registrandosi sulla nuova piattaforma web accessibile dal sito wifi.italia.it. Rispetto all’iniziale disponibilità di 8 milioni di Euro, il nuovo stanziamento di 45 milioni permetterà di portare nuove aree wifi gratuite in tutti i Comuni italiani, con priorità per i Comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti.

I lavori di sviluppo della rete su tutto il territorio nazionale sono stati già affidati. Con la sottoscrizione del Decreto da parte del Ministro Di Maio, il 23 gennaio 2019, è stato dato l’incarico a Infratel Italia, società in-house del MiSE.

Torricella Sicura, in provincia di Teramo, è il primo Comune in Italia (e il primo delle zone colpite dal sisma del 2016) con un punto wifi attivo nell’ambito di questa iniziativa. I primi interventi stanno coinvolgendo, con un progetto dedicato, tutti i 138 Comuni colpiti dal sisma del 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, nei quali sono state già avviate le attività di progettazione d’intesa con le amministrazioni locali.

Test Hiv ai minori senza permesso di mamma e papà

Il Ministero della Salute sta lavorando a una norma che cancelli la necessità del consenso dei genitori per il test sui minori, sostenuta anche dal Garante per l’Infanzia, per l’Hiv e per le infezioni sessualmente trasmissibili. “Per rendere più semplice l’accesso alla diagnosi per i giovanissimi ha spiegato il ministro Giulia Grillo – è essenziale intercettare precocemente l’eventuale contagio da Hiv o da altre malattie sessualmente trasmesse. Per questo sono molto soddisfatta della positiva risposta dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza”.

Secondo quanto spiegato dal Garante per l’Infanzia, l’ordinamento italiano prevede la possibilità di derogare al concetto di maggiore età, per cui il ragazzo può prendere decisioni sulla propria persona anche prima dei 18 anni. “È necessario che i test avvengano in un contesto protetto, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, in caso di positività ai test, i genitori o il tutore devono essere coinvolti per dare il giusto sostegno affettivo al minore – specifica infatti Filomena Albano, titolare dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza -. Inoltre è necessario promuovere capillarmente una cultura della prevenzione e l’educazione all’affettività e alle emozioni con una imponente campagna di informazione”.

Le scatole cinesi della secessione dei ricchi

Articolo già pubblicato sulla rivista il Mulino a firma di Alfio Mastropaolo

Capeggiati da Gianfranco Viesti, un gruppo di autorevoli studiosi si sta battendo contro quella che è stata denominata la “secessione dei ricchi”. Una battaglia sacrosanta per molti e ben noti motivi: le discriminazioni che il regionalismo differenziato è destinato a suscitare tra due Italie; i rischi insiti nella regionalizzazione di alcune competenze; la procedura eterodossa, e una volta di più mortificante per il Parlamento, che si vuol adottare.

I grandi partiti avevano perfezionato l’unificazione del Paese. I loro minuscoli eredi intendono disfarla. Ma il problema più grave è che, ove si riuscisse a sventare la manovra, grazie ai calcoli di convenienza elettorale dei 5 Stelle, dissonanti da quelli della Lega, la secessione dei ricchi resterà comunque in agenda. È da trent’anni che si ripropone di tanto in tanto, non è detto che si riesca a contrastarla all’infinito. È già successo che scelte politiche dagli effetti micidiali siano state a volte compiute per sbaglio o disattenzione. Ne è mirabile esempio la vicenda della separazione tra cechi e slovacchi. Altro incidente esemplare è la Brexit. Il governo che indisse il referendum cercava unicamente legittimazione a basso costo; non lo volevano l’alta finanza, né i sindacati ed è dubbio che lo volessero tutti gli elettori che l’hanno votato, parte dei quali stando ai sondaggi sarebbero pronti a un ripensamento. In compenso gli elettori vi trovarono occasione per manifestare la loro insofferenza per l’esecutivo in carica e per alcuni decenni di politiche pro-market: sono le regioni più danneggiate da queste politiche che hanno prodotto un risultato che nessuno sa bene come gestire e i cui effetti sono potenzialmente devastanti.

Ma la secessione dei ricchi non finirà soprattutto perché è il più grande fatto politico di questo nostro tempo, e non da oggi. La stagione precedente era stata segnata da un’apprezzabile riduzione delle disuguaglianze. Dagli anni Ottanta la forbice ha ripreso ad allargarsi, l’ascensore sociale verso l’alto si è bloccato e i ricchi hanno fatto abbondante secessione. Delocalizzando le fabbriche e informatizzando gli uffici si sono liberati del lavoro dipendente. Hanno fatto secessione riconvertendosi dalle attività manifatturiere a quelle finanziarie, grazie ai consumi di lusso, ai paradisi fiscali e a molte forme di fiscalità privilegiata e non progressiva. Perfino fisicamente hanno preso il largo nelle scuole e università di élite, nei quartieri gentrizzati, nelle gated communities.

Una variante subdola e assai riuscita di secessione dei ricchi, mascherata da meritocrazia e autonomismo democratico, è quella territoriale. Qui si situa il nostro caso.

Nella stagione precedente, date diversità e disuguaglianze tra territori, lo Stato nazionale aveva il compito di riequilibrare quelle disuguaglianze, favorendo la redistribuzione delle attività manifatturiere e delle opportunità occupazionali, anche per decongestionare le aree più affollate. Da un po’ di tempo in qua territori, regioni, città sono in competizione. Sono capitali da mettere a profitto. Ciascuno ha le sue risorse naturali, la sua struttura produttiva, le sue infrastrutture, il suo capitale sociale, il suo regime amministrativo e di governo: la concorrenza ne stimolerà il dinamismo. È una prospettiva ipocrita e ingiusta. Che finge che i territori siano tutti nelle medesime condizioni alla partenza, dispongano delle medesime risorse e siano sottoposti alle medesime sfide.

In Italia la variante territoriale della secessione dei ricchi è iniziata in anticipo. Fino alla metà degli anni Ottanta il principio di solidarietà ha ispirato le politiche d’intervento per il Mezzogiorno, imperniate sull’azione della Cassa. Che alla lunga fu soffocata dalle pressioni divenute esose dei partiti di governo; dalle rivendicazioni delle neoistituite regioni, intese ad appropriarsi dei finanziamenti e della conduzione delle politiche; dalle obiezioni delle opposizioni, che rivendicavano politiche d’intervento diverse. Le forze politiche si rivelarono incapaci di elaborare un disegno di policy sostitutivo. Era peraltro iniziata con gli anni Ottanta la grande ristrutturazione dell’economia nazionale. In questo sfondo vide la luce la Lega Nord, con la sua proposta di scaricarne i costi sul Mezzogiorno. I motivi non mancavano: la grande offensiva del crimine organizzato e la conduzione inefficiente dell’azione di governo da parte degli enti locali aiutavano a definire irrimediabile la condizione del Mezzogiorno. Sperperi e inefficienze non erano esclusiva delle amministrazioni meridionali. Né allora né oggi. Solo che quando le disponibilità finanziarie abbondano sono più agevolmente occultabili e meno dannosi. Ad ogni buon conto: costringere alla fame chi è già in difficoltà non è un buon modo per educarlo alla virtù.

Negli anni successivi attorno alla Lega si formò un’implicita coalizione d’interessi. Coinvolgeva larghi segmenti dei partiti di governo, nel frattempo travolti e rigenerati dalla crisi politica del ’92-94, e pure del mondo imprenditoriale. Di qui il tentativo di disinnescare il leghismo, portato da Berlusconi al governo, da un lato dirottando verso il Centro Nord una sostanziosa mole di risorse, dall’altro concedendo più ampie autonomie alle regioni. Il distacco fu però soprattutto politico e simbolico: il Mezzogiorno non era più una priorità nazionale. L’ha sanzionato la famigerata riforma del Titolo V, voluta a ogni costo nel 2001 dal centrosinistra, che comunque all’indomani perse le elezioni.

Senza disinnescare il leghismo, la riforma ha condannato il Mezzogiorno all’abbandono. In assenza di un’alternativa efficace alle politiche d’intervento straordinario, gli si è anzi inflitto un costo altissimo, di cui è prova il disastroso stato delle sue infrastrutture. Ha pagato un costo più alto delle regioni settentrionali per la crisi finanziaria del 2008 e per le politiche di austerità, anche in ragione della maggior gravosità dei piani di rientro della spesa sanitaria. Ha pagato un costo molto alto il suo già debole sistema industriale, per un fenomeno per nulla imputabile alle responsabilità del ceto dirigente locale (l’ha detto bene ancora Viesti, sul “Mulino”) come la concorrenza delle economie emergenti. In verità, un costo elevato l’hanno pagato anche regioni come Piemonte e Liguria: investite in pieno l’una dalla ristrutturazione dell’industria automobilistica, l’altra da quella della siderurgia, della cantieristica e di altri comparti ancora.

L’intreccio tra politiche pro-market e aggressività leghista, assecondata da altri, ha così già provocato una secessione territoriale spietata delle regioni più ricche. Conviene anche ricordare come contro la retorica leghista una pattuglia di volenterosi a suo tempo mobilitò l’armamentario della nazione. Senza attardarsi sui moventi profondi del leghismo, è stata una sinfonia di riflessioni sul tema. Che hanno chiamato in ballo un qualche deficit originario di spirito nazionale, o il sopravvenuto decesso della patria. Il culmine si è raggiunto con le celebrazioni del centocinquantenario. Perfino entusiasmanti, ma che non hanno zittito le sirene secessioniste, che hanno tosto ripreso a cantare.

Ognuno ha la Brexit o la Catalogna che può. Il paradosso è che ai veri ricchi della sanzione giuridica dell’autonomia differenziata importa poco. L’ha detto il sindaco di Milano. A capo dell’unica grande città globale del Paese, Sala vede giustamente una minaccia nell’autonomia differenziata. Come i finanzieri della city che vedevano la Brexit come il fumo negli occhi. Che governo regionale potrebbe sortirne? Cosa potrà divenire l’istruzione regionalizzata sotto l’ispirazione dei tanti Salvini, Bussetti, Fontana, Pillon, Zaia, Stefani? È uno scenario dell’orrore. In realtà, la Lega vuol mettere le mani su un malloppo finanziario sostanzioso e gratificare per un po’ i suoi elettori, che proprio ricchi non sono, ma s’illuderanno di esserlo. Non è da sottovalutare l’avidità di potere di altre classi dirigenti locali: avranno magari meno soldi, ma saranno più libere di spenderli e sono già in coda per seguire l’esempio.

Forse il destino dell’Italia è segnato. Il suo declino è gravissimo e le classi dirigenti di cui dispone, politica e imprenditoriale, sono di rara modestia. Tempo fa un loro pezzo, perfino il migliore, si persuase che l’Europa fosse il toccasana. Solo che l’Europa non è un consesso di generosi benefattori. È un’avida Europa di mercanti, dove impazza la competizione. Quando i più forti hanno visto che l’Italia, anche per i capricci delle elezioni e dei sistemi elettorali, era finita in mano a classi dirigenti inadeguate, da ultimo addirittura a dilettanti, si sono fregati le mani.

L’uscita dall’Europa non sarebbe ora il rimedio. Oltre a essere tecnicamente impervia – non ci riesce l’Inghilterra senza il vincolo dell’euro – sarebbe pure controproducente. Che cosa potrebbe fare l’Italietta, magari divisa in due, tra i marosi della globalizzazione? Né è un rimedio il sovranismo straccione che butta a mare i migranti: è solo una moda, per scaricare migranti fuori casa propria, piuttosto diffusa e emblematica di un’Europa egoista e intristita. Il rimedio sta invece in un’altra Europa e in un’altra Italia, che, archiviata la secessione dei ricchi in tutte le sue manifestazioni, riscoprano che stare insieme implica un vincolo reciproco di solidarietà. I destini umani sono effimeri. Quelli degli Stati e delle regioni lo sono pure. Non si sa mai: un tale vincolo sarebbe convenienza di tutti.

A inizio millennio le istituzioni europee hanno investito cifre mostruose per accreditare un’identità continentale. La crescita delle disuguaglianze ha vanificato lo sforzo. C’è ora da stare ben attenti. Le vittime – i left behind, gli have not – sono capaci di colpi di coda scomposti e terribili, come la Brexit, i successi elettorali dei populisti, in varie salse, i gilets jaunes. Non è necessario immaginare smottamenti elettorali imponenti. Bastano pochi elettori, incolleriti, che poco hanno da perdere e che non fanno troppo caso alle strumentalizzazioni di chi lavora a inquinare le istituzioni democratiche e la convivenza civile.

Il tafazzismo del Pd e il nuovo centro

Già pubblicato sull’Huffingtonpost

È difficile, francamente, respingere al mittente la riflessione del capo della Lega quando dice che dalle politiche in poi la sinistra ha perso tutto quello che poteva perdere. E, soprattutto, ha perso in quei territori dove governava da anni se non da decenni. È inutile fare l’elenco perché è noto a tutti. Ma è anche inutile ricordare che ormai è passato quasi un anno da quel fatidico 4 marzo che ha segnato la fine del renzismo e della gestione renziana del partito – peraltro da quasi tutti esaltata e promossa come modello dalla stragrande maggioranza di quel partito per lunghi 4 anni e poi prontamente rinnegata appena il centro e’ girato…- eppure si continua a perdere. E dappertutto.

Ora, quello che francamente stupisce e che imbarazza parecchio anche molti commentatori – salvo quelli che sono l’espressione del giornalismo d’élite, peraltro maggioritario, che continua a tessere le lodi del Pd e della sinistra quasi a prescindere dalla concreta e continua risposta dell’elettorato – e’ assistere alle manifestazioni di soddisfazione e di felicità del suo fantomatico gruppo dirigente dopo il voto in Abruzzo e in Sardegna. Due regioni governate, sino a ieri, dal centro sinistra e due regioni che contavano una vastissima coalizione e, soprattutto, con due candidati alla Presidenza molto autorevoli e molto prestigiosi. Risultato? Una doppia botta politica ed elettorale con una percentuale di distacco fra le due coalizioni che ondeggia fra il19 e il 22%. Qualunque persona di buon senso, almeno credo, si pone una banale domanda: ma si festeggia e si è felici e contenti per che cosa? Per le ripetute sconfitte politiche ed elettorali? Per le percentuali delle sconfitte? Per la buona performance del Pd? La risposta non si conosce. L’unica ragione consolatoria di questa chiassosa soddisfazione dei dirigenti, renziani ed ex turbo renziani, e’ forse quella di pensare di aver scampato un pericolo. Cioè la sostanziale scomparsa dalla geografia politica italiana. E l’unica giustificazione a questo atteggiamento, dunque, non può che essere il vecchio slogan “chi si accontenta gode”.

Ora, però, al di là della felicità incontenibile dei dirigenti del Pd, da questo voto emerge un dato abbastanza evidente. Oltre, come ovvio, alla disfatta del movimento 5 stelle e alla straripante vittoria della Lega salviniana e del centro destra. Dappertutto, dal Trentino alla Sicilia. E cioè, il Pd non è più il fulcro dell’alternativa al centro destra. Il simbolo del Pd, diciamoci la verità, è stato sostanzialmente nascosto in tutte le consultazioni elettorali che si sono svolte dalla sconfitta delle elezioni politiche in poi. Un accantonamento tattico e strategico. Tattico perché si tratta di un logo oggi non particolarmente gettonato nella pubblica opinione. Anche in quella della sinistra tradizionale e non solo. Strategico perché è evidente a tutti che il futuro del centro sinistra non potrà più ruotare attorno ad un partito, seppur importante, ma del tutto incapace di ricostruire attorno al suo ruolo e al suo simbolo un progetto di alternativa politica e di governo al centro destra.

Ed è proprio attorno a questo tema che si gioca ormai la vera partita del futuro centro sinistra dopo la sbornia della sciagurata “vocazione maggioritaria” e la cesura della “cultura delle alleanze” di renziana memoria. Si tratta, cioè, come dicono ormai molti commentatori ed opinionisti su vari organi di informazione, di ricostruire un “partito/movimento di centro” non per rispondere ad un astratto posizionamento geografico nello scenario politico italiano ma, al contrario, per rideclinare una “politica di centro” e una “cultura di centro” che nel cosiddetto centro sinistra di oggi rischiano di essere solo un ricordo del passato. Cioè della prima repubblica. E questo a maggior ragione dopo le primarie del Pd che vedranno, quasi sicuramente, la vittoria di Zingaretti e quindi il ritorno del Pds. Ovviamente in forma aggiornata e rivista ma sempre un partito della sinistra italiana. Un progetto, va detto con altrettanta chiarezza, del tutto legittimo e anche utile perché con il ritorno del sistema proporzionale da un lato e delle identità politiche dall’altro, e’ persin scontato che la sinistra ritorni a fare la sinistra. Dopodiché, però, va ricostruita una cultura delle alleanze perche’, come diceva Mino Martinazzoli, “in Italia la politica è sempre stata la politica a delle alleanze”. E una alternativa credibile al centro destra non potrà non partire da 3 caposaldi decisivi e visibili: riconoscere e promuovere una vera cultura delle alleanze; smetterla di pensare che tutto ruoti attorno ad un partito, il Pd, che progressivamente ed irreversibilmente non potrà che essere un tassello della coalizione; e prendere atto, infine, che senza un “centro” riformista, di governo, con una spiccata cultura cattolico popolare e democratico, il tutto rischia di essere un mero esercizio retorico ed intellettualistico. Perché, forse, d’ora in poi sarebbe utile e consigliabile smetterla di essere contenti e felici per le sconfitte. Perché, come dicevo poc’anzi, poteva andare peggio. Cioè potevamo scomparire. Con una classe dirigente del genere, e’ difficile progettare e scommettere sul futuro. Altroché essere competitivi…

I flussi di voto a Cagliari e Sassari

Articolo già pubblicato sulle pagine della  Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo

Due settimane dopo le elezioni regionali in Abruzzo un nuovo appuntamento elettorale in una regione italiana ha catturato l’attenzione degli osservatori politici. Il voto in Sardegna ha rappresentato un’occasione per valutare lo stato di salute delle forze politiche, cercando di trarre dal voto locale indicazioni sugli orientamenti generali dell’elettorato italiano.

Anche l’Istituto Cattaneo ha posto sotto esame il voto sardo indagando – coi consueti metodi (“modello di Goodman”) – i flussi elettorali nei due principali centri della regione, Cagliari e Sassari.

I flussi elettorali sono gli interscambi di voto avvenuti fra i partiti nel corso di due elezioni successive. Nel nostro caso vengono stimati per singole città sulla base dei risultati delle sezioni elettorali. Si tratta di stime statistiche, e quindi di misure affette da un certo margine di incertezza. Le nostre analisi sono effettuate «su elettori» e non «su voti validi», al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del «non-voto» (astenuti, voti non validi, schede bianche).

Abbiamo compiuto un’analisi del tutto analoga a quella svolta due settimane fa in Abruzzo, confrontando il voto regionale col voto del 4 marzo. Nel voto regionale abbiamo considerato il voto al presidente, di più agevole comprensione rispetto al voto delle liste, dove la presenza di numerose sigle puramente locali rende complicato qualsiasi tentativo di riaggregazione.

In questo comunicato completiamo lo studio sui flussi a Cagliari e a Sassari, dopo le prime anticipazioni di ieri, relative a una parte delle sezioni elettorali. Lo spoglio è proceduto con particolare lentezza e solo nella tarda serata di ieri, lunedì, sono stati disponibili i dati relativi a tutte le sezioni dei due comuni presi in esame. Va anzitutto rilevato come l’analisi parziale tendesse a sovrastimare i flussi in uscita verso l’astensione. I dati completi ci danno un’immagine più corretta riportando alla sua giusta misura l’astensione ma confermando e consolidando le tendenze principali emerse già nell’anticipazione.

Le domande che ci si pone passando in rassegna i dati che emergono da queste stime sono essenzialmente le stesse che ci eravamo posti due settimane fa in occasione delle elezioni abruzzesi. Procediamo dunque seguendo lo stesso ordine del comunicato diffuso in quell’occasione, così da rendere più facile al lettore che volesse operare un confronto la comparazione tra le tendenze delle due regioni.

Sulla base delle stime fornite dal “modello di Good man” abbiamo quantificato i passaggi di voto dai bacini elettorali del Pd (e, più in generale, del centrosinistra), del Movimento 5 stelle e del centrodestra verso i candidati che si sono confrontati domenica (Zedda del centrosinistra, Solinas del centrodestra, Delogus del M5s, e infine tutti gli altri raggruppati in un’unica categoria). Poniamo dunque la nostra attenzione sui cosiddetti flussi in uscita. Per la precisione, abbiamo posto pari a 100 gli elettorati che il 4 marzo scelsero Pd, M5s, FI e Lega e abbiamo osservato come si sono ripartiti nel voto per le regionali sarde di domenica (tabb. 1 e 2).

 

Tabella 1 Flussi di voto a Cagliari (elezioni politiche 2018-elezioni regionali 2019)

 

Tabella 2 Flussi di voto a Sassari (elezioni politiche 2018-elezioni regionali 2019)

 

1)  Come hanno votato gli elettori che il 4 marzo 2018 scelsero Pd?

Il voto sardo conferma una tendenza emersa due settimane fa in Abruzzo. Il flusso in uscita da questo partito verso il M5s sembra essersi arrestato. In entrambi i centri considerati, dal Pd verso il M5s escono flussi di scarsissima entità (1% a Cagli ari e 2% a Sassari). Al contempo, si registra, come diremo più avanti, qualche flusso in direzione contraria.

In entrambe le città il centrosinistra non subisce perdite verso l’astensione.

In buona sostanza, si può dire che il Pd riesca a mantenere i ranghi abbastanza compatti rispetto al 4 marzo, anche se a Sassari si registra una perdita di una certa entità verso Solinas

(ben il 22% del bacino elettorale originario).

2)  Come hanno votato gli elettori che il 4 marzo 2018 scelsero M5s?

Ancor più che in Abruzzo, il M5s veste i panni dello sconfitto di queste elezioni: la perdita di voti rispetto all’exploit del 4 marzo appare impressionante. Il candidato e la lista sono ridotti a una percentuale che, pur consentendo a questa formazione di entrare per la prima volta nel consiglio regionale, la riduce a partito di rango secondario.

Riprendiamo la stessa classificazione con cui avevamo suddiviso gli elettori cinquestelle due settimane fa. Ci sono i fedeli, che rinnovano il voto per il proprio partito (il 25% a Sassari e solo 19% a Cagliari).

Ci sono i disillusi, che passano all’astensione (33% a Cagliari e il 27% a Sassari): anche in questo caso è il gruppo ancora più consistente.

Ci sono i traghettati (18% a Cagliari, 33% a Sassari), che passano al centrodestra, conquistati probabilmente dal dinamismo dell’azione politica dell’alleato-concorrente di governo Matteo Salvini.

Ci sono, infine, i pentiti (26% a Cagliari e 15% a Sassari), che passano (tornano) al centro-sinistra: in Sardegna (soprattutto a Cagliari, per via dell’attrattiva del candidato Zedda) questo gruppo sembra dunque essere un po’ più consistente che in Abruzzo. Insomma, correggendo in parte quello che emergeva dall’analisi parziale, in Sardegna la tendenza che porta i cinquestelle a destra e quella che li porta a sinistra sembrano fronteggiarsi quasi alla pari: a Cagliari prevale (otto punti percentuali in più) la prima (grazie, come si diceva, a Zedda), a Sassari prevale (18 punti percentuali) la seconda. Intorno al consolidamento di questa tendenza si gioca la possibilità del centrosinistra di tornare ad essere competitivo nel confronto col centrodestra: oggi, come hanno dimostrato tutte le elezioni regionali svoltesi dopo il 4 marzo, il centrodestra appare praticamente imbattibile.

Cosa c’è dietro questa dispersione degli elettori cinquestelle? C’è, anzitutto, la risaputa debolezza locale del M5s, che soffre di una classe politica per molti versi priva delle capacità e delle risorse politiche per conquistare consensi sul “territorio”. L’ampiezza dell’arretramento e il fatto che questo arretramento non vada solo a beneficio della pur maggioritaria astensione, ma finisca per premiare forze concorrenti, sembra però implicare che dietro ad esso vi sia un giudizio sulla performance governativa del partito. L’arretramento non deriverebbe quindi solo dal debole radicamento territoriale ma segnalerebbe anche un momento di difficoltà politica.

3)  Come hanno votato gli elettori che il 4 marzo 2018 scelsero Lega e FI?

Per entrambi i principali partiti del centrodestra, la maggioranza degli elettori confluisce sul candidato del proprio schieramento (Solinas). A Sassari è però notevole la perdita di entrambi i bacini elettorali verso il “non-voto” (43% per FI, 36% per la Lega).

Non vi è dunque una perfetta sovrapposizione tra il voto al centrodestra del 4 marzo e quello per Solinas. Da una parte il bacino originario del centrodestra ha perso voti verso l’astensione, dall’altra ha acquisito, come si è visto in precedenza, consensi dal M5s (in entrambe le città) e dal Pd (a Sassari).

 

Analisi a cura di Rinaldo Vignati con la collaborazione di Francesco Amato Fonte: Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo Sito web: www.cattaneo.org

Memo4Europe: Luigi Berlinguer, Maria Romana De Gasperi e Carlo Rubbia incontrano gli studenti italiani

Una giornata dedicata all’Europa in un confronto generazionale che collega tutt’Italia. “Memo4Europe” è l’evento nazionale che, oggi, metterà in rete l’Università di Torino, la Sapienza di Roma, l’Università Federico II di Napoli, assieme a migliaia di altri studenti delle scuole superiori.

Tre incontri che si terranno in contemporanea, dalle 9.30 alle 12.30, creando un unico grande dibattito condiviso tra le sale e trasmesso all’esterno in diretta. Il collegamento in streaming fra le tre sedi permetterà di confrontarsi e discutere sull’Europa di ieri, oggi e domani. La giornata vanta testimonial d’eccezione che dialogheranno con i giovani rispondendo e rivolgendo loro domande. Sono Luigi Berlinguer, già ministro dell’Istruzione, Maria Romana De Gasperi, primogenita dello statista trentino Alcide De Gasperi, Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica e senatore a vita.

Dopo la sessione mattutina, la giornata continuerà con iniziative organizzate dalle singole Università, con l’Europa come filo conduttore, e aperte a studenti, professori, studiosi, cittadini: da convegni di approfondimento a dirette radiofoniche e intrattenimenti culturali ed enogastronomici che mettono a confronto i diversi Paesi europei.

I Popolari nella crisi del primo dopoguerra

La terza iniziativa del ciclo organizzato dall’Associazione Popolari insieme con la Fondazione “Carlo Donat-Cattin” per ricordare il centenario della nascita del Partito popolare italiano si concentrerà su cattolici e il fascismo.

Dopo l’incontro di fine novembre 2018 sulla figura di don Luigi Sturzo e quello di fine gennaio sull’attualità del Popolarismo, ora l’associazione affronta lo spinoso argomento del rapporto tra i cattolici e il fascismo, che porterà alla spaccatura del PPI nel giro di pochissimi anni dalla sua fondazione nel 1919.

Venerdì 1° marzo, al Polo del ‘900 (via del Carmine 14), con inizio alle ore 17.45, Alessandro Risso, presidente dei Popolari piemontesi e autore del libro Liberi e forti (e antibolscevichi). Il Partito popolare italiano nella Torino “rossa” del 1919. (Ed. Effatà) e Alberto Guasco, docente universitario e autore del volume Cattolici e fascistiLa Santa Sede e la politica italiana all’alba del regime 1919-1925 (Ed. Il Mulino) parleranno delle forti tensioni sociali e politiche nello scenario di crisi del primo dopoguerra, approfondendo il tema del crescente consenso della gerarchia vaticana, del clero e del laicato cattolico conservatore verso il blocco d’ordine reazionario rapidamente egemonizzato dai fascisti.

I due relatori saranno presentati da Gianfranco Morgando, direttore della Fondazione Donat-Cattin, e l’incontro sarà moderato dal giornalista Luca Rolandi.